Ritorno alla Terraingiusta | Medici per i Diritti Umani

RITORNO ALLA TERRAINGIUSTA

SFRUTTAMENTO, GHETTI E INCERTE PROSPETTIVE

PREFAZIONE

Per il nono anno consecutivo, Medici per i Diritti Umani (MEDU) ha operato nella Piana di Gioia Tauro, in Calabria, durante la stagione di raccolta agrumicola, nell’ambito del progetto Terragiusta. Il progetto è nato nel 2014, con l'obiettivo di promuovere la tutela della salute e dei diritti fondamentali dei lavoratori stranieri sfruttati in agricoltura. Da dicembre 2021 a marzo 2022 un team multidisciplinare ha operato per mezzo di una clinica mobile, raggiungendo numerosi insediamenti informali, in particolare: la tendopoli di San Ferdinando, i casolari abbandonati nelle campagne di Rizziconi, Drosi e Taurianova e il campo container di Contrada Testa dell’Acqua nel Comune di Rosarno. Oltre all’assistenza medica di base, il team ha fornito orientamento e supporto socio-legale per favorire la regolarità del soggiorno, promuovere la conoscenza dei diritti sul lavoro e garantire l’accesso alle cure e ai servizi sociali e sanitari.  Sono state 3.802 le persone assistite dal team di MEDU in nove anni di attività, per un totale di 4.812 visite mediche, tra primi accessi e visite di follow-up. Ancora oggi l’intervento della clinica mobile appare di fondamentale importanza, così come resta imprescindibile mantenere attivo un osservatorio permanente sui diritti fondamentali e sui fenomeni di sfruttamento.

Il contesto

 

L’ultima stagione di raccolta agrumicola è stata caratterizzata da difficili condizioni metereologiche – dalle gelate di marzo alla forte siccità protrattasi fino al mese di novembre e seguita da un periodo di intensissime piogge – e dalla crisi generale e locale del settore agrumicolo. La pandemia da Covid-19 ha contribuito ad esasperare le problematiche già esistenti, in particolare la precarietà delle condizioni di lavoro dei braccianti e le difficoltà economiche per i produttori. Di conseguenza, il numero di braccianti presenti negli insediamenti precari della Piana è risultato nettamente inferiore rispetto al passato, circa un migliaio a fronte degli oltre duemila degli anni precedenti.

Nonostante dal 2019 siano stati finanziati nella Piana importanti progetti per promuovere condizioni di vita e di lavoro dignitose e, a livello nazionale e regionale, siano stati avviati Piani di azione e firmati Protocolli di intesa, la situazione dei braccianti resta drammatica, con un ulteriore deterioramento delle condizioni di vita presso gli insediamenti informali, estrema precarietà delle condizioni giuridiche, fenomeni di sfruttamento, lavoro nero e grigio diffusi.

La gestione della pandemia presso gli insediamenti precari è stata caratterizzata da una pressoché totale assenza delle istituzioni sanitarie. Rimasti nell’ombra, i braccianti hanno vissuto un’altra stagione in condizioni igienico-sanitarie inaccettabili, esposti ad un altissimo rischio di contagi e senza alcun supporto per il contenimento del virus. Se si esclude la campagna vaccinale, i lavoratori sono stati completamente abbandonati: nessuno spazio adibito all’isolamento, nessuna possibilità di effettuare screening gratuiti e con il timore costante di nuove “zone rosse” e conseguenti limitazioni degli spostamenti.

Il tema degli spostamenti e del trasporto da e verso i luoghi di lavoro è rimasto ancora una volta irrisolto, nonostante i numerosi incidenti mortali occorsi negli ultimi anni. Strade dissestate e assenza di illuminazione rappresentano un costante rischio per i braccianti che raggiungono i campi in bicicletta, ancor più durante i giorni di pioggia.

L’INTERVENTO DI MEDU


 

Il team multidisciplinare della clinica mobile, costituito da una coordinatrice, due mediatori linguistico-culturali, un operatore sanitario, un logista e un’operatrice socio-legale ha iniziato ad operare negli insediamenti informali della Piana di Gioia Tauro nel mese di dicembre 2021. Nei quattro mesi di intervento, il team ha operato tre giorni a settimana, fornendo prima assistenza medica e orientamento sanitario e socio-legale ai braccianti che vivono in condizione di precarietà socio-abitativa e lavorativa e ha inoltre fornito informazioni sulle modalità di accesso ai servizi sanitari, sociali, legali, agli enti di tutela e alle strutture di accoglienza del territorio, nel tentativo di garantire una presa in carico integrata, capace di incidere non solo sulla salute, ma anche sui suoi determinanti sociali. MEDU opera in un’ottica di sussidiarietà – e non di sostituzione – con il servizio pubblico e mira ad integrare la dimensione sanitaria con quella sociale. A tal fine, il team opera costantemente in rete con servizi e associazioni, per garantite una presa in carico multilivello e un efficace referral per approfondimenti diagnostici, follow up sanitario, orientamento e assistenza sociale, legale, abitativa o in tema di lavoro. MEDU ha mantenuto inoltre un’interlocuzione costante con i Comuni, le istituzioni sanitarie, la Questura e la Prefettura, per affrontare in modo sinergico e sostenibile le problematiche relative all’accesso ai diritti e ai servizi da parte dei lavoratori stranieri.

