Sentenza 16/2016 (ECLI:IT:COST:2016:16)
Giudizio: GIUDIZIO SULL'AMMISSIBILITÀ DEI REFERENDUM
Presidente: CRISCUOLO - Redattore: CAROSI
Camera di Consiglio del 19/01/2016;    Decisione  del 19/01/2016
Deposito del 02/02/2016;   Pubblicazione in G. U. 03/02/2016  n. 5
Norme impugnate: Ammissibilità del referendum abrogativo.
Massime:  38710 
Massime:  38710 
Atti decisi: ref. 163, 164, 165, 166 e 167

Massima n. 38710
Titolo
Referendum abrogativo - Prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi - Richieste di referendum abrogativo popolare presentate dai Consigli regionali delle Regioni Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna, Abruzzo, Veneto, Calabria, Liguria, Campania e Molise - Ius superveniens modificativo delle disposizioni oggetto dei quesiti referendari - Ordinanza dell'Ufficio centrale per il referendum che dichiara preclusa la consultazione popolare - Estinzione del giudizio.

Testo

È estinto, per sopravvenuta mancanza dell'oggetto, il giudizio di ammissibilità delle cinque richieste di referendum popolare (presentate dai Consigli regionali delle Regioni Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna, Abruzzo, Veneto, Calabria, Liguria, Campania e Molise) per l'abrogazione di alcuni frammenti di disposizioni dell'art. 38, commi 1, 1-bis e 5, del d.l. 12 settembre 2014, n. 133 (convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 11 novembre 2014, n. 164), dell'art. 57, comma 3-bis, del d.l. 9 febbraio 2012, n. 5 (convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 4 aprile 2012, n. 35) e dell'art. 1, comma 8-bis, della legge 23 agosto 2004, n. 239, in tema di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi. A seguito delle modifiche apportate dall'art. 1, commi 240, 241 e 242, della legge n. 208 del 2015 alle disposizioni oggetto dei quesiti referendari, l'Ufficio centrale per il referendum, con ordinanza del 7 gennaio 2016, ha dichiarato che non hanno più corso le operazioni relative al medesimo referendum. È venuto meno, quindi, il compito esclusivo della Corte costituzionale consistente nel valutare l'ammissibilità o meno dei quesiti quali ad essa pervengono dal suddetto Ufficio centrale.

Sul compito esclusivo della Corte consistente nel valutare l'ammissibilità o meno dei quesiti quali ad essa pervengono dall'Ufficio centrale per il referendum, v. la citata sentenza n. 16/1997.

Sui compiti spettanti rispettivamente alla Corte e all'Ufficio centrale per il referendum, v. la citata sentenza n. 68/1978.

Pronuncia

SENTENZA N. 16

ANNO 2016


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Presidente: Alessandro CRISCUOLO; Giudici : Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,


ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di ammissibilità, ai sensi dell’art. 2, primo comma, della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1 (Norme integrative della Costituzione concernenti la Corte costituzionale), delle richieste di referendum popolare per l’abrogazione: dell’art. 38, comma 1, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 (Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 11 novembre 2014, n. 164, limitatamente alle seguenti parole: «Al fine di valorizzare le risorse energetiche nazionali e garantire la sicurezza degli approvvigionamenti del Paese,»; «rivestono carattere di interesse strategico e»; «urgenti ed indifferibili»; «indifferibilità ed urgenza dell’opera e l’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio dei beni in essa compresi, conformemente al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, recante il testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità», giudizio iscritto al n. 163 del registro ammissibilità referendum; dell’art. 38, comma 1-bis, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 (Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive), introdotto in sede di conversione dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, come modificato dall’art. 1, comma 554, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge di stabilità 2015), limitatamente alle parole: «, per le attività sulla terraferma,»; «In caso di mancato raggiungimento dell’intesa, si provvede con le modalità di cui all’articolo 1, comma 8-bis, della legge 23 agosto 2004, n. 239. Nelle more dell’adozione del piano i titoli abilitativi di cui al comma 1 sono rilasciati sulla base delle norme vigenti prima della data di entrata in vigore della presente disposizione.», giudizio iscritto al n. 164 del registro ammissibilità referendum; dell’art. 38, comma 5, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, (Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 11 novembre 2014, n. 164, limitatamente alle seguenti parole: «prorogabile due volte per un periodo di tre anni nel caso sia necessario completare le opere di ricerca»; «prorogabile per una o piú volte per un periodo di dieci anni ove siano stati adempiuti gli obblighi derivanti dal decreto di concessione e il giacimento risulti ancora coltivabile», giudizio iscritto al n. 165 del registro ammissibilità referendum; dell’ art. 57, comma 3-bis, del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5 (Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 4 aprile 2012, n. 35, come modificato dall’art. 1, comma 552, lettera b), della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge di stabilità 2015), limitatamente alle seguenti parole: «con le modalità di cui all’articolo 1, comma 8-bis, della legge 23 agosto 2004, n. 239, nonché», giudizio iscritto al n. 166 del registro referendum e dell’art. 1, comma 8-bis, della legge 23 agosto 2004, n. 239 (Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia), introdotto dall’art. 38, comma 1, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83 (Misure urgenti per la crescita del Paese), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 7 agosto 2012, n. 134, limitatamente alle seguenti parole: «7 e», giudizio iscritto al n. 167 del registro ammissibilità referendum.

