Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Ufficio Rapporti con l'Unione Europea
Titolo: Vigilanza bancaria europea - Proposte della Commissione europea (COM(2012)510, COM(2012)511, COM(2012)512) - Edizione aggiornata
Serie: Documentazione per le Commissioni - Esame di atti e documenti dell'UE    Numero: 138
Data: 21/11/2012
Descrittori:
BANCHE ISTITUTI E AZIENDE DI CREDITO   UNIONE EUROPEA
VIGILANZA     
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Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

 

 

 

 

Documentazione per le Commissioni

esame di atti e documenti dell’unione europea

 

 

 

 

 

Vigilanza bancaria europea

Proposte della Commissione europea (COM(2012)510,

COM(2012)511, COM(2011)512)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 138

 

7 novembre 2012

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il dossier è stato curato dall’Ufficio rapporti con l’Unione europea
(' 066760.2145 - * cdrue@camera.it)

I paragrafi ‘Competenze delle autorità nazionali di vigilanza’ e ‘L’Unione bancaria e il mercato unico’, sono stati redatti in collaborazione con il Servizio Studi, Dipartimento Finanze (' 066760.9496)

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I N D I C E

 

Scheda di lettura   1

Nota introduttiva  3

Vigilanza unificata e unione bancaria europea  5

·        La proposta relativa ai poteri di vigilanza  7

-          Base giuridica  7

-          Conformità al principio di sussidiarietà  8

-          Compiti della BCE e ruolo delle autorità di vigilanza nazionali8

-          Compiti della BCE   8

-          Competenze delle autorità nazionali di vigilanza  10

-          Poteri sanzionatori13

-          Cooperazione tra la BCE e autorità di Stati membri non partecipante all’eurozona  13

-          Principi organizzativi14

-          Finanziamento  16

-          Entrata in vigore  16

·        Proposta di modifica del regolamento istitutivo dell’Autorità bancaria europea (ABE)17

-          Base giuridica  19

-          Conformità ai principi di sussidiarietà e proporzionalità  19

-          Poteri dell’ABE in materia di mediazione obbligatoria  19

-          Modalità di voto  19

-          Composizione del consiglio di amministrazione  20

·        Iter delle proposte e negoziato  20

-          Posizione del Parlamento europeo  21

-          Posizione di altri parlamenti nazionali22

La comunicazione su “una tabella di marcia verso l’Unione bancaria”25

-          L’Unione bancaria e il mercato unico  26

-          Azioni fondamentali28

-          Un meccanismo di vigilanza unico  29

-          Azioni fondamentali29

-          Prossimi passi nella gestione delle crisi bancarie  29

-          Azioni fondamentali29

·        Quadro di risanamento e di risoluzione delle crisi degli enti creditizi29

Il rapporto Liikanen  33

Il Libro verde sul sistema bancario ombra  35

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

Scheda di lettura


 


 

Nota introduttiva

Il presente dossier illustra le due proposte legislative relative alla istituzione di un meccanismo unico di vigilanza nell’area euro, presentate dalla Commissione europea lo scorso 12 settembre, nonché la comunicazione sulla tabella di marcia relativa alla realizzazione dell’unione bancaria che accompagna le medesime proposte.

Sono inoltre riportate sinteticamente ulteriori iniziative avviate dalla Commissione europea che assumono rilievo in merito alla costruzione della stessa Unione bancaria e, più in generale, all’adeguamento della normativa europea in materia di banche e intermediari finanziari, quali:

·          il rapporto del gruppo di lavoro ad alto livello sulla riforma del sistema bancario europeo presieduto dal governatore della Banca centrale finlandese, Erkki Liikanen;

·         il Libro verde sul sistema bancario ombra.



 

Vigilanza unificata e unione bancaria europea

Il pacchetto di proposte relative alla creazione di un sistema centralizzato di vigilanza sul settore bancario, presentato dalla Commissione europea il 12 settembre scorso, comprende:

·         una proposta di regolamento che conferisce poteri alla BCE per la vigilanza di tutte le banche della zona euro, nonché a quelle dei Paesi che vi aderiscano su base volontaria pur non avendo adottato la moneta unica (COM(2012)511);

·         una proposta di regolamento che allinea il vigente regolamento istitutivo dell’Autorità bancaria europea (ABE o EBA, secondo l’acronomico inglese comunemente utilizzato) al nuovo assetto della vigilanza bancaria; in particolare, l'EBA continuerà ad elaborare le norme comuni applicabile a tutti i 27 Stati membri e  assicurerà che le prassi di vigilanza siano uniformi in tutta l'Unione (COM(2012)512);

·         una comunicazione che delinea la visione complessiva della Commissione per l'unione bancaria, comprese le prossime iniziative per l'istituzione di un  meccanismo unico di risoluzione delle crisi bancarie (COM(2012)510). Per un’illustrazione più dettagliata della tabella di marcia sull’unione bancaria delineata nella comunicazione si rinvia all’apposito paragrafo del presente dossier.  

 

Il pacchetto prospetta nel suo complesso:

·         l’attribuzione alla BCE di compiti specifici di vigilanza prudenziale degli enti creditizi stabiliti negli Stati membri la cui moneta è l'euro;

·         l’assolvimento di tali compiti da parte della BCE nel quadro del Sistema europeo di vigilanza finanziaria (SEVIF)  e in stretta cooperazione con le autorità di vigilanza nazionali e l'Autorità bancaria europea (ABE o EBA).

·         la conferma in capo all'EBA dei poteri e compiti di elaborazione di standard tecnici, ai fini dello sviluppo di un corpus unico di norme europee, alla convergenza e coerenza delle pratiche di vigilanza e alla mediazione tra le autorità di vigilanza nazionali. Sarebbero peraltro modificate le procedure di funzionamento dell’EBA per tenere conto dei nuovi poteri della BCE.

 

La presentazione del pacchetto fa seguito ad una specifica richiesta formulata con un apposita dichiarazione dai Capi di Stato e di Governo della zona euro in occasione del Consiglio europeo del 28-29 giugno 2012.

Nella dichiarazione si considerava l’introduzione del sistema di vigilanza unico quale propedeutica alla possibilità per il meccanismo europeo di stabilità (European stability mechanism, ESM) di ricapitalizzare direttamente gli istituti di credito in difficoltà, evitando in tal modo che il supporto finanziario al sistema bancario vada a gravere sui bilanci pubblici dei Paesi membri.

La creazione di un sistema di vigilanza centralizzato costituirebbe, secondo l’approccio della Commissione, illustrato nella comunicazione che accompagna le due proposte di regolamento, il primo pilastro della futura unione bancaria unitamente:

·         al quadro comune sugli strumenti nazionali di risanamento e di risoluzione delle crisi degli enti creditizi, già oggetto di una proposta di direttiva presentata il 6 giugno 2012, in base alla quale gli Stati membri sarebbero tenuti a istituire un fondo di risoluzione ex ante finanziato dai contributi delle banche ed un meccanismo di prestiti obbligatori tra i sistemi nazionali;

·         all’approvazione della proposta di direttiva relativa ai sistemi di garanzia dei depositi, presentata dalla Commissione europea nel 2010[1];

·         all’istituzione di un meccanismo unico europeo per la risoluzione delle crisi bancarie nell’area euro (e per gli altri Paesi aderenti alsistema di vigilanza unico) e per il coordinamento dell’applicazione degli strumenti di risoluzione alle banche. La Commissione intende presentare una proposta legislativa al riguardo una volta approvate quelle relative alla vigilanza  e ai sistemi nazionali di risanamento e risoluzione.

 

L’impostazione della Commissione è stata, nelle sue linee essenziali, ribadita e, per alcuni aspetti precisata, nel rapporto intermedio sul futuro dell’Unione economica e monetaria, presentato il 12 ottobre 2012 - su richiesta del Consiglio europeo del 28-29 giugno - dal Presidente del Consiglio europeo, Van Rompuy, in collaborazione con il Presidente della Commissione europea, Barroso, il Presidente dell’Eurogruppo, Juncker, e il Presidente della BCE, Draghi.

Il rapporto propone infatti che, una volta instaurato il sistema unico di vigilanza bancaria e, fermo restando “nella fase transitoria” l’intervento diretto dell’ESM per ricapitalizzare le banche in crisi, sarebbe opportuno che il quadro comune per il risanamento e la risoluzione delle crisi fosse rafforzato dall’introduzione di un’autorità unica di gestione delle crisi, in grado di assumere le decisioni in maniera tempestiva ed imparziale.

Il Consiglio europeo del 18-19 ottobre ha preso atto dell'intenzione della Commissione di proporre un unico meccanismo di risoluzione per gli Stati membri che partecipano al meccanismo di vigilanza unico dopo l'adozione della proposta di direttiva sul risanamento e la risoluzione delle crisi bancarie e della proposta di direttiva sul sistema di garanzia dei depositi.

 

L’assetto del nuovo sistema di vigilanza proposto dalla Commissione, inclusa la sua estensione territoriale e soggettiva e la ripartizione di competenze tra la BCE e le autorità nazionali, sembra rispondere pertanto ad un disegno complessivo di un’Unione bancaria, per cui la rinuncia alla piena sovranità da parte di ciascuno Stato membro relativamente all’esercizio dei poteri di vigilanza sulle banche operanti nel proprio territorio, verrebbe comunque compensata dai progressi in termini di maggiore stabilità del sistema creditizio europeo nel suo complesso derivanti dall’attribuzione delle nuove competenze alla BCE. Alla garanzia costituita dall’intervento della BCE, che riduce l’eventualità di rischi sistemici derivanti da un difetto di vigilanza, si accompagna la previsione di un intervento diretto dell’ESM, nonché di un unico meccanismo di risoluzione delle crisi, dotato di risorse finanziarie adeguate.

Tale impostazione, anche alla luce delle differenti scadenze previste per la realizzazione dei vari pilastri dell’unione bancaria, sembra avere due implicazioni generali ai fini dell’esame delle proposte.

Per un verso, eventuali modifiche all’assetto del sistema di vigilanza proposto dalla Commissione andrebbero valutate anche alla luce delle implicazioni che esse potrebbero produrre sull’articolazione complessiva dell’Unione bancaria prospettate dalla Commissione stessa.

Per altro verso, in assenza di un accordo preventivo tra gli Stati membri sul modello complessivo di unione bancaria prefigurato dalla Commissione ed alla luce anzi delle posizioni fortemente critiche di alcuni Stati membri sull’istituzione di un meccanismo unico di risoluzioni delle crisi, potrebbe risultare utile acquisire l’avviso del Governo sulle correlazioni tra il negoziato già in corso sulle proposte relative alla vigilanza bancaria e al quadro comune per i sistemi di risoluzione nazionali e quello che si svilupperà sulle future proposte concernenti al meccanismo unico di risoluzione.

 

La proposta relativa ai poteri di vigilanza

Base giuridica

La proposta di regolamento si basa sull'articolo 127, paragrafo 6, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), che consente di attribuire alla BCE compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi e degli altri istituti finanziari, escluse le imprese di assicurazione.

La proposta viene esaminata secondo una procedura legislativa speciale,che prevede  l’unanimità in seno al Consiglio e il mero parere del Parlamento europeo.

Secondo l’interpretazione consolidata, la formulazione letterale di tale disposizione esclude il conferimento alla BCE di tutti i poteri di vigilanza su banche e istituzioni finanziarie, consentendo esclusivamente il traferimento alla medesima BCE di competenze specificamente individuate. Peraltro la disposizione in esame non limita ai soli Paesi membri dell’area euro il conferimento dei poteri di vigilanza che pertanto potrebbero essere estesi dal legislatore a tutta l’UE.

