Sentenza 50/2024 (ECLI:IT:COST:2024:50)
Giudizio: GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE
Presidente: BARBERA - Redattore: PITRUZZELLA
Udienza Pubblica del 21/02/2024;    Decisione  del 21/02/2024
Deposito del 28/03/2024;   Pubblicazione in G. U. 03/04/2024  n. 14
Norme impugnate: Legge della Provincia autonoma di Bolzano 08/05/2020, n. 4.
Massime: 
Massime: 
Atti decisi: ord. 124/2023


Pronuncia

SENTENZA N. 50

ANNO 2024


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta da: Presidente: Augusto Antonio BARBERA; Giudici : Franco MODUGNO, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI, Giovanni PITRUZZELLA, Antonella SCIARRONE ALIBRANDI,


ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge della Provincia autonoma di Bolzano 8 maggio 2020, n. 4 (Misure di contenimento della diffusione del virus SARS-COV-2 nella fase di ripresa delle attività), promosso dal Tribunale ordinario di Bolzano, seconda sezione civile, nel procedimento vertente tra M. B. e la Provincia autonoma di Bolzano con ordinanza del 12 maggio 2023, iscritta al n. 124 del registro ordinanze 2023 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell’anno 2023.

Visti gli atti di costituzione di M. B. e della Provincia autonoma di Bolzano;

udito nell’udienza pubblica del 21 febbraio 2024 il Giudice relatore Giovanni Pitruzzella;

uditi gli avvocati Alessandro Fusillo per M. B. e Lukas Plancker per la Provincia autonoma di Bolzano;

deliberato nella camera di consiglio del 21 febbraio 2024.


Ritenuto in fatto

1.– Con ordinanza del 12 maggio 2023, iscritta al n. 124 del registro ordinanze 2023, il Tribunale ordinario di Bolzano, seconda sezione civile, ha sollevato, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera q), della Costituzione, questione di legittimità costituzionale della legge della Provincia autonoma di Bolzano 8 maggio 2020, n. 4 (Misure di contenimento della diffusione del virus SARS-COV-2 nella fase di ripresa delle attività).

1.1.– Espone il rimettente che:

– esso è stato adito, con due separati ricorsi, da M. B., nella sua qualità di socio accomandatario e legale rappresentante della società «Pizzeria B. S.a.s. di B. D. & Co.», e da quest’ultima società, per l’annullamento delle ordinanze 17 gennaio 2022, n. 69/SG/2022-001 e n. 69/SG/2022-002, con cui la Provincia autonoma di Bolzano, da un lato, ha ingiunto loro il pagamento, in solido, della sanzione amministrativa pecuniaria di euro 400,00 (oltre euro 12,00, a titolo di spese) e, dall’altro, ha disposto la sospensione per dieci giorni dell’attività esercitata dal trasgressore (dal 19 al 28 gennaio 2022);

– le impugnate ordinanze-ingiunzione sono state emesse a seguito del verbale di accertamento della compagnia della Guardia di finanza di Merano 26 novembre 2021, n. 000044, con cui i militari avevano contestato a M. B. di non avere richiesto ai clienti di esibire il cosiddetto green pass, necessario per il consumo al tavolo all’interno del locale;

– le sanzioni sono state comminate per violazione degli artt. 3 e 4 del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19 (Misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 22 maggio 2020, n. 35, della legge prov. Bolzano n. 4 del 2020, nonché dell’ordinanza contingibile e urgente del Presidente della Provincia autonoma di Bolzano 30 luglio 2021, n. 28 (Ulteriori misure urgenti per la prevenzione e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19);

– in entrambi i procedimenti gli opponenti hanno contestato la legittimità delle ordinanze-ingiunzione impugnate sulla base dei seguenti motivi: a) nullità per mancata audizione di M. B., in violazione dell’art. 7 della legge della Provincia autonoma di Bolzano 7 gennaio 1977, n. 9 (Norme di procedura per l’applicazione delle sanzioni amministrative), e per omessa traduzione del verbale di contestazione in lingua tedesca; b) difetto di legittimazione attiva della Provincia autonoma, «per competenza del Commissariato del Governo di Bolzano in relazione alla comminazione di sanzioni in materia di violazione delle disposizioni nazionali a contrasto della diffusione della pandemia Covid-19»; c) difetto di legittimazione passiva di M. B., in relazione «alla comminata sospensione dell’attività in quanto non titolare della stessa»; d) nullità delle ordinanze-ingiunzione «per minaccia della sanzione» della revoca della licenza, non prevista dalla legge statale; e) «difetto di nomina» di M. B. da parte del Ministero della salute quale responsabile della trattazione di dati sensibili ai fini del controllo dei green pass; f) «prevalenza delle norme europee e del diritto internazionale» sulle disposizioni statali in materia di obbligo vaccinale e certificazione verde; g) illegittimità costituzionale «della declaratoria dello stato di emergenza del Consiglio dei Ministri disposto con provvedimento» del 31 gennaio 2020, per contrasto con gli artt. 78 e 95 Cost.; h) illegittimità costituzionale «della certificazione verde», per contrasto con l’art. 13 Cost.; i) illegittimità della sanzione perché avente ad oggetto un comportamento commesso in stato di necessità e dunque scriminato, ai sensi dell’art. 4 della legge 24 novembre 1981, n. 698 (Modifiche al sistema penale); l) insussistenza della reiterazione delle violazioni «che possano giustificare la sospensione dell’attività»; m) assenza dei presupposti per l’applicazione della sanzione della sospensione dell’attività per dieci giorni, ai sensi degli artt. 9-bis e 13 del decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52 (Misure urgenti per la graduale ripresa delle attività economiche e sociali nel rispetto delle esigenze di contenimento della diffusione dell’epidemia da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 17 giugno 2021, n. 87;

– costituitasi in entrambi i giudizi, la Provincia autonoma di Bolzano ha contestato «in fatto e in diritto le numerose eccezioni» sollevate dagli opponenti; i procedimenti sono stati riuniti e alle parti è stato concesso un termine per prendere posizione in ordine alla sollevata questione «di possibile illegittimità costituzionale» della legge prov. Bolzano n. 4 del 2020.

1.2.– Ciò premesso in punto di fatto, il Tribunale di Bolzano ritiene che “si ponga” la questione di legittimità costituzionale della citata legge provinciale, in quanto la materia oggetto dell’intervento legislativo provinciale «ricade nella competenza legislativa esclusiva dello Stato a titolo di “profilassi internazionale” […], che è comprensiva di ogni misura atta a contrastare una pandemia sanitaria in corso, ovvero a prevenirla».

La legge provinciale in esame costituirebbe «la cornice normativa in forza della quale» è stata emessa la menzionata ordinanza contingibile e urgente n. 28 del 2021, che, al punto 7 (sezione ristorazione e alberghi), dispone quanto segue: «le attività della ristorazione di cui al capo II.D dell’allegato A della legge provinciale 8 maggio 2020, n. 4, svolte da qualsiasi esercizio sono consentite con consumazione seduti al tavolo, o al banco, nel rispetto delle misure di sicurezza di cui all’allegato A della suddetta legge provinciale. La consumazione al tavolo al chiuso è ammessa solo previa presentazione della certificazione verde di cui al punto 33».