L’azione di advocacy istituzionale e di denuncia delle violazioni dei diritti umani e in particolare del diritto alla salute ha rappresentato un elemento cruciale della metodologia di intervento: per tutta la durata del progetto, MEDU ha diffuso dati, analisi, testimonianze e ha partecipato a incontri istituzionali e di coordinamento, al fine di mantenere alta l’attenzione sul tema dello sfruttamento lavorativo dei braccianti stranieri in agricoltura, avanzare proposte e formulare puntuali raccomandazioni ai decisori politici.

PROFILO DELLA POPOLAZIONE

In quattro mesi di intervento (dicembre 2021, marzo 2022), si sono rivolte alla clinica mobile 177 persone con le quali sono stati effettuati 183 consulti medici (tra prime e successive visite) e 167 consulenze socio-legali.

Quanto alle caratteristiche della popolazione assistita, si conferma, come negli ultimi anni, la presenza di soli uomini, con un’età media di 33 anni provenienti nella totalità dei casi dai Paesi dell’Africa sub-sahariana occidentale.

Relativamente alla condizione amministrativa, le persone in possesso di un regolare permesso di soggiorno rappresentavano la quasi totalità degli assistiti (94%), a fronte di un’esigua percentuale di irregolari (6%).

Insediamenti raggiunti dalla clinica mobile

Il panorama degli insediamenti informali della Piana è rimasto invariato rispetto agli anni passati: un alternarsi di casolari diroccati, tendopoli e campi container isolati dai centri abitati e in condizioni di crescente degrado. Gli insediamenti raggiunti dalla clinica mobile sono stati i seguenti: 

Tendopoli di San Ferdinando 

L'insediamento, situato nella seconda zona industriale del Comune di San Ferdinando, è stato allestito nel marzo 2019, in seguito allo sgombero e alla demolizione della precedente baraccopoli voluti dall’allora Ministro dell’Interno Matteo Salvini. Nell’estate 2021, in seguito all’uscita dalla tendopoli dell’ultimo ente gestore a causa del mancato rinnovo del contrato da parte del Comune, le condizioni di vita all’interno dell’insediamento si sono ulteriormente deteriorate: assenza di servizi essenziali quali l’illuminazione centrale, rete elettrica del tutto insufficiente rispetto al fabbisogno della popolazione, limitata disponibilità di acqua fredda e assenza di acqua calda, servizio di smaltimento rifiuti inesistente, nessun intervento di manutenzione dei servizi igienici, di cui solo tre su nove funzionanti. Nell’ ultima stagione, l’insediamento ha ospitato circa 350 persone, che hanno condiviso spazi ristretti all’interno di tende sovraffollate, con elevato rischio di incendi a causa del diffuso utilizzo di stufe improvvisate, costruite con materiali di risulta, per proteggersi dal freddo.

Casolari nelle campagne di Rizziconi e Taurianova

Circa 70 braccianti trovano riparo presso i casali diroccati siti in Contrada Russo, nel Comune di Taurianova, in condizioni disumane, in assenza di qualsivoglia servizio di prima necessità: l’unico punto acqua disponibile si trova a circa cinquecento metri dalle abitazioni, all’inizio di una strada sterrata che in caso di pioggia diventa inaccessibile a causa del fango e delle pozzanghere. Per rifornirsi dell’acqua necessaria per lavarsi e cucinare, i braccianti sono costretti a percorrerla più volte al giorno, trasportando le taniche su carriole o biciclette. Un secondo casolare abbandonato si trova in una frazione del Comune di Rizziconi e ha ospitato quest’anno una trentina di persone, in condizioni di estremo isolamento e irraggiungibili in caso di emergenza o necessità.