In coerenza con la base giuridica, la proposta attribuisce pertanto alla BCE:

·         specifici compiti di vigilanza sugli enti creditizi, stabilendo che tutti i compiti non citati espressamente nel regolamento restano di competenza delle autorità di vigilanza nazionali;

·         compiti di vigilanza supplementare sui conglomerati finanziari a livello di gruppo, demandando la vigilanza prudenziale sulle singole imprese di assicurazione alle autorità nazionali competenti.

 

Va sottolineato che l’articolo 127, paragrafo 6, del TFUE, non circoscrive alla sola area euro i poteri di vigilanza da attribuire alla BCE; essendo quest’ultima un’Istituzione dell’Unione nel suo complesso sarebbe pertanto possibile estenderne le funzioni vigilanza alle banche stabilite in tutti gli Stati membri. La limitazione dell’ambito territoriale della vigilanza unica ai soli Paesi dell’eurozona (e agli altri Stati membri che intendano aderire, che hanno dunque una opzione di opt-in), riflette le scelte politiche sottese all’articolazione dell’Unione bancaria e allla più generale accelerazione del processo di integrazione economica e fiscale dell’area euro.

Nel corso della sua audizione al Senato del 6 novembre scorso, Assonime ha peraltro evidenziato che sarebbe più funzionale e coerente con l’integrità del mercato unico dei servizi finanziari prevedere l’applicazione della vigilanza unificata a tutti e 27 i Paesi UE, consentendo allo Stato membro che lo desidera, di rinunciare (ricorrendo quindi a una clausola di opt out).

Conformità al principio di sussidiarietà

La Commissione precisa che la recente crisi finanziaria ha dimostrato che soltanto una vigilanza a livello europeo può assicurare la sorveglianza adeguata del settore bancario e garantire un livello elevato di stabilità finanziaria nell'UE e, in particolare, nella zona euro. Pertanto, le disposizioni della proposta in oggetto, in coerenza con il principio di sussidiarietà, si limitano a quanto è necessario per conseguire gli obiettivi perseguiti, attribuendo alla BCE i compiti di vigilanza che devono essere esercitati a livello dell'UE per assicurare l'applicazione uniforme ed efficace delle norme prudenziali, il controllo dei rischi e la prevenzione delle crisi.

Le autorità nazionali continueranno a esercitare i compiti che possono essere svolti meglio a livello nazionale.

 

Sulla conformità della proposta al principio di sussidiairietà si è già espressa in senso favorevole, ai fini del meccanismo di allerta precoce previsto dal Protocollo n. 2 allegato al Trattato di Lisbona, la XIV Commissione della Camera, approvando un documento il 6 novembre 2012.

Compiti della BCE e ruolo delle autorità di vigilanza nazionali

La proposte della Commissione non prospettano un trasferimento tout court di tutte le competenze di vigilanza bancaria alla BCE ma l’attribuzione alla stessa, nell’ambito di un meccanismo unico di vigilanza multilivello (art. 5, par. 1), di compiti specifici in materia, da esercitare in ampia misura in cooperazione con le autorità nazionali, alle quali restano pertaltro riservate alcune competenze.

Compiti della BCE

In base alla proposta della Commissione la BCE avrebbe competenza esclusiva a svolgere compiti fondamentali di vigilanza indispensabili al fine di individuare i rischi per la solidità delle banche e di imporre a queste l'adozione delle misure necessarie.

In particolare, secondo l’art. 4 della proposta la BCE dovrebbe:

a)      rilasciare e revocare l'autorizzazione agli enti creditizi, tenendo conto delle eventuali condizioni supplementari previste dalla normativa nazionale;

b)      valutare le acquisizioni e le cessioni di partecipazioni in enti creditizi;

c)      accertare l'osservanza degli atti dell'Unione che impongono agli enti creditizi requisiti prudenziali sotto forma di requisiti in materia di fondi propri, limitazioni dell'esposizione, liquidità, leva finanziaria, segnalazione e divulgazione al pubblico delle informazioni su tali aspetti;

d)      esclusivamente nei casi specificati dagli atti dell'Unione, imporre requisiti prudenziali più elevati e applicare misure aggiuntive agli enti creditizi;

e)      imporre agli enti creditizi di detenere riserve di capitale in aggiunta ai requisiti in materia di fondi propri di cui alla lettera c), tra cui la fissazione di tassi di riserva di capitale anticiclici e ogni altra misura mirante ad affrontare i rischi sistemici o macroprudenziali nei casi specificati negli atti dell'Unione;

f)        applicare requisiti che assicurino la presenza, negli enti creditizi, di dispositivi, processi e meccanismi di governance solidi e di processi efficaci di valutazione dell'adeguatezza del capitale interno;

g)      accertare se i dispositivi, strategie, processi e meccanismi instaurati dagli enti creditizi e i fondi propri da essi detenuti permettano una gestione solida e la copertura dei rischi e, alla luce di tale valutazione prudenziale, imporre agli enti creditizi obblighi specifici in materia di fondi propri supplementari, di pubblicazione e di liquidità, nonché altre misure nei casi espressamente previsti dagli atti dell'Unione;

h)      sottoporre gli enti creditizi a prove di stress prudenziali a supporto della valutazione prudenziale;

i)        esercitare la vigilanza su base consolidata sulle imprese madri degli enti creditizi stabilite in uno degli Stati membri partecipanti, comprese le società di partecipazione finanziaria  e le società di partecipazione finanziaria mista , e partecipare alla vigilanza su base consolidata, anche in collegi delle autorità di vigilanza, sulle imprese madri non stabilite in uno degli Stati membri partecipanti;

j)        partecipare alla vigilanza supplementare dei conglomerati finanziari in relazione agli enti creditizi che ne fanno parte;

k)      svolgere, in coordinamento con le pertinenti autorità di risoluzione della crisi, i compiti di vigilanza collegati all'intervento precoce qualora un ente creditizio non soddisfi o rischi di violare i requisiti prudenziali applicabili;

l)        coordinare ed esprimere la posizione comune dei rappresentanti delle autorità competenti degli Stati membri partecipanti in sede di consiglio delle autorità di vigilanza e di consiglio di amministrazione dell'Autorità bancaria europea;

m)   con specifico riferimento ai poteri di indagine (art. 9-12): eseguire ispezioni in loco; esigere, da parte dei soggetti controllati, la comunicazione di tutte le informazioni di cui necessita ai fini della sorveglianza; chiedere la presentazione di documenti; esaminare i libri e i registri contabili; ottenere spiegazioni scritte o orali; organizzare audizioni.

 

La BCE potrebbe inoltre, per quanto necessario all'assolvimento dei compiti di vigilanza ad essa attribuiti,:

·         adottare regolamenti e raccomandazioni e prendere decisioni al fine di dare attuazione o applicazione alla normativa dell'UE (art. 4, paragrafo 3);

·         stabilire contatti e concludere accordi amministrativi con le autorità di vigilanza, le organizzazioni internazionali e le amministrazioni di Paesi terzi, fermo restando un coordinamento appropriato con l'ABE. Tali accordi non creerebbero obblighi giuridici per l'UE e gli Stati membri (art. 7).

 

Nel corso dell’audizione presso la Commissione finanze del Senato del 7 novembre scorso, l’ABI ha posto l’esigenza di affrontare nel dettato della proposta di regolamento in esame il problema della impugnabilità degli atti adottati dalla BCE in qualità di supervisore unico.

Ad avviso dell’ABI, in base al testo della proposta le banche sarebbero costrette a ricorrere alla Corte di Giustizia europea per impugnare ogni singola decisione della BCE, con evidenti problemi di costi e certezza giuridica.

In particolare, è stato segnalato che anche qualora la Corte di Giustizia decidesse di adottare in questi casi la procedura speciale accelerata, per una decisione definitiva si dovrebbero attendere almeno 8/12 mesi. Inoltre, ad avviso dell’ABI la Corte di Giustizia dovrebbe preventivamente maturare le competenze necessarie per gestire in modo adeguato le complesse questioni di vigilanza sulle quali si dovrebbe esprimere.

Per prevenire il contenzioso, l’ABI propone l’introduzione del diritto delle banche a essere ascoltate prima dell’assunzione della decisione definitiva: “si tratterebbe, in altre parole, di creare una sorta di “corte di appello” in seno alla BCE, che però obblighi la stessa BCE a motivare adeguatamente le decisioni oggetto del contendere”.

Competenze delle autorità nazionali di vigilanza

Le autorità nazionali di vigilanza:

- esercitarebbero tutti i compiti non attribuiti alla BCE (art. 4, par. 4), ad esempio, quelli in materia di tutela dei consumatori e di lotta contro il riciclaggio di capitali, di vigilanza degli intermediari finanziari non bancari e degli enti creditizi dei Paesi terzi che aprono succursali o prestano servizi a livello transfrontaliero in uno Stato membro, nonché di servizi di pagamento;

- assisterebbero la BCE, su sua richiesta, nella preparazione e nell'attuazione degli atti inerenti ai compiti ad essa attribuiti, secondo il quadro, le modalità pratiche e le condizioni fissate dalla BCE stessa (art. 5, par. 2);

- si atterrebbero alle istruzioni impartite dalla BCE (art. 5, par. 2).

 

A livello di normativa interna, l'attività delle banche e degli intermediari finanziari è sottoposta a una regolamentazione ampia e volta, tra l’altro, ad incentivare comportamenti corretti e prudenti: essa è formata da leggi e deliberazioni del Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio, coerenti con l'articolo 47 della Costituzione e con le norme comunitarie. Con circolari, regolamenti e disposizioni di vigilanza la Banca d'Italia introduce, poi, la normativa tecnica.

Le banche e gli enti creditizi rientrano tra i soggetti sui quali le Autorità di vigilanza (la Banca d’Italia in particolare) svolgono controlli che riguardano tutti gli aspetti della relativa operatività: la verifica dei requisiti per svolgere l'attività, la stabilità patrimoniale, la sana e prudente gestione. Questo controllo si focalizza su: coerenza degli assetti organizzativi, qualità della gestione, controllo dei rischi, adeguatezza del patrimonio a fronteggiare eventuali perdite, rispetto della normativa in materia di trasparenza, antiriciclaggio e usura.

Tuttavia, la vigilanza delle Autorità nazionali non si esaurisce nella supervisione dei soli “enti creditizi”; essa – ancorché declinata con modalità differenti – si svolge anche nei confronti di altri enti (istituti di moneta elettronica – IMEL, istituti di pagamento, conglomerati finanziari). A titolo esemplificativo, la Banca d’Italia svolge controlli circoscritti alla verifica dei requisiti per svolgere l'attività, al rispetto della normativa di settore, e in materia di trasparenza, antiriciclaggio e usura, senza verificare la stabilità patrimoniale e la sana e prudente gestione, su altri soggetti (confidi, agenti in attività finanziaria, money transfer,  etc.).

Ai sensi dell’articolo 4, par. 1, n. 1 della direttiva 14 giugno 2006 n. 2006/48/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, relativa all'accesso all'attività degli enti creditizi ed al suo esercizio (rifusione), per “ente creditizio” si intende l'impresa la cui attività consiste nel ricevere depositi o altri fondi rimborsabili dal pubblico e nel concedere crediti per proprio conto.

La proposta di regolamento prevede, in sostanza, una struttura di vigilanza che fa capo alla BCE, ma presenta un’articolazione decentrata, in cui le funzioni operative continuano ad essere svolte dalle autorità di vigilanza nazionali.