Quest’ultimo – prosegue il Tribunale di Bolzano – prevede che «ai fini della presente ordinanza per certificazione verde si intende quella emessa ai sensi del decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52, convertito con legge 17 giugno 2021, n. 87, e del DPCM del 17 giugno 2021, comprovanti una delle seguenti fattispecie: a) lo stato di avvenuta vaccinazione contro il SARS-CoV-2; b) la guarigione dall’infezione da SARS-CoV-2; c) l’effettuazione di un test per la rilevazione del SARS-CoV-2 con esito negativo. L’esibizione delle predette certificazioni è richiesta dagli esercenti le attività per cui esse sono previste».

In punto di rilevanza, dunque, secondo il rimettente, «la norma in questa sede censurata risulta la base giuridica su cui si fondano» le due ordinanze impugnate: in particolare, le sanzioni poggerebbero «in via principale sulle disposizioni» della legge prov. Bolzano n. 4 del 2020 (e sull’ordinanza contingibile e urgente n. 28 del 2021), «con mero richiamo alla normativa statale in relazione alle sanzioni pecuniarie» di cui all’art. 4 del d.l. n 19 del 2020, come convertito.

«Nello specifico» – prosegue il rimettente – ai sensi dell’art. 1, comma 36, della legge prov. Bolzano n. 4 del 2020, «[i]l mancato rispetto delle misure di cui alla presente legge è sanzionato secondo quanto previsto dall’articolo 4 del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19», che disciplinerebbe le sanzioni pecuniarie, mentre la sanzione accessoria della sospensione dell’attività sarebbe disciplinata dal successivo comma 37 del medesimo art. 1, oltre che dal decreto del Presidente della Provincia 3 agosto 2020, n. 25 (Regolamento concernente la disciplina delle sanzioni amministrative accessorie Covid-19).

L’eventuale «declaratoria di incostituzionalità della norma» determinerebbe, quindi, l’immediata caducazione dei provvedimenti sanzionatori impugnati, «risultando gli stessi per l’effetto privi di base normativa e dunque in violazione del principio di legalità» di cui all’art. 1 della legge n. 689 del 1981, «con conseguente diritto degli opponenti a ripetere le somme eventualmente già corrisposte e ad agire al fine di proporre una domanda di risarcimento del danno derivante dall’illegittima sospensione dell’attività disposta».

1.3.– La questione di legittimità costituzionale, inoltre, si appaleserebbe «come fondata», alla luce di quanto affermato da questa Corte con la sentenza n. 37 del 2021, secondo cui, a fronte di «malattie altamente contagiose in grado di diffondersi a livello globale, “ragioni logiche, prima che giuridiche” (sentenza n. 5 del 2018) radicano nell’ordinamento costituzionale l’esigenza di una disciplina unitaria, di carattere nazionale, idonea a preservare l’uguaglianza delle persone nell’esercizio del fondamentale diritto alla salute e a tutelare contemporaneamente l’interesse della collettività (sentenze n. 169 del 2017, n. 338 del 2003 e n. 282 del 2002)»; e tale conclusione può «concernere non soltanto le misure di quarantena e le ulteriori restrizioni imposte alle attività quotidiane, in quanto potenzialmente fonti di diffusione del contagio, ma anche l’approccio terapeutico; i criteri e le modalità di rilevamento del contagio tra la popolazione; le modalità di raccolta e di elaborazione dei dati; l’approvvigionamento di farmaci e vaccini, nonché i piani per la somministrazione di questi ultimi, e così via».

Aggiunge il giudice a quo che questa Corte si è espressa nel medesimo senso con la successiva sentenza n. 164 del 2022, decidendo il conflitto di attribuzione tra enti sollevato dalla Provincia autonoma di Bolzano in relazione ad alcuni atti del Garante per la protezione dei dati personali riguardanti i trattamenti previsti dalla medesima Provincia proprio in tema di certificazione verde per COVID-19.

In tale pronuncia – prosegue il rimettente – si è affermato che la menzionata certificazione verde ha «la finalità di limitare la diffusione del contagio, consentendo l’interazione tra persone in luoghi pubblici o aperti al pubblico solo se quest’ultime, in quanto vaccinate, guarite, o testate con esito negativo al COVID-19, si offrano a vettori della malattia con un minor tasso di probabilità»; e che la disciplina del green pass è estranea all’ambito di competenze poste dalla Provincia autonoma di Bolzano alla base del conflitto, essendosi già chiarito, con la sentenza n. 37 del 2021, che va ricondotta alla competenza legislativa esclusiva statale in tema di profilassi internazionale «ogni misura atta a contrastare una pandemia sanitaria in corso, ovvero a prevenirla», poiché non vi può essere «alcuno spazio di adattamento della normativa statale alla realtà regionale, che non sia stato preventivamente stabilito dalla legislazione statale».

Osserva poi il Tribunale di Bolzano che, ai sensi dell’art. 3 del d.l. n. 19 del 2020, come convertito, le regioni, in relazione a specifiche situazioni sopravvenute di aggravamento del rischio sanitario verificatesi nel loro territorio o in una parte di esso, potevano introdurre misure ulteriormente restrittive tra quelle di cui all’art. 1, comma 2, del medesimo decreto-legge esclusivamente nell’ambito delle attività di loro competenza «e senza incisione delle attività produttive e di quelle di rilevanza strategica per l’economia nazionale»; ciò, tuttavia, unicamente «nelle more dell’adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all’articolo 2, comma 1, e con efficacia limitata fino a tale momento».

Secondo il rimettente, dunque, all’epoca della promulgazione della legge provinciale n. 4 del 2020, il potere legislativo e regolamentare «residuale previsto in capo alle Regioni» dal citato art. 3 del d.l. n. 19 del 2020, come convertito, doveva considerarsi «esaurito», stante l’avvenuta adozione dei d.P.C.m. sopra citati, «sicché non vi era spazio per un intervento» della Provincia autonoma di Bolzano.

Infine e «per mera completezza», nemmeno potrebbe affermarsi che la «norma» provinciale si sia limitata a riproporre pedissequamente quella statale, poiché, in relazione alla disciplina della sanzione accessoria, la prima recherebbe «una diversa cornice edittale» rispetto alla seconda: infatti, mentre l’art. 4, comma 2, del d.l. n. 19 del 2020, come convertito, prevede la sanzione della chiusura dell’esercizio o dell’attività da cinque a trenta giorni, l’art. 1, comma 37, della legge prov. Bolzano n. 4 del 2020 dispone la sospensione dell’attività per dieci giorni.

Di qui, dunque, l’impossibilità di operare una interpretazione conforme a Costituzione.

2.− Si è costituita in giudizio la Provincia autonoma di Bolzano, eccependo l’inammissibilità e la non fondatezza della questione.

2.1.− Secondo la Provincia autonoma, essa sarebbe inammissibile, in primo luogo, perché, avendo ad oggetto l’intera legge prov. Bolzano n. 4 del 2020, introdurrebbe «un giudizio generale di legittimità costituzionale in via principale […] peraltro mai promosso dallo Stato».

In tal modo, il rimettente proporrebbe, «di sua iniziativa, un giudizio vertente su di un conflitto di attribuzione tra poteri, che può essere proposto solo dallo Stato o dalle Regioni […], ma non […] certamente […] in modo del tutto generico ed in forma quantomeno dubitativa da un’autorità giurisdizionale».

Inoltre, il giudizio in via incidentale sarebbe sottoposto a regole diverse da quelle proprie del conflitto di attribuzione, e tra queste vi sarebbe quella per cui «[v]i deve essere […] un’identità tra l’istanza di parte e l’ordinanza di rimessione del Giudice; cioè il Giudice deve rimettere alla Corte la stessa questione che è stata sollevata dalla parte mediante apposita istanza».

