Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento bilancio
Titolo: La disciplina volta ad accelerare i tempi dei pagamenti delle Pubbliche Amministrazioni
Serie: Documentazione e ricerche    Numero: 393
Data: 26/11/2012
Descrittori:
CONTRATTI E OPERE PUBBLICHE   PAGAMENTO
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE     
Organi della Camera: V-Bilancio, Tesoro e programmazione
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Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione e ricerche

La disciplina volta ad accelerare
i tempi dei pagamenti delle
Pubbliche Amministrazioni

 

 

 

 

 

 

 

n. 393

 

 

 

26 novembre 2012

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Bilancio

( 066760-9932 – * st_bilancio@camera.it

 

 

 

 

 

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File: BI0591.doc


I N D I C E

Gli interventi volti ad accelerare i pagamenti delle Pubbliche Amministrazioni

§         I provvedimenti ministeriali adottati dal Governo e l’accordo ABI-imprese  3

§         La normativa vigente in materia di pagamenti dei debiti delle Pubbliche Amministrazioni9

§         L’analisi della Corte dei conti22

§         Il decreto legislativo 192/ 2012per il contrasto ai ritardi nelle transazioni commerciali26

Normativa

§      D.M. 22 maggio 2012, Modalità di certificazione del credito, anche in forma telematica, di somme dovute per somministrazione, forniture e appalti da parte delle amministrazioni dello Stato e degli enti pubblici nazionali33

§      D.M. 25 giugno 2012, Modalità di certificazione del credito, anche in forma telematica, di somme dovute per somministrazione, forniture e appalti, da parte delle Regioni, degli Enti locali e degli Enti del Servizio Sanitario Nazionale, di cui all'articolo 9, commi 3-bis e 3-ter del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito con modificazioni dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2 e successive modificazioni e integrazioni39

§      D.M. 25 giugno 2012, Modalità con le quali i crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, maturati nei confronti delle Regioni, degli Enti locali e degli Enti del Servizio Sanitario Nazionale per somministrazione, forniture e appalti, possono essere compensati, con le somme dovute a seguito di iscrizione a ruolo, ai sensi dell'articolo 31, comma 1-bis, del decreto-legge 31 maggio 2010 n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122. 46

§      D.M. 26 giugno 2012, Modifiche ed integrazioni ai criteri e alle modalità per la concessione della garanzia del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese. 50

§      D.M. 24 settembre 2012, Modifica del decreto 22 maggio 2012, recante "Modalità di certificazione del credito, anche in forma telematica, di somme dovute per somministrazione, forniture e appalti da parte delle amministrazioni dello Stato e degli enti pubblici nazionali"60

§      D.M. 19 ottobre 2012, Modifiche al decreto 25 giugno 2012, recante: "Modalità di certificazione del credito, anche in forma telematica, di somme dovute per somministrazione, forniture e appalti, da parte delle Regioni, degli Enti locali e degli enti del Servizio sanitario nazionale, di cui all'articolo 9, commi 3-bis e 3-ter del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2 e successive modificazioni e integrazioni"62

§      D.M. 19 ottobre 2012, Modalità con le quali i crediti non prescritti certi liquidi ed esigibili maturati nei confronti dello Stato e degli enti pubblici nazionali per somministrazioni, forniture e appalti, possono essere compensati con le somme dovute a seguito di iscrizione a ruolo ai sensi dell'articolo 28-quater del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602. 65

§      D.Lgs. 9 novembre 2012, n. 192, Modifiche al decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, per l'integrale recepimento della direttiva 2011/7/UE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, a norma dell'articolo 10, comma 1, della legge 11 novembre 2011, n. 180  67

§      D.Lgs. 9 ottobre 2002, n. 231, Attuazione della direttiva 2000/35/CE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali (testo coordinato con le modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 192/2012)71

 

 


Gli interventi volti ad accelerare i pagamenti delle Pubbliche Amministrazioni

 


I provvedimenti ministeriali adottati dal Governo e l’accordo ABI-imprese

L’intensificarsi della crisi finanziaria nei primi mesi del 2012 ha determinato un peggioramento delle condizioni di offerta del credito alle aziende, dando luogo ad una restrizione creditizia che, aggiungendosi alle tensioni sul lato della domanda derivanti dal perdurare della recessione economica, ha aumentato i fattori di criticità in cui si svolge l’attività d’impresa.

Al fine di contrastare tale situazione, il Governo il 22 maggio 2012 ha presentato un insieme di proposte la cui finalità è quella di fornire liquidità alle aziende mediante il supporto del sistema bancario o attraverso l’accesso da parte delle aziende medesime alla compensazione di crediti e debiti nei confronti delle amministrazioni pubbliche.

Nell’illustrare tale iniziativa è stato precisato[1] che la stessa si inserisce in un percorso a più fasi finalizzato a mettere a regime una tempistica dei pagamenti alle imprese da parte delle amministrazioni pubbliche che sia coerente con la disciplina europea della materia. L’iniziativa in questione costituisce pertanto la prima fase di tale percorso, volta ad affrontare in prima emergenza le esigenze di liquidità delle imprese, cui seguirà una seconda fase volta a reperire nel bilancio le risorse per pagare i debiti pregressi ed, infine, una terza ed ultima fase volta a recepire nell’ordinamento la direttiva 2011/7/UE sui ritardi di pagamento, illustrata in precedenza.

L’intervento predisposto dal Governo si compone di quattro decreti ministeriali. Due di tali decreti, adottati dal Ministro dell’economia e delle finanze, concernono la certificazione di crediti scaduti, rispettivamente, nei confronti delle amministrazioni centrali, inclusi gli enti pubblici nazionali, e le regioni e gli enti locali (compresi gli enti del Servizio sanitario), mentre un terzo decreto, anche esso di competenza del Ministro dell’economia e delle finanze, concerne le compensazioni tra crediti e somme iscritte a ruolo; un quarto decreto, infine, di competenza del Ministro per lo sviluppo economico, è teso a facilitare l’accesso al Fondo centrale di garanzia ai fini della cessione dei crediti. In particolare:

La certificazione dei crediti

Due decreti del Ministro dell’economia e delle finanze disciplinano le modalità di certificazione dei crediti dovuti per somministrazioni, forniture ed appalti da parte, rispettivamente, delle amministrazioni statali e delle regioni ed enti locali. I decreti, di contenuto sostanzialmente identico salvo che per alcuni aspetti derivanti dalle diversità tra le amministrazioni centrali (amministrazioni statali ed enti pubblici nazionali) e quelle territoriali (regioni, enti locali ed enti del Servizio Sanitario nazionale), prevedono che:

§      i titolari di crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili possono presentare istanza di certificazione del credito all’ente debitore, che entro i successivi 60 giorni è tenuto a rilasciare la certificazione medesima ovvero a rilevare l’insussistenza o inesigibilità, anche parziale del credito;

§      prima di rilasciare la certificazione, per gli importi superiori a diecimila euro l’ente deve verificare se il beneficiario è inadempiente all’obbligo di versamento derivante dalla notifica di una o più cartelle di pagamento per un ammontare complessivo pari almeno a tale importo e, in caso affermativo, non procedono al pagamento e segnalano la circostanza all’agente della riscossione competente per territorio;

§      in caso di esposizione debitoria del richiedente nei confronti dell’amministrazione interessata, questa può comunque certificare il credito, al netto di tale esposizione. Non può invece procedersi alla certificazione qualora sul credito risultino procedimenti giurisdizionali;

§      decorso il termine di 60 giorni senza che sia stata rilasciata la certificazione (o rilevati motivi ostativi alla stessa) il creditore può chiedere alla Ragioneria territoriale dello Stato la nomina, entro successivi 10 giorni, di un commissario ad acta, (che concernerà prioritariamente un funzionario dell’ente debitore o, in subordine, della Prefettura o della Ragioneria territoriale medesima) che entro i successivi 50 giorni deve provvedere al rilascio della certificazione;

§      in ogni caso, il rilascio della certificazione comporta che l’ente debitore accetta la possibilità che il credito venga ceduto a banche o intermediari finanziari abilitati;

§      sono esclusi dalla procedura di certificazione i crediti vantati nei confronti degli enti locali commissariati e delle regioni (e relativi enti del Servizio sanitario regionale) sottoposte ai piani di rientro dei disavanzi sanitari.

Entrambi i decreti in esame prevedono infine che tutte le sopradette procedure debbano quanto prima svolgersi mediante piattaforma elettronica, che verrà messa a disposizione dal Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato.

I due suindicati decreti[2] sono stati emanati dal Ministero dell’economia e delle finanze, rispettivamente, con il Decreto 22 maggio 2012 (su G.U. del 21 giugno 2012), concernente la certificazione dei crediti da parte delle amministrazioni dello Stato e degli enti pubblici nazionali, nonché con il Decreto 25 giugno 2012 (su G.U. del 2 luglio 2012) relativamente alla certificazione da parte delle Regioni, degli Enti locali e degli del Servizio Sanitario Nazionale.

La compensazione tra crediti e debiti

La possibilità di utilizzare eventuali crediti per compensare, da parte del medesimo soggetto, i propri debiti con l’amministrazione, è disciplinata da un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, in cui si prevede che:

§      i titolari di crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili maturati nei confronti delle regioni e degli enti locali (nonché degli enti del Servizio Sanitario Nazionale) per somministrazioni, forniture ed appalti, possono utilizzare i crediti medesimi per il pagamento (totale o parziale) delle somme iscritte a ruolo entro il 30 aprile 2012 per tributi erariali, regionali o locali, nonché per contributi previdenziali od assistenziali ovvero per entrate spettanti all’amministrazione che ha rilasciato la certificazione ai sensi dei decreti ministeriali sopra illustrati;

§      il titolare del credito presenta la certificazione all’agente della riscossione competente per il pagamento, che entro i tre giorni (lavorativi) successivi deve procedere a verificarne la validità mediante richiesta all’amministrazione debitrice, che entro dieci giorni dalla ricezione della richiesta stessa deve comunicare all’agente il relativo esito;

§      in caso di verifica positiva, il debito si estingue – limitatamente all’importo del credito certificato – e ne viene data comunicazione da parte dell’agente della riscossione al creditore (vale a dire al soggetto iscritto a ruolo), nonché, entro i cinque giorni successivi all’avvenuta compensazione, all’ente debitore ed a quello impositore;

§      l’ente debitore dovrà procedere al pagamento dell’importo oggetto della certificazione entro 12 mesi dal rilascio della stessa In caso di inutile decorso di tale termine, l’agente della riscossione né dà notizia ai Ministeri dell’interno e dell’economia e finanze, che provvedono al recupero dell’importo medesimo mediante riduzione delle somme dovute a qualsiasi titolo da parte dello Stato all’ente territoriale, ad esclusione delle sole risorse destinate al finanziamento di parte corrente del SSN. In caso di impossibilità del recupero potrà altresì procedersi alla riscossione coattiva.