Viste le ordinanze del 26 novembre 2015, con la quale l’Ufficio centrale per il referendum costituito presso la Corte di cassazione ha dichiarato conformi a legge le richieste referendarie, e del 7 gennaio 2016, con la quale lo stesso organo ha dichiarato che non hanno più corso le operazioni concernenti le presenti richieste referendarie, ai sensi dell’art. 39 della legge 25 maggio 1970, n. 352 (Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo);

udito nella camera di consiglio del 19 gennaio 2016 il Giudice relatore Aldo Carosi;

uditi gli avvocati Stelio Mangiameli per i delegati dei Consigli regionali delle Regioni Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna, Veneto, Calabria, Liguria, Campania e Molise, Stefania Valeri per il delegato del Consiglio regionale dell’Abruzzo e per la Regione Abruzzo e gli avvocati dello Stato Andrea Fedeli e Vincenzo Nunziata per il Presidente del Consiglio dei ministri.


Ritenuto in fatto

1.‒ Con ordinanza del 26 novembre 2015, l’Ufficio centrale per il referendum, costituito presso la Corte di cassazione ai sensi dell’art. 12 della legge 25 maggio 1970, n. 352 (Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo), ha dichiarato legittime cinque richieste di referendum popolare abrogativo, tutte presentate dai Consigli regionali delle Regioni Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna, Abruzzo, Veneto, Calabria, Liguria, Campania e Molise, su cinque distinti quesiti riguardanti alcuni frammenti di disposizioni del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 (Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive) – convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 11 novembre 2014, n. 164 – del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5 (Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo) – convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 4 aprile 2012, n. 35 – e della legge 23 agosto 2004, n. 239 (Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia).

1.1.‒ Il primo quesito (reg. amm. ref. n. 163) è il seguente:

«Volete voi che sia abrogato l’art. 38, comma 1, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, “Misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive”, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, limitatamente alle seguenti parole: “Al fine di valorizzare le risorse energetiche nazionali e garantire la sicurezza degli approvvigionamenti del Paese,”; “rivestono carattere di interesse strategico e”; “urgenti ed indifferibili”; “indifferibilità ed urgenza dell’opera e l’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio dei beni in essa compresi, conformemente al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, recante il testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità”?».

L’Ufficio centrale per il referendum ha attribuito al quesito la seguente denominazione: «Primo quesito referendario. Attività di prospezione, ricerca, coltivazione di idrocarburi e stoccaggio sotterraneo di gas naturale. Abrogazione delle norme sull’attribuzione del carattere di interesse strategico, di indifferibilità ed urgenza delle opere relative, nonché del vincolo preordinato all’esproprio dei beni in esse compresi».

1.2.‒ Il secondo quesito (reg. amm. ref. n. 164) è il seguente:

«Volete voi che sia abrogato l’art. 38, comma 1-bis, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, “Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive”, introdotto dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, come modificato dall’art. 1, comma 554, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015)”, limitatamente alle parole: “, per l’attività sulla terraferma,”; “In caso di mancato raggiungimento dell’intesa, si provvede con le modalità di cui all’articolo 1, comma 8-bis, della legge 23 agosto 2004, n. 239. Nelle more dell’adozione del piano i titoli abilitativi di cui al comma 1 sono rilasciati sulla base delle norme vigenti prima della data di entrata in vigore della presente disposizione.”?».