Nel caso di specie, le parti opponenti nel giudizio a quo si sarebbero limitate a contestare genericamente l’illegittimità costituzionale «della declaratoria dello stato di emergenza del Consiglio dei ministri disposto con provvedimento del 31 gennaio 2020», per contrasto con gli artt. 78 e 95 Cost., nonché «della certificazione verde», per contrasto con l’art. 13 Cost.

2.2.− La questione, poi, sarebbe inammissibile per difetto di motivazione sulla non manifesta infondatezza, poiché le argomentazioni del rimettente non raggiungerebbero la soglia minima di chiarezza e completezza necessaria per consentirne lo scrutinio nel merito.

2.3.− Ancora, la questione sarebbe inammissibile per incompleta ricostruzione del quadro normativo di riferimento.

Più specificamente, la motivazione sarebbe carente poiché «disconosce la vera fonte normativa dell’ordinanza contingibile e urgente n. 28 del 30 luglio 2021» del Presidente della Provincia autonoma di Bolzano, «tacciata di presunta incostituzionalità, la quale non è di certo la censurata legge provinciale», ma l’art 52, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), «clamorosamente» ignorato dal rimettente e secondo cui il Presidente della Provincia «[a]dotta i provvedimenti contingibili ed urgenti in materia di sicurezza e di igiene pubblica nell’interesse delle popolazioni di due o più comuni».

Ancora, la facoltà dei Presidenti delle regioni e delle province autonome di introdurre restrizioni alla disciplina nazionale emergenziale sarebbe espressamente prevista anche dall’art. 1, comma 16, del decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33 (Ulteriori misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 14 luglio 2020, n. 74, e, successivamente, dall’art. 1, comma 2, lettera a), del decreto-legge 7 ottobre 2020, n. 125, recante «Misure urgenti connesse con la proroga della dichiarazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19, per il differimento di consultazioni elettorali per l’anno 2020 e per la continuità operativa del sistema di allerta COVID, nonché per l’attuazione della direttiva (UE) 2020/739 del 3 giugno 2020, e disposizioni urgenti in materia di riscossione esattoriale», convertito, con modificazioni, nella legge 27 novembre 2020, n. 159, secondo cui, ove la situazione epidemiologica muti, nelle more dell’adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, le regioni potrebbero introdurre misure ulteriormente restrittive.

Andrebbe poi ricordato, al riguardo, che, «nell’ambito della materia degli “esercizi pubblici”», l’art. 20, comma 1, dello statuto speciale attribuisce al Presidente della Provincia i poteri di pubblica sicurezza, aggiungendo, inoltre, che, ai fini dell’esercizio di tali attribuzioni, lo stesso si avvale degli organi di polizia statale ovvero della polizia locale, urbana e rurale.

Andrebbe infine rammentato, «per dovere di cronaca», che, con decreto del Capo dipartimento della Protezione civile, il Presidente della Provincia autonoma di Bolzano è stato nominato «soggett[o] attuator[e]» ai sensi dell’art. 1, comma 1, dell’ordinanza del medesimo Capo dipartimento 3 febbraio 2020, n. 630 (Primi interventi urgenti di protezione civile in relazione all’emergenza relativa al rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili), «esercitando in virtù di tale incarico funzioni tipiche di organo del governo centrale».

Il rimettente avrebbe «ignorato totalmente tale imprescindibile cornice normativa, entro la quale doveva essere collocata la controversia, che ha dato origine all’emanazione dell’ordinanza di rimessione».

2.4.− In relazione allo specifico punto delle sanzioni per la violazione delle disposizioni emergenziali pandemiche, poi, quelle statali sarebbero previste dall’art. 4 del d.l. n. 19 del 2020, come convertito, mentre la legge prov. Bolzano n. 4 del 2020 e il decreto del Presidente della Provincia n. 25 del 2020, quale «pendant normativo a livello provinciale», si sarebbero limitate a precisare la «disciplina applicativa delle suddette sanzioni, senza innovare o riformare l’impianto normativo della legislazione statale, senza introdurre un sistema di gestione dell’epidemia parallelo a quello delineato dalle norme statali, e divergente da esso, senza prevedere nuove o diverse fattispecie punibili, non già precedentemente previste dalla legislazione statale».

L’art. 1, comma 36, della legge prov. Bolzano n. 4 del 2020 – aggiunge la Provincia autonoma – rinvia all’art. 4 del d.l. n. 19 del 2020, come convertito, e si tratterebbe di un rinvio non meramente recettizio o statico, bensì dinamico, posto che «le modifiche eventualmente apportate alle norme richiamate» si rifletterebbero necessariamente anche «sulla norma richiamante».

Sarebbe allora evidente l’errore in cui è incorso il rimettente, «quando aprioristicamente sostiene» che tutte le sanzioni «trarrebbero origine in via principale» dalle disposizioni della legge provinciale censurata e dall’ordinanza contingibile e urgente del Presidente della Provincia autonoma di Bolzano n. 28 del 2021, «senza specificare che l’intervento del legislatore provinciale, per quanto concerne il regime sanzionatorio non ha fatto altro che riproporre pedissequamente – benché nell’esercizio [dei] propri strumenti costituzionalmente riconosciuti – quanto già stabilito dalla legislazione statale».

2.5.– La questione sarebbe inammissibile, infine, per omesso esperimento del tentativo di interpretazione costituzionalmente conforme.

Secondo il rimettente, quest’ultima non sarebbe possibile in ragione della diversa cornice edittale recata dalle disposizioni statali e da quelle provinciali.

Tuttavia, al giudice a quo sarebbe residuata una diversa opzione ermeneutica, in virtù della «norma generale di rinvio» («non circoscritt[a] unicamente all’applicazione di sanzioni pecuniarie») di cui all’art. 1, comma 36, della legge prov. Bolzano n. 4 del 2020, in forza del quale «[i]l mancato rispetto delle misure di cui alla presente legge è sanzionato secondo quanto previsto dall’articolo 4 del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19», disposizione, questa, che avrebbe reso «non applicabile il susseguente (quantomeno implicitamente contrastante o inconciliabile) comma 37, contemplante appunto un periodo di sospensione di dieci giorni».

In ogni caso, secondo la Provincia autonoma di Bolzano, anche ove si ritenesse «assolutamente impossibile o introvabile un’interpretazione adeguatrice», ciò non potrebbe mai condurre ad una declaratoria di illegittimità costituzionale dell’intera legge provinciale, «ma semmai unicamente» del suo art. 1, comma 37, «in casu da pronunziarsi con una decisione cosiddetta “sostitutiva” nella parte de qua che prevede la sospensione dell’esercizio per 10 giorni in contrasto con l’intervallo sanzionatorio» tra i cinque e i trenta giorni contemplato dall’art. 4, comma 2, del d.l. n. 19 del 2020, come convertito.

2.6.− Nel merito, la questione sollevata dal rimettente non sarebbe fondata, perché la sentenza di questa Corte n. 37 del 2021 da esso richiamata non avrebbe «attinenza diretta con il thema decidendum dell’odierno procedimento concernente l’applicazione delle sanzioni amministrative impugnate».

Nel caso della citata sentenza n. 37 del 2021, infatti, l’illegittimità costituzionale delle disposizioni della legge valdostana ivi oggetto di scrutinio sarebbe stata dichiarata «proprio in quanto le stesse surrogavano la sequenza di regolazione disegnata dal legislatore statale, imponendone una autonoma e alternativa, che faceva invece capo alle previsioni legislative regionali».