Si prospetta, infatti, anche per i compiti attribuiti alla BCE, lo svolgimento della maggior parte delle verifiche e delle altre attività di vigilanza necessarie per preparare e attuare gli atti della BCE da parte dalle autorità di vigilanza nazionali, in considerazione della loro conoscenza dei mercati bancari nazionali, regionali e locali, delle risorse considerevoli di cui dispongono, nonché per motivi di ubicazione e di conoscenza della lingua.

Al riguardo, si segnala che un parere del Servizio giuridico del Consiglio dell’UE ribadisce che proprio le specificità nazionali nell’attività di recepimento della direttiva imporranno di strutturare in maniera chiara nel regolamento sull’attività di vigilanza le forme di collaborazione tra la BCE e le autorità nazionali. Ciò implicherebbe, in particolare, che la BCE, prima di impartire le istruzioni all’autorità nazionale, conduca insieme ad essa l’attività istruttoria, rispettando tutti gli elementi, anche procedurali, che il contesto nazionale comporta.

Con riferimento all’articolazione dei rapporti tra BCE e autorità nazionali, sono emerse diverse posizioni nel corso delle audizioni già svolte sulle proposte in esame presso la Commissione finanze del Senato.

In particolare, nel corso di un’audizione svoltasi il 24 ottobre 2012, il Direttore centrale per la vigilanza bancaria e finanziaria della Banca d’Italia ha sottolineato, con riferimento alle proposte in materia di requisiti prudenziali più rigorosi per le banche (cd. Basilea III), che “la BCE potrà svolgere agevolmente i compiti di vigilanza bancaria attribuitile dalla proposta di regolamento relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento, a causa della quasi perfetta uniformità di applicazione di questo in tutta l’Unione, non solo nell’eurozona” ha riconosciuto che “più complesso sarà l’esercizio della vigilanza sui profili disciplinati dalla proposta di direttiva sull'accesso all'attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale degli enti creditizi e delle imprese di investimento: le specificità nazionali introdotte dagli Stati membri per recepire la direttiva imporranno alla BCE di conoscere a fondo le specificità normative locali e di adattarvisi in pieno. In quest’ottica potrà essere cruciale l’ausilio delle autorità di vigilanza nazionali.”

Pertanto, la Banca d’Italia vedrebbe con favore l’inserimento di una previsione formale di delega nel regolamento stesso, in modo da consentire una gestione più efficace e flessibile dei procedimenti che hanno per oggetto intermediari di piccole dimensioni. Andrebbe lasciato al Consiglio direttivo della BCE il compito di stabilire – muovendo dai principi stabiliti dal regolamento – i criteri in base ai quali questo coinvolgimento potrà avvenire.

In senso analogo si è espressa, nell’audizione del 7 novembre 2012, l’ABI che, pur condividendo il formale accentramento della vigilanza in capo alla BCE per tutto il settore bancario, ha sottolineato l’opportunità di prevedere “una delega obbligatoria a favore delle autorità nazionali dei poteri discrezionali sulle banche che non hanno rilevanza sistemica. Pertanto, le banche di rilevanza sistemica verrebbero vigilate direttamente dalla BCE mentre quelle che non hanno rilevanza sistemica continuerebbero ad essere vigilate direttamente dalle autorità nazionali, ma secondo l’approccio di vigilanza e sotto la responsabilità della BCE”.

Al tempo stesso, l’ABI ha rilevato la necessità di “definire con maggiore precisione sia nella proposta di regolamento per affidare la vigilanza alla BCE, sia nella normativa comunitaria di riferimento, le chiara e netta distinzione tra gli ambiti di competenza della BCE e degli Stati membri nella concreta applicazione delle discrezionalità concesse a vario titolo dalla regolamentazione comunitaria. Tale distinzione tra gli ambiti di competenza è necessaria per risolvere all’origine il potenziale rischio di interferenza che potrebbe nascere da un conflitto di competenze tra BCE e Stati membri”.

Una posizione parzialmente differente è stata invece rappresentata, nell’audizione del 6 novembre 2012, dai rappresentanti di Assonime, che hanno evocato la possibilità di ricorrere dal modello consolidato nel settore della politica europea di concorrenza, di cui al regolamento (CE) n. 1/2003.

In base al regolamento in questione:

·         sia la Commissione europea sia le autorità nazionali sono tenute ad applicare le regole in materia di intese restrittive della concorrenza;

·         la Commissionefissa i criteri di ripartizione dei casi da esaminare a livello europeo e quelli di rilevanza nazionale ma mantiene il potere di avocazione delle singole fattispecie, in caso di ripercussioni europee particolarmente rilevanti o di mancata applicazione delle regole comuni da parte dell’autorità nazionale.

Ad avviso di Assonime, con questa soluzione si garantirebbe l’esistenza di un solo sistema di regole, ma l’intervento diretto delle autorità europee sarebbe normalmente limitato alle banche transfrontaliere di dimensioni maggiori; le autorità nazionali gestirebbero la vigilanza sulle banche minori, ma sotto la sorveglianza dell’autorità europea, che assicurerebbe la corretta applicazione degli standard comuni fissati dall’ABE. In sostanza, si tratterebbe di valutare l’ipotesi di differenziare le attività di controllo e i relativi obblighi di informazione/rendicontazione da parte degli enti creditizi, in proporzione alla loro dimensione, propoensione al rischio e tipologia di attività.

Poteri sanzionatori

I poteri sanzionatori (art. 15) sarebbero ripartiti tra la BCE e il livello nazionale. In particolare, la BCE, nei casi di violazione dolosa o colposa degli obblighi previsti dalla normativa dell'UE direttamente applicabile, da parte degli enti creditizi, delle società di partecipazione finanziaria o delle società di partecipazione finanziaria mista, potrebbe infliggere sanzioni amministrative pecuniarie, effettive, proporzionate e dissuasive, fino al doppio dell'importo dei profitti ricavati o delle perdite evitate grazie alla violazione, quando questi possono essere determinati, o fino al 10% del fatturato complessivo annuo della persona giuridica nell'esercizio finanziario precedente.

Per altre tipologie di violazione (diverse dalla violazione dolosa o colposa degli obblighi previsti dalla normativa dell'UE direttamente applicabile da parte dei soggetti sopra indicati) la BCE, laddove necessario allo svolgimento dei compiti ad essa attribuiti, può chiedere alle autorità nazionali competenti di intervenire per assicurare che vengano imposte sanzioni appropriate.

 

Cooperazione tra la BCE e autorità di Stati membri non partecipante all’eurozona

In base all’art. 7 della proposta può essere stabilita, con una decisione adottata dalla BCE,  una “cooperazione stretta” tra la BCE stessa e l'autorità competente di uno Stato membro dell’UE non partecipante all’eurozona in relazione alla vigilanza sulle banche.

L’instaurazione della cooperazione è subordinata all’assunzione da parte dello Stato interessato dell’impegno a:

·         comunicare agli altri Stati membri, alla Commissione, alla BCE e all'ABE la richiesta di instaurare una cooperazione relativamente all'esercizio dei compiti di vigilanza attribuiti alla BCE in relazione a tutti gli enti creditizi in esso stabiliti:

·         assicurare che la propria autorità nazionale competente rispetti gli orientamenti o le richieste della BCE;

·         comunicare tutte le informazioni sugli enti creditizi ivi stabiliti di cui la BCE può aver bisogno per sottoporli ad una valutazione approfondita;

·         adottare, prima dell’avvio della cooperazione, atti giuridici nazionali che impongano all'autorità nazionale competente di emanare nei confronti degli enti creditizi le misure chieste dalla BCE.

La BCE può decidere di porre fine alla cooperazione stretta in caso di mancato rispetto degli impegni in questione.

La decisione della BCE che instaura la cooperazione stabilisce le condizioni alle quali i rappresentanti delle autorità competenti dello Stato interessato partecipano alle attività del consiglio di vigilanza.

 

Principi organizzativi

Responsabilità BCE

In base alla proposta (art. 17), la BCE sarebbe responsabile dei compiti ad essa attribuiti dinanzi al Parlamento europeo, al Consiglio dell’UE e all'Eurogruppo. A questo scopo (art. 21):

·         il presidente del consiglio di vigilanza della BCE (vedi infra) presenterebbe una relazione annuale sulle attività del consiglio medesimo al PE e all'Eurogruppo, e partecipi ad audizioni delle competenti commissioni del Parlamento europeo;

·         la BCE sarebbe anche tenuta a rispondere alle interrogazioni e ai quesiti del Parlamento europeo e dei suoi membri sulle sue attività di vigilanza.

Separazione tra compiti di politica monetaria e di vigilanza

La proposta prevede che i compiti di di vigilanza vengano rigorosamente separati da quelli di politica monetaria e da qualsiasi altro compito. (art. 18) per scongiurare potenziali conflitti di interesse tra gli obiettivi ad essi sottesi.

A tale scopo, verrebbe istituito un consiglio di vigilanza, con compiti prevalentemente istruttori, ma a cui il Consiglio direttivo della BCE, titolare della responsabilità ultima nell'adozione delle decisioni, potrà scegliere di delegare taluni compiti o parte del potere decisionale (art. 19).

Il consiglio di vigilanza sarebbe composto da un presidente e un vicepresidente, eletti dal consiglio direttivo della BCE, e da quattro rappresentanti della BCE ed un rappresentante di ciascuna banca centrale nazionale o altra autorità nazionale competente in materia di vigilanza. Pertanto, gli Stati membri che, pur non appartenendo all’area euro, decideranno di aderire al meccanismo unico di vigilanza, partecipando con i propri rappresentanti al consiglio di vigilanza si vedrebbero riconosciuto il diritto a contribuire su un piano di piena parità alla formazione delle decisioni,purché non adottate del Consiglio direttivo della BCE (nel quale, in base ai Trattati vigenti, non hanno diritto di voto).

Ai fini di una rotazione adeguata e, nel contempo, a tutela della loro piena indipendenza, la proposta prevede che il presidente e il vicepresidente siano eletti per un mandato, non rinnovabile, non superiore a cinque anni. Per assicurare il pieno coordinamento con le attività dell'ABE e con le politiche prudenziali dell'Unione, l'ABE e la Commissione europea parteciperebbero al consiglio di vigilanza in veste di osservatori.

Come sottolineato nel corso della citata audizione della Banca d’Italia al Senato, “la responsabilità ultima delle decisioni di vigilanza sarà  in ogni caso in capo al Consiglio direttivo della BCE; il consiglio di vigilanza sarà dunque un organo con profili principalmente di natura tecnica con il compito, tra gli altri, di preparare quanto necessario per l’assunzione delle decisioni finali da parte del Consiglio direttivo.”

E’ stata peraltro posta, nel negoziato in corso in seno al Consiglio, la questione della compatibilità con i Trattati di un’eventuale delega di specifici poteri decisionali al consiglio di vigilanza da parte del Consiglio direttivo della BCE.

Il parere del Servizio legale del Consiglio dell’UE chiarisce che, benchè il Consiglio medesimo non possa modificare con una norma secondaria (in questo caso, un regolamento) la norma primaria che disciplina il processo decisionale delle Istituzioni UE, nulla osta a che il Consiglio direttivo della BCE deleghi taluni compiti al consiglio di vigilanza, come già avviene a favore del comitato esecutivo della BCE, in base all’art. 12, paragrafo 1 dello Statuto del sistema europeo di banche centrali (SEBC)[2] allegato al TFUE. Ciò consentirebbe di superare, almeno in parte, i limiti posti dalla giurisprudenza della Corte di giustizia (cd “dottrina Meroni” ), al conferimento ad organismi non previsti dai Trattati (in questo caso il Consiglio di vigilanza) compiti che implicano l'esercizio di poteri discrezionali.