Il provvedimento in questione è stato emanato[3] dal Ministero dell’economia e delle finanze con Decreto 25 giugno 2012 (su G.U. del 2 luglio 2012), recante le modalità con le quali i crediti maturati nei confronti delle Regioni, degli enti locali e degli Enti del Servizio Sanitario Nazionale possono essere compensati con le somme dovute a seguito di iscrizione a ruolo.

L’accesso al Fondo centrale di garanzia

Con la finalità di agevolare da parte dei soggetti interessati l’utilizzo dei crediti che gli stessi vantino nei confronti delle amministrazioni pubbliche – ma anche , più in generale per favorire le operazioni finanziarie destinate all’attività d’impresa, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, adottato di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, si prevede che:

§      il Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese può concedere la propria garanzia diretta fino alla misura del 70 per cento dell’ammontare delle operazioni finanziarie di anticipazione del credito senza cessione dello stesso che abbiano ad oggetto i crediti che le imprese medesime vantino nei confronti delle amministrazioni pubbliche, e che siano stati certificati come certi, liquidi ed esigibili ai sensi dei due decreti sopra illustrati. La garanzia, che fa riferimento al complessivo ammontare per capitale ed interessi contrattuali e di mora, è concedibile fino ad un importo massimo per impresa beneficiaria di 2,5 milioni di euro, ed è inoltre aumentabile fino all’80 per cento in presenza di determinate condizioni , vale a dire se sussiste di controgaranzia rilasciata dal Fondo europeo degli investimenti, ovvero in presenza dell’utilizzabilità ai fini della garanzia stessa di contributi apportati da banche, regioni od altri enti pubblici;

§      che il Fondo medesimo possa concedere garanzia diretta fino all’80 per cento dell’ammontare delle operazioni finanziarie finalizzate all’attività di impresa poste in essere da piccole e medie imprese ubicate nei territori del Mezzogiorno, imprese femminili o piccole imprese dell’indotto di imprese in amministrazione straordinaria;

§      ulteriori concessioni di garanzia da parte del Fondo, inoltre, sono previste: - sulle operazioni finalizzate ad attività d’impresa, di durata non inferiore a 36 mesi nei confronti di PMI ubicate su tutto il territorio nazionale, per un importo massimo per impresa beneficiaria di 2,5 milioni; - per le operazioni di consolidamento di passività a breve termine accordate dal medesimo soggetto finanziatore che abbia erogato all’impresa i prestiti oggetto di consolidamento, per un ammontare fino al 30 per cento dell’ammontare dell’operazione finanziaria, per un importo massimo per impresa pari a 1,5 milioni; - per operazioni di acquisizione di partecipazioni di minoranza in piccole e medie imprese, realizzate secondo specifiche modalità stabilite nel decreto in esame, per un ammontare fino al 50 per cento dell’operazione e per un ammontare massimo di 2,5 milioni per impresa beneficiaria; - per altre operazioni finanziarie diverse da quelle finora individuate nel provvedimento, che comunque siano finalizzate all’attività d’impresa, fino al 60 per cento di ciascuna operazione e per un importo massimo garantibile per impresa pari a 1,5 milioni. Tutte le garanzie predette possono essere aumentate fino all’80 per cento, in presenza delle condizioni prima illustrate in relazione alle operazioni di anticipazione dei crediti.

Il provvedimento in esame è stato emanato[4] dal Ministero dello sviluppo economico con D.M. 26 giugno 2012 (su G.U. del 20 agosto 2012) recante modifiche ed integrazioni alle modalità per la concessione della garanzia del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese.

Il recepimento della direttiva 2011/7 UE

Il quadro degli interventi volti a contrastare i ritardi dei pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni si completa con il decreto legislativo 9 novembre 2012 n. 192, per la cui illustrazione si rinvia a quanto riportato alle pagg. 27 e successive.

L’accordo tra l’Associazione Bancaria Italiana e le imprese

Completa tale quadro di interventi in favore delle imprese il protocollo sottoscritto il 22 maggio 2012 tra l’ABI e le Associazioni delle imprese, volto ad agevolare lo smobilizzo dei crediti vantati dalle imprese nei confronti delle pubbliche amministrazioni.

Il protocollo prevede la costituzione di uno specifico plafond, di ammontare minimo di 10 miliardi di euro e denominato “Crediti PA”, per lo smobilizzo presso il settore bancario dei crediti in questione. Le modalità per l’utilizzo del plafond sono: lo sconto del credito pro soluto, con cessione del credito stesso dall’impresa alla banca, l’anticipazione con cessione del credito, anche mediante lo sconto pro solvendo e, infine, l’anticipazione senza cessione del credito. L’anticipazione non potrà essere inferiore al 70 per cento dell’ammontare del credito che l’impresa vanta nei confronti della pubblica amministrazione, e la durata verrà rapportata alla data di pagamento prevista nel credito. Le banche aderenti all’operazione dovranno deliberare l’operazione entro 30 giorni dalla presentazione delle richieste, che andranno proposte entro la data del 31 dicembre 2012.

Nell’ambito della ricognizione degli interventi da parte del sistema bancario per favorire la liquidità delle imprese va inoltre segnalato – benché non direttamente rapportabile al tema dei crediti vantati nei confronti delle amministrazioni pubbliche - un ulteriore plafond, denominato “Progetti investimenti Italia”, oggetto di un protocollo tra l’ABI e le Associazioni delle imprese sottoscritto nella medesima data del 22 maggio 2012 dell’altro protocollo sopra illustrato. La costituzione di tale secondo plafond, di ammontare minimo di 10 miliardi di euro, è stata resa possibile[5] sia a seguito della liquidità messa a disposizione della Banca centrale europea mediante le operazioni di rifinanziamento bancario con durata fino a tre anni (Long Term Refinancing Operations, LTRO), sia in virtù della convenzione del 6 marzo 2012 tra l’ABI e la Cassa Depositi e Prestiti, che ha messo a disposizione del settore bancario fondi del valore complessivo di 10 miliardi di euro (di cui 8 da destinare ad operazioni di incremento del capitale circolante e di finanziamento dei progetti di investimento). Il plafond è destinato a tutte le PMI operanti in Italia, sulla base di richieste di finanziamento, che possono concernere anche gli investimenti avviati nei sei mesi precedenti la presentazione della domanda, da proporre entro il 31 dicembre 2012.

Il pagamento di talune tipologie di crediti mediante titoli di Stato

Da ultimo va segnalato il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 22 maggio 2012 (G.U. del 21 giugno 2012) con cui si è dato attuazione a quanto previsto dall’articolo 35 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n.1[6] , nel quale si dispone che i crediti commerciali certi, liquidi ed esigibili, esistenti alla data di entrata in vigore dello stesso e connessi a transazioni commerciali per l’acquisizione di servizi e forniture possono essere estinti, su richiesta degli interessati, in luogo del pagamento con risorse ordinarie, mediante assegnazione di titoli di Stato.

A tal fine il decreto stabilisce che i titolari dei crediti suddetti, di ammontare (al netto degli interessi) non inferiore a mille euro, possono chiederne all’Amministrazione statale dovuta al pagamento l’estinzione mediante assegnazione di titoli di Stato. A tal fine l’Amministrazione debitrice, verificato che i crediti in questione risultano iscritti nel conto dei residui passivi al 31 dicembre 2011, ovvero costituiscono residui perenti iscritti sul conto del patrimonio, trasmettono la documentazione agli uffici finanziari competenti; su tale base il Ministero dell’economia e delle finanze -Dipartimento del tesoro- procede all’assegnazione ai creditori di speciali Certificati di credito del Tesoro, con decorrenza 1° novembre 2012 e scadenza 1° novembre 2016[7], con taglio minimo di mille euro e tasso d’interessa fisso pagabile in rate semestrali posticipate.


La normativa vigente in materia di pagamenti dei debiti delle Pubbliche Amministrazioni

A partire dall’adozione della prima direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio 2000/35/CE del 29 giugno 2000 - recepita nell’ordinamento nazionale con il D.Lgs. 9 ottobre 2002, n. 231[8] sulla base della delega contenuta nell'articolo 26 della legge comunitaria 2001 (legge 1° marzo 2002, n. 39) - sono stati via via introdotti nell’ordinamento un complesso di interventi legislativi finalizzati a dare concreta attuazione alla problematica relativa ai ritardi dei pagamenti nelle transazioni commerciali relative a contratti di fornitura di beni e servizi, sia tra privati che tra privati e pubbliche amministrazioni

Tra le recenti misure adottate in attuazione della direttiva 2000/35/CE si ricordano quelle contenute nell’articolo 9 del D.L. 1 luglio 2009, n. 78 (legge n. 102/2009), specificamente volte, da un lato, a prevenire la formazione di nuove situazioni debitorie della pubblica amministrazione, dall’altro, a procedere alla liquidazione dei debiti già in essere alla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 78 per somministrazioni, forniture ed appalti.