Nell’odierno caso della legge della Provincia autonoma di Bolzano, «vertente sull’applicazione di sanzioni amministrative», invece, non sarebbe «in discussione una supposta contrapposizione tra le due legislazioni, che semmai […] potevano essere oggetto di un ricorso principale di conflitto di attribuzione, mai proposto dallo Stato».

D’altro canto, «le fattispecie sanzionabili e le sanzioni applicabili» sarebbero identiche, «con l’eccezione della (indubbiamente in via interpretativa superabile) differenza sulla cornice edittale», di cui all’art. 1, comma 37, della legge prov. Bolzano n. 4 del 2020.

3.− Si è costituito in giudizio M. B., opponente in uno dei due procedimenti riuniti nel giudizio a quo, instando per l’ammissibilità e la fondatezza della questione sollevata dal rimettente.

3.1.− Secondo la parte privata, l’invasione della competenza legislativa esclusiva statale in materia di profilassi internazionale si evincerebbe non solo dalla sentenza n. 37 del 2021 citata dal rimettente, ma anche dalla costante giurisprudenza costituzionale, alla cui luce le «misure di contrasto ai flagelli sanitari globali, inserendosi in un ambito di cooperazione e collaborazione internazionale, con particolare riferimento all’ambito eurounitario, non possono essere che adottate a livello nazionale», escludendo così la competenza delle regioni e delle province autonome.

3.2.− Ciò posto, sempre secondo la parte privata, i «principi eurounitari» imporrebbero a questa Corte di disapplicare la legge provinciale in esame, «nella misura in cui imponeva il possesso del green pass per l’accesso agli esercizi di somministrazione. Infatti, le disposizioni della legge provinciale […] contrastano con varie disposizioni del diritto eurounitario, direttamente applicabili nel nostro ordinamento e riconducibili principalmente» alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea nonché alla Convenzione del Consiglio d’Europa per la protezione dei diritti dell’uomo e della dignità dell’essere umano riguardo all’applicazione della biologia e della medicina, ratificata e resa esecutiva con legge 28 marzo 2001, n. 145 (di seguito: Convenzione di Oviedo).

Ciò varrebbe, in particolare, per il principio di autodeterminazione sanitaria di cui all’art. 3 CFDUE – che sarebbe direttamente applicabile, rientrando la materia sanitaria e farmaceutica all’interno delle competenze dell’Unione europea (si citano l’art. 4, comma 2, lettera e, e l’art. 168, comma 4, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea) – e all’art. 5 della Convenzione di Oviedo, «parte integrante del diritto eurounitario».

Quanto a quest’ultima, poi, osterebbero all’applicazione delle disposizioni in materia di green pass, obbligatorio per accedere agli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, anche gli «artt. 2 (prevalenza dell’interesse individuale su quello collettivo e della scienza) […]10 (diritto alla riservatezza della vita privata), 11 (divieto di discriminazione per ragioni genetiche) e 26 (inviolabilità del divieto di discriminazioni per ragioni genetiche)».

In relazione agli artt. 11 e 26 da ultimo citati, la parte privata afferma che i «non vaccinati hanno […] un patrimonio genetico diverso da coloro che abbiano optato per l’inoculazione giacché non hanno sviluppato per via vaccinale le istruzioni cellulari per la sintetizzazione della proteina spike e non condividono le modificazioni genetiche operate dai vaccini […]. Con la conseguenza che la discriminazione dei primi mediante il divieto di accedere nei posti di lavoro e di studiare costituisce proprio la discriminazione genetica vietata dalla Convenzione di Oviedo e dalla Dichiarazione universale sul genoma umano adottata dall’UNESCO l’11 novembre 1997».

3.3.− La legge provinciale in esame violerebbe, altresì, le disposizioni del regolamento (UE) 2021/953 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2021, su un quadro per il rilascio, la verifica e l’accettazione di certificati interoperabili di vaccinazione, di test e di guarigione in relazione alla [malattia da]COVID-19 (certificato COVID digitale dell’UE) per agevolare la libera circolazione delle persone durante la pandemia di COVID-19.

Il legislatore europeo avrebbe avuto ben presente la possibilità di abusi da parte degli Stati e, oltre a imporre espressamente il rispetto della CDFUE, si sarebbe preoccupato, al considerando n. 36, «di chiarire ulteriormente che la discriminazione diretta o indiretta delle persone sfornite di green pass (costituente la prova della vaccinazione e/o del tampone PCR negativo) era da ritenersi vietata anche per le persone che avevano scelto di non vaccinarsi».

3.4.− In forza delle considerazioni sopra esposte, la parte privata ha quindi concluso per la dichiarazione d’illegittimità costituzionale della legge prov. Bolzano n. 4 del 2020 e per la dichiarazione, comunque, «d’inapplicabilità delle norme di cui alla predetta legge provinciale per contrasto con le norme eurounitarie meglio descritte in premessa».

4.− Con memoria depositata il 31 gennaio 2024, la parte privata ha replicato alle eccezioni di inammissibilità sollevate dalla Provincia autonoma di Bolzano e insistito per l’accoglimento della questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale di Bolzano.


Considerato in diritto

l.− Con ordinanza del 12 maggio 2023, iscritta al n. 124 del registro ordinanze 2023, il Tribunale di Bolzano, seconda sezione civile, dubita, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera q), Cost., della legittimità costituzionale della legge prov. Bolzano n. 4 del 2020, rubricata «Misure di contenimento della diffusione del virus SARS-COV-2 nella fase di ripresa delle attività».

La legge provinciale in questione si compone di quattro articoli – il primo dedicato alle «[m]isure per la ripresa delle attività» e suddiviso in trentasette commi, il secondo all’istituzione di una «[c]ommissione di esperti», il terzo alle disposizioni finanziarie e il quarto alla sua «[e]ntrata in vigore» − e di cinque Allegati.

Essa, al «fine di contemperare la tutela delle libertà e dei diritti fondamentali delle persone con la necessità di contrastare e contenere il diffondersi del virus SARS-COV-2 sul territorio della provincia di Bolzano», «disciplina la ripresa graduale delle libertà di movimento delle cittadine e dei cittadini, delle attività economiche e delle relazioni sociali, compatibilmente con le misure di contrasto alla diffusione del virus» (art. 1, comma 1).

Ai sensi dell’art. 1, comma 2, poi, tale «ripresa delle attività e delle libertà di movimento è condizionata all’osservanza rigorosa e responsabile delle misure di sicurezza fissate in relazione ai diversi ambiti disciplinati dalla presente legge».

Quest’ultima, dunque, regolava, sul territorio provinciale e «sino alla cessazione totale dello stato di emergenza dichiarato a livello nazionale» (così il medesimo art. 1, comma 2), le ben note misure di contrasto alla pandemia già previste dal legislatore statale (tra cui, a titolo esemplificativo, gli obblighi di distanziamento interpersonale, di protezione delle vie respiratorie, di quarantena, nonché quelli gravanti sui titolari delle attività economiche e produttive e dei servizi di ristorazione e somministrazione di alimenti e bevande, et cetera).

l.1.− Il rimettente è stato adito con due distinti ricorsi, poi riuniti, proposti da una società titolare di una pizzeria e dal suo legale rappresentante in opposizione a due ordinanze-ingiunzione, con cui la Provincia autonoma di Bolzano ha irrogato sanzioni per avere omesso di controllare il possesso, in capo ai clienti, della certificazione verde necessaria per il consumo all’interno del locale.