L’Ufficio centrale per il referendum ha attribuito al quesito la seguente denominazione: «Secondo quesito referendario. Piano ministeriale, previa intesa con la Conferenza unificata, per le attività di prospezione, ricerca, coltivazione di idrocarburi e stoccaggio sotterraneo di gas naturale. Abrogazione sia della limitazione dell’intesa alle attività su terraferma, sia della disciplina prevista per la mancata intesa (recante una procedura semplificata per l’esercizio del potere sostitutivo) e per il rilascio dei titoli abilitativi nelle more dell’adozione del piano».

1.3.– Il terzo quesito (reg. amm. ref. n. 165) è il seguente:

«Volete voi che sia abrogato l’art. 38, comma 5, del decreto-legge 12 settembre 2014, n.133, “Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive”, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, limitatamente alle seguenti parole: “prorogabile due volte per un periodo di tre anni nel caso sia necessario completare le opere di ricerca”; “prorogabile per una o piú volte per un periodo di dieci anni ove siano stati adempiuti gli obblighi derivanti dal decreto di concessione e il giacimento risulti ancora coltivabile”?».

L’Ufficio centrale per il referendum ha attribuito al quesito la seguente denominazione: «Terzo quesito referendario. Titolo concessorio unico per le attività di ricerca e coltivazione di idrocarburi. Abrogazione della disciplina della sua prorogabilità».

1.4.– Il quarto quesito (reg. amm. ref. n. 166) è il seguente:

«Volete voi che sia abrogato l’art. 57, comma 3-bis, del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, “Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo”, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35, come modificato dall’art. 1, comma 552, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015)”, limitatamente alle seguenti parole: “con le modalità di cui all’art. 1, comma 8-bis, della legge 23 agosto 2004, n. 239, nonché”?».

L’Ufficio centrale per il referendum ha attribuito al quesito la seguente denominazione: «Quarto quesito referendario. Autorizzazioni, previa intesa con le Regioni, rilasciate per le opere strumentali allo sfruttamento degli idrocarburi. Abrogazione della disciplina prevista per la mancata intesa e recante una procedura semplificata per l’esercizio del potere sostitutivo».

1.5.– Il quinto quesito (reg. amm. ref. n. 167) è, infine, il seguente:

«Volete voi che sia abrogato l’art. 1, comma 8-bis, della legge 23 agosto 2004, n. 239, “Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia”, introdotto dal decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, “Misure urgenti per la crescita del Paese”, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, limitatamente alle seguenti parole: “7 e”?».

L’Ufficio centrale per il referendum ha attribuito al quesito la seguente denominazione: «Quinto quesito referendario. Mancata intesa con le Regioni sugli atti inerenti alla prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi. Abrogazione della disciplina recante, in tal caso, una procedura semplificata per l’esercizio del potere sostitutivo».

2.‒ Il Presidente della Corte costituzionale, ricevuta comunicazione delle ordinanze dell’Ufficio centrale per il referendum, ha fissato, per la conseguente deliberazione, la camera di consiglio del 13 gennaio 2016, disponendo che ne fosse data comunicazione ai delegati delle Regioni Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna, Abruzzo, Veneto, Calabria, Liguria, Campania e Molise ed al Presidente del Consiglio dei ministri, ai sensi dell’art. 33, secondo comma, della legge n. 352 del 1970.

Le richieste di referendum sono state iscritte nel relativo registro ai numeri 163, 164, 165, 166 e 167.

3.‒ Successivamente, l’art. 1, commi 240, 241 e 242, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge di stabilità 2016), ha inciso sulle disposizioni oggetto dei menzionati quesiti referendari, sostituendole o abrogandole in tutto o in parte.

4.– Con cinque memorie, depositate il 7 gennaio 2016, una per ciascun giudizio, i Consigli regionali delle Regioni Basilicata, Abruzzo, Calabria, Campania, Liguria, Marche, Molise, Puglia, Sardegna e Veneto hanno chiesto che venga dichiarato «venuto meno l’oggetto» del primo, del quarto e del quinto quesito referendario in ragione dello ius superveniens ed hanno avanzato istanza di rinvio dell’udienza camerale del 13 gennaio 2013 in attesa delle valutazioni da parte dell’Ufficio centrale per il referendum – convocato in seduta straordinaria proprio per il 7 gennaio 2016 – sugli effetti della sopravvenuta normativa sui residui quesiti.

5.– Con ordinanza del 7 gennaio 2016, l’Ufficio centrale per il referendum, ritenendo che a seguito delle sopracitate modificazioni normative siano state abrogate le disposizioni cui si riferiscono le cinque richieste referendarie in esame, ha disposto, ai sensi dell’art. 39 della legge n. 352 del 1970, che le operazioni concernenti le stesse non abbiano più corso.