Per quanto concerne il primo profilo, il decreto-legge ha introdotto:

§      l’obbligo per le PP.AA. rientranti nel conto economico consolidato[9] di adottare, entro il 31 dicembre 2009, le opportune misure organizzative atte a garantire il tempestivo pagamento da parte delle P.A. delle somme dovute;

§      la previsione della responsabilità disciplinare e amministrativa dei funzionari pubblici chiamati ad adottare provvedimenti che comportano impegni di spesa, laddove questi non accertino preventivamente la conformità del programma dei pagamenti con i relativi stanziamenti di bilancio.

 

In particolare, allo scopo di evitare ritardi nei pagamenti e la formazione di debiti pregressi, si prevede una specifica responsabilità di carattere disciplinare e amministrativo del funzionario delle pubbliche amministrazioni chiamato ad adottare provvedimenti che comportano impegni di spesa; in capo a quest’ultimo è infatti posto l’obbligo del preventivo accertamento della compatibilità del programma dei pagamenti sia con i relativi stanziamenti di bilancio, sia con le regole di finanza pubblica, la cui violazione comporta, appunto, una responsabilità disciplinare ed amministrativa. La norma dispone, inoltre, che se per ragioni sopravvenute lo stanziamento di bilancio non consente di far fronte all’obbligo contrattuale, l’amministrazione è chiamata ad adottare le opportune iniziative, anche di tipo contabile, amministrativo o contrattuale, per evitare la formazione di debiti pregressi.

Il Ministero dell’economia-Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato è chiamato a vigilare, anche attraverso gli uffici centrali del bilancio e le ragionerie territoriali dello Stato, sulla correttaapplicazione da parte dei Ministeridelle disposizioni introdotte al fine di prevenire la formazione di nuove situazioni debitorie.

Per gli enti e gli organismi pubblici non territoriali si prevede invece che siano gli organi interni di revisione e di controllo a provvedere alle analoghe attività di vigilanza;

 

In relazione al secondo profilo, relativo ai debiti già in essere, il D.L. n. 78/2009 ha previsto l’obbligo di procedere alla liquidazione dei debiti dei Ministeri in essere alla data di entrata del 1° luglio 2009 per somministrazioni, forniture ed appalti.

Con riferimento alla liquidazione dei debiti già in essere, con la direttiva emanata dal Presidente del Consiglio dei Ministri il 3 luglio 2009 le predette amministrazioni sono state autorizzate ad emettere, entro il 1° agosto 2009, titoli di pagamento per crediti esigibili vantati dalle imprese private riferibili a somme dovute per somministrazioni, forniture ed appalti, per 7 miliardi di euro.

 

Per quanto concerne la problematica relativa allo smaltimento dei debiti pregressi delle Amministrazioni pubbliche, va sottolineato che già con il D.L. n. 185 del 2008, articolo 9 (come successivamente modificato dall’articolo 6 del D.L. n. 5/2009), nel rifinanziare l’apposito Fondo per l’estinzione dei debiti pregressi delle amministrazioni centrali dello Stato, è stata definita una procedura volta a far fronte alle situazioni debitorie dei Ministeri alla data del 31 dicembre 2008.

 

Più di recente, l’articolo 35 del decreto legge n. 1/2012[10] ha introdotto nuove misure finalizzate all’estinzione dei debiti pregressi dei Ministeri connessi a transazioni commerciali per l’acquisizione di servizi e forniture, certi, liquidi ed esigibili, corrispondenti a residui passivi del bilancio dello Stato.

In particolare, il citato articolo ha previsto l’adozione delle seguenti misure:

§      per lo smaltimento dei crediti commerciali esistenti alla data del 24 gennaio 2012 (data di entrata in vigore del D.L. n. 1/2012), un incremento dei fondi speciali per la reiscrizione dei residui passivi perenti di parte corrente e di conto capitale, rispettivamente, di 2 miliardi di euro e di 700 milioni di euro per il 2012. A seguitodelle successive modifiche apportate a tale norma dall’articolo 12, comma 11-sexies, del D.L. n. 16/2012, 1 miliardo dei 2 iscritti sul citato fondo speciale di parte corrente, è assegnata agli enti locali, con priorità ai comuni, per il pagamento dei relativi crediti commerciali pregressi;

A tal proposito si ricorda che con la Circolare del 27 febbraio 2012, n. 6[11] è stato dato avvio alla ricognizione dei debiti esistenti in bilancio e alla ricognizione dei titoli giuridici corrispondenti a residui passivi andati in perenzione;

§      la modalità alternativa di estinzione dei crediti commerciali maturati alla data del 31 dicembre 2011 - in luogo del pagamento attraverso le suddette risorse finanziarie iscritte sui fondi speciali per la reiscrizione dei residui passivi perenti - consistente nell'estinzione degli stessi mediante assegnazione di titoli di Stato, su richiesta dei soggetti creditori, nel limite massimo di 2.000 milioni di euro.

Il D.M. 22 maggio 2012, come da ultimo modificato dall’articolo 6, comma 18 del D.L. n. 95/2012[12] e la Circolare del MEF – RGS n. 21 giugno 2012 hanno provveduto a definire le modalità attuative della estinzione dei crediti mediante assegnazione di titoli di Stato;

§      l'estinzione dei crediti maturati nei confronti dei Ministeri al 31 dicembre 2011 per spese relative a consumi intermedi, attraverso l’incremento di 1 miliardo per il 2012 del Fondo per l'estinzione dei debiti pregressi delle amministrazioni centrali (istituito ai sensi dell’articolo 1, comma 50, legge n. 266/2005).

 

Inoltre, l’articolo 35 del D.L. n. 1/2012 (comma 3-bis), autorizza le pubbliche amministrazioni, ai fini del pagamento dei debiti, a procedere alla composizione bonaria con i propri creditori delle rispettive ragioni di credito e debito attraverso gli istituti della compensazione, della cessione di crediti, ovvero anche mediante specifichi accordi transattivi condizionati alla rinuncia ad interessi e rivalutazione monetaria.

La certificazione dei crediti vantati dalle imprese nei confronti delle Amministrazioni Pubbliche

Con riferimento specifico ai crediti vantati dalle imprese nei confronti delle Amministrazioni regionali e locali per somministrazioni, forniture e appalti, il legislatore è intervenuto con l’articolo 9, comma 3-bis, del D.L. 185/2008, il quale ha introdotto una disciplina specifica che prevede la certificazione, da parte degli enti territoriali debitori, dei crediti in questione nei confronti dei soggetti interessati anche ai finidella cessione pro-soluto dei medesimi crediti nei confronti di banche o intermediari finanziari.

In particolare, il comma 3-bis – come da ultimo modificato dall’articolo 13, commi 1-4, della legge n. 183/2011 (legge di stabilità 2012)[13] – prevede che, su istanza del creditore di somme dovute per somministrazioni, forniture e appalti, le regioni e gli enti locali[14] certificano, nel rispetto delle disposizioni normative vigenti in materia di patto di stabilità interno, entro il termine di sessanta giorni[15] dalla data di ricezione dell'istanza, se il relativo credito sia certo, liquido ed esigibile, anche al fine di consentirne la cessione a favore di banche o intermediari finanziari riconosciuti dalla legislazione vigente[16].

 

Il meccanismo della certificazione dei crediti, originariamente introdotto per il solo anno 2009, è stato dapprima esteso al 2010 dall’articolo 1, comma 16, del D.L. n. 194/2009 e poi reso permanente dall’articolo 31, comma 1-ter, del D.L. n. 78/2010.

Le modalità di attuazione della disciplina della certificazione dei crediti sono state recate in primis dal D.M. 19 maggio 2009, che ha stabilito la possibilità per i titolari di crediti non prescritti, maturati nei confronti delle regioni e degli enti locali, di presentare istanza di certificazione del credito all'amministrazione debitrice entro il 31 dicembre 2009, utilizzando un modello appositamente definito[17]. Le regioni e gli enti locali assoggettati al patto di stabilità interno sono tenuti ad indicare nella certificazione il periodo entro cui intendono procedere al pagamento in favore delle banche e degli intermediari finanziari dell'importo certificato, nonché le relative modalità, nel rispetto dei limiti consentiti dal patto.

 

La legge di stabilità 2012 (articolo 13, commi 1 e 2, legge n. 183/2011) ha modificato la normativa in questione introducendo la previsione secondo la quale, scaduto il termine di sessanta giorni, su nuova istanza del creditore, provvede alla certificazione la Ragioneria territoriale dello Stato competente per territorio, la quale, ove necessario nomina un commissario ad acta con oneri a carico dell’ente territoriale.

La norma ha precisato altresì che la cessione dei crediti oggetto di certificazione debba avvenire nel rispetto della disciplina contenuta nell’articolo 117 del Codice dei contratti pubblici, relativi a lavori, servizi e forniture (D.Lgs. n. 163/2006, nonché dell’articolo 5, comma 1, e dell’articolo 7, comma 1, della legge sul contratto di factoring (legge n. 52/1991[18]), relativi, rispettivamente, alla efficacia della cessione del credito nei confronti dei terzi e al fallimento del soggetto cedente.

 

Tale previsione è stata da ultimo modificata dall’articolo 13-bis del D.L. n. 52/2012[19], il quale ha ridotto da sessanta a trenta giorni il termine entro il quale le amministrazioni debitrici sono tenuti a certificare se il credito vantato nei loro confronti è certo, liquido ed esigibile e ha reso obbligatoria – e non più eventuale - la nomina di un Commissario ad acta, su nuova istanza del creditore, qualora, allo scadere del termine previsto, l’amministrazione non abbia provveduto alla certificazione.

 

La legge di stabilità 2012 ha inoltre introdotto il comma 3-ter all’articolo 9 del D.L. n. 185/2009, con il quale si dispone che la certificazione dei crediti non possa essere rilasciata, a pena di nullità:

a)   dagli enti locali commissariati (cessato il commissariamento, la certificazione non può comunque essere rilasciata in relazione a crediti sorti prima del commissariamento stesso, mentre nel caso di gestione commissariale, la certificazione non può comunque essere rilasciata in relazione a crediti rientranti nella gestione commissariale);

b)   dalle regioni sottoposte ai piani di rientro dai deficit sanitari.