Le predette ordinanze, in particolare, hanno applicato agli opponenti, in solido, la sanzione pecuniaria di euro 400,00 e disposto quella accessoria della sospensione dell’attività per dieci giorni.

l.2.− Secondo il rimettente, la questione sarebbe rilevante perché la legge provinciale indubbiata costituirebbe la «base giuridica» su cui si fondano «in via principale» gli atti impugnati.

In particolare, la sanzione pecuniaria sarebbe stata irrogata in applicazione dell’art. 1, comma 36, della medesima legge provinciale e quella accessoria della sospensione dell’attività in applicazione del successivo comma 37.

Ne conseguirebbe che, in caso di dichiarazione di illegittimità costituzionale della «norma», le ordinanze opposte andrebbero annullate per violazione del principio di legalità di cui all’art. 1 della legge n. 689 del 1981.

Quanto alla non manifesta infondatezza della questione, secondo il rimettente, la legge prov. Bolzano n. 4 del 2020 avrebbe invaso la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di profilassi internazionale che, per come chiarito da questa Corte con la sentenza n. 37 del 2021, «è comprensiva di ogni misura atta a contrastare una pandemia sanitaria in corso, ovvero a prevenirla».

2.− È preliminare l’esatta delimitazione del thema decidendum.

2.1.− Nonostante il Tribunale di Bolzano abbia apparentemente sollevato questione di legittimità costituzionale dell’intera legge prov. Bolzano n. 4 del 2020, emerge pianamente dalla lettura dell’ordinanza di rimessione che reale ed unico oggetto del dubbio del rimettente è l’art. 1, commi 36 e 37, della medesima legge provinciale.

2.2.− I commi in questione così recitano: «36. Il mancato rispetto delle misure di cui alla presente legge è sanzionato secondo quanto previsto dall’articolo 4 del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19. 37. La sospensione delle attività di cui al comma 19 è disposta, per dieci giorni, dal Presidente della Provincia. Tale sospensione è disposta anche in caso di violazione delle misure di cui all’allegato A».

L’art. 4 del d.l. n. 19 del 2020, come convertito, richiamato dall’art. 1, comma 36, della legge prov. Bolzano n. 4 del 2020, per quanto qui rileva, prevede, al comma 1, la sanzione pecuniaria da euro 400,00 ad euro 1.000,00 per il mancato rispetto delle misure di contenimento previste dall’art. 1, comma 2, del medesimo decreto-legge; e, al comma 2, la sanzione amministrativa accessoria della chiusura dell’esercizio o dell’attività da cinque a trenta giorni nei casi di cui all’art. 1, comma 2, lettere i), m), p), u), v), z) e aa), tra cui figurano le misure di limitazione o sospensione delle attività di somministrazione al pubblico di bevande e alimenti, nonché di consumo sul posto di alimenti e bevande, compresi bar e ristoranti (lettera v).

A sua volta, l’art. 1, comma 19, della legge prov. Bolzano n. 4 del 2020, richiamato dal primo alinea del comma 37 del medesimo articolo, così dispone: «[a] decorrere dall’entrata in vigore della presente legge tutte le attività produttive industriali, artigianali e commerciali esercitate sull’intero territorio provinciale sono riaperte, a condizione che sia possibile garantire il rispetto delle misure di sicurezza di cui al comma 12 e che le imprese rispettino, oltre ai contenuti dei protocolli territoriali, i protocolli nazionali di cui in allegato alla presente legge».

Il comma 12 dell’art. 1, richiamato dal citato comma 19, prevede, poi, che «[t]utte le attività economiche devono assicurare un adeguato rapporto tra superficie e persone, al fine di garantire il rispetto delle distanze interpersonali di sicurezza e deve essere altresì assicurato che gli ingressi avvengano in modo dilazionato. Trovano applicazione le misure di cui all’allegato A, sino alla cessazione dello stato di emergenza dichiarato a livello nazionale».

Ai sensi del successivo comma 15, le misure di sicurezza di cui al comma 12 (che, come visto, menziona pure quelle di cui all’Allegato A) sono imposte anche ai servizi di ristorazione e somministrazione di alimenti e bevande.

L’Allegato A, richiamato sia dal comma 12 che dal comma 37 dell’art. 1, dal canto suo, stabilisce «le regole e misure della fase 2. Esso include: I. misure generali valide nei confronti di tutti e raccomandazioni di comportamento; II. misure specifiche per attività economiche e altre attività, che hanno validità nel rispettivo settore; III. rinvii a provvedimenti nazionali e protocolli di sicurezza nazionali e territoriali».

Tra le misure sub II, vi sono quelle relative alle «Certificazioni verdi».

Più esattamente, il punto II.C così dispone: «1. Ai fini delle misure di sicurezza contenute nel presente allegato per certificazioni verdi si intendono quelle emesse ai sensi del decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52, convertito con legge 17 giugno 2021, n. 87, e del DPCM del 17 giugno 2021, comprovanti una delle seguenti fattispecie: a) lo stato di avvenuta vaccinazione contro il SARS-CoV-2; b) la guarigione dall’infezione da SARS-CoV-2; c) l’effettuazione di un test per la rilevazione del SARS-CoV-2 con esito negativo. 2. L’esibizione delle predette certificazioni è richiesta dagli esercenti le attività per cui esse sono previste».

Tale punto dell’Allegato A è stato inserito − con la delibera di Giunta provinciale 25 maggio 2021, n. 466 (Modifiche all’allegato A della legge provinciale dell’08.05.2020, n. 4, da ultimo aggiornato con deliberazione della Giunta provinciale n. 825 del 27.10.2020), in forza della previsione di cui all’art. 1, comma 6, secondo alinea, della stessa legge prov. Bolzano n. 4 del 2020, secondo cui «[r]estano ferme le misure previste all’allegato A, modificabili dalla Giunta provinciale in ragione dell’andamento epidemiologico» − in seguito all’introduzione nella legislazione nazionale dell’obbligo di certificazione verde ad opera degli articoli da 9 a 13 del d.l. n. 52 del 2021, come convertito.

2.3.− I commi 36 e 37 dell’art. 1, dunque, recano l’apparato sanzionatorio per la violazione di tutte le «misure» di contenimento della pandemia previste dalla legge provinciale e dal suo Allegato A.

2.4.− Alla luce delle argomentazioni del rimettente e della fattispecie concreta oggetto del giudizio a quo (tra le tante, sentenze n. 66 del 2022, n. 223 e n. 68 del 2021), deve tuttavia ritenersi che le questioni sollevate cadano sui citati commi 36 e 37 dell’art. 1 della legge prov. Bolzano n. 4 del 2020 nella sola parte in cui sanzionano la condotta degli esercenti le attività di ristorazione e di somministrazione di alimenti e bevande che, in violazione dell’art. 1, comma 12, e del punto II.C dell’Allegato A alla legge provinciale medesima, non controllino il possesso del green pass in capo ai clienti (per come imposto dall’art. 9-bis del d.l. n. 52 del 2021, come convertito).

2.5.− Esulano invece dal thema decidendum del giudizio di costituzionalità i diversi profili dedotti dalla parte privata, la quale, oltre ad aderire alle argomentazioni del rimettente, ha anche lamentato il contrasto con molteplici disposizioni del diritto dell’Unione europea e della Convenzione di Oviedo.

