Rapporto CER 2/2020

Quasi un anno fa, al primo apparire del Coronavirus, l’analisi economica si concentrò sulle possibili strozzature che si sarebbero potute determinare dal lato dell’offerta. Si paventava che la chiusura delle fabbriche cinesi potesse inceppare il funzionamento delle catene globali del valore e per questo generare condizioni di scarsità di beni sui mercati. Simili timori appaiono oggi largamente sovradimensionati e le uniche carenze di offerta ad essersi effettivamente manifestate sono quelle che riguardano il settore pubblico. Scarsa si è rivelata l’offerta sanitaria, con una saturazione delle strutture ospedaliere che per la seconda volta sta portando alla limitazione delle attività economiche e dei comportamenti sociali. Strozzature dell’offerta pubblica sono anche quelle che si sono presentate in termini organizzativi e che hanno reso complessa la riprogrammazione degli orari scolastici o l’adeguamento del trasporto pubblico locale. Dalla scarsità di offerta pubblica è poi disceso il vuoto di domanda privata che ha generato la recessione pandemica.
Attiriamo l’attenzione su questi aspetti perché l’operatore pubblico è il protagonista assoluto della vicenda economica che stiamo vivendo in questo periodo. Per sopperire alla scarsità di offerta dei propri servizi è l’operatore pubblico che ha deciso – e torna a decidere – la chiusura dei mercati, determinando implicitamente la profondità della caduta recessiva. Allo stesso tempo, è l’operatore pubblico che, in assenza di produzione di redditi nel settore privato, si fa carico di massicce operazioni di trasferimento a favore dei soggetti e dei settori posti nell’impossibilità di operare. Senza dimenticare l’imponente azione di sanità pubblica messa in campo per contrastare la diffusione del contagio, certo lacunosa in molti suoi punti, ma alla quale nessun paese occidentale era preparato. Nell’area più ricca del pianeta, l’ultimo episodio di pandemia si era d’altronde presentato 100 anni fa, con la Grande Influenza Spagnola: un tempo sufficientemente lungo per pensare che i sistemi sanitari avanzati non avessero bisogno di essere attrezzati per fronteggiare un contagio di massa.
La questione che pone oggi la vicenda pandemica riguarda dunque l’equilibrio fra l’offerta di servizi pubblici e il libero funzionamento dei mercati. Sarebbe auspicabile che su questo tema si concentrasse il dibattito, adottando un’ottica di ampio respiro capace di rivisitare le motivazioni che, negli ultimi quarant’anni, hanno portato al continuo ridimensionamento del ruolo pubblico nel funzionamento dell’economia.