Tale esclusione è stata poi soppressa dall’articolo 13-bis del D.L. n. 52/2012, il quale ha previsto che la certificazione è nulla qualora sia rilasciata - non dalle regioni sottoposte ai piani di rientro dai deficit sanitari - ma dagli enti del servizio sanitario nazionale delle regioni sottoposte a piano di rientro ovvero a programmi operativi di prosecuzione degli stessi.

Sono in ogni caso fatte salve le certificazioni rilasciate dalle regioni commissariate per l’attuazione del piano di rientro dai disavanzi finanziari, ai sensi dell'articolo 11, comma 2, del D.L. n. 78/2010[20], nonché le certificazioni rilasciate nell'ambito di operazioni di gestione del debito sanitario, in attuazione dei predetti piani o programmi operativi[21].

 

Le modalità di attuazione delle disposizioni di cui ai commi 3-bis e 3-ter dell’articolo 9 del D.L. n. 185/2008 – come riformulati dalla legge di stabilità 2012 - rinviate ad un decreto del Ministro dell’economia e finanze, da adottarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della medesima legge (articolo 13, comma 2, della legge 12 novembre 2011, n. 183) – sono state definite con D.M. 25 giugno 2012[22].

 

Sulla normativa in materia di certificazione dei crediti delle regioni e degli enti locali è di recente intervenuto il D.L. 2 marzo 2012, n. 16 il quale, all'articolo 12, commi 11-quater, ha stabilito che la certificazione possa essere finalizzata a consentire al creditore anche la cessione del credito a favore di banche o intermediari finanziari, oltre che pro soluto - che esonera il cedente dal rispondere dell'eventuale solvibilità del debitore - anche pro solvendo, che implica invece per il cedente l’obbligo di rispondere dell'eventuale inadempienza del debitore[23].

Il D.L. n. 16/2012(articolo 12, comma 11-quinquies) ha inoltre previsto che il complesso delle disposizioni sopra richiamate in materia di certificazione dei crediti per somministrazioni, forniture e appalti di regioni ed enti locali trovi applicazione anche nei confronti delle amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali.

Infine, l’articolo 13-bis del già citato D.L. n. 7 maggio 2012, n. 52 ha esteso il meccanismo della certificazione dei crediti anche agli enti del Servizio sanitario nazionale.

Le modalità attuative della norma - demandate a un decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze – sono state definite con D.M. 22 maggio 2012[24].

La compensazione dei crediti con somme iscritte a ruolo

Ai fini dell’accelerazione dello smaltimento dei debiti da parte degli enti territoriali, ildecreto legge n. 78/2010, all’articolo 31, comma 1-bis, modificato da ultimo dall’articolo 13-bis del D.L. n. 52/2012, ha introdotto una ulteriore misura, finalizzata a consentire la compensazione dei crediti vantati nei confronti di enti territoriali ed enti del Servizio sanitario nazionale con somme iscritte a ruolo.

In particolare, il citato decreto-legge ha disposto che, a partire dal 1° gennaio 2011, i crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, maturati nei confronti delle regioni, degli enti locali e degli enti del Servizio sanitario nazionale per somministrazione, forniture e appalti, possono essere compensati con le somme dovute a seguito di iscrizione a ruolo.

Per attivare la procedura si prevede che il creditore acquisisca la certificazione dell’esigibilità dei crediti di cui all'articolo 9, comma 3-bis, del D.L. n. 185/2008, la quale costituirà titolo idoneo per essere utilizzata ai fini del pagamento, totale o parziale, delle somme dovute a seguito dell'iscrizione a ruolo.

 

La disposizione condiziona l'estinzione del debito a ruolo alla verifica dell'esistenza e della validità della certificazione. Nel caso in cui la regione o l'ente locale ovvero l'ente del Servizio sanitario nazionale non versi all'agente della riscossione l'importo oggetto della certificazione entro sessanta giorni dal termine indicato nella stessa, l'agente della riscossione procede, sulla base del ruolo emesso a carico del creditore, alla riscossione coattiva nei confronti della regione, dell'ente locale o dell'ente del Servizio sanitario nazionale secondo le disposizioni previste al Titolo II del medesimo D.P.R. n. 602 sulla riscossione.

Il D.M. 25 giugno 2012 ha fissato le modalità con le quali i crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, maturati nei confronti delle Regioni, degli Enti locali e degli Enti del Servizio Sanitario Nazionale per somministrazione, forniture e appalti, possono essere compensati, con le somme dovute a seguito di iscrizione a ruolo, ai sensi di quanto previsto dal suddetto articolo 31, comma 1-bis, del D.L. n. 78/2010.

 

L’articolo 13-bis del D.L. n. 52/2012 ha esteso l’istituto della compensazionecon le somme dovute iscritte a ruolo anche ai crediti vantati nei confronti dello Stato e degli enti pubblici nazionali.

L’intervento di Cassa depositi e prestiti S.p.A. e ABI nello smobilizzo dei crediti delle imprese nei confronti della pubblica amministrazione

Ai sensi del combinato disposto dell’articolo 22 del D.L. 185/2008[25] e dell’articolo 3, comma 4-bis, del D.L. 5/2009[26], le competenze di Cassa depositi e prestiti S.p.A (CDP S.p.A.) sono state ampliate includendo la possibilità per la medesima Società di utilizzare la provvista del risparmio postale per concedere ai soggetti bancari finanziamenti finalizzati a fornire a questi ultimi la provvista destinata all’effettuazione di operazioni in favore delle piccole e medie imprese per finalità di sostegno dell’economia.

In virtù di tale base normativa, sin dall’anno 2009, Cassa depositi è dunque intervenuta per prestare tali forme di finanziamento indiretto nei confronti delle PMI, nonché – nel periodo più recente – per fornire provvista alle banche per il compimento di operazioni di sconto, nonché per il compimento di ogni operazione consentita sui crediti delle piccole e medie imprese verso la pubblica amministrazione[27].

 

In data 28 maggio 2009, CDP ed ABI hanno stipulato una convenzione, detta “Prima Convenzione”, ai sensi della quale sono state definite le linee guida e i principi generali per le sopra descritte operazioni, ed è stato stanziato un primo plafond - per un importo fino a 3 miliardi di euro- successivamente integrato da una “Seconda convenzione” CDP e ABI, stipulata in data 17 febbraio 2010, di un ulteriore importo, pari a 5 miliardi di euro.

In data 17 dicembre 2010, CDP ed ABI hanno stipulato una “Terza Convenzione”, ai sensi della quale sono state definite le linee guida e i principi generali sulla base dei quali è stata messa a disposizione delle Banche da parte di CDP la porzione del Plafond Complessivo residuante a seguito della scadenza dei termini di contrattualizzazione ed utilizzo previsti dalla Seconda Convenzione.

Il plafond complessivo messo a disposizione da parte di Cassa depositi e prestiti con le citate convenzioni per le operazioni di sostegno alle PMI è stato dunque pari a 8 miliardi di euro (cd. Plafond PM I-Investimenti).

Secondo le informazioni diffuse da Cassa depositi e prestiti[28], la provvista - erogata alle Banche con scadenze a 3, 5, 7 e 10 anni – risulta, all’inizio di aprile 2012, interamente allocata e quasi interamente erogata (7,8 miliardi di euro, di cui circa 4 miliardi erogati nel solo 2011).

Con tale provvista, sono state finanziate in tutto circa 52 mila PMI, per un importo medio pari a 150 mila euro. Oltre il 40% delle risorse CDP è andato a finanziare progetti di medio lungo termine delle piccole e medie imprese (con scadenze oltre i 5 anni).

La prima provvista messa a disposizione di CDP è stata dunque diretta ad operazioni di sostegno in senso proprio delle PMI e non ad operazioni sui crediti da queste vantati nei confronti delle PP.AA.

 

Per ciò che specificamente concerne l’intervento di Cassa depositi finalizzato a fronteggiare la problematica dei ritardi di pagamento della pubblica amministrazione, in data 1 marzo 2012, CDP e ABI hanno stipulato una Convenzione (cd. “Quarta convenzione”) che fissa termini e modalità con le quali Cassa mette a disposizione delle banche la cifra massima di 10 miliardi di euro[29], dei quali8 miliardisono destinati al finanziamento di spese di investimento e di esigenze di incremento del capitale circolante del comparto imprenditoriale (Plafond PMI - Investimenti) e 2 miliardi di euro destinati alle banche per le operazioni di acquisto, ovvero per le altre operazioni consentite[30] sui crediti certificati vantati dalle PMI nei confronti della Pubblica Amministrazione per somministrazioni, forniture e appalti, (Plafond PMI - Crediti vs. PA), ai sensi dell’articolo 9, comma 3-bis del D.L. n. 185/2008[31].

 

Le operazioni sui crediti vs. PA da parte delle banche, effettuate a valere sulla provvista messa a disposizione di CDP, devono avere ad oggetto solo crediti che devono essere pagati dalla pubblica amministrazione debitrice entro e non oltre dodici mesi dalla relativa data di certificazione. Inoltre, la provvista CDP è erogata alle banche vigilate dalla Banca d’Italia per operazioni sui crediti vantati dalle PMI operanti sul territorio nazionale.

Termini e condizioni dell’operazione sono negoziati e determinati dalle banche nella loro autonomia, ma le banche sono obbligate a inserire nei contratti di cessione che l’operazione è realizzata con provvista CDP, specificandone costi e durata.

In linea di principio, le condizioni finali applicate alle PMI devono tenere conto del costo della provvista resa disponibile da CDP, senza con ciò pregiudicare la valutazione delle condizioni.

La fase di avvio dell’operazione è prevista entro settembre 2012. In tale fase, CDP consente che la provvista sia utilizzata anche per la copertura di operazioni effettuate dalle Banche a decorrere dal 1° ottobre 2011 e fino all’avvio dello strumento.

Una quota ad accesso preferenziale, pari al 15 percento del Plafond PMI-C, è riservata alle Banche del Sistema di Credito Cooperativo.