Nel giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale, infatti, non possono essere presi in esame questioni o profili di costituzionalità dedotti solo dalle parti e diretti quindi ad ampliare o modificare il contenuto dell’ordinanza di rimessione (ex plurimis, sentenze n. 161 del 2023, n. 228 e n. 186 del 2022, n. 252 del 2021).

3.− Sempre in via preliminare, devono poi essere esaminate, nell’ordine in cui sono state prospettate, le plurime eccezioni di inammissibilità formulate dalla Provincia autonoma.

3.1.− Secondo quest’ultima, la questione sarebbe inammissibile, in primo luogo, perché avente ad oggetto l’intera legge provinciale: il rimettente avrebbe in tal modo introdotto «un giudizio generale di legittimità costituzionale in via principale», ovvero «un giudizio vertente su di un conflitto di attribuzione tra poteri, che può essere proposto solo dallo Stato o dalle Regioni».

L’eccezione non è fondata, dal momento che, come illustrato in precedenza, le questioni di legittimità costituzionale cadono esclusivamente sui commi 36 e 37 dell’art. 1 della legge prov. Bolzano n. 4 del 2020, peraltro nella sola parte in cui sanzionano la condotta degli esercenti le attività di ristorazione e di somministrazione di alimenti e bevande che non controllino il possesso del green pass in capo ai clienti.

3.2.– La Provincia autonoma di Bolzano ha eccepito l’inammissibilità anche per difetto di motivazione sulla non manifesta infondatezza, poiché le argomentazioni svolte dal rimettente in riferimento all’intera legge provinciale non raggiungerebbero la soglia minima di chiarezza e completezza necessaria per consentire lo scrutinio di merito della questione sollevata.

L’eccezione non è fondata, poiché, una volta individuato il reale e più ristretto thema decidendum, il senso del dubbio di legittimità costituzionale del rimettente è chiaro, risolvendosi nella dedotta invasione della competenza legislativa esclusiva statale in materia di profilassi internazionale, cui andrebbero ricondotte tutte le misure di contrasto alla pandemia, ivi compresi l’obbligo di green pass per accedere a determinati luoghi e attività e, per quanto qui immediatamente più rileva, le correlate fattispecie sanzionatorie.

3.3.– Ancora, secondo la Provincia autonoma di Bolzano, le questioni sarebbero inammissibili per mancata ricostruzione del quadro normativo di riferimento, avendo il rimettente omesso di prendere in considerazione le norme statutarie (artt. 20, comma 1, e 52, comma 2) e legislative (art. 1, comma 16, del d.l. n. 33 del 2020, come convertito, e art. 1, comma 2, lettera a, del d.l. n. 125 del 2020, come convertito) che fonderebbero la sua competenza in materia.

L’eccezione non è fondata, poiché le disposizioni invocate dalla Provincia autonoma non concorrono a formare il quadro normativo di riferimento necessario per la definizione delle questioni.

Questa Corte, con la sentenza n. 164 del 2022, ha infatti escluso che le competenze statutarie della Provincia autonoma di Bolzano siano idonee a fondare una sua legittimazione a disciplinare la materia del green pass, ritenendo in particolare «recessiva» la sua competenza in materia di tutela della salute (dal momento che «l’art. 52, secondo comma, dello statuto di autonomia, attribuendo al Presidente della Giunta un potere emergenziale “nell’interesse delle popolazioni di due o più Comuni”, conferma, in accordo con il limite territoriale, che si tratta di un’attribuzione calibrata su crisi sanitarie di carattere non pandemico o comunque i cui effetti possano ancora reputarsi circoscritti a tale ambito limitato; mentre, nel caso del nuovo coronavirus, è palese il carattere globale della pandemia, e, quindi, la necessità di interventi assunti dalla competente autorità centrale»).

Nella precedente sentenza n. 37 del 2021, poi, si era già chiarito che neanche l’art. 1, comma 16, del d.l. n. 33 del 2020, come convertito (al pari del successivo art. 1, comma 2, lettera a, del d.l. n. 125 del 2020, come convertito), consente alle regioni (e alle province autonome) di esercitare competenze legislative in questa materia, ma esclusivamente competenze amministrative alle condizioni rigorosamente individuate dalla medesima disposizione.

Ivi si è infatti affermato che «[c]iò che la legge statale permette […] non è una politica regionale autonoma sulla pandemia, quand’anche di carattere più stringente rispetto a quella statale, ma la sola disciplina (restrittiva o ampliativa che sia), che si dovesse imporre per ragioni manifestatesi dopo l’adozione di un d.P.C.m., e prima che sia assunto quello successivo. È però chiaro che – alla stregua del quadro normativo statale – ciò può accadere per mezzo di atti amministrativi, in ragione della loro flessibilità, e non grazie all’attività legislativa regionale».

3.4.– Deve qui aggiungersi che una insufficiente ricostruzione del quadro normativo di riferimento non può ravvisarsi nemmeno in ragione della circostanza che il rimettente, nel richiamare la normativa statale, ha omesso di prendere in considerazione gli articoli da 9 a 13 del d.l. n. 52 del 2021, come convertito, sopravvenuti rispetto al menzionato art. 4 del d.l. n. 19 del 2020, come convertito, e regolanti l’obbligo di green pass.

In particolare, è vero che il rimettente non si è misurato, per quanto attiene allo specifico aspetto sanzionatorio, con l’art. 13, comma 1, del d.l. n. 52 del 2021, come convertito, il quale, per la condotta (anche) del titolare (o del gestore) dei servizi di ristorazione che non controlli il possesso del green pass da parte dei clienti (art. 9-bis, comma 4, del medesimo d.l. n. 52 del 2021, come convertito), da un lato, richiama l’apparato sanzionatorio previsto dall’art. 4 del d.l. n. 19 del 2020, come convertito, e, dall’altro, prevede, la sanzione amministrativa accessoria della chiusura dell’esercizio o dell’attività da uno a dieci giorni (a condizione, quanto al green pass cosiddetto “base”, che si tratti di violazione successiva alla seconda e sia commessa in giornata diversa da quelle in cui sono state commesse le precedenti violazioni, e, quanto al green pass cosiddetto “rafforzato”, che si tratti di violazione successiva alla prima e sia commessa in giornata diversa da quella in cui è stata commessa la precedente violazione).

Nonostante tale omissione ricostruttiva, la questione non può dirsi inammissibile, dal momento che il dubbio del rimettente attiene alla dedotta invasione dell’ambito competenziale esclusivo dello Stato in materia di profilassi internazionale e per la verifica della fondatezza di tale dubbio non assume rilievo la sussistenza o meno di un contrasto tra la legislazione statale e quella provinciale.

Da tale angolazione, cioè, il panorama normativo strettamente necessario e sufficiente per la comprensione delle questioni sollevate è dato dalle disposizioni provinciali indubbiate e dal parametro costituzionale che si assume violato, a nulla rilevando come la competenza esclusiva sia stata concretamente esercitata dallo Stato.

3.5.– La Provincia autonoma di Bolzano ha poi messo in discussione l’assunto del rimettente secondo cui la questione sarebbe rilevante perché le ordinanze impugnate poggerebbero «in via principale» sulla legge provinciale, di guisa che, ove quest’ultima fosse travolta, le predette ordinanze andrebbero annullate per violazione del principio di legalità e la parte ricorrente potrebbe agire per il risarcimento dei danni.