Campo Container di Contrada Testa dell’Acqua - Comune di Rosarno

Costruito all’indomani della rivolta dei braccianti del 2010, senza prevedere in seguito alcun investimento per il suo mantenimento, il campo container di Rosarno ha ospitato quest’anno circa 200 persone. Anche se sono garantiti alcuni servizi essenziali quali acqua corrente ed elettricità, il contesto resta estremamente isolato e le condizioni di vita ancora oggi precarie, nonostante la maggiore attenzione e disponibilità da parte delle istituzioni locali. In particolare, la Commissione straordinaria vigente ha avviato un processo di miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie del campo, tramite interventi efficaci e regolari di rimozione dei rifiuti a partire dalla seconda metà di febbraio. Nonostante ciò, la radicata abitudine degli abitanti delle zone limitrofe di riversare quotidianamente rifiuti di ogni tipo (inclusi quelli ingombranti) in prossimità del campo non si è mai arrestata. I container inoltre richiederebbero una manutenzione periodica e l’impianto elettrico presenta pericolose problematiche dovute al sovraccarico di corrente.

 

Siamo alla tendopoli di San Ferdinando, è ormai sera ed un ragazzo, di circa trent’anni, è stato trovato dalla polizia con la testa sanguinante, durante una probabile aggressione. Allertati dalla polizia lo abbiamo trovato sdraiato a terra, sconvolto dall’evento, che si avvolgeva una felpa intorno alla testa e teneva gli occhi forzatamente chiusi. Ci siamo presentati, lo abbiamo rassicurato ed aiutato a tamponare il sanguinamento che proveniva da una profonda ferita alla testa. Il ragazzo a tratti si affidava a noi ed ogni tanto ci allontanava, forse preoccupato dalla possibilità che medicandolo noi, non sarebbe poi arrivata l’ambulanza e non avrebbe potuto raggiungere il pronto soccorso. Può succedere in Calabria che l’unica ambulanza di zona sia rotta e la più vicina si trovi a più di 30 minuti di distanza e così una situazione abbastanza banale può diventare molto preoccupante. In trenta minuti cerchi di calmare un ragazzo che fissa la macchia rossa che si è creata a terra ed urla “morirò qui, lo so, morirò qui, oggi” e stringe a sé un borsello imbrattato in cui custodisce tutto ciò che ha. Il ragazzo si è tranquillizzato solo alla vista dell’ambulanza che lo ha trasportato in ospedale, in noi è rimasta forte la sua giustificata paura, la sua sfiducia nel sistema e il sentimento di ingiustizia per il fatto di essere costretto a “vivere” così.

 

LA QUESTIONE ABITATIVA:

TRA IMPEGNI DISATTESI E NUOVE PROSPETTIVE

Il tema del “superamento degli insediamenti informali” dei braccianti viene sollevato ogni anno come urgente e prioritario. Non sono mancati, nel corso degli anni, dichiarazioni di intenti, protocolli istituzionali, tavoli programmatici, con l’obiettivo comune e più volte ribadito di favorire l’integrazione e avviare pratiche di abitare diffuso. In evidenza, il “Protocollo d’intesa per il superamento della marginalità sociale e delle situazioni di degrado dei migranti presenti nella tendopoli di San Ferdinando e delle altre aree della Piana di Gioia Tauro”, sottoscritto a settembre 2021 da numerose istituzioni locali, che prevedeva l’impegno nell’individuazione di immobili confiscati alla criminalità o di proprietà pubblica disponibili ed il censimento di immobili di proprietà privata da concedere in locazione ai lavoratori stranieri in regola con il soggiorno, con le opportune forme di garanzia, nonché un’azione di accompagnamento sociale globale all'abitare nei confronti dei destinatari.

Nonostante ciò, il panorama resta desolante. Durante la stagione agrumicola, si sono concretizzati solo alcuni progetti nei Comuni di Rosarno e di Taurianova, lasciando spazio a molti dubbi sulle reali possibilità di realizzazione di quegli interventi strutturali e di grande importanza tanto annunciati.

Per quanto riguarda Rosarno, a dicembre 2021 il Comune – presieduto da una Commissione straordinaria – ha provveduto alla cancellazione della residenza di tutti gli abitanti del campo container di Contrada Testa dell’Acqua, con l’intento di iscrivere tutti i braccianti nel registro delle persone “senza fissa dimora”. Questo al fine di ricollocare i braccianti del campo container in una trentina tra palazzine ed appartamenti in disuso per i quali è stato previsto un piano di riqualificazione. Nel frattempo, ha provveduto a riattivare il servizio di ritiro rifiuti in modo continuativo, oltre ad effettuare interventi di manutenzione dell’impianto elettrico.

Per quanto riguarda i braccianti che vivono nelle campagne di Taurianova, è stato inaugurato a novembre 2021 il nuovo Polo Sociale Integrato che ospita al suo interno l’Agenzia Sociale dell’Abitare e offre servizi di supporto legale, mediazione interculturale e assistenza alle vittime di tratta e sfruttamento.