 

L’accordo del 1° marzo 2012 tra Cassa depositi e prestiti e di ABI si inserisce, nel più generale quadro delle recenti iniziative di sostegno all’economia e, in particolare, al tessuto imprenditoriale nazionale, che vedono una stretta collaborazione tra governo, banche e imprese e che si sono concretizzate, in un nuovo Accordo per il credito alle PMI, firmato il 28 febbraio 2012 dal Ministro dello Sviluppo Economico, delle Infrastrutture e dei Trasporti Corrado Passera, dal Vice Ministro dell’Economia e delle Finanze Vittorio Grilli, dai rappresentanti dell’ABI e delle Associazioni d’impresa il nuovo Accordo per il credito alle PMI[32].

In tale accordo, le parti si sono in particolare impegnate ad agevolare un rapido smobilizzo dei crediti vantati dalle imprese verso la pubblica amministrazione rendendone operativi i meccanismi di certificazione, in modo da qualificare i medesimi certi ed esigibili, ovvero attraverso altre forme di anticipazione dei crediti da parte del settore bancario.

Un successivo Accordo, siglato tra ABI e Associazioni d’impresa, il 22 maggio 2012 ha definito le modalità operative per lo smobilizzo, presso il settore bancario, dei crediti certificati come certi liquidi ed esigibili vantati verso la P.A. In tale Accordo, ABI si impegna a mettere a disposizione delle imprese uno specifico plafond per lo smobilizzo dei crediti PA (cd. Plafond “Crediti P.A.”) di ammontare minimo pari a 10 miliardi di euro. Tale ammontare, come precisa l’Accordo (punto 2), è la risultante di plafond individuali, attivati dalle singole banche aderenti all’iniziativa. Utilizzando la provvista acquisita dalla Cassa depositi e prestiti, nonché dalla BCE[33], ovvero da altri canali di finanziamento particolarmente competitivi che consentano di praticare all’impresa condizioni di accesso al credito vantaggiose.

Il plafond Crediti PA potrà essere utilizzato – anche attraverso intermediari finanziari appartenenti ai gruppi bancari – mediante le seguenti modalità tecniche: sconto pro soluto; anticipazione del credito, con cessione dello stesso, realizzata anche nella forma dello sconto pro solvendo; anticipazione del credito, senza cessione (punto 3 dell’Accordo). In quest’ultimo caso, l’impresa si impegna a dare alla banca/intermediario finanziario mandato irrevocabile all’incasso del credito vs P.A. Inoltre, condizione necessaria ai fini della realizzazione dell’anticipazione è l’acquisizione della copertura – diretta o nella forma di contro garanzia – del Fondo di garanzia per le PMI (cfr. paragrafo successivo) o di altro garante equivalente o contro garantito dal Fondo, al fine di consentire la tutela per la banca.

La durata dell’anticipazione sarà coerente con la data di pagamento del credito e la sua misura non potrà essere inferiore al 70% dell’ammontare del credito che l’impresa vanta verso la P.A.

Le banche, nella gestione e nella valutazione dell’esposizione complessiva dell’impresa, terranno conto che il rischio delle operazioni è anche riconducibile alla P.A. debitrice. Inoltre, le PMI, al momento della presentazione della domanda, non devono avere posizioni debitorie classificate a livello bancario come sofferenze, partite incagliate, esposizioni ristrutturate, o esposizioni scadute/sconfinanti da oltre 90 giorni, né procedure esecutive in corso. La banca può comunque valutare la realizzazione dell’operazione se il ritardo di pagamento dell’impresa è imputabile al mancato incasso dei crediti vantati verso la P.A.

Vi sono modalità di smobilizzo a rate dei crediti certificati che non prevedono data di pagamento.

L’intervento del Fondo di Garanzia per le PMI nelle operazioni di smobilizzo dei crediti verso la P.A.

L’articolo 39 del D.L. 201/2011 (cd. Salva Italia) ha previsto l’intervento del Fondo di garanzia a favore delle piccole e medie imprese, prevedendo che la garanzia diretta e la controgaranzia prestate a valere sulle risorse del predetto Fondo possano essere concesse fino all’80 per cento dell’ammontare delle operazioni finanziarie a favore di piccole e medie imprese e consorzi ubicati in tutto il territorio nazionale, purché rientranti nei limiti della vigente normativa comunitaria.

Il citato articolo ha inoltre previsto che la garanzia del Fondo può essere concessa, a titolo oneroso, su portafogli di finanziamenti erogati a piccole e medie imprese da banche e intermediari finanziari, demandando ad un decreto di natura non regolamentare del Ministro dello Sviluppo Economico la definizione delle tipologie di operazioni ammissibili, delle modalità di concessione, dei criteri di selezione nonché l'ammontare massimo delle disponibilità finanziarie del Fondo da destinare alla copertura del rischio derivante dalla concessione della garanzia.

Infine, si ricorda, che il comma 4 dell’articolo 13-bis del D.L. n. 52/2012 prevede che le certificazioni dei crediti – rilasciate ai sensi dell’articolo 9, comma 3-bis del D.L. n. 185/2008 - possono essere utilizzate ai fini dell’ammissione al Fondo di garanziaper le piccole e medie imprese.

 

Per ciò che specificamente concerne l’intervento del Fondo a sostegno delle imprese creditrici delle pubbliche amministrazioni, l’articolo 4 del D.M. 26 giugno 2012 attuativo della misura in questione, stabilisce che la garanzia diretta del Fondo è concessa nella misura massima del 70 percento dell’ammontare delle operazioni finanziarie di anticipazione del credito senza cessione dello stesso.

La controgaranzia è invece concessa nella misura massima dell’80 percento dell’importo garantito dal confidi o da altro fondo di garanzia, a condizione che le garanzie da questi rilasciate non superino la percentuale massima di copertura dell’80 percento.

L’importo massimo garantibile dal Fondo per singola impresa beneficiaria è pari a 2,5 milioni di euro.

La controgaranzia è invece concessa nella misura massima dell’80 percento dell’importo garantito dal confidi o da altro fondo di garanzia, a condizione che le garanzie da questi rilasciate non superino la percentuale massima di copertura dell’80 percento.

L’importo massimo garantibile dal Fondo per singola impresa beneficiaria è pari a 2,5 milioni di euro.

L’intervento di SACE S.p.A. come prestatore di garanzia dei crediti vantati dalle imprese verso la P.A.

L’articolo 9 del D.L. n. 185/2008 ha previsto l'intervento delle imprese di assicurazione e della SACE s.p.a. – i cui ambiti operativi sono stati pertanto estesi - nella prestazione di garanzie finalizzate ad agevolare la riscossione dei crediti vantati dai fornitori di beni e servizi nei confronti delle amministrazioni pubbliche, con priorità per le ipotesi nelle quali sia contestualmente offerta una riduzione dell'ammontare del credito originario.

Si tratta, specificamente, della concessione di garanzie a banche o intermediari finanziari finalizzate a coprire il rischio del mancato rimborso dei finanziamenti dalle stesse accordati ad imprese fornitrici di beni e servizi che vantano crediti verso la P.A., utilizzati a garanzia dei medesimi finanziamenti (art. 9, comma 3, D.L. n. 185/2008 e relativo decreto ministeriale attuativo, D.M. 19 maggio 2009)[34].

Ai sensi del combinato disposto di tale norma con l’articolo 3, comma 4-bis, del D.L. 5/2009, la SACE è dunque anche competente a rilasciare garanzie sui crediti concessi dalle banche alle piccole e medie imprese, a valere la provvista resa disponibile da Cassa depositi e Prestiti (cfr.paragrafo precedente).

Secondo l’Accordo SACE – ABI del 30 giugno 2009, la garanzia prestata da SACE copre il 50% dell’importo (in linea di capitale ed interessi) finanziato alle imprese


L’analisi della Corte dei conti

La Corte dei Conti ha fornito talune prime indicazioni circa lo stato dei ritardi dei pagamenti della pubblica amministrazione[35], rilevando due questioni correlate: come procedere a una progressiva eliminazione dello stock di debiti in essere delle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato nei confronti delle imprese; come evitare in futuro il riprodursi di tali anomalie contabili e, soprattutto, come assicurare la tempestività dei pagamenti richiesta dalla direttiva 2011/7/UE del Parlamento europeo e del Consiglio.

Il ritardo nei pagamenti di forniture e appalti da parte di Stato ed enti locali ha assunto, negli ultimi anni, carattere di vera e propria patologia, anche in conseguenza dei disallineamenti tra le misure di severo contenimento della spesa indotte dalla crisi economico-finanziaria e la programmazione dell’attività delle amministrazioni.

Di recente sono state avanzante valutazioni sull’ammontare complessivo dei debiti commerciali (come tali, esclusi dalle statistiche sul debito pubblico), senza che l’eterogeneità dei criteri adottati per le stime abbia consentito di pervenire a risultati puntuali. Non è, del resto, agevole identificare i soli crediti delle imprese per forniture, somministrazioni e appalti, all’interno di categorie di bilancio che incorporano capitoli di spesa molto differenziati. Neppure può essere trascurata la necessità di verificare con attenzione la qualità delle diverse passività, tra le quali si annidano posizioni non più corrispondenti a vere e proprie partite debitorie.

La complessità ma anche il rilievo di questi aspetti sono, del resto, confermati dalla scelta recentissima della Ragioneria generale dello Stato (circolare n. 6 del 27 febbraio 2012) di disporre innovativamente una sorta di due diligence diretta a una radicale revisione dello stock dei debiti dello Stato, al fine di eliminare le partite non più attive.

La quantificazione in doppia cifra (60-70 miliardi di euro, al netto dei crediti fiscali, secondo le stime più attendibili, ma anch’esse meritevoli, come si dirà, di ulteriori verifiche), espone al rischio di una lettura inappropriata e semplicistica del fenomeno dei debiti nei confronti di imprese fornitrici dell’amministrazione pubblica. Una lettura propensa a considerare l’intero ammontare dei debiti come perfettamente rappresentativo di risorse sottratte a imprese produttive e, quindi, direttamente e negativamente correlate alle prospettive di crescita economica. Si tratta, ad avviso della Corte, di un assunto affrettato.