Secondo la Provincia autonoma, infatti, «l’intervento del legislatore provinciale, per quanto concerne il regime sanzionatorio non ha fatto altro che riproporre pedissequamente ̶ benché nell’esercizio [dei] propri strumenti costituzionalmente riconosciuti ̶ quanto già stabilito dalla legislazione statale».

3.5.1.– L’eccezione della Provincia comporta la necessità di sottoporre a verifica la motivazione del rimettente sulla rilevanza delle questioni sollevate, e ciò nei ben noti limiti del controllo meramente “esterno”, volto ad accertare l’esistenza di una motivazione non implausibile, non palesemente erronea o contraddittoria (tra le tante, sentenze n. 164 del 2023, n. 192 del 2022 e n. 32 del 2021).

Siffatto scrutinio deve vertere sui due assunti su cui tale motivazione poggia: a) esso rimettente è chiamato a verificare il rispetto del principio di legalità e quindi la legittimità costituzionale delle disposizioni provinciali poste a fondamento delle ordinanze impugnate; b) la loro eventuale declaratoria di illegittimità costituzionale comporterebbe la caducazione delle ordinanze medesime.

3.5.1.1.– Secondo la costante giurisprudenza della Corte di cassazione, il giudizio di opposizione a ordinanza-ingiunzione è limitato allo scrutinio dei motivi sollevati dalla parte opponente, tra cui, nel caso di specie – stando all’elencazione fornita dal giudice a quo – non figura quello relativo all’assenza di una valida base normativa per illegittimità costituzionale delle disposizioni provinciali che sanzionano il mancato controllo del possesso del green pass.

La stessa Corte di cassazione, tuttavia, con orientamento consolidato, afferma, altresì, che nel giudizio in questione il principio della domanda (da cui discende il divieto per il giudice di pronunciarsi su motivi di opposizione o su eccezioni non dedotte dalle parti) «non può essere applicato in maniera acritica ed automatica, ma deve essere coordinato con i principi informatori della disciplina posta dalla legge in materia di sanzioni amministrative, in particolare con il principio di legalità» espresso dall’art. 1 della legge n. 689 del 1981, in forza del quale «nessuno può essere assoggettato a sanzione amministrativa se non in forza di una legge che sia in vigore al momento in cui ha commesso il fatto» (Corte di cassazione, sezione seconda civile, sentenza 25 febbraio 2020, n. 4962).

Uno dei «corollari» del principio di legalità sarebbe che lo stesso «potere di irrogazione della sanzione amministrativa deve trovare il suo fondamento giuridico ineliminabile nella disposizione di legge che vieta e punisce la condotta sanzionata», (Corte di cassazione, sezione seconda civile, sentenza 25 giugno 2008, n. 17403), il che equivarrebbe a dire che «l’indagine in ordine alla esistenza e vigenza della norma di legge che vieta e quindi sanziona il comportamento ascritto al ricorrente nel provvedimento amministrativo investe il tema della sussistenza, in generale, dello stesso potere sanzionatorio» (Corte di cassazione, sentenza n. 4962 del 2020).

Ciò comporta, quindi, che, «[n]el giudizio di opposizione a sanzione amministrativa, l’illegittimità del provvedimento opposto per violazione del principio di legalità […] è rilevabile d’ufficio, giacché tale principio costituisce cardine dell’intero sistema normativo di settore ed ha valore ed efficacia assoluta, essendo direttamente riferibile alla tutela di valori costituzionalmente garantiti (artt. 23 e 25 Cost.)» (Corte di cassazione, sezione seconda civile, sentenza 22 novembre 2021, n. 35791).

Alla luce della testé ricordata giurisprudenza della Corte di cassazione, dunque, non è implausibile l’assunto del rimettente secondo cui, attraverso il controllo di ufficio sulla legalità della sanzione, esso sia investito della verifica della legittimità costituzionale delle norme fondanti il potere sanzionatorio, anche oltre il thema decidendum delineato dagli atti di opposizione.

3.5.1.2.– Parimenti non può dirsi circa il secondo assunto del giudice a quo.

Lo stesso stralcio delle ordinanze-ingiunzione riportato nell’ordinanza di rimessione non attribuisce alle ricordate disposizioni della legge provinciale un ruolo fondante il potere sanzionatorio esclusivo o anche solo «principale».

Le ordinanze opposte, infatti, oltre all’art. 1, comma 37, della legge provinciale censurata, espressamente citano anche «l’art. 4 del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito con legge del 22 maggio 2020, n. 35, il quale prevede per la contestata violazione una sanzione amministrativa da 400,00 a 1.000,00 euro, aumentata fino ad un terzo se commessa mediante l’utilizzo di un veicolo, nonché la sanzione amministrativa accessoria della chiusura dell’esercizio o dell’attività» (così il citato stralcio riportato dall’ordinanza di rimessione).

Al di là della solo parziale correttezza del riferimento alla normativa statale menzionata (come detto sopra, per la violazione dell’obbligo di controllare il green pass sia la sanzione pecuniaria sia quella accessoria sono previste dall’art. 13 del d.l. n. 52 del 2021, come convertito, sia pure mediante rinvio, quanto alla cornice edittale della prima, all’art. 4 del d.l. n. 19 del 2020, come convertito), vi è dunque che le ordinanze-ingiunzione poggiano espressamente anche su tale normativa.

3.5.2.– Ciò nonostante, l’eccezione di difetto di motivazione sulla rilevanza sollevata dalla Provincia autonoma non può essere accolta.

Una volta ammesso che il rimettente possa e debba controllare il rispetto del principio di legalità da parte dell’autorità amministrativa, ad esso spetterà di verificare la sussistenza di una valida base normativa fondante il potere sanzionatorio esercitato.

Ciò vuol dire che il giudice a quo, nella motivazione che porrà a sostegno della sua decisione, ben potrà e dovrà analizzare l’esistenza e la legittimità costituzionale delle norme sanzionatorie tanto statali quanto provinciali.

In altri termini, il Tribunale di Bolzano, nel riferire della necessità di controllare d’ufficio il rispetto del principio di legalità, ha chiarito che delle norme provinciali, al pari di quelle statali, deve comunque fare applicazione, quanto meno sotto il profilo argomentativo, e tanto basta a rendere non implausibile la motivazione sulla rilevanza delle questioni (tra le tante, sentenze n. 164 e n. 160 del 2023, n. 19 del 2022, n. 215, n. 157 e n. 59 del 2021, n. 254 del 2020).

3.6.– Resta da esaminare, da ultimo, l’eccezione di inammissibilità per omesso esperimento del tentativo di interpretazione conforme.

3.6.1.– Secondo la Provincia autonoma, al giudice a quo sarebbe residuata una diversa opzione ermeneutica, in virtù della «norma generale di rinvio» di cui all’art. 1, comma 36, della legge prov. Bolzano n. 4 del 2020, in forza del quale «[i]l mancato rispetto delle misure di cui alla presente legge è sanzionato secondo quanto previsto dall’articolo 4 del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19».

Tale rinvio operato dal comma 36 avrebbe reso «non applicabile il susseguente (quantomeno implicitamente contrastante o inconciliabile) comma 37, contemplante appunto un periodo di sospensione di dieci giorni».