Rimane però ancora un’incognita la realizzazione delle unità abitative del cosiddetto “villaggio sociale”, finanziato dal Fondo Asilo Migrazione e Integrazione (FAMI) della Commissione Europea attraverso il progetto Su.Pr.Eme e la cui inaugurazione era prevista entro la fine della stagione. Il progetto prevede la messa a disposizione di 25 moduli abitativi, di un campo da calcio e servizi “green” quali pannelli solari e biciclette elettriche per accogliere circa 120 migranti residenti nel Comune ed è rivolto in particolar modo ai braccianti che si trovano attualmente in Contrada Russo. I lavoratori hanno richiesto la registrazione anagrafica tramite una semplice dichiarazione di effettiva dimora che ha permesso il loro inserimento, anche in questo caso, nel registro dei senza fissa dimora. Il terreno prescelto per l’installazione del villaggio è un bene confiscato alla criminalità organizzata e sorge a poca distanza dagli attuali casolari, che distano quasi 7 chilometri dal centro cittadino di Taurianova.

Pur trattandosi di un’iniziativa apprezzabile, che mira certamente ad un sostanziale miglioramento delle condizioni di vita dei braccianti, destano perplessità sia le tempistiche della sua realizzazione – a marzo non erano stati ancora avviati i lavori, nonostante si prevedesse l’inaugurazione a fine maggio, poi slittata a settembre 2022 - sia la capienza, estremamente limitata rispetto alle presenze complessive, sia la posizione ed i presunti criteri di accesso, che al momento escluderebbero la maggior parte dei braccianti della Piana, includendo di fatto i soli residenti nel comune di Taurianova iscritti nel registro comunale. Infine, non è chiaro come verrà garantita la sostenibilità del progetto nel medio-lungo termine. Il timore è che, in assenza di risorse economiche per la gestione e manutenzione economica del villaggio al termine del progetto, l’esperienza possa tradursi in un’ennesima baraccopoli, lasciando di fatto immutate le problematiche esistenti, a fronte di costi elevati per la collettività e di un impatto negativo su un territorio già particolarmente depresso dal punto di vista socio-economico.

Per quanto riguarda infine la tendopoli di San Ferdinando, le istituzioni – in particolare Comune e Prefettura - parlano da tempo di uno “sgombero” ma le alternative per i braccianti non sono ancora chiare e quelle menzionate appaiono poco convincenti. In occasione dell’ultimo incontro del Tavolo sull’Immigrazione tenutosi presso la Prefettura di Reggio Calabria il 9 marzo 2022, si è parlato della possibilità di ripristino dello stabile "ex Opera Sila" – un impianto di trasformazione delle olive in disuso - per mettere a disposizione dei braccianti un numero consistente di spazi abitativi. All'interno è inoltre prevista la realizzazione di un polo socio-sanitario e di un distaccamento degli sportelli immigrazione, fondamentale per l’espletamento delle pratiche di rilascio e rinnovo dei documenti di soggiorno. Tuttavia i fondi necessari per un tale intervento e soprattutto le tempistiche necessarie per la sua realizzazione destano non poche perplessità, se si pensa che la prima proposta di bonifica e ristrutturazione di questo sito risale al 2010 e resta ad oggi disattesa.

Degno di nota è poi il progetto di Mediterranean Hope, della Federazione delle Chiese Evangeliche Italiane (FCEI), che ha inaugurato nel mese di aprile “Dambe so”, il primo Ostello Sociale della Piana. Dambe so in lingua Bambarà vuol dire “casa della dignità” e dal mese di febbraio ospita circa dieci braccianti provenienti dagli insediamenti informali della Piana. L’ostello si pone come modello sperimentale, un’alternativa alla logica dei campi, basata sul principio della sostenibilità e dell’economia circolare. I lavoratori agricoli contribuiscono in parte alle spese della struttura e i rimanenti costi sono sostenuti dalla quota sociale proveniente dalla vendita delle arance all’interno della filiera di Etika, rete di acquisto tra le chiese e il mondo associativo. L’ostello sociale arriverà ad ospitare, durante la prossima stagione di raccolta agrumicola, un massimo di 20 persone e nei mesi estivi sarà a disposizione di associazioni ed organizzazioni sociali per promuovere esperienze di turismo solidale.

 


Il nostro ruolo è quello di mediare culturalmente e linguisticamente tra i braccianti, i medici e gli operatori legali. In questo luogo i ragazzi vivono nella miseria. Sono finiti a vivere qui dopo aver passato periodi anche lunghi nei centri di accoglienza, tre o quattro anni a volte, ma senza essere andati a scuola per imparare la lingua e senza aver svolto alcuna attività utile ad orientarsi e trovare un posto nella società. Usciti dai centri, molti non sanno come comportarsi quando scadono i documenti o come andare dal dottore. Questo vuol dire che non c'è vera integrazione. Quando poi lasciano i centri, i ragazzi cercano lavoro e si ritrovano in questi posti. Spesso hanno cominciato a costruire le baracche per stare vicino alle campagne in cui lavorano. Bisogna sempre ricordare che ognuna di queste persone è anche capo famiglia e che ha lasciato i propri cari, quindi ha il dovere di mandare soldi anche alla famiglia nel Paese di origine. Qui, nei comuni in cui vivono, ci sono moltissime case vuote, ma non vengono messe a disposizione dei braccianti e spesso non c’è neanche la possibilità di avere una residenza fittizia per rinnovare i documenti. Nei campi vengono sfruttati: lavorano, zappano o raccolgono frutta a volte anche 12 ore per essere pagati 30 euro al giorno. E la cosa peggiore è che a volte vengono anche investiti sulla strada. Ed è capitato anche che nessuno si sia fermato per portarli in ospedale, perché?! Gli ospedali e le altre strutture non hanno mediatori culturali e linguistici qui in Calabria e noi mediatori di MEDU dobbiamo accompagnare i ragazzi in ospedale quando necessario o negli altri uffici per le pratiche dei documenti, altrimenti sarebbero soli, spesso trattati malamente o non considerati. Tutti questi problemi sono di estrema importanza e il Governo dovrebbe intervenire nel più breve tempo possibile per favorire l'uguaglianza e la coesione sociale e fare in modo di garantire che tutti siano pienamente inclusi e in grado di partecipare alla vita sociale di questo Paese.
(Moussa e Karamo, mediatori culturali del progetto)


CONDIZIONI DI SALUTE E ACCESSO ALLE CURE

Il team della clinica mobile ha prestato assistenza sanitaria a 114 persone nel corso di 183 visite mediche (tra prime visite e visite di follow-up) da dicembre 2021 a marzo 2022.

In relazione all’integrazione sanitaria, su 145 braccianti che hanno risposto alla domanda, 62 persone (43%) erano in possesso della tessera sanitaria in corso di validità e di queste 52 persone (84%) avevano un medico di medicina generale (MMG) assegnato in Calabria o in un’altra regione.

I principali ostacoli nell’accesso alle cure riferiti sono stati i seguenti: scarsa consapevolezza dei propri diritti e delle modalità di funzionamento dei servizi, complessità delle procedura burocratica, barriere linguistiche in assenza di mediatori culturali, carenze strutturali dei servizi dovute alle limitate risorse economiche e di personale, distanza dei luoghi di dimora dei braccianti dai servizi in assenza di trasporti pubblici, condizioni di indigenza diffuse, che impediscono a molti braccianti di contribuire alla spesa sanitaria per visite specialistiche, accertamenti diagnostici e l’acquisto di farmaci, scarsa fiducia verso le istituzioni sanitarie, estrema precarietà delle condizioni di vita.

La situazione della Piana di Gioia Tauro è emblematica del generale stato di dissesto del servizio sanitario pubblico regionale: in tutta la Piana, ad esempio, è presente da anni un solo sportello ASP nella città di Taurianova con un solo impiegato preposto al rilascio e rinnovo tessere sanitarie e alla scelta del medico di base per cittadini stranieri.

Il quadro epidemiologico generale conferma la stretta correlazione tra le condizioni di salute e le condizioni igienico-sanitarie, lavorative e abitative in cui vive la popolazione bracciantile: emarginazione sociale, precarietà abitativa, carenza di elettricità e servizi igienici, mancanza di acqua potabile e riscaldamento, condizioni lavorative disumane, alimentazione scorretta o insufficiente, ostacoli nell’accesso ai diritti fondamentali.

Per quanto riguarda le patologie riscontrate, il 20% dei pazienti visitati era affetto da patologie dell'apparato osteo-articolare, il 19% da patologie dermatologiche, il 13% da patologie ascrivibili all'apparato digerente, l’11% da patologie dell'apparato respiratorio (erano il 26% nell’anno 2019-2020, il 18% nel 2020-2021). Il 23% dei pazienti riportava problematiche di altro apparato e, nel dettaglio, apparato dentale (9%), sistema nervoso centrale (2%), psichiatriche (4%), oculo-visivo (2%), e cardiovascolare (9%). Inoltre, il 4% dei pazienti si è rivolto alla clinica mobile per un semplice controllo, per poter meglio comprendere il proprio stato di salute grazie al servizio di mediazione linguistico-culturale, mentre il 7% presentava dei sintomi aspecifici non riferibili a nessuna delle categorie sopraelencate.

A. si è rivolto alla clinica mobile a gennaio 2022, presso la tendopoli di San Ferdinando. A. lamentava dolori al petto, all’addome ed alla schiena, difficoltà a respirare durante la notte e generale costante malessere, tenuto sotto monitoraggio dai nostri medici e dal team di Emergency. Visitato due volte dal 118 in tendopoli (senza ricovero né rilascio di alcuna documentazione) A. viene in seguito ricoverato all’ospedale di Polistena. Dopo due settimane di degenza, i medici decidono di trasferirlo al reparto specialistico di nefrologia di Catanzaro, a causa della mancanza di disponibilità di posti letto a Reggio Calabria, reparto ci competenza territoriale. Dopo un mese circa di degenza le condizioni si stabilizzano ma rimane necessaria una continuità terapeutica dal momento che A. deve essere sottoposto a dialisi tre volte a settimana, in attesa (e speranza) che il suo fisico recuperi a pieno. La dialisi risulta disponibile nelle città di Palmi e Reggio Calabria, oltre ovviamente a Catanzaro. In questo frangente temporale emerge la mancanza di strutture di lungodegenza in cui ricoverarlo al termine delle cure. Il caso viene sottoposto all’attenzione della Prefettura di Reggio Calabria per un inserimento nel circuito SAI (Sistema di accoglienza e integrazione) per vulnerabili. Vengono inoltre allertati i servizi sociali di San Ferdinando e di Catanzaro, ma non sembra esserci alcuna struttura nella zona in grado di garantirgli il supporto necessario, in particolare lo spostamento verso l’ospedale per la cura e, di conseguenza, nessuno accetta di prenderlo in carico. Viene considerato quindi l’inserimento nella zona di Reggio Calabria ed uno dei pochi SAI per vulnerabili conferma la disponibilità, con la garanzia però che il trattamento di dialisi venga effettuato nell’ospedale reggino. Dopo giorni di telefonate e ricerca spasmodica, la situazione sembra finalmente essersi risolta, ma l’ospedale reggino non dà la disponibilità al trattamento per mancanza di posti (causa COVID) e il SAI non accetta l’inserimento perché impossibilitato a garantire il trasporto verso la città di Palmi tre volte a settimana. A questo punto, A. non può più restare in ospedale e rischia di finire di nuovo in tendopoli, dove la sua vita sarebbe a rischio. La situazione è inaccettabile ed ormai frustrante, poco prima di cercare supporto dagli enti del terzo settore e della carità, arriva la comunicazione di un posto in un SAI per persone vulnerabili, con possibilità di follow up delle cure e trasferimento in brevissimo tempo. Il centro si trova in un’altra regione e per A., che ha vissuto in Calabria per quasi dieci anni, non sarà facile abituarsi, ma consapevole di non avere alternative valide e preoccupato per la sua salute, accetta e parte.

Focus Covid-19 e campagna vaccinale

La popolazione degli insediamenti informali è particolarmente esposta al contagio a causa della precarietà delle condizioni di vita e allo stesso tempo rischia di essere esclusa dalle misure di prevenzione e contenimento a causa della difficoltà di reperire informazioni chiare ed aggiornate sulle norme in vigore e di accedere ai servizi. MEDU ha pertanto intensificato le attività di sensibilizzazione e di informazione sulle misure di prevenzione e contenimento dal Covid-19 e di promozione della campagna vaccinale, servendosi di materiali informativi multilingue e dei mediatori culturali del team, il cui ruolo è risultato cruciale, permettendo di garantire un approccio culturalmente sensibile e una maggiore efficacia dell’intervento.

Buona parte dei braccianti ha effettuato il vaccino in occasione di alcune giornate di campagna vaccinale organizzate da Prefettura, Questura, Asp, Caritas diocesana di Oppido-Palmi, Cgil della Piana di Gioia Tauro ed Emergency tra luglio 2021 e marzo 2022, ma durante i mesi invernali, sebbene il rischio di un aumento dei contagi fosse molto concreto, non sono state previste dalle autorità sanitarie locali attività di outreach e screening per scongiurare l’insorgenza di focolai e nessuno spazio dedicato è stato messo a disposizione per l’eventuale isolamento dei casi positivi. Un problema rimasto in molti casi irrisolto è stato quello dal Green pass, impossibile da ottenere per molti braccianti vaccinati perché registrati con documenti non riconosciuti dal sistema o perché hanno eseguito la prima o la seconda dose di vaccino in altre regioni, senza averla poi registrato a livello nazionale nei tempi previsti.

CONDIZIONI GIURIDICHE


 

In quattro mesi di attività, 95 persone si sono rivolte allo sportello socio-legale della clinica mobile per un totale di 167 colloqui legali. La metodologia di lavoro adottata ha previsto la presenza dell’operatrice socio-legale all’interno del team multidisciplinare della clinica mobile, al fine di permettere una presa in carico integrata dei singoli casi e di garantire l’accesso ad informazioni comprensibili sui diritti fondamentali e sulle modalità di accesso ai servizi socio-sanitari e legali da parte di tutta la popolazione degli insediamenti.

Il 99% delle persone assistite dall’operatrice legale era regolarmente soggiornante, a fronte dell’1% che ha dichiarato di non essere in regola sul territorio (la percentuale dei regolari sul totale degli assistiti tra visite e orientamento legale era del 94%). Tra le persone regolarmente soggiornanti, il 33% era in possesso del permesso di soggiorno per richiesta asilo, al 23% era stata riconosciuta la protezione sussidiaria e la stessa percentuale era in possesso di un permesso di soggiorno per motivi di lavoro (inclusi coloro che hanno presentato istanza di regolarizzazione nel 2020), all’8% era stata riconosciuta una protezione speciale e il 7% era in fase di rinnovo e/o conversione di quest’ultimo tipo di protezione, il 5% del permesso di soggiorno per casi speciali. L’ 1% risultava in possesso dello status di rifugiato.

L’aumento delle persone in possesso del permesso di soggiorno per richiesta asilo risulta essere, nella maggior parte dei casi, la conseguenza dell’intervento normativo del 2018 (Decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113.), che ha abrogato l’istituto della protezione umanitaria di cui era in possesso la maggior parte dei braccianti, lasciando ben poche possibilità di regolarizzazione a coloro i quali non avevano i requisiti per la conversione del titolo di soggiorno in motivi di lavoro. Chi ha presentato richiesta di rinnovo della protezione umanitaria durante il periodo di vigenza del D.L. 4 ottobre 2018 n. 113, in pochissimo tempo, da stabile titolare di un permesso di soggiorno, si è ritrovato ad assumere nuovamente lo status di richiedente asilo.

CONDIZIONI LAVORATIVE E ACCESSO AI DIRITTI

Dei 125 braccianti che hanno fornito informazioni sulla situazione lavorativa, 19 hanno dichiarato di non avere al momento un impiego. Dei restanti 106, il 62% era in possesso di un contratto di lavoro, ma solo nel 17% dei casi della durata di 1 anno, nei restanti casi di una durata compresa tra 1 e 5 mesi. La stipula di un contratto non assicura comunque condizioni regolari di lavoro: nella totalità dei casi assistiti, le clausole contrattuali (retribuzione, orario di lavoro, riposo, sicurezza sul lavoro, ferie, congedo per malattia) non erano infatti rispettate. Emblematico appare il dato relativo alla busta paga: il 71% dei lavoratori con contratto percepiva una busta paga in cui le giornate lavorative registrate in un mese non erano mai superiori alle 15 a fronte di un impiego effettivo dichiarato di 5 e i 7 giorni a settimana in alta stagione, in media 8 ore al giorno, con un compenso giornaliero tra i 35 e i 45 euro. La paga giornaliera è lievemente in aumento rispetto al passato (30 euro) perché la diminuzione della manodopera agricola disponibile ha costretto i datori ad adeguarsi alle richieste dei lavoratori, mantenendo tuttavia una retribuzione nettamente inferiore rispetto a quella prevista dal CNL (11,15 €/ora).

Una circostanza che ha contribuito alla diminuzione della manodopera agricola durante l’ultima stagione è rappresentata senza dubbio dalle tempistiche proibitive per il rilascio di un titolo di soggiorno elettronico: c’è chi, pur riuscendo a dimostrare una regolare attività lavorativa, rimane in possesso della ricevuta di richiesta del titolo di soggiorno anche per più di un anno, e in alcuni casi, riceve il permesso elettronico già scaduto.

Per quanto riguarda i pochissimi lavoratori che, nel 2020, attraverso i datori di lavoro, avevano presentato istanza di regolarizzazione ex art. 103 comma 1 D.L. 19/05/2020 n.34 (c.d. Decreto Rilancio), essi hanno ricevuto la convocazione dalla Prefettura solo nel mese di marzo, rimanendo per quasi due anni in possesso della sola ricevuta di presentazione dell’istanza.

 


"Che ci state a fare voi? Se le cose non cambiano, lasciate che se la sbrighino le amministrazioni comunali, la Prefettura e la Polizia!”. Spesso mi chiedono come si riesca a lavorare in un territorio abbandonato dallo Stato e dalla comunità, in un contesto in cui da anni non cambia mai nulla. E' quello che forse mi sarei chiesta anch'io se non avessi intrapreso questa strada e se poi non avessi conosciuto O., K.,A., M. e tutti gli altri che vivono e che lavorano in quella parte di Calabria. Quel posto in cui, per lavorare, serve sicuramente lo studio delle norme, ma per farlo bene serve pazienza, umanità e perseveranza. È indispensabile avere una buona squadra, essere altruisti tra colleghi, fare rete, trovare strategie, scambiarsi le informazioni, bisogna mischiarsi e riuscirci insieme, che di solitudine ed emarginazione in quel luogo ce n’è già abbastanza. Noi possiamo e dobbiamo fare “la nostra piccola parte” per fare in modo che le cose migliorino, non possiamo arrenderci, non vogliamo arrenderci.


 


(Martina, operatrice socio-legale)

CONCLUSIONI E RACCOMANDAZIONI

 

L’intervento di MEDU nella Piana di Gioia Tauro è iniziato nove anni fa e, nonostante l’impegno costante nella direzione di una salute integrale e senza esclusioni, parlare di diritto alla salute a ad una vita dignitosa per i lavoratori stranieri impiegati in agricoltura appare ancora oggi una chimera. La fotografia del presente appare infatti desolante: un sistema sanitario al collasso, trasporti pubblici inesistenti, sfruttamento lavorativo sistematico, un settore agricolo sempre più in crisi, ghetti e baraccopoli in condizioni di crescente degrado a fronte di interventi istituzionali sporadici e dall’ incerta sostenibilità. Se è vero che, sulla base dei dati raccolti da MEDU, dal 2014 ad oggi la popolazione di lavoratori regolarmente soggiornanti è passata dal 77% al 94% e la percentuale di persone con un contratto di lavoro è aumentata dal 18% al 62%, le condizioni giuridiche restano tuttavia estremamente precarie e lo sfruttamento lavorativo continua a rappresentare la norma, anche in presenza di un contratto. L’emanazione di importanti provvedimenti normativi come la legge n. 199 del 2016 per il contrasto al caporalato, e iniziative come l’istituzione nel 2018 del Tavolo Caporalato e la conseguente approvazione nel 2020 di un “Piano Triennale per il contrasto al caporalato ed allo sfruttamento lavorativo in agricoltura” non hanno ancora avuto un impatto significativo sui fenomeni di sfruttamento. Neanche il “Protocollo d’intesa per il superamento della marginalità sociale e delle situazioni di degrado dei migranti presenti nella tendopoli di San Ferdinando e delle altre aree della Piana di Gioia Tauro” di settembre 2021 sembra aver prodotto ad oggi dei risultati concreti.

In virtù del quadro descritto e con l’intento di contribuire al contrasto dei fenomeni di sfruttamento e alla promozione della salute, MEDU torna a formulare alcune raccomandazioni, in particolare:

Al Governo:

- l’effettiva attuazione alle dieci azioni prioritarie previste dal “Piano Triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura e al caporalato (2020-2022)”, giunto ormai all’ultimo anno di implementazione. In particolare, il potenziamento dei servizi d’incontro tra domanda ed offerta di lavoro (CPI), l’accesso ad alloggi dignitosi, il trasporto dei lavoratori, la vigilanza e il contrasto dei fenomeni di sfruttamento, la protezione, l’assistenza e il reinserimento lavorativo delle vittime;

- Promuovere politiche e investimenti di sistema per il rilancio del settore agricolo nel Mezzogiorno d’Italia ed in particolare in Calabria, ad esempio attraverso incentivi alle aziende che garantiscano una produzione di qualità ed etica, rispettosa dei diritti dei lavoratori e dell’ambiente;

- Aumentare la disponibilità di posti nei centri SAI (Sistema Accoglienza ed Integrazione) della regione Calabria e in particolare di quelli per categorie vulnerabili – DMDS, garantendo adeguati servizi volti alla tutela della salute e all’inclusione socio-lavorativa e abitativa;

Alla Regione Calabria:

- L’attuazione dell’azione 2 del recente Protocollo d’intesa di settembre 2021, che mira a promuovere soluzioni di abitare diffuso presso i Comuni della Piana;

- Pianificazione politica e azioni strutturali atte a garantire la sostenibilità a medio-lungo termine dei progetti abitativi attualmente finanziati con fondi Su.Pr.Eme;

- Potenziare il servizio di trasporto pubblico nella Piana di Gioia Tauro e nell’intera Regione;

- Potenziare i servizi sanitari pubblici territoriali, in particolare le Case della Salute, i Centri di Salute mentale e gli ambulatori STP;

Ai Comuni della Piana:

- Promuovere pratiche di “abitare diffuso” assumendo un ruolo centrale nell’ individuazione di immobili pubblici inutilizzati da mettere a disposizione dei lavoratori, dopo eventuali interventi di ristrutturazione, a fronte di un canone di affitto sostenibile;

- Promuovere iniziative di coabitazione sociale come l’Ostello Sociale inaugurato a San Ferdinando;

Alla Prefettura di Reggio Calabria:

- Monitorare l’effettivo accesso all’iscrizione anagrafica presso i Comuni della Piana di Gioia Tauro interessati dalla presenza di insediamenti precari;

Alla Questura di Reggio Calabria:

- Ridurre i tempi di attesa per il rilascio/rinnovo di tutti i permessi di soggiorno, in ottemperanza alle normative vigenti.