A un più attento esame, infatti, la massa dei debiti ingloba fattispecie molto diversificate e partite di dubbio fondamento, che richiedono maggiore prudenza nell’interpretazione. In ogni caso, anche prima di conoscere gli esiti della complessa e lunga operazione di revisione appena avviata dal Ministero dell’economia e delle finanze - e che, peraltro, è limitata ai soli rapporti tra amministrazioni centrali dello Stato e imprese -, si può sostenere, con fondamento, che un effetto analogo al credit crunch per le imprese produttive riguardi una quota minore dei debiti delle amministrazioni pubbliche. Non può, inoltre, essere sottovalutato che verosimilmente una parte significativa dei debiti è stata, nel tempo, ceduta agli intermediari finanziari. Ipotesi da verificare, ma che ridimensionerebbe in modo significativo la portata economica dell’inadempienza amministrativa.

Allo scopo di fornire qualche valutazione più puntuale della consistenza dei debiti commerciali verso le imprese, è opportuno muovere da una più precisa definizione del perimetro contabile del fenomeno.

Il riferimento generale è rappresentato dall’intero settore delle amministrazioni pubbliche (Stato, amministrazioni regionali e locali, enti previdenziali, eccetera) e dal complessivo fatturato delle imprese verso le stesse amministrazioni. Con una buona approssimazione, le categorie economiche dei bilanci pubblici che registrano il fatturato delle imprese fornitrici sono, nell’ambito della spesa corrente, i consumi intermedi e, per il conto capitale, gli investimenti fissi. Nelle definizioni di contabilità nazionale, ai consumi intermedi si affiancano le prestazioni sociali in natura, che incorporano gran parte delle forniture nel settore sanitario e farmaceutico.

Quanto ai momenti contabili rilevanti per la stima dei debiti commerciali, è necessario considerare le tre diverse tipologie di obbligazione dei residui passivi propri, dei residui perenti e dei debiti fuori bilancio.

Seguendo lo schema di analisi indicato, è possibile proporre una ricostruzione al 2010 della situazione dei debiti commerciali pregressi dello Stato che, in valori approssimati, dovrebbero essere complessivamente compresi entro i 7 miliardi di euro circa per i consumi intermedi, ed entro i 10 miliardi di euro circa per gli investimenti fissi.

Nel caso delle spese in conto capitale, l’incidenza dei residui propri è stabilmente superiore ai residui perenti, mentre non vi è evidenza di debiti fuori bilancio. Al contrario, per le spese di parte corrente, negli ultimi anni, a seguito dell’accorciamento dei tempi di permanenza in bilancio, l’ammontare dei residui propri si è ridotto, non discostandosi troppo da quello dei residui perenti, mentre è emersa la tendenza a ricorrenti «oneri latenti», debiti fuori bilancio, accertati con decreti del Ministro dell’economia e delle finanze con riferimento agli anni 2007-2010.

Il ricorso ripetuto a strumenti di accertamento e copertura di tali debiti pregressi appare, sotto questo profilo, come una vera e propria garanzia di sanatoria amministrativo-contabile, con effetti non dissimili da quelli prodotti dai ricorrenti condoni fiscali del passato.

Le stime proposte devono essere considerate una valutazione per eccesso, trattandosi di dati grezzi non ancora sottoposti a quella operazione straordinaria di revisione e «pulizia» che la Ragioneria generale dello Stato si propone di concludere in tempi utili per il rendiconto dello Stato 2012, pertanto non prima della primavera del 2013.

Per le amministrazioni degli enti locali, le verifiche necessarie per formulare valutazioni analoghe richiedono istruttorie più complesse. In particolare, la Corte dei conti sta prestando da tempo grande attenzione al tema dell’indebitamento degli enti sanitari regionali. In questo ambito, si è già avuto modo di porre in evidenza come l’esatta quantificazione del fenomeno richieda una valutazione complessiva delle passività, quindi non solo dell’indebitamento a lungo termine tradizionalmente inteso, ma anche dell’esposizione debitoria verso i fornitori.

L’incremento delle passività a breve termine indica la difficoltà degli enti a far fronte ai proprio impegni commerciali per insufficiente liquidità. Poiché le aziende sanitarie si alimentano essenzialmente con la quota del fondo sanitario ad esse attribuita dalla regione di appartenenza, il problema è strettamente connesso al ritardo con cui le regioni trasferiscono le risorse. Ciò comporta un allungamento dei tempi di pagamento delle forniture, il frequente ricorso alle anticipazioni di tesoreria e, nel passato, a operazioni di cartolarizzazione dei debiti. Soluzioni che comportano tutte un aggravio di oneri, quanto meno in termini di interessi, e che, nel caso delle cartolarizzazioni, riversano sugli esercizi futuri le difficoltà attuali.

L’insolvenza degli enti, in talune realtà territoriali, determina poi un pesante contenzioso, con ulteriore aggravio dei costi.

Il problema delle passività nel settore sanitario è costantemente monitorato dalla Corte, sia attraverso le puntuali verifiche che le sue Sezioni regionali di controllo effettuano sui singoli enti del servizio sanitario pubblico, sia attraverso una ricostruzione degli andamenti generali.

Peraltro, determinare esattamente l’ammontare del debito degli enti sanitari verso i fornitori presenta ostacoli di non poco momento, che possono essere riferiti a difficoltà di lettura dei conti patrimoniali e ai limiti dei canali informativi disponibili; a inefficienze organizzative e dei sistemi informativi degli enti, che causano una non corretta o, addirittura, omessa contabilizzazione delle operazioni; alle ricorrenti rettifiche dei dati di bilancio conseguenti alle verifiche cui sono sottoposte le regioni con piani di rientro dal disavanzo sanitario; alle difficoltà di conciliare le posizioni delle varie aziende e delle aziende con la regione, con possibilità di duplicazioni od omissioni di componenti del passivo.

Con questa avvertenza di cautela, dai dati dello stato patrimoniale degli enti sanitari consolidati a livello regionale si rileva che il debito verso fornitori, così come rappresentato, ha un peso notevole sia in rapporto al totale dei debiti sia per i valori assoluti.

Nel 2010 i debiti verso i fornitori costituiscono la parte preponderante dell’intera massa debitoria: oltre il 60 per cento nel 2010, per un ammontare dell’ordine di 35 miliardi di euro. Oltre la metà dell’intero importo è riferibile alle regioni sottoposte a piani di rientro dai disavanzi sanitari.

Va ribadito che, oltre ai problemi legati alla corretta esposizione dei dati nei documenti contabili, non si tratta esclusivamente di debiti insoluti, in quanto è fisiologica la presenza di debiti non scaduti a fine anno, pertanto registrati nel passivo dello stato patrimoniale.

Va peraltro considerato che, con riguardo ai tempi di pagamento, la situazione delle regioni è fortemente diversificata. La Corte resta impegnata a indagare per far maggiore luce su questo tema.

La Corte osserva, per quanto riguarda la spesa corrente, che, in effetti, la stringenza dei tagli lineari - nel caso delle amministrazioni centrali - e la stringenza anche un po’ miope del Patto di stabilità interno, sta producendo una serie di distorsioni: con riguardo ai consumi intermedi, sostanzialmente derivanti dai fitti e dagli acquisti di beni e servizi, la Corte ha osservato che vi erano debiti sommersi che sono poi emersi tutti insieme, a fine 2008, per esempio, con riferimento agli anni precedenti, che hanno comportato un peggioramento del nostro disavanzo pubblico e indebitamento netto solo in sede di rettifica delle serie storiche.

Inoltre, vedendo i 35 miliardi di euro di debiti verso i fornitori del sistema sanitario si potrebbe incorrere nell’errore di considerare che non funzionino i piani di rientro dei disavanzi sanitari. Al contrario – afferma la Corte - il fenomeno, oltre a essere concentrato in alcune regioni, è essenzialmente trasformato in una difficoltà delle regioni di pagare il dovuto agli enti sanitari per la stringenza del Patto di stabilità interno, quindi è un fenomeno diverso.


Il decreto legislativo 192/ 2012per il contrasto ai ritardi nelle transazioni commerciali

Un nuovo input al superamento dei ritardi di pagamento in esame deriva dalle istituzioni comunitarie a seguito dell’adozione della nuova Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2011/7/UE del 16 febbraio 2011, entrata in vigore il 15 marzo 2011 - che interviene sulla materia dei ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali dettando nuove e più dettagliate disposizioni – e destinata a sostituire la precedente direttiva 2000/35 CE (cui era stata data attuazione con il decreto legislativo 9 ottobre 2002, n.131), il cui termine di recepimento nel diritto interno degli Stati membri è fissato al 16 marzo 2013 (articoli 12 e 14).

 

Direttiva 2011/7/UE

(Ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali)

La direttiva 2011/7/UE, entrata in vigore il 15 marzo 2011, stabilisce quale termine per il suo recepimento da parte degli Stati membri il 16 marzo 2013 (articoli 12 e 14), data a decorrere dalla quale si prevede l’abrogazione della precedente direttiva 2000/35/CE (articolo 13).

Ambito di applicazione della direttiva 2011/7/UE è ogni transazione tra imprese, ovvero tra imprese e pubbliche amministrazioni, che comporta la fornitura di merci o la prestazione di servizi dietro pagamento di un corrispettivo (articolo 1 e articolo 2).

Per ritardo di pagamento la direttiva intende il pagamento non effettuato durante periodo contrattuale o legale (articolo 2).

Il periodo di pagamento nelle transazioni commerciali tra imprese non deve superare sessanta giorni, se non è espressamente diversamente concordato nel contratto e se ciò non è gravemente iniquo per il creditore. Se il creditore ha adempiuto agli obblighi contrattuali e di legge, se l’importo non è stato ricevuto nei termini e il ritardo è imputabile al debitore, il creditore ha diritto agli interessi di mora, senza la necessità di un sollecito, dal giorno successivo alla scadenza o alla fine del periodo di pagamento stabiliti nel contratto (articolo 3).