6.– Con memorie di analogo contenuto, depositate l’8 gennaio 2016 in ciascuno dei cinque giudizi di ammissibilità, il Governo, in persona del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha chiesto a questa Corte di adottare «i provvedimenti consequenziali all’ordinanza» adottata dall’Ufficio centrale per il referendum il 7 gennaio 2016.

7.– Il Presidente della Corte costituzionale, con provvedimento dell’11 gennaio 2016, ha rinviato l’udienza camerale al 19 gennaio 2016.

8.– In data 12 gennaio 2016 la Regione Abruzzo ha depositato memorie, di analogo contenuto, in tutti e cinque i giudizi di ammissibilità, invocando, con riferimento a tutte le richieste referendarie, la declaratoria della cessazione dell’oggetto del contendere.

9.– Nel termine di cui all’art. 33 della legge n. 352 del 1970, la difesa dei Consigli regionali richiedenti, dando atto della revoca del mandato difensivo da parte del delegato del Consiglio regionale della Regione Abruzzo e ritenendone l’inefficacia in virtù del principio della cosiddetta perpetuatio dell’ufficio di difensore fino all’intervenuta sostituzione, ha depositato memorie, entrambe in data 15 gennaio 2016, nei soli giudizi di ammissibilità del referendum n. 164 (secondo quesito) e n. 165 (terzo quesito). Nell’una i richiedenti sollecitano questa Corte a sollevare innanzi a sé questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 240, lettera b), della legge n. 208 del 2015, che ha abrogato l’art. 38, comma 1-bis, del d.l. n. 133 del 2014, in modo da determinarne la riviviscenza e consentire lo svolgimento delle operazioni referendarie relativamente al secondo quesito; nell’altra i medesimi richiedenti prendono atto della decisione dell’Ufficio centrale per il referendum che le operazioni referendarie non abbiano più corso con riferimento alla terza richiesta, riservandosi la proposizione del conflitto di attribuzione avverso l’ordinanza.

In data 15 gennaio 2016 il delegato del Consiglio regionale della Regione Abruzzo, munitosi di nuovo difensore in sostituzione del precedente, ha depositato memorie di analogo contenuto nei cinque giudizi, invocando con riferimento a tutte le richieste referendarie la declaratoria della cessazione dell’oggetto del contendere.

Sempre in data 15 gennaio 2016 il Presidente del Consiglio dei ministri ha depositato «memoria integrativa», deducendo l’inammissibilità o, comunque, l’infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 240, lettera b), della legge n. 208 del 2015, che questa Corte è stata sollecitata a sollevare, e chiedendo che venga dato atto dell’ordinanza dell’Ufficio centrale per il referendum con cui è stato disposto che le operazione referendarie relative ai cinque quesiti non abbiano corso.

10.– Nella camera di consiglio del 19 gennaio 2016 sono stati ascoltati i difensori: a) della Regione Abruzzo; b) dei Consigli regionali delle Regioni Basilicata, Calabria, Campania, Liguria, Marche, Molise, Puglia, Sardegna e Veneto; c) del Consiglio regionale della Regione Abruzzo; d) del Governo.


Considerato in diritto

1.‒ La Corte era stata chiamata, prima della pronuncia dell’Ufficio centrale per il referendum del 7 gennaio 2016, a pronunciarsi sull’ammissibilità di cinque richieste di referendum abrogativo popolare presentate dai Consigli regionali delle Regioni Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna, Abruzzo, Veneto, Calabria, Liguria, Campania e Molise, dichiarate legittime dall’Ufficio centrale per il referendum costituito presso la Corte di cassazione con ordinanza del 26 novembre 2015 ed aventi ad oggetto alcuni frammenti di disposizioni del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 (Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive) – convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 11 novembre 2014, n. 164 – del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5 (Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo) – convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 4 aprile 2012, n. 35 – e della legge 23 agosto 2004, n. 239 (Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia).

Le cinque richieste di referendum, articolate secondo le modalità precedentemente descritte, perseguono finalità, almeno in parte, coincidenti, per cui i giudizi di ammissibilità delle stesse devono essere riuniti per essere congiuntamente trattati e decisi.