Nel corso della citata audizione al Senato, i rappresentanti di Assonime hanno sottolineato che “la separatezza della funzione di vigilanza richiede quanto meno di escludere ogni possibilità di intervento del Consiglio direttivo della BCE nei provvedimenti sui singoli casi. La via maestra, se lo Statuto della BCE lo consentisse, sarebbe di istituire il nuovo organo per la supervisione bancaria come organo separato e indipendente dal Consiglio direttivo della BCE, mantenendo un’unione personale tra i due organismi, ad esempio attraverso la presenza del vice-presidente del Consiglio direttivo della BCE nel Consiglio di vigilanza bancaria, al solo fine di assicurare la piena circolazione delle informazioni tra i due organismi[3].”

 

 

Personale

Sul piano delle strutture operative, si prevede (art. 25) lo scambio e il distacco di personale tra le autorità di vigilanza nazionali e tra di esse e la BCE. Laddove necessario per evitare conflitti di interesse, in particolare nella vigilanza sulle grandi banche, la BCE potrebbe chiedere che le squadre di vigilanza nazionali coinvolgnao anche personale proveniente dalle autorità competenti di altri Stati membri partecipanti.

Finanziamento

Per assicurare alla BCE il necessario grado di autonomia decisionale, è previsto (art. 24) che i costi della vigilanza siano sostenuti in primo luogo dai soggetti che vi sono sottoposti, imponendo agli enti creditizi il pagamento di una commissione. Poiché compiti rilevanti di vigilanza saranno trasferiti dalle autorità nazionali alla BCE, si prevede una diminuzione corrispondente delle commissioni di vigilanza imposte a livello nazionale.

Si segnala l’opportunità di valutare l’impatto di tali disposizioni, che risultano innovative per l’ordinamento italiano.

Entrata in vigore

Il regolamento entrerebbe in vigore (art. 28) il 1° gennaio 2013. Per facilitare l'avvio del meccanismo è prevista una sua introduzione graduale:

·         dal 1° gennaio 2013 la BCE svolgerebbe i  compiti di vigilanza nei confronti degli enti creditizi che hanno ricevuto o chiesto assistenza finanziaria pubblica;

·         gli enti creditizi di maggiore importanza sistemica a livello europeo sarebbero assoggettati alla vigilanza della BCE a partire dal 1° luglio 2013;

·          nei confronti di tutte le altre banche la BCE assumerebbe pienamente i suoi compiti al più tardi a partire dal 1° gennaio 2014.

Secondo la proposta, in poco più di un anno, la BCE dovrebbe essere in grado di esercitare una la vigilanza su oltre 6.000 intermediari di diversa dimensione, complessità operativa, propensione al rischio e natura societaria.

Sarebbe dunque opportune acquisire informazioni più dettagliate sulle modalità e i tempi di creazione della struttura istituzionale e organizzativa dedicata alla supervisione.

La sorveglianza estesa all’intera platea di intermediari sembra inoltre presuppone l’armonizzazione di tutte le normative e soprattutto dei parametri essenziali per la determinazione dei requisiti patrimoniali, con particolare riguardo agli equivalenti creditizi. Appare pertanto opportuno valutare, pertanto, se con la nuova disciplina vengano meno le sensibili differenze di interpretazione poste dalle autorità di vigilanza nazionali riguardo alle regole sui requisiti di capitale e di liquidità delle banche (anche tenendo conto che l’organo di vigilanza italiano (Banca d’Italia) ha adottato prassi particolarmente rigorose e vincolanti).

 

Proposta di modifica del regolamento istitutivo dell’Autorità bancaria europea (ABE)

La proposta di regolamento mira ad adeguare le  modalità di funzionamento dell’ABE, con particolare riguardo alle modalità di voto in seno agli organi dell’autorità, per tener conto dell’attribuzione alla BCE di compiti di vigilanza.

Sono invece mantenute ferme le competenze dell’ABE e l’assetto dei suoi rapporti con le autorità nazionali di vigilanza.

 

In base al regolamento (UE) 1093/2010, l’ABE svolge, tra gli altri, i seguenti compiti:

·         contribuisce all’elaborazione di norme e prassi comuni di regolamentazione e vigilanza, in particolare fornendo pareri alle istituzioni dell’Unione ed elaborando orientamenti, raccomandazioni e progetti di norme tecniche di regolamentazione e di attuazione;

·         contribuisce all’applicazione uniforme degli atti giuridicamente vincolanti dell’Unione, in particolare contribuendo ad una cultura comune della vigilanza, impedendo l’arbitraggio regolamentare, mediando e risolvendo controversie tra autorità competenti;

·         incoraggia e facilita la delega dei compiti e delle responsabilità tra autorità competenti;

·         organizza ed effettua verifiche inter pares delle autorità competenti, anche formulando orientamenti e raccomandazioni e individuando le migliori prassi, al fine di rafforzare l’uniformità dei risultati di vigilanza;

·         sorveglia e valuta gli sviluppi di mercato nel suo settore di competenza, incluso se del caso, l’andamento del credito, in particolare, alle famiglie e alle PMI;

·         contribuisce al funzionamento uniforme e coerente dei collegi delle autorità di vigilanza, alla sorveglianza, valutazione e misurazione del rischio sistemico, allo sviluppo e al coordinamento dei piani di risanamento e di risoluzione delle crisi, fornendo un livello elevato di protezione ai depositanti e agli investitori in tutto il territorio dell’Unione, e sviluppando metodi per la risoluzione delle crisi degli istituti finanziari in fallimento nonché la valutazione dell’esigenza di idonei strumenti finanziari;

·         pubblica sul sito web, e aggiorna regolarmente, le informazioni relative al suo settore di attività, in particolare, nella sua area di competenza, sugli istituti finanziari registrati, in modo da rendere le informazioni facilmente accessibili al pubblico.

 

La proposta della Commissione, tenendo ferme le competenze dell’ABE, prospetta dunque una separazione dei ruoli tra la medesima autorità, che eserciterebbe compiti di regolatore, estesi all’UE a 27, e la BCE  che opererebbe quale supervisore, nella sola area euro.

Tale scelta risponde, secondo la Commissione, alla necessità di evitare la frammentazione del mercato interno e di assicurare la convergenza delle regolamentazioni e delle prassi di vigilanza in tutta l’UE, tenuto conto che il meccanismo di vigilanza unico riguarda la sola area euro (ed eventuali altri Paesi membri aderenti).

Questa impostazione potrebbe tuttavia non escludere il richio di un potenziale “doppio standard”: infatti, in particolare sul piano poteri regolatori, è possibile che il quadro di norme prudenziali e di vigilanza elaborato dalla BCE nell’ambito del meccanismo unico di vigilanza possa prevedere requisiti più stringenti rispetto a quelli disposti dall’ABE, recando pregiudizio all’integrità del mercato unico. In questo senso, appare essenziale la rapida finalizzazione della citata guida comune (rulebook) a cura dell’ABE, al fine di uniformare il più possibile i criteri e le prassi di vigilanza.

 

Si ricorda che l’articolo 15 della legge comunitaria 2010 (legge n. 217 del 2011) ha delegato il Governo a recepire la direttiva 2010/78/UE, che modifica le direttive 98/26/CE, 2002/87/CE, 2003/6/CE, 2003/41/CE, 2003/71/CE, 2004/39/CE, 2004/109/CE, 2005/60/CE, 2006/48/CE, 2006/49/CE e 2009/65/CE per quanto riguarda i poteri dell'Autorità bancaria europea, dell'Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali e dell'Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati. Tale delega è stata recepita con il D. Lgs. n. 130 del 2012.

Per quanto in particolare riguarda il settore creditizio, si dispone che le Autorità di settore italiane esercitano i poteri loro attribuiti in armonia con le disposizioni dell'Unione europea, applicano i regolamenti e le decisioni dell'Unione europea e provvedono in merito alle raccomandazioni in materia creditizia e finanziaria. Inoltre, nei casi e nei modi previsti dalle disposizioni dell'Unione europea, le Autorità creditizie adempiono agli obblighi di comunicazione nei confronti delle autorità e dei comitati che compongono il Sistema europeo delle autorità di vigilanza finanziaria - SEVIF e delle altre autorità e istituzioni indicate dalle disposizioni dell'Unione europea.

Il D.Lgs. 130 del 2012 ha esplicitamente previsto che la Banca d'Italia, nell'esercizio delle funzioni di vigilanza, è parte del SEVIF e partecipa alle attività che esso svolge, tenendo conto della convergenza degli strumenti e delle prassi di vigilanza in ambito europeo.

Si prevede inoltre che, nei casi e nei modi previsti dalle disposizioni dell'Unione europea, la Banca d'Italia possa concludere accordi con l'ABE e con le autorità di vigilanza di altri Stati membri che prevedano anche la ripartizione di compiti e la delega di funzioni nonché ricorrere all'ABE per la risoluzione delle controversie con le autorità di vigilanza degli altri Stati membri in situazioni transfrontaliere.

L’eventuale approvazione del pacchetto sulla vigilanza bancaria, di conseguenza, dovrà essere seguita dalle opportune modifiche all’assetto normativo interno, costituito da un complesso insieme di fonti: anzitutto il D.lgs n. 385 del 1993, il Testo Unico Bancario, che contiene i princìpi e attribuisce i relativi poteri di vigilanza, altresì stabilendo le norme fondamentali e definendo le competenze delle autorità creditizie (CICR - Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio, Ministro dell'Economia e delle Finanze e Banca d'Italia). In particolare, si attribuisce il potere di emanare norme secondarie su aspetti di natura tecnica e interventi di carattere prudenziale.

La legge affida il compito di emanare queste regole e di controllare la loro applicazione alla Banca d'Italia, che collabora con altre autorità pubbliche, quali il Ministro dell'Economia e delle Finanze, il Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio, la Consob, l'Isvap, l'Antitrust e la Covip; tali compiti, come si è evidenziato supra, sono svolti in armonia con le disposizioni comunitarie e in collaborazione con le autorità di vigilanza europee.

Altre norme significative in materia di organizzazione, competenze e operatività della Banca d'Italia e delle altre autorità di vigilanza sono contenute nella legge 262/2005 recante "Disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari", agli articoli da 19 a 29.

 

Base giuridica

La proposta si basa sull’art. 114 del Trattato sul funzionamento dell’UE, in base al quale il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (già procedura di codecisione), adottano le misure relative al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri che hanno per oggetto l'instaurazione ed il funzionamento del mercato interno.

Conformità ai principi di sussidiarietà e proporzionalità

Nella relazione illustrativa della proposta la Commissione rileva che la proposta stessa si limita ad adeguare le modalità procedurali che disciplinano il funzionamento dell’ABE per tener conto dell’attribuzione alla BCE di compiti di vigilanza, senza modificare l’equilibrio delle rispettive competenze tra ABE e autorità nazionali.

 Poteri dell’ABE in materia di mediazione obbligatoria

La proposta introduce modifiche all’articolo 18 e all’articolo 19 del regolamento 1093/2010, stabilendo che quando la BCE non si conforma all’intervento dell’ABE inteso a risolvere una controversia o ad affrontare una situazione di emergenza, è tenuta a fornire una motivazione. In tal caso, l’ABE può adottare una decisione individuale indirizzata all’istituto finanziario interessato, per dare attuazione alla sua azione. Tale soluzione assicurerebbe l’esecutività piena dell’intervento dell’ABE per risolvere una controversia e in situazioni di emergenza.