I termini per il pagamento previsti per le transazioni commerciali in cui la parte debitrice è una pubblica amministrazione, sono di trenta giorni, a meno che un diverso termine sia espressamente concordato tra le parti e giustificato dalla particolare natura del contratto. Anche in tale caso, se il creditore ha adempiuto agli obblighi contrattuali e di legge, se il pagamento non è stato ricevuto nei termini e il ritardo è imputabile al debitore, le imprese creditrici hanno diritto agli interessi legali di mora, senza la necessità di un sollecito (articolo 3).

Sono specificate le modalità per il calcolo del termine di pagamento dei trenta giorni, che di regola decorre dalla data di ricevimento da parte della P.A. della fattura o di una richiesta equivalente di pagamento (articolo 4).

Il termine di 30 giorni può essere prorogato fino ad un massimo di sessanta giorni :

a)   per qualsiasi amministrazione pubblica che svolga attività economiche di natura industriale o commerciale offrendo merci o servizi sul mercato che sia assoggettata ai requisiti di trasparenza previsti dalla direttiva 2006/111/CE;

b)   per gli enti pubblici che forniscono assistenza sanitaria e che siano stati debitamente riconosciuti a tal fine (articolo 4, par. 4). Lo Stato membro che decide la proroga dei termini dei pagamenti, deve trasmettere alla Commissione una apposita relazione al riguardo entro il 16 marzo 2018.

Sia per le transazioni commerciali tra imprese, che per le transazioni tra imprese e pubblica amministrazione, vi è:

§      la facoltà delle parti di concordare forme di pagamento a rate (articolo 5);

§      il diritto del creditore ad un importo forfetario minimo di 40 euro di interessi di mora esigibili (articolo 6, par. 1 e 2);

§      il diritto ad un risarcimento ragionevole per ogni costo eccedente l’importo forfetario sostenuto per il ritardo (articolo 6, par. 3);

§      il divieto per il debitore di far valere nei confronti del creditore clausole contrattuali o prassi gravemente inique (articolo 7);

§      il diritto del venditore a conservare la proprietà sulle merci fintanto che esse non siano state totalmente pagate, qualora sia stata esplicitamente concordata una clausola di riserva di proprietà e la possibilità di adottare o mantenere disposizioni relative ad anticipi già versati dal debitore (articolo 9);

§      l’obbligo di rendere trasparenti i diritti e gli obblighi derivanti dalla direttiva, anche rendendo pubblico il tasso d'interesse legale di mora (articolo 8);

§      l’obbligo per gli Stati membri, relativamente alle procedure di recupero di crediti non contestati, di assicurare che un titolo esecutivo possa essere ottenuto, anche mediante procedure accelerate e indipendentemente dall'importo del debito, di norma entro novanta giorni dalla data in cui il creditore ha presentato un ricorso o ha proposto una domanda dinanzi all'autorità giurisdizionale o un'altra autorità competente (articolo 10).

Entro il 16 marzo 2016, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull'attuazione della presente direttiva, corredata di eventuali proposte (articolo 11).

Secondo quanto prevede il predetto articolo 10, l’attuazione della delega dovrà avvenire sulla base dei seguenti principi e criteri direttivi:

a)   contrasto degli effetti negativi della posizione dominante di imprese sui propri fornitori o sulle imprese subcommittenti, in particolare nel caso in cui si tratti di micro, piccole e medie imprese;

b)   previsione che l'Autorità garante della concorrenza e del mercato possa procedere ad indagini e intervenire in prima istanza con diffide e irrogare sanzioni relativamente a comportamenti illeciti messi in atto da grandi imprese.

 

L’attuazione di tale direttiva è prevista dalla legge 11 novembre 2011, n.180, recante “Norme per la tutela della libertà d'impresa. Statuto delle imprese”, il cui articolo 10 reca una delega al Governo ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore legge, un decreto legislativo recante modifiche al decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, per l'integrale recepimento della direttiva 2011/7 in commento[36].

In attuazione di tale articolo 10, nonché, ovviamente, in riferimento a quanto prescrive la direttiva comunitaria, il 31 ottobre 2010 il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto legislativo che recepisce la direttivacomunitaria, poi emanato come decreto legislativo 9 novembre 2012, n.192, recante “Modifiche al decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 131, per l’integrale recepimento della direttiva 2011/7/UE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, a norma dell’articolo 10, comma 1, della legge 11 novembre 2011, n.180”.

Come specificato nel comunicato stampa governativo relativo all’approvazione del provvedimento, nonostante il termine per il recepimento della direttiva sia fissato al 16 marzo 2013, si è provveduto ad una sua attuazione anticipata dal 1° gennaio 2013 in considerazione della importanza della normativa nonché dell'opportunità peculiare di garantire, in questo momento, le imprese e più specificatamente le piccole e medie imprese. Il decreto reca dunque, prosegue il comunicato in oggetto, una più rigorosa disciplina per contrastare i ritardi di pagamento, in particolare per quanto riguarda le Pubbliche Amministrazioni.

Il provvedimento, in particolare, prevede che:

§      al fine di assicurare termini certi di pagamento, conferma la previsione (già contenuta nel D.Lgs. n.131/2002) del termine ordinario di trenta giorni, dettagliandone però le regole applicative allo scopo di aumentarne la cogenza: ad esempio si stabilisce che non abbiano effetto sulla decorrenza del termine le richieste di integrazione o modifica formali della fattura;

§      nelle transazioni tra imprese possono pattuirsi termini di pagamento superiori a trenta giorni, con obbligo, in caso di superamento dei sessanta giorni, di pattuizione espressa, e fermo restando che ciò è consentito solo ove non risulti gravemente iniquo per il creditore;

§      nel caso in cui il debitore sia una pubblica amministrazione, il termine ordinario di trenta giorni può essere derogato solo espressamente, ma in ogni caso non può superare i sessanta giorni, e solo se ciò sia giustificato dalla natura o dall’oggetto del contratto o dalle circostanze esistenti alla conclusione dello stesso. Solo in casi specificatamente enunciati dalla norma (articolo 4, comma 5) tali termini possono essere raddoppiati;

§      eventuali procedure dirette ad accertare la conformità della merce o dei servizi al contratto non possono eccedere il termine di trenta giorni dalla data di consegna o della prestazione, salvo che sia diversamente pattuito;

§      gli interessi moratori sono determinati nella misura degli interessi legali di mora ferma restando tuttavia la possibilità,  nelle sole transazioni commerciali tra imprese, di concordare tassi di interesse diversi, salvo che gli stessi risultino gravemente iniqui nei confronti del creditore. Sono comunque considerate gravemente inique: a) la clausola che esclude l’applicazione di interessi di mora; b) la clausola che esclude il risarcimento per i costi di recupero del credito;

§      con riguardo ai costi di recupero medesimi, viene stabilito in favore del creditore un importo forfetario di 40 euro, senza che sia necessaria la costituzione in mora, e fatta salva comunque la prova del maggior danno, che può comprendere anche i costi di assistenza  per il recupero del credito;

§      la maggiorazione del tasso degli interessi legali moratori, finora pari al 7% in più rispetto al tasso fissato dalla BCE per le operazioni di rifinanziamento, aumenta all’8%.

 

La disciplina del decreto legislativo si applicherà ai contratti conclusi a partire dal 1° gennaio 2013.

Ciò al fine, precisa il comunicato stampa sopra citato, di consentire alle Pubbliche Amministrazioni ed alle imprese il tempo necessario per adeguarsi alle nuove norme e per adottare procedure operative e contabili più funzionali a prassi di pagamento rapido.

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[1]     Cfr. comunicato stampa della Presidenza del Consiglio dei ministri del 22 maggio 2012.

[2]     Il cui testo, come pure quello degli altri due decreti ministeriali sulla compensazione tra crediti e debiti e sull’accesso al Fondo centrale di garanzia, sono riportati in Allegato al presente dossier.

[3]     Vedi nota precedente.

[4]     Vedi Nota n.2.

[5]     Come precisato sia nel comunicato stampa dell’ABI sull’Accordo in esame, sia nelle premesse dello stesso.

[6]     Recante “Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività”, convertito dalla legge 24 marzo 2012, n.27.

[7]     Termini prorogati rispettivamente al 1° novembre 2012 e 1° dicembre 2016 nel corso dell’esame parlamentare del disegno di legge di conversione del decreto-legge 6 luglio 2012, n.95 recante “Razionalizzazione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini”, che ha anche modificato altri termini procedurali contenuti nel decreto. La legge di conversione al momento di redazione del presente lavoro non risulta ancora pubblicata in G.U.

[8]     Il decreto legislativo n. 231/2002, nei suoi 11 articoli, disciplina i ritardi nei pagamenti a titolo di corrispettivo per una transazione commerciale, definendo i contratti tra imprese o tra imprese e pubbliche amministrazioni che comportano, in via esclusiva o prevalente, la consegna di merci o la prestazione di servizi, contro pagamento di un prezzo.

Il decreto dispone che i creditori della P.A. (nella quale rientrano gli enti statali e territoriali, gli enti pubblici non economici e altri enti di diritto pubblico esplicitamente menzionati) hanno diritto alla corresponsione di interessi moratori, salvo che si dimostri che il ritardo nel pagamento del prezzo sia stato determinato dall’impossibilità della prestazione per causa non imputabile all’ente della P.A. Gli interessi sono previsti in via automatica e, in linea generale, senza che sia necessaria la costituzione in mora, alla scadenza del termine legale. Il creditore inoltre ha diritto al risarcimento dei costi sostenuti per il recupero delle somme non corrispostegli tempestivamente, a meno che l’ente della PA dimostri che il ritardo non sia ad esso imputabile.

[9]     Si ricorda che l'elenco delle unità istituzionali appartenenti al settore della pubblica amministrazione è adottato annualmente dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della legge n. 196/2009. L’ultimo elenco è quello di cui alla Gazzetta Ufficiale - Serie Generale n. 228 del 30 settembre 2011.