Secondo la Provincia autonoma di Bolzano, cioè, l’indubbiato art. 1, comma 37, potrebbe essere considerato non operante in virtù del richiamo effettuato dal precedente comma 36 all’art. 4 del d.l. n. 19 del 2020, come convertito, che reca sia la sanzione pecuniaria sia quella accessoria della chiusura dell’esercizio o dell’attività da cinque a trenta giorni: in tal modo entrambe le sanzioni sarebbero regolate in maniera corrispondente (recte: tramite rinvio) alla legislazione statale.

3.6.2.– L’eccezione, in primo luogo, per quanto genericamente formulata, è di fatto rivolta esclusivamente alla questione di legittimità costituzionale avente ad oggetto l’art. 1, comma 37, della legge prov. Bolzano n. 4 del 2020, disciplinante la sanzione accessoria.

Con tale eccezione, poi, la Provincia autonoma, a ben vedere, non pone un problema di interpretazione conforme a Costituzione della norma recata dalla citata disposizione.

L’interpretazione suggerita dalla Provincia, infatti, non attribuisce ad essa un significato idoneo ad elidere il sospettato vulnus alla Costituzione, poiché l’esito del percorso ermeneutico della parte – ossia l’ipotizzata coincidenza precettiva tra le due legislazioni – non farebbe venire meno l’intrusione nella sfera legislativa esclusiva dello Stato dedotta dal rimettente.

Quello che la Provincia eccepisce è piuttosto un difetto di rilevanza della questione, basato sull’assunto che la presunta antinomia tra il comma 36 e il comma 37 dell’art. 1 della legge prov. Bolzano n. 4 del 2020 debba essere risolta in favore del primo, che, essendo «norma generale di rinvio», comporterebbe la non “applicabilità” del secondo.

3.6.3.– L’eccezione non è fondata, poiché l’antinomia non sussiste.

L’apposita regolamentazione, all’art. 1, comma 37, della legge prov. Bolzano n. 4 del 2020, della sanzione accessoria in difformità da quella recata dal citato art. 4, comma 2, del d.l. n. 19 del 2020, come convertito, rende infatti logicamente incompatibile l’applicazione di quest’ultimo.

È quindi corretto il contrario e implicito assunto del rimettente secondo cui, attraverso l’enucleazione di un apposito comma dedicato alla sanzione accessoria, il legislatore provinciale abbia inteso sul punto discostarsi dall’altrove menzionata disciplina statale, sì che il rinvio che il precedente comma 36 opera all’art. 4 del d.l. n. 19 del 2020, come convertito, deve intendersi riferito esclusivamente al suo comma 1 relativo alla sanzione pecuniaria e non anche al comma 2, relativo a quella accessoria.

In definitiva, il legislatore provinciale ha inteso disciplinare, all’art. 1, comma 36, la sola sanzione pecuniaria mediante rinvio, quanto alla misura sanzionatoria, alla legislazione statale e, al successivo comma 37, la sanzione accessoria della sospensione dell’attività, con una misura edittale autonoma e diversa da quella prevista dall’art. 4, comma 2, del d.l. n. 19 del 2020, come convertito, ma anche da quella prevista dall’art. 13, comma 1, del d.l. n. 52 del 2021, come convertito, che è la disposizione statale effettivamente recante (anche) la sanzione della violazione dell’obbligo di controllo del possesso del green pass.

Il medesimo schema logico, peraltro, è stato seguito dallo stesso legislatore statale proprio con il da ultimo menzionato art. 13, comma 1, del d.l. n. 52 del 2021, come convertito, che, da un lato, richiama l’apparato sanzionatorio previsto dall’art. 4 del d.l. n. 19 del 2020, come convertito, e, dall’altro, prevede, la sanzione amministrativa accessoria della chiusura dell’esercizio o dell’attività da uno a dieci giorni.

Anche in questo caso deve ritenersi che, avendo il legislatore statale regolato autonomamente la sanzione accessoria, il rinvio all’art. 4 del d.l. n. 19 del 2020, come convertito, sia stato operato esclusivamente in relazione alla cornice edittale della sanzione pecuniaria di cui al suo comma 1.

4.– Nel merito, le questioni di legittimità costituzionale sono fondate.

È noto che le sanzioni amministrative non costituiscono una materia a sé stante, ma rientrano nella competenza relativa alla materia sostanziale cui accedono (tra le tante, sentenze n. 84 del 2019, n. 148 e n. 121 del 2018, n. 271 del 2012, n. 246 del 2009, n. 240 del 2007, n. 384 del 2005 e n. 12 del 2004).

Nel caso di specie, la disciplina sostanziale è quella delle misure di contrasto alla pandemia e, in particolare, dell’utilizzo della certificazione verde, disciplina, questa, che è già stata ricondotta espressamente alla competenza esclusiva statale in materia di profilassi internazionale (con la citata sentenza 164 del 2022, secondo cui la predetta certificazione ha «la finalità di limitare la diffusione del contagio, consentendo l’interazione tra persone in luoghi pubblici o aperti al pubblico solo se quest’ultime, in quanto vaccinate, guarite, o testate con esito negativo al COVID-19, si offrano a vettori della malattia con un minor tasso di probabilità»).

La medesima sentenza ha peraltro respinto un conflitto di attribuzione sollevato dalla stessa Provincia autonoma di Bolzano avverso due atti del Garante per la protezione dei dati personali, recanti una limitazione definitiva al trattamento dei dati relativi all’utilizzo delle certificazioni verdi da parte della Provincia medesima proprio in base alla legge provinciale in esame (e a successive ordinanze del Presidente della Giunta provinciale).

In quell’occasione, questa Corte – in continuità con la precedente sentenza n. 37 del 2021– ha anche escluso la sussistenza, in questa materia, di margini competenziali in capo alla Provincia autonoma vantati, nei medesimi termini, in quella sede e nell’odierno giudizio di costituzionalità.

Il legislatore provinciale, dunque, nel disciplinare le conseguenze sanzionatorie della violazione dell’obbligo di controllo del green pass, ha invaso la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di profilassi internazionale.

A nulla poi rileva che la sanzione pecuniaria prevista dall’art. 1, comma 36, della legge prov. Bolzano n. 4 del 2020 sia conforme a quella statale, dal momento che al legislatore (regionale e) provinciale è preclusa l’intrusione nelle materie di competenza esclusiva di natura non trasversale, anche al solo fine di riprodurre le (o di rinviare alle) disposizioni statali (tra le tante, sentenze n. 239 e n. 4 del 2022, n. 16 del 2021, n. 40 del 2017 e n. 98 del 2013).

5.– Va pertanto dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, commi 36 e 37, della legge prov. Bolzano n. 4 del 2020, nella parte in cui sanzionava la violazione dell’obbligo gravante sui titolari e i gestori dei servizi di ristorazione e di somministrazione di alimenti e bevande di richiedere ai clienti l’esibizione della certificazione verde prevista dalla legislazione statale.


per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, commi 36 e 37, della legge della Provincia autonoma di Bolzano 8 maggio 2020, n. 4 (Misure di contenimento della diffusione del virus SARS-COV-2 nella fase di ripresa delle attività), nella parte in cui sanzionava la violazione dell’obbligo gravante sui titolari e i gestori dei servizi di ristorazione e di somministrazione di alimenti e bevande di richiedere ai clienti l’esibizione della certificazione verde prevista dalla legislazione statale.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 febbraio 2024.

F.to:

Augusto Antonio BARBERA, Presidente

Giovanni PITRUZZELLA, Redattore

Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria

Depositata in Cancelleria il 28 marzo 2024

Il Direttore della Cancelleria

F.to: Roberto MILANA


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