Modalità di voto

Ai sensi del regolamento istitutivo dell’ABE, le decisioni riguardanti aspetti regolamentari (norme tecniche vincolanti, orientamenti e raccomandazioni) e di bilancio sono adottate dal consiglio delle autorità di vigilanza a maggioranza qualificata dei membri.

Le decisioni su altre materie (ad es. in merito alla violazione del diritto dell’Unione, alla risoluzione delle controversie, all’elezione del consiglio di amministrazione) sono adottate dal consiglio delle autorità di vigilanza a maggioranza semplice dei membri con diritto di voto, secondo il principio “una persona, un voto”.

La Commissione rileva che, se i diritti di voto rimanessero invariati, non sarebbe possibile garantire che le decisioni prese a maggioranza semplice rappresentino sempre gli interessi dell’Unione nel suo insieme, dal momento che i Paesi dell’eurozona (e quelli non euro che aderirebbero al meccanismo unico di viglanza) potrebbero creare una maggioranza predefinita.

Pertanto, la Commissione propone di attribuire competenze decisionali ad un gruppo di esperti indipendente, isituito all’interno del consiglio delle autorità di vigilanza[4] e composto dal presidente e da due membri nominati dallo stesso consiglio tra i suoi membri con diritto di voto. Almeno un membro del gruppo di esperti rappresenta uno Stato membro non partecipante al meccanismo unco di vigilanza.

Le decisioni proposte dal gruppo di esperti si riterrebbero adottate a meno che non vengano respinte a maggioranza semplice, con almeno tre voti di Stati membri partecipanti e tre voti di Stati membri non partecipanti al meccanismo unico di vigilanza. Questo meccanismo garantirebbe che una proposta in materia di violazioni del diritto dell’Unione e di risoluzione delle controversie, preparata dal gruppo di esperti indipendente, abbia il sostegno sia degli Stati membri della zona euro che degli Stati membri che non ne fanno parte, evitando che gli Stati membri della zona euro formino una minoranza di blocco in caso di azioni adottate nei confronti di uno di essi.

Composizione del consiglio di amministrazione

Poiché il consiglio di amministrazione dell’ABE  è eletto a maggioranza semplice, gli Stati membri partecipanti al meccanismo di vigilanza unico potrebbero avere una influenza decisiva nella sua composizione.

Per evitare questo rischio, la proposta di regolamento modifica la composizione del consiglio di amministrazione prevedendo che almeno due dei suoi membri siano rappresentanti degli Stati membri non partecipanti.

Iter delle proposte e negoziato

Come già accennato, la proposta di regolamento che attribuisce alla BCE compiti di vigilanza viene esaminata secondo una procedura legislativa speciale, che prevede l’unanimità in seno al Consiglio dell’UE e il mero parere del Parlamento europeo.

La proposta relativa all’adeguamento delle competenze dell’ABE segue invece la procedura legislativa ordinaria (già procedura di codecisione).

Il Consiglio europeo del 18-19 ottobre ha chiesto di proseguire i lavori concernenti le proposte legislative sul meccanismo unico di vigilanza bancaria, con l'obiettivo di trovare un accordo sul quadro legislativo entro il 1º gennaio 2013 mentre i lavori sull'attuazione operativa del meccanismo si svolgeranno nel corso del 2013.

Il Consiglio europeo ha in sostanza ribadito l’obiettivo, già indicato a giugno, dell’adozione delle proposte legislative entro la fine del 2012, ma demandando ad atti ed intese successive la definizione delle relative modalità operative e organizzative per l’esercizio a livello europeo della vigilanza centralizzata in capo alla BCE.

Si segnala che il Consiglio dell’UE ha istituito un gruppo di lavoro, formato da rappresentanti dei Governi degli Stati membri (per l’Italia partecipa il dott. Alessandro Rivera, del Ministero dell’Economia), per approfondire gli aspetti tecnici e operativi della nuova disciplina.

Nelle prime discussioni sulla proposta sono emersi diversi profili problematici, soprattutto in merito alla scelta di attribuire alla BCE la vigilanza su tutte le banche stabilite nell’UE (circa 6.000 intermediari) di diversa dimensione, complessità operativa, propensione al rischio e natura societaria.

Al riguardo la Germania, sostenuta dai Paesi bassi (e, con alcune sfumature, da Polonia, Repubblica ceca ed altri Stati membri di recente adesione che non aderirebbero peraltro al sistema di vigilanza centralizzato) sostengono l’opportunità di circoscrivere i poteri della BCE alle banche di importanza sistemica e a quelle con attività transfrontaliere.

Nel corso della richiamata audizione presso il Senato la Banca d’Italia ha osservato che la proposta tedesca di creare  “un sistema di vigilanza basato su “due livelli” – da una parte un gruppo ristretto di grandi intermediari vigilato dal meccanismo unico, dall’altra la maggior parte delle banche dell’area euro sottoposta al controllo esclusivo dei supervisori nazionali – verrebbe meno al principio fondamentale dell’unitarietà e omogeneità dell’azione di vigilanza, creerebbe incentivi distorti e rischi di riallocazione della raccolta bancaria.

Inoltre, le autorità di vigilanza nazionali possono fornire un contributo rilevante nei processi decisionali riguardanti banche che non hanno una rilevanza a livello sistemico.

Posizione del Parlamento europeo

Il 13 settembre (ovvero giorno successivo alla presentazione del pacchetto di propone da parte della Commissione) il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione con la quale:

·         sottolinea la necessità di rafforzare la legittimità democratica riguardo al dispositivo di vigilanza unico, associando pienamente il Parlamento come colegislatore;

·         considererà le proposte sull'Unione bancaria come un pacchetto unico nel caso in cui modificassero disposizioni legislative adottate con la procedura di codecisione;

·         sottolinea l'opportunità di considerare debitamente i potenziali effetti diffusivi di un'Unione bancaria nella zona euro sui membri non appartenenti all'Eurozona;

·         sottolinea che il trasferimento di competenze ad altre istituzioni, deve essere accompagnato da un aumento della trasparenza e responsabilità di tali istituzioni dinanzi al Parlamento, che dovrà godere di pieni diritti di interrogazione e di pieni poteri in relazione alle procedure di nomina e di bilancio.

 

Posizione di altri parlamenti nazionali

Bundestag

Il 25 settembre 2012 il Bundestag tedesco ha approvato una mozione sul pacchetto vigilanza bancaria, nella quale impegna il Governo ad assicurare che:

·         la vigilanza centralizzata sia circoscritta solo alle banche di importanza sistemica e a quelle con attività transfrontaliere;

·         sia preservata l’indipendenza della BCE in materia di politica monetaria, distinguendo con nettezza l’organo decisionale che si occuperà della vigilanza, e sottoponendolo ad un adeguato controllo democratico;

·         siano definiti con chiarezza gli ambiti di intervento della BCE, delle autorità nazionali e dell’Autorità bancaria europea, al fine di evitare sovrapposizioni di competenze;

·         il nuovo sistema di vigilanza sia aperto ai Paesi non appartenenti all’eurozona e, se possibile, preveda le stesse regole e condizioni in tutta l’UE;

·         le banche che presentano rischi sistemici vengano sottoposte a stress test e ristrutturate ricorrendo ai fondi nazionali, prima di essere incorporate nel sistema di vigilanza centralizzato. In altri termini, come ribadito anche in un comunicato congiunto del 25 settembre 2012, firmato dai ministri delle finanze di Germania, Finlandia e Paesi Bassi, la ricapitalizzazione diretta delle banche da parte dell’ESM, dovrebbe riguardare solo i nuovi casi di assistenza, escludendo quindi le attuali situazioni di difficoltà bancaria;

·         venga istituito un quadro comune a livello europeo per la risoluzione delle crisi e la ristrutturazione degli istituti a carattere sistemico e quelli con attività transfrontaliere. Tale quadro comune dovrebbe prevedere anche la creazione di fondi nazionali di ristrutturazione alimentati dai contributi degli stessi enti creditizi ed istituzioni finanziarie;

·         gli schemi di garanzia dei depositi bancari, pur essendo armonizzati a livello europeo, rimangano sotto la responsabilità dei singoli Stati membri e siano finanziati a livello nazionale.

 

House of Commons

Il 17 ottobre la Commissione politiche UE dell’House of Commons inglese ha approvato un rapporto in cui, in linea con la posizione del Governo britannico, rileva che:

·         il Regno Unito non dovrebbe partecipare al nuovo meccanismo unico di vigilanza;

·         per gli Stati che non parteciperanno al meccanismo, non si darà luogo a modifiche nell’assetto delle competenze delle autorità di vigilanza nazionali. A tal fine, si auspica una più precisa indicazioni delle funzioni attribuite alla BCE;

·         in conformità dello statuto del Sistema europeo delle banche centrali (SEBC), anche in materia di vigilanza bancaria la responsabilità ultima dovrebbe risiedere nel Consiglio dei Governatori della BCE. Infatti, ad avviso della Commissione dell’House of Commons, il citato statuto è parte integrante dei Trattati UE, e dunque qualsiasi modifica richiederebbe una modifica dei Trattati medesimi. Su questo punto si registra una chiara divergenza con il Bundestag tedesco, il quale – comemeglio si dirà – chiede che le funzioni in materia di politica monetaria siano chiaramente distinte da quelle in materia di vigilanza;

·         con riferimento al ruolo dell’ABE, rileva il rischio che si formi una maggioranza, formata dai Paesi aderenti al meccanismo unico di vigilanza, in grado di condizionare il processo decisionale in seno alla medesima autorità e di pregiudicare gli interessi degli Stati non aderenti, compromettendo il funzionamento del mercato unico. Inoltre, la BCE, in quanto Istituzione dell’UE, non sarebbe vincolata alla decisioni dell’ABE in materia di mediazione obbligatoria, dovendo solo fornire una motivazione in caso di non conformità. Ciò creerebbe una disparità di trattamento con le autorità di vigilanza nazionali, che sono invece obbligate a conformarsi alle decisioni dell’ABE.

Senato francese

Il 24 ottobre la Commissione politiche dell’UE del Senato francese ha approvato all’unanimità una risoluzione nella quale sottolinea l’opportunità di:

·         separare sul piano istituzionale ed operativo le funzioni di politica monetaria e supervisione bancaria che faranno capo alla BCE;

·         procedere ad una chiara ripartizione dei compiti tra BCE e autorità di vigilanza nazionali;

·         sottoporre alla vigilanza unica tutte le banche dell’eurozona, indipendentemente dalle dimensioni;

·         sostenere la proposta della Commissione europea di attribuire all’ABE il compito di redigere un manuale  comune (single rule book) sulle prassi di vigilanza bancaria;

·         sottoporre l’autorità europea di vigilanza al controllo della istituenda Conferenza interparlamentare prevista dall’art. 13 del Trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell’Unione economica e monetria (cd. Fiscal compact)[5].

 



 

La comunicazione su “una tabella di marcia verso l’Unione bancaria”

Nella comunicazione che accompagna le due proposte legislative esaminate in precedenza, la Commissione europea, richiamati gli interventi già adottati[6] o in corso di adozione per rafforzare la regolamentazione dei mercati finanziari[7], rileva la necessità di ulteriori misure per far fronte ai rischi specifici della zona euro, in cui l’accentramento delle competenze in materia di politica monetaria ha stimolato una forte integrazione economica e finanziaria e accresciuto la possibilità di effetti di ricaduta transfrontaliera in caso di crisi bancarie.