[10]    Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività, pubblicato in G.U. n. 18/L del 24 gennaio 2012.

[11]    Monitoraggio e smaltimento dei residui passivi perenti. Applicazione dell'articolo 35 comma 1, lettera a) del decreto-legge n.1 del 2012. Istruzioni per la ricognizione dei debiti fuori bilancio formatisi nell'anno 2011 ed attuazione dell'articolo 3, comma 39, della legge n. 244 del 2007 - Revisione residui passivi perenti di conto capitale

[12]    Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini.

[13]    Si ricorda che il comma 3-bis è stato modificato dapprima dal D.L. n. 194/2009 e dal D.L. n. 78/2010, articolo 31, comma 1-ter e, successivamente, dall'art. 13, comma 1, L. 12 novembre 2011, n. 183 (legge di stabilità 2012), che ha sostituito l'originario comma 3-bis con gli attuali commi 3-bis e 3-ter, a decorrere dal 1° gennaio 2012.

[14]    La procedura per la certificazione dei crediti, originariamente introdotta per le regioni e gli enti locali dall’articolo 9, comma 3-bis, del D.L. n. 185/2008 è stata estesa anche agli enti del Servizio sanitario nazionale dall’articolo 31, comma 1-ter, del D.L. n. 78/2010. Con le modifiche apportate al citato comma 3-bis dalla legge di stabilità 2012, gli enti del servizio sanitario nazionale sono stati sono nuovamente esclusi dalla normativa.

[15]    Si ricorda che il termine entro il quale le regioni e gli enti locali debitrici sono tenuti a certificare se il credito nei loro confronti vantato è certo liquido ed esigibile, originariamente fissato in venti giorni, è stato esteso a sessanta giorni dall’articolo 13, comma 1, della legge n. 183/2011.

[16]    La certificazione del credito costituisce idoneo titolo giuridico ai fini della cessione di questo. La cessione la cessione del credito deve avvenire nel rispetto delle forme previste dall’art. 117, D.Lgs. n. 163/2003, Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture.

[17]    A seguito del citato decreto ministeriale, vari enti territoriali hanno proceduto a dare attuazione alla disciplina in questione, stipulando di “protocolli di intesa” con istituti bancari finalizzati a definire le concrete modalità attuative della cessione pro soluto dei crediti certificati vantati verso tali enti dalle imprese per lavori servizi e forniture, nonché adottando apposite deliberazioni in sede di Giunta.

[18]    Legge n. 52 del 21 febbraio 1991, “Disciplina della cessione dei crediti d’impresa”. In particolare, l’articolo 5 della citata legge n. 52/1991 prevede che qualora il cessionario abbia pagato in tutto o in parte il corrispettivo della cessione ed il pagamento abbia data certa, la cessione è opponibile: a) agli altri aventi causa del cedente, il cui titolo di acquisto non sia stato reso efficace verso i terzi anteriormente alla data del pagamento; b) al creditore del cedente, che abbia pignorato il credito dopo la data del pagamento; c) al fallimento del cedente dichiarato dopo la data del pagamento, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 7, comma 1 della medesima legge n. 52. Quest’ultima norma prevede, in proposito che l'efficacia della cessione verso i terzi, non è opponibile al fallimento del cedente, se il curatore prova che il cessionario conosceva lo stato di insolvenza del cedente quando ha eseguito il pagamento e sempre che il pagamento del cessionario al cedente sia stato eseguito nell'anno anteriore alla sentenza dichiarativa di fallimento e prima della scadenza del credito ceduto.

[19]    D.L. n. 52/2012, recante Disposizioni urgenti per la razionalizzazione della spesa pubblica, convertito, con modificazioni in legge n.94/2012.

[20]    Si ricorda che il citato comma 2 dell’articolo 11 del D.L. n. 78/2010 prevede, per le regioni sottoposte ai piani di rientro nelle quali operi il commissario ad acta per l’attuazione del piano medesimo, che, al fine di assicurare il conseguimento degli obiettivi dei piani di rientro, anche mediante il regolare svolgimento dei pagamenti dei debiti accertati, il commissario proceda, entro 15 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 78/2010, alla conclusione della procedura di ricognizione dei debiti accertati (nel settore sanitario) e che predisponga un piano che individui modalità e tempi di pagamento dei debiti medesimi.

[21]    In data 20 giugno 2012, in risposta all’interrogazione a risposta orale n°3-02351 (Iniziative per garantire ai creditori delle aziende sanitarie locali il beneficio della compensazione con somme dovute all'erario), il Governo ha anche fatto il punto della disciplina della certificazione dei debiti sanitari, affermando che, per quanto riguarda le regioni sottoposte ai piani di rientro dai deficit sanitari, la normativa precedente al D.L. n. 52 escludeva dalla certificazione sia i debiti delle regioni diversi da quelli sanitari, sia quelli degli enti del Servizio sanitario nazionale. Per ampliare l'ambito applicativo dei decreti di certificazione e compensazione, l’articolo 13-bis del D.L. n. 52/2012 permette, tra l’altro, la certificazione dei debiti delle regioni diversi da quelli sanitari nel caso di regioni sottoposte a piani di rientro.

[22]    D.M. 25 giugno 2012, recante “Modalità di certificazione del credito, anche in forma telematica, di somme dovute per somministrazione, forniture e appalti, da parte delle Regioni, degli Enti locali e degli Enti del Servizio Sanitario Nazionale, di cui all'articolo 9, commi 3-bis e 3-ter del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito con modificazioni dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2 e successive modificazioni e integrazioni”. Prima di tale decreto ha continuato ad essere vigente il D.M. 19 maggio 2009.

[23]    In linea generale, si ricorda che la cessione del credito è un negozio giuridico bilaterale con cui si trasmette un diritto ad un altro soggetto che subentra nel rapporto obbligatorio. La cessione può essere “pro soluto”, quando il cedente non deve rispondere dell'eventuale inadempienza (solvibilità) del debitore e garantisce solamente dell'esistenza del credito, ovvero “pro solvendo”, quando invece il cedente risponde dell'eventuale inadempienza del debitore.

Ai sensi dell’art. 1260 del Codice civile il creditore può trasferire a titolo oneroso o gratuito il suo credito, anche senza il consenso del debitore, purché il credito non abbia carattere strettamente personale o il trasferimento non sia vietato dalla legge. Le parti possono escludere la cedibilità del credito, ma il patto non è opponibile al cessionario, se non si prova che egli lo conosceva al tempo della cessione. Ai sensi dell’art. 1263 del C.C, per effetto della cessione, il credito è trasferito al cessionario con i privilegi, con le garanzie personali e reali e con gli altri accessori.

[24]    Recante “Modalità di certificazione del credito, anche in forma telematica, di somme dovute per somministrazione, forniture e appalti da parte delle amministrazioni dello Stato e degli enti pubblici nazionali”.

[25]    D.L. n. 185/2008, convertito con modificazioni nella legge n. 2 del 28 gennaio 2009.

[26]    D.L. n. 5/2009, convertito con modificazioni nella legge n. 33 del 9 aprile 2009

[27]    L’articolo 3 dello Statuto di Cassa depositi e prestiti, nell’elencare gli ambiti operativi della Società, indica specificamente la concessione di finanziamenti, sotto qualsiasi forma ivi compreso l'acquisto di crediti di impresa, il rilascio di garanzie, l'assunzione di capitale di rischio o di capitale di debito, la sottoscrizione di quote di fondi di investimento nei confronti delle piccole e medie imprese per finalità di sostegno dell'economia. Tali operazioni sono effettuate a favore delle piccole e medie utilizzando fondi provenienti dalla raccolta postale esclusivamente attraverso l'intermediazione di enti creditizi o attraverso la sottoscrizione di fondi comuni di investimento gestiti da una società di gestione collettiva del risparmi, il cui oggetto sociale realizza uno o più fini istituzionali della Cassa depositi e prestiti SpA.

A tale fine è stato istituito, in data 18 marzo 2010, il "Fondo Italiano d'Investimento SGR S.p.A.".

[28]    Cfr. Comunicato stampa CDP n. 26/2012.

[29]    La quarta convenzione è stata stipulata in base alla deliberazione del CDA di Cassa depositi e prestiti del 26 ottobre 2011 di allocare i predetti 10 miliardi di euro di provvista per il nuovo plafond PMI.

[30]    Si ricorda che l’articolo 9, comma 3-bis del D.L. n. 185/2008 prevede la certificazione dei crediti certi, liquidi ed esigibili, anche al fine di consentire al creditore la cessione pro soluto o pro solvendo dei medesimi crediti a favore di banche o intermediari finanziari riconosciuti. La formulazione della norma consentirebbe dunque, nell’ipotesi, anche operazioni di anticipo sul pagamento dei crediti delle PMI verso la pubblica amministrazione.

[31]    Convertito, con modificazioni, in legge n. 44/2012.

[32]    Tale accordo segue a quelli già siglati del 3 agosto 2009 e del 16 febbraio 2011.

[33]    Si tratta della liquidità messa a disposizione della Banca centrale europea per il tramite delle operazioni straordinarie di rifinanziamento delle Banche con durata fino a tre anni (Long term refinancing operations) effettuate tra il 21 dicembre 2011 e il 29 febbraio 2012.

[34]    L’intervento da parte di SACE può anche consistere nella riassicurazione/ co-assicurazione di polizze a copertura del rischio del mancato pagamento dei crediti verso la P.A..

SACE si avvale, per tali ambiti operativi, di una società di smobilizzo, da essa totalmente controllata. La società in oggetto è la SACE FCT, costituita il 24 marzo 2009, competente per tutte le attività di smobilizzo crediti.

[35]    La Corte dei conti è stata audita in sede di indagine conoscitiva sulla Relazione annuale sulla crescita 2012, il 13 marzo 2012.

[36]    Va segnalato che l’attuazione di tale Direttivaè inoltre previstaanche nel disegno di legge comunitaria 2011,al momento all’esame del Senato (articolo 12, A.S. 3129).