2.‒ In via preliminare, si deve rilevare che, nella camera di consiglio del 19 gennaio 2016, è stato dato corso all’illustrazione orale delle memorie depositate dai delegati dei Consigli regionali delle Regioni Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna, Abruzzo, Veneto, Calabria, Liguria, Campania e Molise e dal Governo ai sensi dell’art. 33, terzo comma, della legge 25 maggio 1970, n. 352 (Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo). Tuttavia il delegato del Consiglio regionale della Regione Abruzzo, con mandato in calce alla memoria individualmente presentata, ha sostituito il precedente difensore che ha svolto deduzioni in senso satisfattivo circa le modifiche legislative introdotte dalla legge di stabilità 2016.

Il difensore delle Regioni ricorrenti in prossimità dell’udienza in camera di consiglio ha depositato due memorie: con la prima ha sollecitato questa Corte a sollevare innanzi a sé questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 240, lettera b), della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge di stabilità 2016), di abrogazione dell’art. 38, comma 1-bis, del d.l. n. 133 del 2014, in modo da determinarne, in caso di accoglimento, la reviviscenza e consentire, previa pronuncia di ammissibilità, lo svolgimento delle operazioni referendarie relativamente al secondo quesito; con la seconda, in riferimento al terzo quesito, si è riservato la proposizione del conflitto di attribuzione avverso l’ordinanza dell’Ufficio centrale per il referendum del 7 gennaio 2016.

Tuttavia, in sede di discussione, ha chiesto la cancellazione dal ruolo dei giudizi di ammissibilità delle cinque richieste referendarie in ragione della decisione del predetto Ufficio di non dare più corso alle operazioni che le concernono.

3.– A seguito delle modifiche apportate alle disposizioni oggetto dei quesiti dall’art. 1, commi 240, 241 e 242, della legge n. 208 del 2015, l’Ufficio centrale per il referendum, con ordinanza del 7 gennaio 2016, ha dichiarato, per quanto di interesse nel presente giudizio, che «non hanno più corso le operazioni relative alle cinque richieste referendarie di cui in premessa».

Da ciò consegue che questa Corte «non ha [più] alcuno spazio per interloquire essendo suo compito esclusivo quello di valutare l’ammissibilità o meno dei quesiti quali ad essa pervengono dal suddetto Ufficio centrale» (sentenza n. 16 del 1997), rimanendo impregiudicata la possibilità di essere eventualmente adita con ricorso per conflitto di attribuzione avverso l’ordinanza dell’Ufficio centrale per il referendum.

Infatti, l’Ufficio centrale per il referendum è chiamato a valutare «se la nuova disciplina legislativa, sopraggiunta nel corso del procedimento, abbia o meno introdotto modificazioni tali da precludere la consultazione popolare, già promossa sulla disciplina preesistente: trasferendo od estendendo la richiesta, nel caso di una conclusione negativa dell’indagine, alla legislazione successiva», mentre al giudice costituzionale compete solo di verificare se non sussistano eventuali ragioni d’inammissibilità «quanto ai nuovi atti o disposti legislativi, così assoggettati al voto popolare abrogativo» (sentenza n. 68 del 1978), possibilità che, con riferimento alle cinque richieste referendarie in esame, è venuta meno a seguito della seconda decisione dell’Ufficio centrale per il referendum.

Alla luce delle esposte enunciazioni, non può nemmeno essere presa in esame la questione incidentale di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 240, lettera b), della legge n. 208 del 2015, formulata nella memoria depositata in prossimità della camera di consiglio dai Consigli regionali delle Regioni Basilicata, Calabria, Campania, Liguria, Marche, Molise, Puglia, Sardegna e Veneto, a prescindere dalla successiva richiesta del difensore di cancellazione dal ruolo.

4.– Deve dunque essere dichiarata l’estinzione del giudizio di ammissibilità delle cinque richieste referendarie, essendone venuto meno l’oggetto.


per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara estinto il giudizio di ammissibilità delle richieste di referendum popolare per l’abrogazione, nelle parti indicate in epigrafe, dell’art. 38, commi 1, 1-bis e 5, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 (Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 11 novembre 2014, n. 164; dell’art. 57, comma 3-bis, del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5 (Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 4 aprile 2012, n. 35 e dell’art. 1, comma 8-bis, della legge 23 agosto 2004, n. 239 (Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 gennaio 2016.

F.to:

Alessandro CRISCUOLO, Presidente

Aldo CAROSI, Redattore

Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 2 febbraio 2016.

Il Direttore della Cancelleria

F.to: Gabriella Paola MELATTI