 In particolare, il legame tra debito sovrano e debito bancario ha in taluni casi determinato un circolo vizioso, per cui è stato necessario utilizzare 4,5 miliardi di euro dei contribuenti per salvare le banche dell’UE. La crisi ha dimostrato che, sebbene essenziale, il semplice coordinamento tra le autorità di vigilanza non è sufficiente, in particolare nel contesto della moneta unica. Ad avviso della Commissione, è pertanto necessario un meccanismo decisionale comune. Al tempo stesso, è essenziale contenere il crescente rischio di frammentazione dei mercati bancari dell’UE, che compromette gravemente il mercato unico dei servizi finanziari e ostacola l’effettiva trasmissione della politica monetaria all’economia reale in tutta la zona euro.

L’Unione bancaria e il mercato unico

Al fine di garantire l’unità e l’integrità del mercato unico, la Commissione invita i colegislatori (Parlamento europeo e Consiglio dell’UE) a raggiungere un accordo, entro la fine del 2012, sulle proposte concernenti tre settori di rilevanza specifica per l’Unione bancaria, e devono:

·         le proposte in materia di requisiti prudenziali più rigorosi per le banche (cd. Basilea III), con le quali la Commissione ha avviato il processo di attuazione dei nuovi standard mondiali in materia di requisiti patrimoniali e di liquidità delle banche. La creazione del meccanismo di vigilanza unico non dovrebbe richiedere modifiche sostanziali della proposta di regolamento e della proposta di direttiva, anche se taluni casi potrà rendersi necessario un affinamento del testo per riflettere la nuova situazione;

La Commissione Finanze della Camera, nel corso del 2012, ha svolto un'indagine conoscitiva volta ad approfondire le complesse questioni connesse con l’attuazione di Basilea 3, in quanto ha ritenuto che i forti incrementi richiesti nella capitalizzazione delle banche possano tradursi, in ultima istanza, in una riduzione delle risorse disponibili per il finanziamento del sistema produttivo italiano, la cui principale fonte di finanziamento è costituita dal canale bancario. Ciò vale soprattutto per le piccole e medie imprese, in relazione alle quali il pacchetto di proposte in esame non prevede, come da più parti sollecitato, fattori di correzione. Secondo quanto emerso nel corso dell’indagine, Confindustria, Rete Imprese Italia, Alleanza delle Cooperative Italiane e ABI hanno proposto alla Commissione europea un documento congiunto recante alcuni emendamenti alle proposte legislative in esame per ridurre i potenziali “effetti collaterali” sull'erogazione del credito. Il documento propone, in particolare, l’applicazione dell'aumento dei requisiti patrimoniali - laddove i crediti siano concessi alle PMI, con una eventuale estensione anche alle ONLUS e alle cooperative sociali - mediante l'introduzione di un “fattore correttivo” del 76,19 per cento nella formula per il calcolo dei risk weighted assets. Con riferimento alle banche, da più parti è emersa l’esigenza di valutare la diversa composizione del portafoglio di business delle banche europee, che vede, da un lato, le tradizionali banche commerciali italiane e spagnole, per cui il peso del finanziamento all’economia rappresenta più del 60% delle attività complessive, e, dall’altro, le banche inglesi, francesi e tedesche, maggiormente orientate ad attività strettamente finanziarie, per cui gli impieghi rappresentano tra il 30% e il 40% del business. Tale circostanza rende evidente l’esigenza che le singole autorità di vigilanza possano introdurre discount factors, anche temporanei, per mitigare gli effetti del ciclo economico in relazione alle specifiche del Paese, senza generare disparità competitive e distorsioni di carattere concorrenziale. In particolare, è stata lamentata una insufficiente considerazione delle peculiarità strutturali delle banche popolari e cooperative, per le quali i costi amministrativi di adeguamento alla nuova normativa sono più rilevanti. Nella specie, è stato rilevato come la conversione obbligatoria di strumenti ibridi di capitale in azioni ordinarie può generare problemi in relazione ai limiti di possesso azionario per i soci delle banche cooperative. In relazione alla valutazione dei titoli del debito pubblico da effettuare a prezzi di mercato, superando le disposizioni precedenti che prevedevano la contabilizzazione dei titoli iscritti nel portafoglio bancario detenuto a scadenza, al valore di acquisto, è stato rilevato come tale valutazione, in apparenza neutrale, presenta in realtà conseguenze fortemente negative per gli istituti italiani e per le banche di quei Paesi il cui debito sovrano è al momento sottoposto a forti tensioni speculative e pertanto soggetto a grande deprezzamento, con il risultato di ridurre la loro capacità di finanziare l’economia reale, contribuendo così ad alimentare la crisi. Le banche italiane, evidentemente, sono esposte in misura rilevante sui titoli di stato nazionali mentre detengono una quantità limitata di titoli esteri; le banche tedesche e francesi, invece, potranno compensare le perdite sui titoli dei Paesi “periferici” con le “plusvalenze” potenziali dei titoli di debito del proprio Paese. Con riferimento al rischio di liquidità, sono state sollecitate modifiche che assicurino una maggiore considerazione dello specifico modello di business delle banche popolari e cooperative e della loro organizzazione a rete, nonché degli schemi di tutela istituzionale. In tema di governance, gli auditi hanno evidenziato come la deroga alla regola generale, sulla cui base è possibile considerare come un’unica carica, ai fini del computo del limite, gli incarichi ricoperti all’interno di un gruppo, dovrebbe essere estesa, in analogia a quanto già previsto in altri ambiti della proposta legislativa, anche agli incarichi rivestiti in società aderenti, direttamente o indirettamente, a un sistema di tutela istituzionale. A seguito dell'esame parlamentare di tali proposte, il 29 febbraio 2012 la Commissione Finanze ha approvato un documento finale di indirizzo al governo .

·         la proposta in materia di garanzia dei depositi bancari. La copertura dei sistemi nazionali di garanzia dei depositi è stata già armonizzata e aumentata a centomila euro per depositante e per ente, con efficacia a decorrere dal 31 dicembre 2010[8]. Nel luglio 2010 la Commissione si è spinta oltre, proponendo[9] l’armonizzazione e la semplificazione delle garanzie dei depositi, l’accelerazione dei rimborsi e il miglioramento del finanziamento, in particolare mediante il finanziamento ex ante dei sistemi di garanzia dei depositi tramite contributi delle banche ed un meccanismo obbligatorio di prestito tra sistemi nazionali entro determinati limiti;

Il D.Lgs. n. 49 del 2011 ha attuato nell’ordinamento interno la direttiva 2009/14/CE, che modifica la direttiva 94/19/CE, relativa ai sistemi di garanzia dei depositi per quanto riguarda il livello di copertura e il termine di rimborso. In particolare, per effetto delle predette disposizioni il limite di rimborso per ciascun depositante è stato reso pari alla soglia europea di 100.000 euro, conferendo inoltre alla Banca d'Italia la possibilità di aggiornare tale limite per adeguarlo alle eventuali variazioni apportate dalla Commissione europea in funzione del tasso di inflazione. Il rimborso è effettuato entro venti giorni lavorativi (invece che entro tre mesi, come previsto dalla disciplina precedente) dalla data in cui si producono gli effetti del provvedimento di liquidazione coatta dell’intermediario (ai sensi dell'articolo 83, comma 1, del TUB). Il termine può essere prorogato dalla Banca d’ltalia in circostanze del tutto eccezionali per un periodo complessivo non superiore a 10 giorni lavorativi.

·         la proposta della Commissione sugli strumenti di risanamento e di risoluzione delle crisi degli enti creditizi, adottata il 6 giugno 2012[10] (vedi infra, paragrafo “la proposta di direttiva sulla risoluzione delle crisi bancarie”). Per preservare la stabilità finanziaria e assicurare che gli azionisti e i creditori delle banche si facciano pienamente carico della loro quota di perdite e di costi della ricapitalizzazione delle banche, gli Stati membri sarebbero tenuti a istituire un fondo di risoluzione ex ante finanziato dai contributi delle banche.

Si rammenta in proposito che il Capo II del decreto legge n. 87 del 2012, confluito negli articoli 23-sexies e seguenti del D.L. 95 del 2012, ha introdotto misure finalizzate alla ripatrimonializzazione della Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. (MPS). L’intervento normativo si inserisce nel solco delle indicazioni e delle direttive fornite in sede europea per il rafforzamento dei requisiti di capitale degli istituti di credito, stante le perduranti tensioni sui mercati finanziari con particolare riferimento ai titoli di debito sovrano. A tale scopo, si autorizza MPS all’emissione di nuovi strumenti finanziari, che verranno sottoscritti da parte del Governo di nuovi strumenti finanziari per il citato importo massimo di 2 miliardi; si tratta di strumenti simili a quelli già emessi dalla banca ai sensi dell’articolo 12 del D.L. n. 185/2008 (c.d. “Tremonti bond”), salvo alcune modifiche necessarie per tenere conto dell’evoluzione della disciplina comunitaria in materia di aiuti di Stato. A tale importo si aggiungerà l’emissione di ulteriori 1,9 miliardi, destinata a sostituire i “Tremonti bond” emessi dalla banca nel 2009 e non ancora rimborsati. L’importo complessivo dell’emissione potrà quindi essere pari al massimo a 3,9 miliardi.

In precedenza, l’articolo 8 del decreto-legge n. 201 del 2011 ("salva-Italia") aveva introdotto misure di stabilizzazione del sistema creditizio volte a concedere la garanzia dello Stato sulle passività delle banche italiane; tra tali interventi vi era la facoltà, riconosciuta al Ministero dell'economia e delle finanze fino al 30 giugno 2012, di rilasciare la garanzia statale su finanziamenti erogati dalla Banca d'Italia alle banche italiane e alle succursali di banche estere in Italia per fronteggiare gravi crisi di liquidità, richiamando in particolare i cosiddetti casi di emergency liquidity assistance (i.e., offerta di liquidità di ultima istanza).

Affinché le norme vengano applicate in modo uniforme in tutta l’Unione, la Commissione ritiene fondamentale che l’Autorità bancaria europea (ABE) svolga pienamente il compito che le è stato attribuito di creare un quadro giuridico e una cultura della vigilanza comuni in tutta l’Unione europea.

A tale riguardo, la Commissisone ritiene necessario che l’ABE elabori una guida comune (rulebook) per l’attività di vigilanza.

 

Azioni fondamentali

La Commissione invita il Parlamento europeo e il Consiglio a raggiungere un accordo entro la fine del 2012 sulle proposte legislative in corso di esame, riguardanti:

·         i requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento, e la vigilanza prudenziale;

·         il  sistema di garanzia dei depositi;

·         il risanamento e la risoluzione delle crisi bancarie.

 

Un meccanismo di vigilanza unico

Come già illustrato, il sistema di vigilanza proposto dalla Commissione europea prevede che la BCE assolva i suoi compiti in un quadro di sorveglianza composto dalla stessa BCE e dalle autorità nazionali.

 

Azioni fondamentali

La Commissione invita il Consiglio dell’UE e il Parlamento europeo ad approvare entro la fine del 2012:

·         la proposta di regolamento del Consiglio che attribuisce alla BCE compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi;

·         la proposta di modifica del regolamento (UE) n. 1093/2010, che istituisce l’Autorità bancaria europea.

 

Prossimi passi nella gestione delle crisi bancarie

 

La Commissione osserva che, sebbene il rafforzamento della vigilanza nell’Unione bancaria contribuirà a migliorare la solidità delle banche, è necessario che qualora si verifichi una crisi gli istituti possano essere liquidati in maniera ordinata e che i depositanti siano rassicurati sul fatto che i loro risparmi siano al sicuro.

 

Azioni fondamentali

Una volta raggiunto l’accordo sulle proposte già presentate in materia di sistemi di garanzia dei depositi e di risanamento e risoluzione delle crisi bancarie, la Commissione intende proporre, quale integrazione naturale del meccanismo di vigilanza unico, in particolare l’istituzione di un meccanismo unico competente per la risoluzione delle crisi bancarie e per il coordinamento dell’applicazione degli strumenti di risoluzione alle banche nel quadro dell’Unione bancaria.

 

Quadro di risanamento e di risoluzione delle crisi degli enti creditizi

La proposta di direttiva (COM(2012)280) che armonizza le leggi nazionali sul risanamento e la risoluzione delle crisi degli enti creditizi per assicurare che gli Stati membri siano dotati dei medesimi strumenti e procedure per affrontare dissesti sistemici costituisce, come già accennato, uno dei pilastri dell’Unione bancaria europea.

La proposta mira, in particolare, definire un quadro efficace per gestire i fallimenti bancari in modo ordinato ed evitare il contagio ad altri enti, salvaguardando la stabilità finanziaria e riducendo al minimo le perdite per il contribuente.

La Commissione osserva che, tra ottobre 2008 e ottobre 2011, sono stati approvati aiuti di Stato a favore degli enti finanziari pari a 4500 miliardi di euro (equivalenti al 37% del PIL dell'UE). Ciò ha evitato fallimenti bancari e perturbazioni economiche su ampia scala, ma ha fatto ricadere sui contribuenti il costo del deterioramento delle finanze pubbliche e non ha risolto il problema di come gestire le difficoltà delle grandi banche internazionali.

La proposta prevede strumenti di “prevenzione”, di “intervento precoce” e di “risoluzione delle crisi”, e l’intervento delle autorità diventa più incisivo man mano che la situazione si deteriora.

·         Preparazione e prevenzione:

-        in primo luogo, il quadro imporrebbe alla banche di redigere piani di risanamento che stabiliscano le misure in caso di deterioramento della loro situazione finanziaria e per ripristinare la loro sostenibilità economica;

-        in secondo luogo, le autorità investite della responsabilità della risoluzione delle crisi delle banche sarebbero tenute a preparare piani di risoluzione delle crisi - elaborati sia a livello di gruppo sia per i singoli enti facenti parte del gruppo, che contengano opzioni per gestire le banche in condizioni critiche e ormai economicamente insostenibili;

-        in terzo luogo, se le autorità individuano ostacoli alla possibilità di risoluzione delle crisi nel corso dell’elaborazione dei piani, esse potrebbero imporre alle banche interessate di modificare le proprie strutture giuridiche o operative;

-        infine, i gruppi finanziari potrebbero sottoscrivere accordi di sostegno finanziario infragruppo per limitare l’evoluzione della crisi e ripristinare rapidamente la stabilità finanziaria dell'intero gruppo.

·         Intervento precoce: i poteri di intervento precoce scatterebbero quando un ente non rispetta i requisiti patrimoniali previsti dalla legge. Le autorità potrebbero imporre all’ente di attuare le misure previste dal piano di risanamento, elaborare un programma d’azione e stabilire un calendario per la sua attuazione, richiedere la convocazione di un’assemblea degli azionisti per adottare decisioni urgenti e imporre all’ente di elaborare un piano per ristrutturare i debiti con i creditori. Inoltre, le autorità di vigilanza avrebbero il potere di nominare un amministratore straordinario con il compito di risanare la situazione finanziaria della banca e provvedere a una sana e prudente gestione della sua attività.

·         Poteri e strumenti di risoluzione delle crisi: qualora le misure preventive e di intervento precoce non siano in grado di evitare che la situazione si deteriori al punto tale da portare al dissesto della banca o da renderlo probabile e sia a rischio l’interesse pubblico (accesso a funzioni bancarie essenziali, stabilità finanziaria, integrità delle finanze pubbliche, ecc.), le autorità preposte dovrebbero assumere il controllo dell’ente, avvalendosi dei seguenti strumenti:

-         vendita dell’attività d’impresa, nella sua totalità o in parte, ad un’altra banca;

-         costituire un ente-ponte, ovvero individuare le attività sane o le funzioni essenziali della banca e farne una nuova banca (banca-ponte) che sarà venduta ad un’altra entità. La vecchia banca, comprese le attività deteriorate o le funzioni non essenziali, sarebbe poi liquidata con procedura ordinaria di insolvenza;

-         separazione delle attività, grazie al quale le attività deteriorate della banca verrebbero trasferite ad un veicolo di gestione. Per evitare che questo strumento venga usato esclusivamente come aiuto di Stato, il quadro di risoluzione delle crisi dispone che esso possa essere usato soltanto congiuntamente ad un altro strumento (banca-ponte, vendita dell'attività d'impresa o riduzione del debito). Ciò assicura che la banca che riceve aiuto venga anche ristrutturata;

-         salvataggio interno, grazie al quale la banca viene ricapitalizzata, e i creditori vedono i loro crediti ridotti o convertiti in azioni. Un ente per il quale non è stato possibile trovare un acquirente privato, o per il quale lo smembramento sarebbe complesso, potrebbe quindi continuare a fornire servizi essenziali senza la necessità di essere salvato con fondi pubblici, e le autorità avrebbero il tempo di riorganizzarlo o di liquidarne parti dell'attività in maniera ordinata. A questo scopo, le banche sarebbero tenute a detenere una percentuale minima delle loro passività totali in forma di strumenti ammissibili al salvataggio interno.

 

Allo scopo di far fronte alle difficoltà di banche o gruppi UE che operano a livello transfrontaliero, la proposta prevede la costituzione di collegi di risoluzione delle crisi, sotto la leadership dell'autorità di risoluzione delle crisi a livello di gruppo e con la partecipazione dell’Autorità bancaria europea, che svolgerebbe – in caso di necessità - un ruolo di mediazione vincolante.

 Infine, si dispone l’introduzione di meccanismi di finanziamento in ciascuno Stato membro, basati su contributi ex-ante integrati da contributi ex-post e, ove necessario, prestiti da enti finanziari o dalla banca centrale. Per assicurare che alcuni fondi siano sempre disponibili, viene stabilito un livello minimo, da raggiungere con contributi ex-ante nell’arco di dieci anni, nella misura dell’1% dei depositi coperti.

 

Il Consiglio intenderebbe raggiungere un approccio generale sulla proposta, che segue la procedura legislativa ordinaria (già procedura di codecisione) entro dicembre 2012. L’esame del Parlamento europeo è atteso nella  seduta del 10 giugno 2013.



 

Il rapporto Liikanen

Il 2 ottobre è stato presentato il rapporto del gruppo di lavoro ad alto livello sulla riforma del sistema bancario europeo presieduto dal governatore della Banca centrale finlandese, Erkki Liikanen.

 Il gruppo di lavoro, (di cui ha fatto parte, tra gli altri, anche il banchiere italiano Marco Mazzucchelli) era stato incaricato nel novembre 2011 dal Commissario europeo per il mercato interno e i servizi finanziari, Michel Barnier, di elaborare ipotesi di intervento strutturale sul settore bancario, con il doppio obiettivo di rafforzare la stabilità finanziaria e migliorare il livello di protezione dei consumatori.

Il rapporto proporne di rivedere l'architettura delle banche attraverso cinque raccomandazioni principali:

·         la separazione legale attività di deposito  (risparmi e finanziamenti a imprese e famiglie) da quelle di trading ad alto rischio (in titoli e derivati), qualora tali attività superino il 25% del giro di affari di un gruppo bancario (o, in alternativa, 100 miliardi di euro)[11];

Dalle tabelle contenute nel rapporto, emerge che nel 2011 gli istituti italiani sono ai primi posti in Europa per le attività di deposito: Ubi Banca e' prima in Europa per impieghi netti alla clientela come percentuale degli asset totali, con una percentuale vicina all'80%. Seguono Banca Mps con il 63% e Intesa con il 60%. Agli ultimi posti la britannica Barclays, la francese Credit Agricole e la tedesca Deutsche Bank.

·         la necessità che le banche disegnino e mantengano in funzione realistici ed efficaci piani per la gestione delle crisi e la riorganizzazione degli asset bancari, che cosentano, ad esempio, di chiudere o ridurre un comparto della banca senza compromettere le attività di deposito e commerciali;

·         l’uso di strumenti di bail-in (conversione forzosa di debito in capitale), in modo da aumentare la capacità complessiva di assorbimento delle perdite (coinvolgendo coinvolgendo nei piani di recupero e ristrutturazione anche gli azionisti privati), e diminuire gli incentivi ad assumere condotte rischiose;

·         l’applicazione di requisiti più elevati nella determinazione del capitale minimo, per garantire margini di sicurezza sufficienti ad affrontare eventuali crisi;

·         la riforma dellacorporate governance, con misure specifiche in tema di rafforzamento del board e del management; controllo sui compensi dei manager, che dovrebbero essere corrisposti almeno in parte in azioni; rafforzamento dei poteri sanzionatori.

Sulle raccomandazioni del rapporto Liikanen la Commissione europea ha aperto una consultazione delle parti interessate, che si concluderà il 13 novembre 2012, a seguito della quale la Commissione stessa potrebbe presentare nuove iniziative legislative.

 

Da fonti informali risulta che la Commissione non intenderebbe, per il momento, avanzare proposte in materia di separazione legale tra le attività di deposito e quelle speculative, anche per evitare di complicare con elementi potenzialmente divisivi il negoziato in corso sull’unione bancaria . Gli aspetti connessi al bail-in e alla definizione di piani per la gestione delle crisi sono invece già presenti nella proposta di regolamento che istituisce un quadro di risanamento e di risoluzione delle crisi degli enti creditizi e delle imprese di investimento (COM(2012)280, vedi paragrafo successivo).


 

Il Libro verde sul sistema bancario ombra

Il Rapporto Likkanen affronta anche le questioni connesse all’esistenza di un sistema bancario ombra, ovvero un sistema di intermediazione creditizia che opera al di fuori del sitema bancario tradizionale, pur non formulando raccomandazioni specifiche al riguardo.

La Commissione europea si è già occupata di questo tema con la presentazione, il 19 marzo 2012, di un Libro verde che ha dato avvio ad una consultazione conclusasi il 5 giugno 2012.

La consultazione era concepita anche come contibuto dell’UE ai lavori del Consiglio per la stabilità finanziaria (FSB, Financial Stability Board)[12] che, in risposta agli inviti del G20, nel 2010 a Seoul e nel 2011 a Cannes, sta mettendo a punto raccomandazioni sulla supervisione e la regolamentazione di queste entità e attività[13].

La consultazione della Commissione europea ha avuto per oggetto le seguenti entità:

·         società a destinazione specifica (special purpose entities – SPE) che realizzano la trasformazione delle scadenze e/o della liquidità, ad esempio veicoli di cartolarizzazione quali gli ABCP conduits (veicoli per l'emissione di cambiali finanziarie garantite da attività), gli special investment vehicles (SIV – veicoli speciali d’investimento) e altre società veicolo (special purpose vehicles – SPV);

·         i fondi comuni monetari (money market funds – MMF) e altri tipi di fondi di investimento o tipi di prodotti con caratteristiche analoghe ai depositi, che li rendono fortemente esposti al ritiro in massa (corsa allo sportello);

·         fondi di investimento, compresi gli ETF (exchange traded funds), che forniscono credito o utilizzano la leva finanziaria;

·         società finanziarie ed entità specializzate nei titoli che, pur non essendo regolamentate come le banche, forniscono crediti o garanzie su crediti o realizzano la trasformazione delle scadenze e/o della liquidità;

·         imprese di assicurazione e di riassicurazione che emettono o garantiscono prodotti creditizi.

Secondo il FSB, nel 2010 la dimensione del sistema bancario ombra a livello mondiale era pari a circa 46 mila miliardi di euro, rispetto ai 21 mila miliardi di euro del 2002. Si tratta di una cifra che rappresenta il 25-30% dell’intero sistema finanziario e circa la metà delle attività bancarie. Negli Stati Uniti la proporzione è ancora più significativa, con una quota stimata tra il 35 e il 40%. Secondo le stime dell’FSB, tuttavia, dal 2005 al 2010 la quota di attività degli intermediari finanziari diversi dalle banche ubicati in Europa espressa in percentuale del sistema bancario ombra mondiale è fortemente aumentata, mentre la quota delle attività ubicate negli USA è diminuita.

Ad avviso della Commissione, il sistema bancario ombra presenta una serie di rischi, che possono essere raggruppati come segue.

·         tipi di finanziamento analoghi ai depositi, che possono provocare corse allo sportello: Alcune attività del sistema bancario ombra, ad esempio, si basano su finanziamenti a breve termine, cosa che le espone al rischio di un improvviso e massiccio ritiro di fondi da parte dei clienti.

·         accumulo di leva finanziaria elevata e invisibile;

·         elusione delle regole e arbitraggio regolamentare;

·         fallimenti disordinati che colpiscono il sistema bancario. In situazioni di emergenza o in condizioni di grave incertezza, i rischi assunti dalle banche del sistema ombra possono essere facilmente trasmesse al settore bancario attraverso vari canali: a) assunzione diretta di prestiti dal sistema bancario e sopravvenienze passive bancarie (supporto di credito e linee di liquidità), e b) vendite massicce di attività con ripercussioni sui prezzi delle attività finanziarie e immobiliari.

Secondo la Commissione europea è essenziale che le autorità di vigilanza e di regolamentazione studino il modo migliore per disciplinare le entità e le attività del sistema bancario ombra, individuando e monitorando le entità interessate e predisponendo risposte normative volte a estendere la portata e la natura della regolamentazione prudenziale attualmente in vigore per il settore bancario e assicurativo.

Si segnala, peraltro, che l’UE ha anche già adottato misure intese a regolamentare direttamente le entità e le attività del sistema bancario ombra.

Per quanto riguarda i fondi di investimento, la direttiva sui gestori di fondi di investimento alternativi[14] prevede che i gestori di attività siano tenuti a monitorare il rischio di liquidità. Alla luce dei nuovi obblighi di informazione, le autorità competenti potranno controllare più agevolmente attività quali le operazioni pronti contro termine o i prestiti di titoli.

I fondi comuni monetari e gli ETF possono invece rientrare nella vigente legislazione sugli organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM)[15].

Infine, per quanto riguarda la regolamentazione assicurativa, la direttiva quadro Solvibilità II affronta anche diversi aspetti del sistema bancario ombra, in quanto prevede una regolamentazione esaustiva incentrata su un approccio di tipo economico e basato sul rischio e impone rigorosi requisiti di gestione del rischio, tra cui il principio di prudenza degli investimenti.


 



[1] COM(2010)369. La proposta è attualmente all’esame delle Istituzioni dell’UE secondo la procedura legislativa ordinaria (già procedura di codecisione). Il PE si è espresso approvando il 16 febbraio 2012 una risoluzione legislativa che reca emendamenti alla proposta della Commissione.

[2] L’art. in questione dispone che “Al comitato esecutivo possono essere delegati taluni poteri quando lo decide il consiglio direttivo.”

[3] In un documento di approfondimento predisposto dalla medesima Assonime viene precisato che il tale organo di vigilanza, separato e indipendente dalla funzione monetaria, dovrebbe essere composto dai seguenti membri:

·          il Vice presidente della BCE (con funzioni di Presidente);

·          il Presidente dell’EBA;

·          il Presidente dell’ESM;

·          i presidenti delle autorità di vigilanza nazionali;

·          sei membri nominati secondo le procedure di nomina dei componenti il comitato esecutivo della BCE.

Un consiglio di vigilanza così composto risulterebbe rafforzato dalla presenza dei presidenti (e non di meri rappresentanti) delle autorità di vigilanza nazionali, dal Presidente dell’EBA e dal Presidente dell’ESM, oltre che di autorevoli membri “terzi” selezionati come i membri dell’esecutivo della BCE. Questa ipotesi, secondo Assonime, rispetterebbe anche i principi della dottrina Meroni, dal momento che questa esclude la possibilità di delega ad un’altra istituzione, mentre in questo caso la funzione resta attribuita alla BCE e viene esercitata da un organo all’interno di essa. Il consiglio di vigilanza potrebbe a sua volta delegare poteri esecutivi ad un comitato ristretto composto dai sei membri nominati secondo le procedure del comitato esecutivo BCE, dal Vice presidente della BCE, dal Presidente dell’EBA e dal presidente dell’ESM. Tale organo ristreto assicurerebbe l’indipendenza e l’efficacia del nuovo meccanismo di vigilanza, poiché il consiglio di vigilanza, composto da 23 membri con diritto di voto e vari osservatori (tra i quali i rappresentanti delle vigilanze nazionali, che sarebbero in ampia maggioranza), rischierebbe di trasformare l’applicazione delle regole comuni alle maggiori banche in un negoziato politico.

 

[4] Ai sensi dell’art. 40 del citato regolamento (UE) 1093/2010, il consiglio delle autorità di vigilanza è composto da:

-          il presidente, senza diritto di voto;

-          il capo dell’autorità pubblica nazionale competente per la vigilanza degli enti creditizi in ogni Stato membro;

-          un rappresentante della Commissione, senza diritto di voto;

-          un rappresentante della Banca centrale europea, senza diritto di voto;

-          un rappresentante del Comitato europeo per il rischio sistemico (CERS), senza diritto di voto;

-          un rappresentante per ognuna delle altre due autorità europee di vigilanza (l’Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali e l’Autorità europea per i valori mobiliari), senza diritto di voto.

 

[5] L’articolo 13 del Fiscal Compact stabilisce che il Parlamento europeo e i Parlamenti nazionali delle parti contraenti, come previsto dal Titolo II del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti nazionali allegato al TFUE, determineranno insieme l’organizzazione e la promozione di una conferenza dei presidenti delle Commissioni competenti dei parlamenti nazionali e delle competenti Commissioni del PE.

[6] Tra i provvedimenti già adottati, si annoverano:

-          il regolamento (UE) n. 1092/2010 relativo alla vigilanza macroprudenziale del sistema finanziario nell’Unione europea e che istituisce il Comitato europeo per il rischio sistemico;

-          il regolamento (UE) n. 1093/2010 che istituisce l’Autorità bancaria europea;

-          il regolamento (UE) n. 1094/2010 che istituisce Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali;

-          il regolamento (UE) n. 1095/2010 che istituisce l’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati;

-          il regolamento (UE) n. 1096/2010 che conferisce alla Banca centrale europea compiti specifici riguardanti il funzionamento del Comitato europeo per il rischio sistemico;

-          la direttiva 2010/76/CE relativa ai requisiti patrimoniali per il portafoglio di negoziazione e le ricartolarizzazioni e il riesame delle politiche remunerative da parte delle autorità di vigilanza;

-          il regolamento (UE) n. 648/2012, sugli strumenti derivati non quotati (over the counter, OTC), le controparti centrali e i repertori di dati sulle negoziazioni;

-          il regolamento (UE) n. 236/2012, relativo alle vendite allo scoperto e a taluni aspetti dei contratti derivati aventi ad oggetto la copertura del rischio di inadempimento dell’emittente;

-          la direttiva (UE) n. 2011/61, sui gestori di fondi di investimento alternativi 

[7] Tra le proposte ancora all’esame delle Istituzioni UE rientrano:

-          la proposta di direttiva relativa ai sistemi di garanzia dei depositi (COM(2010)368);

-          la proposta di regolamento che istituisce un quadro di risanamento e di risoluzione delle crisi degli enti creditizi e delle imprese di investimento (COM(2012)280);

-          la proposta di modifica della direttiva 97/9/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai sistemi di indennizzo degli investitori (COM(2010)371);

-          la proposta di direttiva in merito ai contratti di credito relativi ad immobili residenziali (COM2010)142);

-          la proposta di regolamento relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento (COM(2011)452);

-          la proposta di direttiva sull'accesso all'attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale degli enti creditizi e delle imprese di investimento (COM(2011)453);

-          la proposta di direttiva relativa ai mercati degli strumenti finanziari (COM(2012)656);

-          la proposta di modifica del regolamento sugli strumenti derivati OTC, le controparti centrali e i repertori di dati sulle negoziazioni (COM(2012)484);

-          la proposta di modifica della direttiva 2004/109/CE sull’armonizzazione degli obblighi di trasparenza riguardanti le informazioni sugli emittenti i cui valori mobiliari sono ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato (COM(2011)683);

-          la proposta di modifica della direttiva 2009/65/CE concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in materia di taluni organismi di investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM), per quanto riguarda le funzioni di depositario, le politiche retributive e le sanzioni (COM(2012)350);

-          la proposta di regolamento relativo ai documenti contenenti le informazioni chiave per i prodotti d’investimento (COM(2012)352). 

-          la proposta di direttiva sull’intermediazione assicurativa (COM(2012)360).

 

[8] Direttiva 2009/14/CE, recante modifica della direttiva 94/19/CE relativa ai sistemi di garanzia dei depositi per quanto riguarda il livello di copertura e il termine di rimborso.

[9]  Proposta di direttiva relativa ai sistemi di garanzia dei depositi (COM(2010)368).

[10] COM(2012)280.

[11] La proposta del rapporto Liikanen si pone come una terza via tra la legislazione americana (che ha proposto di vietare alle banche di speculare con i propri fondi) e quella britannica (che ha suggerito una separazione più netta con l’aggiunta di cuscinetti di capitale).

[12] Il Financial Stability Board , che origina dalla trasformazione nel 2008 del precedente Financial Stability Forum costituito nel 1999, riunisce regolarmente rappresentanti dei governi, delle banche centrali e delle autorità nazionali di vigilanza sulle istituzioni e sui mercati finanziari, di istituzioni finanziarie internazionali, di associazioni internazionali di autorità di regolamentazione e supervisione e di comitati di esperti di banche centrali. Il Financial Stability Board si propone di promuovere la stabilità finanziaria a livello internazionale, migliorare il funzionamento dei mercati e ridurre il rischio sistemico attraverso lo scambio di informazioni e la cooperazione internazionale tra le autorità di vigilanza.

Per l'Italia vi partecipano il Governatore della Banca d'Italia e rappresentanti di alto livello del Ministero dell'Economia e delle finanze. Il FSB è attualmente presieduto dal Governatore della centrale del Canada Mark Carney.

[13] I lavori fin qui svolti dal FSB hanno evidenziato l’esigenza che il sistema bancario ombra venga sottoposto ad un livello di regolamentazione e vigilanza non meno stringente rispetto al resto del sistema finanziario, per evitare il rischio che il rafforzamento della vigilanza bancaria determini uno spostamento degli investimenti verso il sistema ombra.

[14] Direttiva 2011/61/UE sui gestori di fondi di investimento alternativi, che modifica le direttive 2003/41/CE e 2009/65/CE e i regolamenti (CE) n. 1060/2009 e (UE) n. 1095/2010.

 

[15] Direttiva 2009/65/CE concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in materia di taluni organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM).