Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Titolo: Norme sulla cittadinanza - A.C. 9 e abb. - Seconda edizione
Riferimenti:
AC N. 274/XVII   AC N. 604/XVII
AC N. 606/XVII   AC N. 647/XVII
AC N. 836/XVII   AC N. 1204/XVII
AC N. 1269/XVII   AC N. 2376/XVII
AC N. 9/XVII   AC N. 200/XVII
AC N. 250/XVII   AC N. 273/XVII
AC N. 349/XVII   AC N. 369/XVII
AC N. 404/XVII   AC N. 463/XVII
AC N. 494/XVII   AC N. 525/XVII
AC N. 707/XVII   AC N. 794/XVII
AC N. 945/XVII     
Serie: Progetti di legge    Numero: 37
Data: 28/05/2014
Descrittori:
CITTADINANZA     
Organi della Camera: I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni

 

Camera dei deputati

XVII LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Norme sulla cittadinanza

A.C. 9 e abb.

Schede di lettura

 

 

 

 

 

 

n. 37

Seconda edizione

 

 

28 maggio 2014

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Istituzioni

( 066760-9475 / 066760-3855 – * st_istituzioni@camera.it

 

 

Con riferimento alle proposte di legge sulla cittadinanza è stato pubblicato anche il Dossier n. 37/1, recante il testo a fronte tra la Legge 91/1992 e le proposte A.C. 9 e abbinate.

 

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File: ac0166.doc

 


INDICE

Schede di lettura

Il quadro normativo  3

§  Acquisto della cittadinanza  3

§  Doppia (o plurima) cittadinanza  7

§  Perdita della cittadinanza  8

§  Riacquisto della cittadinanza  10

§  Contributo per gli atti relativi alla cittadinanza  12

§  I tempi di conclusione dei procedimenti 13

Le proposte di legge in esame  15

§  Premessa  15

§  Acquisto della cittadinanza per nascita  16

§  Acquisto della cittadinanza da parte del minore iure domicilii 20

§  Acquisto della cittadinanza da parte del minore iure culturae  22

§  Acquisto della cittadinanza per matrimonio  25

§  Adozione dello straniero maggiorenne  27

§  Nuova forma di attribuzione della cittadinanza  27

§  Integrazione linguistica e sociale  29

§  Motivi preclusivi dell’attribuzione della cittadinanza  32

§  Concessione della cittadinanza  34

§  Giuramento  38

§  Computo del periodo di residenza legale  39

§  Permesso di soggiorno per attesa di cittadinanza  40

§  Doppia cittadinanza  40

§  Casi particolari di riacquisto o acquisto della cittadinanza  41

§  Revoca della cittadinanza  44

§  Finalità della legge  47

§  Disciplina di attuazione e transitoria  47

I lavori parlamentari nelle precedenti legislature  49

§  XIV legislatura  49

§  XV legislatura  49

§  XVI legislatura  50

Dati statistici

§  Concessioni e reiezioni della cittadinanza italiana (1992-2010) 55

 

 


Schede di lettura

 


Il quadro normativo

Acquisto della cittadinanza

La disciplina in materia di cittadinanza fa oggi capo principalmente alla legge 91/1992.

 

Ai sensi di tale legge, acquistano di diritto alla nascita la cittadinanza italiana coloro i cui genitori (anche soltanto il padre o la madre) siano cittadini italiani (L. 91/1992, articolo 1, comma 1, lettera a): si tratta della così detta modalità di acquisizione della cittadinanza jure sanguinis.

 

L’ordinamento italiano riconosce anche il criterio alternativo dello jus soli, pur prevedendolo soltanto in via residuale e per casi limitati a:

§  coloro che nascono nel territorio italiano e i cui genitori siano da considerarsi o ignoti (dal punto di vista giuridico) o apolidi (cioè privi di qualsiasi cittadinanza) (art. 1, co. 1, lett. b);

§  coloro che nascono nel territorio italiano e che non possono acquistare la cittadinanza dei genitori in quanto la legge dello Stato di origine dei genitori esclude che il figlio nato all’estero possa acquisire la loro cittadinanza (art. 1, co. 1, lett. b);

§  i figli di ignoti che vengono trovati (a seguito di abbandono) nel territorio italiano e per i quali non può essere dimostrato, da parte di qualunque soggetto interessato, il possesso di un’altra cittadinanza (art. 1, co. 2).

 

La cittadinanza italiana è acquisita anche per riconoscimento della filiazione (da parte del padre o della madre che siano cittadini italiani), oppure a seguito dell’accertamento giudiziale della sussistenza della filiazione: l’acquisto della cittadinanza nelle due ipotesi illustrate è automatico per i figli minorenni (art. 2, co. 1); i figli maggiorenni invece conservano la propria cittadinanza, ma possono eleggere la cittadinanza determinata dalla filiazione con un’apposita dichiarazione da rendere entro un anno dal riconoscimento, o dalla dichiarazione giudiziale di filiazione, o dalla dichiarazione di efficacia in Italia del provvedimento straniero nel caso in cui l’accertamento della filiazione sia avvenuto all’estero (art. 2, co. 2).

 

Sono previste modalità agevolate di acquisto della cittadinanza per gli stranieri di origine italiana: la cittadinanza italiana può essere acquistata dagli stranieri o apolidi, discendenti (fino al secondo grado) da un cittadino italiano per nascita, a condizione che facciano un’espressa dichiarazione di volontà e che siano in possesso di almeno uno di questi requisiti:

§  abbiano svolto effettivamente e integralmente il servizio militare nelle Forze armate italiane: in questo caso la volontà del soggetto interessato di acquisire la cittadinanza italiana deve essere espressa preventivamente (art. 4, co. 1, lett. a);

 

Il regolamento di attuazione della L. 91/1992 chiarisce che, ai fini dell’acquisto della cittadinanza italiana, si considera che abbia prestato effettivamente servizio militare chi abbia compiuto la ferma di leva nelle Forze armate italiane o la prestazione di un servizio equiparato a quello militare (ad es. il servizio civile), a condizione che queste siano interamente rese, salvo che il mancato completamento dipenda da sopravvenute cause di forza maggiore riconosciute dalle autorità competenti (D.P.R. 572/1993, art. 1, co. 2, lett. b).

 

§  assumano un pubblico impiego alle dipendenze, anche all’estero, dello Stato italiano (art. 4, co. 1, lett. b);

§  risiedano legalmente in Italia da almeno due anni al momento del raggiungimento della maggiore età; la volontà di conseguire la cittadinanza italiana deve essere manifestata con una dichiarazione entro l’anno successivo (art. 4, co. 1, lett. c).

Per l’acquisto della cittadinanza italiana, viene considerato legalmente residente nel territorio dello Stato chi vi risiede avendo soddisfatto le condizioni e gli adempimenti previsti dalle norme in materia d’ingresso e di soggiorno degli stranieri in Italia e da quelle in materia d’iscrizione anagrafica (DPR 572/1993, art. 1, co. 2, lett. a).

 

Lo straniero che sia nato in Italia può divenire cittadino italiano a condizione che vi abbia risieduto legalmente e ininterrottamente fino al raggiungimento della maggiore età e dichiari, entro un anno dal compimento della maggiore età, di voler acquistare la cittadinanza italiana (art. 4, co. 2).

Il decreto-legge c.d. “del fare” (D.L. 69/2013, art. 33) ha introdotto una disposizione di semplificazione del procedimento per l’acquisto della cittadinanza per lo straniero nato in Italia, secondo il quale ai fini di cui all’articolo 4, comma 2, della legge 91/1992, all’interessato non sono imputabili eventuali inadempimenti riconducibili ai genitori o agli uffici della pubblica amministrazione ed egli può dimostrare il possesso dei requisiti con ogni altra idonea documentazione.

Inoltre, gli ufficiali di stato civile sono tenuti al compimento del diciottesimo anno di età a comunicare all’interessato, la possibilità di esercitare tale diritto entro il compimento del diciannovesimo anno di età. In mancanza, il diritto può essere esercitato anche oltre tale data.

 

 

 

Disposizioni particolari sono dettate per quanto riguarda l’acquisto della cittadinanza da parte di stranieri o apolidi che hanno contratto matrimonio con cittadini italiani (artt. da 5 a 8). Gli stranieri coniugi di cittadini italiani ottengono la cittadinanza, dietro richiesta presentata al prefetto del luogo di residenza dell’interessato, oppure, se residenti all’estero, all’autorità consolare competente, se possono soddisfare, contemporaneamente, le seguenti condizioni:

§  residenza legale nel territorio italiano da almeno due anni, successivi al matrimonio, o, in alternativa, per gli stranieri residenti all’estero, il decorso di tre anni dalla data del matrimonio tra lo straniero e il cittadino; i predetti termini sono ridotti della metà in presenza di figli nati dai coniugi;

§  persistenza del vincolo matrimoniale;

§  insussistenza della separazione legale;

§  assenza di condanne penali per i delitti contro la personalità internazionale e interna dello Stato e contro i diritti politici dei cittadini;

§  assenza di condanne penali per i delitti non colposi per i quali è prevista una pena edittale non inferiore a tre anni;

§  assenza di condanne penali per reati non politici, con pena detentiva superiore a un anno, inflitte da autorità giudiziarie straniere con sentenza riconosciuta in Italia;

§  insussistenza, nel caso specifico, di comprovati motivi inerenti alla sicurezza della Repubblica.

 

Si ricorda che i requisiti per l’acquisto della cittadinanza per matrimonio sono il frutto delle modifiche apportate alla legge sulla cittadinanza dal cd. “pacchetto sicurezza” (legge 94/2009: art. 1, comma 11). In base a tali modifiche, la durata minima della residenza necessaria all’acquisto della cittadinanza da parte del coniuge straniero residente in Italia è stata raddoppiata in caso di matrimonio con prole (da sei mesi ad un anno) e quadruplicata in caso di matrimonio senza prole (da sei mesi a due anni); mentre la durata minima del matrimonio necessaria all’acquisto della cittadinanza da parte del coniuge straniero residente all’estero rimane immutata in caso di matrimonio senza prole (3 anni) e subisce un dimezzamento in caso di matrimonio con prole (da 3 anni a 18 mesi).

 

Si segnala, inoltre, che la direttiva del Ministro dell'interno 7 marzo 2012 ha attribuito alla competenza del prefetto l'accoglimento dell'istanza di acquisto della cittadinanza iure matrimonii presentata dal coniuge straniero legalmente residente in Italia e la sua reiezione per i motivi ostativi di cui alle lettere a) e b) dell'art. 6 della legge n. 91/1992.

Qualora il coniuge straniero abbia la residenza all'estero, l'organo competente a conferire o denegare la cittadinanza è, invece, il capo del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione. Resta ferma la competenza del Ministro dell'interno a denegare l'acquisto della cittadinanza nel caso sussistano ragioni inerenti alla sicurezza della Repubblica.

 

L’acquisto della cittadinanza può avvenire, infine, per concessione (L. 91/1992, art. 9): in questo caso, a differenza dei procedimenti finora illustrati, che riservano all’autorità margini di intervento molto ristretti, l’emanazione del provvedimento di concessione della cittadinanza è soggetto ad una valutazione discrezionale di opportunità da parte della pubblica amministrazione, pur attenuata dall’obbligo del parere preventivo del Consiglio di Stato.

Il periodo di residenza legale in Italia, graduato in funzione dello status degli stranieri richiedenti, che costituisce il requisito fondamentale per conseguire la cittadinanza secondo tale modalità, deve essere ininterrotto e attuale al momento della presentazione dell’istanza per la concessione della cittadinanza.

Può presentare domanda per ottenere la concessione della cittadinanza italiana il cittadino straniero che si trova in una delle seguenti condizioni:

§  residente in Italia da almeno dieci anni, se cittadino non appartenente all’Unione europea, o da almeno quattro anni, se cittadino comunitario (art. 9, co. 1, lett. f) e d);

 

Ai fini della concessione della cittadinanza italiana allo straniero va valutato il periodo di soggiorno in Italia assistito da regolare permesso, per cui va esclusa la rilevanza del periodo in cui lo straniero medesimo sia risultato anagraficamente residente nel paese (C. Stato, sez. IV, 7 maggio 1999, n. 799).

 

§  apolide residente in Italia da almeno cinque anni (art. 9, co. 1, lett. e);

§  il cui padre o la cui madre o uno degli ascendenti in linea retta di secondo grado sono stati cittadini per nascita, o che è nato in Italia e, in entrambi i casi, vi risiede da almeno tre anni (L. 91/1992, art. 9, co. 1, lett. a);

§  maggiorenne adottato da cittadino italiano e residente in Italia da almeno cinque anni (art. 9, co. 1, lett. b);

§  abbia prestato servizio alle dipendenze dello Stato italiano, anche all’estero, per almeno cinque anni (L. 91/1992, art. 9, co. 1, lett. c).

Salvi i casi previsti dall’art. 4 della legge, nel quale si richiede specificamente l’esistenza di un rapporto di pubblico impiego, si considera che abbia prestato servizio alle dipendenze dello Stato chi sia stato parte di un rapporto di lavoro dipendente con retribuzione a carico del bilancio dello Stato (D.P.R. 572/1993, art. 1, co. 2, lett. c).

 

L’art. 10 subordina l’efficacia del decreto di concessione della cittadinanza alla prestazione da parte dell’interessato (entro sei mesi dalla notifica del decreto medesimo) del giuramento di essere fedele alla Repubblica e di osservare la Costituzione e le leggi dello Stato.

 

La giurisprudenza amministrativa ha indicato alcuni ulteriori requisiti per l’ottenimento della cittadinanza e ha precisato i confini della discrezionalità della pubblica amministrazione con riferimento ai provvedimenti di concessione della cittadinanza, stabilendo inoltre quali siano gli obblighi di motivazione delle decisioni concernenti tali procedimenti.

 

Il provvedimento di concessione della cittadinanza italiana è adottato sulla base di valutazioni ampiamente discrezionali circa l’esistenza di un’avvenuta integrazione dello straniero in Italia, tale da poterne affermare la compiuta appartenenza alla comunità nazionale; pertanto, ai fini della concessione del beneficio de quo ben possono avere rilievo considerazioni anche di carattere economico-patrimoniale relative al possesso di adeguate fonti di sussistenza (Consiglio di  Stato, sez. IV, 16 settembre 1999, n. 1474).

L’amministrazione chiamata a decidere sulla domanda di concessione di cittadinanza italiana è tenuta a verificare la serietà sia dell’intento ad ottenere la cittadinanza italiana, sia delle ragioni che inducono ad abbandonare la comunità di origine. È inoltre necessario accertare il grado di conoscenza della lingua italiana, l’idoneità professionale, l’ottemperanza agli obblighi tributari e contributivi. Non può essere trascurata l’esigenza di ricomposizione di gruppi familiari, parte dei quali già residenti nel territorio italiano. L’amministrazione deve verificare eventuali cause ostative all’acquisto di cittadinanza, collegate a ragioni di sicurezza della Repubblica ed all’ordine pubblico (Consiglio di Stato, sez. I, parere n. 1423 del 26 ottobre 1988).

L’amministrazione, ai fini della concessione della cittadinanza italiana allo straniero legalmente residente in Italia da almeno dieci anni, può prendere in considerazione tutte le situazioni utili per valutare un’avvenuta integrazione dello straniero; pertanto, sono rilevanti eventuali sentenze penali intervenute a carico degli interessati, in relazione ai fatti a cui tali condanne si riferiscono sia al loro eventuale ripetersi (Consiglio di Stato, sez. I, parere n. 9374, del 20 ottobre 2004,).

Per quanto riguarda il diniego della concessione della cittadinanza italiana, l’amministrazione competente, anche laddove disponga di un’ampia discrezionalità, deve indicare sia pure sinteticamente le ragioni poste a base delle proprie determinazioni (Consiglio di Stato, sez. IV, sent. n. 366 del 24 maggio 1995).

 

La cittadinanza può essere concessa, in casi eccezionali, per merito allo straniero che abbia reso notevoli servigi all’Italia, per elevate necessità di ordine politico connesse all’interesse dello Stato (L. 91/1992, art. 9, co. 2).

Doppia (o plurima) cittadinanza

La legge ammette espressamente la possibilità di conservare la cittadinanza italiana pur essendo già in possesso di una cittadinanza straniera ovvero dopo averla acquistata o riacquistata. Chi risiede o stabilisce la residenza all’estero può tuttavia rinunciare alla cittadinanza italiana (L. 91/1992, art. 11).

La disposizione consente, in particolare, il mantenimento della cittadinanza italiana agli italiani emigrati all’estero che acquistano volontariamente la cittadinanza dello Stato in cui risiedono per potersi inserire pienamente nel contesto sociale ed economico del Paese e usufruire del trattamento favorevole riservato ai cittadini.

Non è consentito il possesso di una doppia (o plurima) cittadinanza se vi sono norme internazionali pattizie o norme statali straniere che lo vietino (v. paragrafo successivo).

 

La possibilità di acquisire la doppia cittadinanza è prevista espressamente solamente in riferimento ai cittadini italiani, mentre nulla viene stabilito dalla legge nei confronti dei cittadini stranieri che acquistano la cittadinanza italiana.

La questione era disciplinata in via regolamentare e fino al 2004 era richiesta la rinuncia della cittadinanza di origine, attraverso l’esibizione del “certificato di svincolo” emesso dalle autorità dello stato di origine, documento indispensabile per l’acquisto della cittadinanza italiana. Nel 2004 è stato soppresso il riferimento a tale certificato e i cittadini stranieri sono stati di fatto equiparati a quelli italiani per quanto riguarda la disciplina della doppia cittadinanza.

 

L'istituzione del certificato di svincolo, ossia di rinuncia alla cittadinanza di origine, non trovava fondamento nella legge n. 91 del 1992 (come si detto) e nemmeno nel relativo regolamento di attuazione (D.P.R. n. 572 del 1993), ma nel D.P.R. n. 362 del 1994, recante il regolamento sulla disciplina del procedimento di concessione, il quale autorizzava il Ministero dell'interno a richiedere ulteriori documenti, oltre a quelli espressamente indicati dalle norme regolamentari (art. 1, comma 4). Il Ministero aveva quindi stabilito, con il decreto ministeriale 22 novembre 1994, che, ai fini della concessione della cittadinanza italiana ai sensi dell'articolo 9 della legge n. 91, i naturalizzandi dovessero produrre un certificato di svincolo dalla cittadinanza posseduta, a meno che quest'ultima non venisse persa automaticamente con l'acquisto volontario di una cittadinanza straniera. La produzione, da parte dell'interessato, del certificato di svincolo costituiva quindi condizione indispensabile per procedere alla predisposizione del decreto di concessione della cittadinanza da sottoporre alla firma del Presidente della Repubblica. Come evidenziato dal sottosegretario di Stato on. Lucidi presso la I Commissione della Camera l’8 marzo 2007: “L'applicazione di detta norma regolamentare aveva peraltro evidenziato, nel tempo, vari profili di problematicità. Spesso gli aspiranti alla cittadinanza, per la normativa disciplinante la materia nei diversi Paesi, incontravano difficoltà per l'ottenimento del predetto certificato presso le autorità del proprio Stato di origine, con conseguente notevole allungamento dei tempi del procedimento di concessione. Peraltro, una volta ottenuto tale documento, l'interessato risultava privo della titolarità della cittadinanza di origine e non ancora in possesso di quella italiana: versava quindi in una condizione di apolidia di fatto, seppur temporanea, fino al momento del giuramento”. Successivamente, il decreto ministeriale 7 ottobre 2004, ha eliminato la richiesta di svincolo, “anche al fine di adeguare la procedura di concessione dello status civitatis a criteri di razionalizzazione e semplificazione, nonché di favorire una migliore integrazione sociale dei nuovi cittadini”.

Perdita della cittadinanza

I cittadini italiani possono rinunciare volontariamente alla cittadinanza italiana purché si trasferiscano, o abbiano trasferito, la propria residenza all’estero e siano titolari di un’altra o di altre cittadinanze (L. 91/1992, art. 11). La facoltà di rinuncia alla cittadinanza italiana in questo caso può essere esercitata soltanto dai cittadini maggiorenni.

Coloro che hanno ottenuto la cittadinanza italiana durante la minore età, in quanto figli conviventi con il genitore che ha acquistato o riacquistato la cittadinanza, hanno la facoltà di rinunciare ad essa (senza limiti di tempo), una volta divenuti maggiorenni, sempre che siano in possesso di un’altra cittadinanza (art. 14).

Può inoltre rinunciare alla cittadinanza italiana il soggetto maggiorenne in possesso di un’altra cittadinanza – anche se risiede in Italia – a seguito di revoca dell’adozione per fatti imputabili all’adottante. La rinuncia deve essere resa entro un anno dalla revoca (art. 3, co. 4).

La revoca dell’adozione per colpa dell’adottato ha come conseguenza la perdita automatica della cittadinanza acquistata da quest’ultimo in virtù dell’adozione, purché egli abbia un’altra cittadinanza o la riacquisti (art. 3, co. 3).

L’art. 12 della L. 91/1992 prevede due ulteriori ipotesi di perdita automatica della cittadinanza italiana:

§  la mancata ottemperanza all’intimazione del Governo italiano di lasciare un impiego pubblico o una carica pubblica che il cittadino abbia accettato da uno Stato o ente pubblico estero o da un ente internazionale cui non partecipi l’Italia, o la mancata ottemperanza all’invito di abbandonare il servizio militare che il cittadino presti per uno Stato estero (art. 12, co. 1);

§  l’assunzione di una carica pubblica o la prestazione del servizio militare per uno Stato estero, o l’acquisto volontario della cittadinanza dello Stato considerato, quando tali circostanze si verifichino durante lo stato di guerra con esso (art. 12, co. 2).

Per quanto riguarda gli effetti delle norme internazionali pattizie sull’ordinamento italiano, l’art. 26, co. 3, della L. 91/1992 fa salve, in via generale, le disposizioni previste dagli accordi internazionali, affermandone pertanto la prevalenza sulla disciplina interna.

 

In proposito, si ricorda che l’Italia ha sottoscritto e ratificato la Convenzione di Strasburgo del 6 maggio 1963 sulla riduzione dei casi di cittadinanza plurima e sugli obblighi militari in caso di cittadinanza plurima (L. 4 ottobre 1966, n. 876).

Il primo capitolo della Convenzione, inerente alla riduzione dei casi di cittadinanza plurima, stabilisce che i cittadini, residenti all’estero, degli Stati contraenti perdono la loro precedente cittadinanza qualora acquistino o riacquistino volontariamente la cittadinanza di un altro dei Paesi che hanno sottoscritto e ratificato la Convenzione: essi non possono essere autorizzati a conservare la cittadinanza precedente.

Per quanto riguarda l’assolvimento degli obblighi militari in caso di doppia (o plurima) cittadinanza, il secondo capitolo della Convenzione (artt. 5 e 6) stabilisce che i cittadini che appartengono a due o più Stati contraenti prestano il servizio militare soltanto nello Stato in cui essi hanno la residenza abituale.

Il 4 giugno 2009 l’Italia ha denunciato, con una comunicazione ufficiale al Segretario generale del Consiglio d’Europa, il primo capitolo della convenzione. (si veda: Ministero dell’interno, circolare 28 ottobre 2009, n. 14232). A partire dal 4 giugno 2010, data in cui ha acquistato piena efficacia la denuncia, il cittadino italiano residente all’estero che acquista volontariamente la cittadinanza di uno dei Paesi contraenti (con esclusione di quelli che hanno aderito soltanto al secondo capitolo della Convenzione, relativo agli obblighi militari in caso di cittadinanza plurima, e di quelli, come la Germania, la Svezia e il Belgio, che non aderiscono più alla Convenzione), non perde più la cittadinanza italiana ai sensi dell’art. 1 della Convenzione.

 

L’Italia ha inoltre ratificato (legge 14 dicembre 1994, n. 703) il Secondo Protocollo di emendamento alla Convenzione di Strasburgo del 1963. In base a tale Accordo, quando un cittadino di una Parte contraente acquisisce la nazionalità di un’altra Parte contraente sul cui territorio è nato e risiede, oppure vi ha risieduto abitualmente a partire da una data anteriore al compimento del diciottesimo anno di età, ciascuna di queste Parti può disporre che conservi la sua nazionalità d’origine. In caso di matrimonio tra cittadini di Parti contraenti diverse, ciascuna di tale Parti può disporre che il cittadino che acquisisce di sua libera volontà la nazionalità del coniuge, conservi la sua nazionalità d’origine.

Riacquisto della cittadinanza

La legge disciplina le modalità per il riacquisto della cittadinanza a favore di coloro che l’hanno perduta e a prescindere dai motivi della perdita.

Il riacquisto avviene con condizioni di particolare favore rispetto a quelle stabilite dall’art. 9 della L. 91/1992 per l’acquisto della cittadinanza per naturalizzazione e, per alcuni aspetti, analoghe a quelle dettate dall’art. 4, co. 1, della L. 91/1992, le quali consentono allo straniero di origine italiana l’acquisto della cittadinanza per beneficio di legge.

Il riacquisto è subordinato, in via generale, alla sussistenza di un legame con l’Italia, che può concretizzarsi in un rapporto di servizio (civile o militare) con lo Stato o nello stabilire la residenza nel Paese.

Può riacquistare la cittadinanza italiana:

§  chi presta effettivamente servizio militare per lo Stato italiano e dichiara preventivamente di voler riacquistare la cittadinanza italiana (art. 13, co. 1, lett. a);

§  chi, assumendo o avendo assunto un pubblico impiego alle dipendenze dello Stato, anche all’estero, dichiara di voler riacquistare la cittadinanza italiana (art. 13, co. 1, lett. b);

§  chi dichiara di voler riacquistare la cittadinanza italiana ed ha stabilito o stabilisce, entro un anno dalla dichiarazione, la propria residenza in Italia (art. 13, co. 1, lett. c);

§  lo straniero (che sia stato cittadino italiano) il quale, dopo un anno dalla data in cui ha stabilito la residenza in Italia, non fa espressa rinuncia, nello stesso termine, al riacquisto della cittadinanza italiana. Soltanto in questo caso il riacquisto avviene automaticamente: la legge prevede comunque la possibilità di rinuncia da parte dell’interessato per tutelarne la volontà (art. 13, co. 1, lett. d);

§  chi, avendo perduta la cittadinanza italiana per non aver ottemperato all’intimazione di abbandonare l’impiego o la carica accettati da uno Stato, da un ente pubblico estero o da un ente internazionale, ovvero il servizio militare per uno Stato estero, dichiara di volerla riacquistare, a condizione che abbia stabilito la residenza da almeno due anni nel territorio della Repubblica e provi di aver abbandonato l’impiego o la carica o il servizio militare, assunti o prestati nonostante l’intimazione (art. 13, co. 1, lett. e).

La legge permette il riacquisto della cittadinanza, su loro dichiarazione in tal senso, alle donne italiane che l’hanno perduta al momento del matrimonio con uno straniero, avvenuto prima del 1° gennaio 1948, o in conseguenza del cambiamento di cittadinanza del marito (art. 17, co. 2).

 

Le persone originarie dei territori italiani facenti parte del cessato impero austro-ungarico, che emigrarono all’estero prima del 16 luglio 1920, e i loro discendenti, possono ottenere il riconoscimento della cittadinanza italiana qualora rendano una dichiarazione in tal senso all’ufficiale dello stato civile del comune in cui risiedono o intendono stabilire la propria residenza, oppure davanti all’autorità diplomatica o consolare del luogo di residenza, se residenti all’estero (L. 379/2000, art. 1). La dichiarazione va resa entro un termine che, inizialmente fissato al 20 dicembre 2005, è stato differito di cinque anni dall’art. 28-bis del D.L. 273/2005 per gli emigrati dai territori, già astro-ungarici, oggi appartenenti allo Stato italiano e per i loro discendenti.

Si tratta dei:

§  territori attualmente appartenenti allo Stato italiano;

§  territori già italiani ceduti alla Jugoslavia in forza:

-    del trattato di pace fra l’Italia e le Potenze alleate ed associate, firmato a Parigi il 10 febbraio 1947 e reso esecutivo in Italia con decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 28 novembre 1947, n. 1430;

-    del trattato tra la Repubblica italiana e la Repubblica socialista federativa di Jugoslavia firmato ad Osimo il 10 novembre 1975, ratificato e reso esecutivo in Italia ai sensi della legge 14 marzo 1977, n. 73.

La L. 124/2006 ha infine introdotto due articoli (17-bis e 17-ter) nella L. 91/1992, che consentono il riconoscimento della cittadinanza agli italiani (e ai loro discendenti) che abitavano nei territori dell’Istria, Fiume e Dalmazia, già facenti parti del Regno d’Italia e passati, dopo la seconda guerra mondiale, sotto la sovranità della Repubblica jugoslava e successivamente di Slovenia e Croazia.

Il diritto alla cittadinanza italiana è riconosciuto ai soggetti che siano stati cittadini italiani e che abbiano risieduto nei territori facenti parte dello Stato italiano e successivamente ceduti alla Repubblica jugoslava in forza del Trattato di pace firmato a Parigi il 10 febbraio 1947, reso esecutivo dal decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 28 novembre 1947, n. 1430, ratificato dalla legge 25 novembre 1952, n. 3054, ovvero in forza del Trattato di Osimo del 10 novembre 1975, reso esecutivo dalla legge 14 marzo 1977, n. 73. Tale diritto è riconosciuto anche ai figli e ai discendenti in linea retta dei soggetti di cui sopra, purché di lingua e cultura italiana.

La cittadinanza non è acquistata ex lege dai soggetti summenzionati, ma solo a seguito della presentazione (e dell’accoglimento) di una apposita istanza. Ciò differenzia l’ottenimento della cittadinanza prefigurato dalla disposizione in esame da quello in passato disposto dall’art. 17 della L. 91/1992, che avveniva automaticamente con la presentazione della apposita dichiarazione.

L’opzione per la cittadinanza italiana prevista dall’art. 17 della L. 91/1992 avrebbe dovuto essere esercitata entro due anni dalla data di entrata in vigore della legge. Questo termine fu prorogato una prima volta, sino al 15 agosto 1995, dall’art. 1 della L. 736/1994; un’ulteriore proroga al 31 dicembre 1997 intervenne ad opera dell’art. 2, co. 195, della L. 662/1996 (legge collegata alla manovra finanziaria per il 1997).

Contributo per gli atti relativi alla cittadinanza

La legge 94/2009 (art. 1, comma 12), nell’ambito del cd. “pacchetto sicurezza”, ha introdotto il pagamento di un contributo di 200 euro per le istanze o dichiarazioni di elezione, acquisto, riacquisto, rinuncia o concessione della cittadinanza (art. 9-bis, comma 2, L 91/1992).

 

Il gettito derivante dal contributo è destinato (art. 9-bis, comma 3, L 91/1992):

§  per la metà, al finanziamento di progetti del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’interno diretti alla collaborazione internazionale e alla cooperazione e assistenza ai Paesi terzi in materia di immigrazione;

§  per l’altra metà, alla copertura degli oneri connessi alle attività istruttorie inerenti ai procedimenti in materia di immigrazione, asilo e cittadinanza.

 E’ stato inoltre previsto che alle istanze o dichiarazioni relative alla cittadinanza deve essere comunque allegata la certificazione comprovante il possesso dei requisiti richiesti per legge (art. 9-bis, comma 1, L 91/1992).

I tempi di conclusione dei procedimenti

Nel 2009, nel corso dell’esame dei progetti di legge sulla cittadinanza nella XVI legislatura, il Governo ha depositato una documentazione relativa ai tempi di conclusione dei procedimenti per le istanze di della cittadinanza per matrimonio o per residenza (8 gennaio 2009).

 

Per le istanze di cittadinanza per matrimonio, il termine di conclusione di due anni dalla data di presentazione della domanda (previsto dall’art. 8 L. n. 91/1992) è considerato perentorio per costante e consolidata giurisprudenza.

L'articolo 6 della citata legge consente, infatti, solo nell'ipotesi di pendenza di un procedimento penale in cui il richiedente è imputato, di sospendere ope legis detto termine fino alla conclusione del procedimento stesso, con il passaggio in giudicato della sentenza.

Pertanto, le istanze vengono seguite con particolare attenzione, proprio in considerazione del fatto che il superamento del termine perentorio - anche in presenza di elementi di pericolosità per la sicurezza dello Stato - non rende possibile il rigetto dell'istanza stessa.

I procedimenti di attribuzione della cittadinanza iure matrimonii si concludono dunque nei due anni prescritti dalla legge.

 

Per le istanze di cittadinanza per residenza, ai sensi dell'articolo 3 del D.P.R. n. 362/1994, il termine previsto per la conclusione del procedimento, è anch'esso fissato in due anni ma in tal caso, per consolidato orientamento della giurisprudenza, tale termine non riveste carattere perentorio.

Il procedimento di concessione presenta un carattere di maggiore complessità rispetto al precedente, in quanto l'istruttoria è finalizzata a verificare sulla base di vari indici (reddito, stabilità dell'attività lavorativa, raggiungimento di un sufficiente grado di integrazione, assenza di motivi ostativi attinenti alla sicurezza e di precedenti penali) la coincidenza tra l'interesse del richiedente la cittadinanza e l'interesse pubblico.

I tempi medi di conclusione del procedimento si aggirano intorno ai tre anni, considerata anche la sospensione dei termini derivante dall'applicazione dell'articolo 10-bis della legge n. 241 del 1990, che impone all'amministrazione di comunicare all'interessato i motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza, dando, così, allo stesso la possibilità di formulare eventuali osservazioni.

 

Si ricorda infine che il decreto-legge c.d. “del fare” (D.L. 69/2013, art. 33, comma 2-bis) ha infine previsto, con finalità di semplificazione dei procedimenti, che gli uffici pubblici coinvolti nei procedimenti di rilascio della cittadinanza acquisiscono e trasmettono dati e documenti attraverso gli strumenti informatici.

 


Le proposte di legge in esame

Premessa

Risultano presentati 21 progetti di legge, tutti di iniziativa parlamentare, ad eccezione di uno di iniziativa popolare.

Per quanto concerne il contenuto, i progetti di legge possono essere così suddivisi:

§  le proposte di iniziativa popolare A.C. 9, Di Lello A.C. 200, Vendola A.C. 250, Bressa A.C. 273, Caruso A.C. 647, Gozi A.C. 707, introducono una riforma ampia della disciplina della cittadinanza; le principali innovazioni riguardano l’ampliamento dell’accesso alla cittadinanza per i minori stranieri e l’introduzione di una nuova forma di attribuzione della cittadinanza, volta a superare i caratteri di discrezionalità che attualmente connotano la concessione della cittadinanza per cd. naturalizzazione;

§  le proposte Bressa A.C. 274, Pes A.C. 349, Zampa A.C. 369, Bersani A.C. 463, Vaccaro A.C. 494, Marazziti A.C. 525, Polverini A.C. 945 e Sorial A.C. 1204 sono volte principalmente ad ampliare le possibilità di accesso alla cittadinanza per i minori stranieri nati o entrati da piccoli in Italia o che comunque hanno compiuto un percorso scolastico o di formazione professionale in Italia (le proposte Vaccaro A.C. 494 e Marazziti A.C. 525 intervengono anche in materia di attribuzione e concessione della cittadinanza per i maggiorenni);

§  la proposta Bianconi A.C. 2376 - che riprende il testo approvato in sede referente nella precedente legislatura e rinviato in Commissione dopo la discussione generale in Aula -  aggrava il procedimento per l’acquisto della cittadinanza da parte degli stranieri nati in Italia o ivi residenti per dieci anni;

§  la proposta Caparini A.C. 404 introduce la revoca della cittadinanza, in caso di condanna definitiva per gravi delitti, per coloro che l’hanno acquistata per matrimonio;

§  le proposte Fedi A.C. 604, La Marca A.C. 606 e Bueno A.C. 794, Merlo A.C. 1269 prevedono un’ipotesi di riacquisto della cittadinanza per le donne che l’hanno perduta per matrimonio con uno straniero e per i loro figli (alcune delle proposte prevedono ipotesi ulteriori di riacquisto in caso di perdita per disposizioni previgenti alla legge del 1992);

§  la proposta Caruso A.C. 836 introduce un’ipotesi di riacquisto della cittadinanza da parte degli italiani emigrati all’estero e dei loro discendenti.

 

Tutte le proposte introducono modifiche espresse alla legge sulla cittadinanza, (L. 91/1992), ad eccezione della proposta Gozi A.C. 707, che reca una nuova disciplina della cittadinanza, abrogando la legge vigente (il cui contenuto è comunque in buona parte ripreso).

Acquisto della cittadinanza per nascita

La maggior parte delle proposte di legge in esame provvedono ad integrare le disposizioni vigenti in materia di acquisizione di diritto della cittadinanza, ampliando il novero dei casi in cui la cittadinanza è attribuita in base al criterio dello ius soli.

 

Si ricorda che attualmente il diritto alla cittadinanza per ius soli è garantito solamente in alcune situazioni particolari, caratterizzate dalla impossibilità per il bambino di avere alcuna cittadinanza a causa di filiazione da parte di genitori privi di cittadinanza (apolidi) o ignoti, ovvero in presenza di norme del Paese di provenienza che impedisce l’acquisizione della cittadinanza dei genitori.

 

In generale, le proposte di legge introducono due nuove ipotesi di acquisizione della cittadinanza italiana per nascita da parte di:

1. coloro che nascono nel territorio italiano da genitori stranieri dei quali almeno uno vi abbia trascorso un determinato periodo di permanenza legale (con l’eccezione della proposta Vaccaro A.C. 494 che richiede il soggiorno regolare di entrambi i genitori);

2. coloro che nascono nel territorio italiano da genitori stranieri dei quali almeno uno sia nato in Italia.

 

 

1. Acquisto della cittadinanza per nascita con un genitore soggiornante o residente per un certo periodo.

 

Le proposte di legge si differenziano tra loro per la durata del periodo di permanenza legale (da un minimo di un anno a un massimo di 5 anni) e per il tipo di permanenza richiesta al genitore (soggiorno regolare, residenza legale o permesso di soggiorno di lungo periodo).

In particolare:

§  le pressoché identiche proposte di iniziativa popolare A.C. 9 e Vendola A.C. 250 richiedono il soggiorno legale (A.C. 9) o regolare (A.C. 250) in Italia da almeno un anno;

§  la proposta Sorial A.C. 1204 richiede la residenza legale da non meno di tre anni;

§  la proposte Bressa A.C. 273, Bressa A.C. 274, Zampa A.C. 369, Bersani A.C. 463 richiedono la residenza legale, senza interruzioni, da almeno cinque anni;

§  la proposta Marazziti A.C. 525 richiede il soggiorno regolare da almeno cinque anni;

§  le proposte Di Lello A.C. 200 e Caruso A.C. 647 richiedono il soggiorno regolare (A.C. 200) o legale (A.C. 647), senza interruzioni, da almeno 5 anni, nonché la residenza (per quest’ultima non è previsto un periodo minimo);

§  la proposta Gozi A.C. 707 richiede la titolarità del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo o della certificazione comunale attestante il diritto di soggiorno dei cittadini comunitari o della carta di soggiorno permanente per i familiari di cittadini europei (documenti che possono essere acquisiti, a determinate condizioni, dopo 5 anni di soggiorno regolare)[1] .

 

Diversa è la disciplina della proposta Vaccaro A.C. 494, che richiede il soggiorno regolare non di uno solo, ma di entrambi i genitori, per un periodo di almeno 3 anni, senza interruzioni.

 

Si ricorda che il periodo di soggiorno decorre dalla data di rilascio del permesso di soggiorno, mentre il periodo di residenza decorre dalla data di iscrizione anagrafica nel comune prescelto, che generalmente è successiva.

 

 

2. Acquisto della cittadinanza per nascita con un genitore nato in Italia.

 

In questo caso l’acquisto della cittadinanza consegue alla nascita da genitori stranieri, di cui almeno uno nato in Italia.

Le proposte di iniziativa popolare A.C. 9, Vendola A.C. 250 e Vaccaro A.C. 494 considerano sufficiente questo requisito, senza prescrivere un periodo minimo di permanenza regolare.

Le proposte Di Lello A.C. 200, Bressa A.C. 273, Bressa A.C. 274, Bersani A.C. 463, Caruso A.C. 647 e Sorial A.C. 1204 richiedono invece l’ulteriore requisito della residenza da almeno un anno del genitore nato in Italia.

Le proposte Marazziti A.C. 525 e Gozi A.C. 707 richiedono anch’esse una permanenza regolare di almeno un anno senza interruzioni, facendo però rifermento al soggiorno regolare (A.C. 707) o legale (A.C. 525), anziché alla residenza.

 

 

Procedura attivata da un genitore o dai genitori

 

Per quanto riguarda la procedura di acquisto, secondo le proposte di iniziativa popolare A.C. 9, Vendola A.C. 250, Bressa A.C. 273, Bressa A.C. 274, Gozi A.C. 707 e Sorial A.C. 1204 la cittadinanza si acquista a seguito di una dichiarazione di volontà in tal senso espressa da un genitore (non necessariamente dunque del genitore che risponde ai requisiti richiesti) o, per la sola proposta Sorial A.C. 1204, da chi esercita la potestà parentale secondo l’ordinamento del Paese di origine.

Le proposte Bressa A.C. 273, Bressa A.C. 274, Gozi A.C. 707 e Sorial 1204 specificano altresì che la dichiarazione deve risultare dall’atto di nascita A.C. 273 e 274) o iscritta a margine (A.C. 707) o ivi trascritta (A.C. 1204).

La proposta Bersani A.C. 463 dispone l’acquisto della cittadinanza a seguito di dichiarazione espressa in tal senso di entrambi i genitori, o di chi esercita la potestà genitoriale, cui si accompagna l’impegno ad educare il minore nel rispetto della Costituzione e delle leggi. È in proposito richiamata l’applicabilità delle disposizioni del codice civile in materia di esercizio della potestà dei genitori (artt. 316 e 317 c.c.). E’ inoltre richiesto il requisito della residenza legale del minore al momento della dichiarazione.

La proposta Marazziti A.C. 525 prevede la dichiarazione di volontà di entrambi i genitori, o del solo genitore esercente la potestà, da iscrivere nei registri di cittadinanza del comune di nascita, residenza o effettivo domicilio del minore. Dopo il quattordicesimo anno è altresì richiesto l’assenso del minore.

 

Le proposte esaminate non definiscono dunque un termine per l’effettuazione della dichiarazione.

 

In sede interpretativa potrebbe conseguentemente ingenerarsi un dubbio in ordine al momento – nascita del figlio o effettuazione della dichiarazione - in cui devono sussistere i requisiti per l’acquisto della cittadinanza (si pensi al caso del genitore che al momento della nascita non abbia completato il periodo di permanenza legale prescritto). Si valuti l’opportunità di precisare che i requisiti devono sussistere al momento della nascita.

 

Le proposte Di Lello A.C. 200, Vaccaro A.C. 494 e Caruso A.C. 647 prevedono invece che la dichiarazione deve essere effettuata al momento della nascita. In particolare esse dispongono che la cittadinanza si acquista a seguito di una dichiarazione obbligatoria di volontà di un genitore, da sottoscrivere contestualmente alla dichiarazione anagrafica e da inserire nell’atto di nascita; da tale formulazione sembra dunque discendere l’obbligo per il genitore di dichiarare se intende o non intende far acquisire la cittadinanza italiana al figlio.

 

La proposta Zampa A.C. 369 non disciplina invece la procedura per l’acquisto della cittadinanza.

 

Procedura attivata dall’interessato

 

Le proposte di iniziativa popolare A.C. 9, Di Lello A.C. 200, Vendola A.C. 250, Bressa A.C. 273, Bressa A.C. 274, Marazziti A.C. 575, Caruso A.C. 647  e Gozi A.C. 707 prevedono che qualora non sia stata resa da parte di un genitore la dichiarazione di volontà in favore dell’acquisto della cittadinanza o – per le proposte che prevedevano la dichiarazione obbligatoria – il genitore abbia espresso un rifiuto, i soggetti interessati acquistano la cittadinanza su loro richiesta, da presentarsi entro due anni dal raggiungimento della maggiore età, senza ulteriori condizioni.

Nello stesso senso dispone la proposta Bersani A.C. 463, che richiede però l’ulteriore requisito della residenza legale dell’interessato.

La proposta Sorial A.C. 1204 riconosce anch’essa la facoltà per l’interessato di richiedere l’acquisto della cittadinanza, mediante dichiarazione espressa all’ufficiale di stato civile, senza peraltro prevedere un termine finale per tale dichiarazione.

 

Rinunciabilità

 

Le proposte di iniziativa popolare A.C. 9, Di Lello A.C. 200, Vendola A.C. 250, Bressa A.C. 273, Bressa A.C. 274, Bersani A.C. 463, Vaccaro A.C. 494, Marazziti A.C. 525, Caruso A.C. 647 e Gozi A.C. 707 prevedono che, entro un anno dal compimento della maggiore età, i soggetti che hanno ottenuto la cittadinanza italiana iure soli secondo le modalità illustrate possono, nel caso in cui siano in possesso di un’altra cittadinanza, rinunciare a quella italiana.

Nello stesso senso dispone la proposta Sorial A.C. 1204, che però non indica un termine finale per la rinuncia.

 

La proposta Zampa A.C. 369 non prevede invece la rinunciabilità.

Acquisto della cittadinanza da parte del minore iure domicilii

Molte delle proposte di legge prevedono anche l’accesso di diritto alla cittadinanza ai minori stranieri nati o entrati in Italia nei primi anni di vita e che vi hanno soggiornato o risieduto legalmente fino alla maggiore età (cd. ius domicilii).

 

Si ricorda in proposito che la disciplina vigente, di cui all’art. 4, comma 2, L. n. 91/1992 prevede che lo straniero nato in Italia, che vi abbia risieduto legalmente senza interruzioni fino al raggiungimento della maggiore età, diviene cittadino se dichiara di voler acquistare la cittadinanza italiana entro un anno dalla suddetta data.

Il decreto-legge c.d. “del fare” (D.L. 69/2013, art. 33) ha introdotto una disposizione di semplificazione del procedimento per l’acquisto della cittadinanza per lo straniero nato in Italia, secondo il quale ai fini di cui all’articolo 4, comma 2, della legge 91/1992, all’interessato non sono imputabili eventuali inadempimenti riconducibili ai genitori o agli uffici della pubblica amministrazione ed egli può dimostrare il possesso dei requisiti con ogni altra idonea documentazione.

Inoltre, gli ufficiali di stato civile sono tenuti al compimento del diciottesimo anno di età a comunicare all’interessato, la possibilità di esercitare tale diritto entro il compimento del diciannovesimo anno di età. In mancanza, il diritto può essere esercitato anche oltre tale data.

 

Le proposte in esame che recano una nuova disciplina per il minore nato in Italia che vi permane fino alla maggiore età abrogano o sostituiscono l’art. 4, comma 2, L. n. L. n. 91/1992 (con l’eccezione delle proposte A.C. 9 e A.C. 250 che pertanto non risultano coordinate con la normativa vigente).

 

La proposte di iniziativa popolare A.C. 9 e Vendola A.C. 250 dispongono in proposito che lo straniero nato o entrato in Italia entro il decimo anno di età acquista, a richiesta, la cittadinanza italiana qualora abbia soggiornato legalmente (A.C. 9) o regolarmente (A.C. 250) in Italia fino al compimento della maggiore età.

In questi casi è richiesta una dichiarazione dell’interessato da rendersi entro uno o due anni dal raggiungimento della maggiore età.

 

Le proposte Di Lello A.C. 200, Bressa A.C. 273, Bressa A.C. 274, Pes A.C. 349, Vaccaro A.C. 494, Marazziti A.C. 525, Caruso A.C. 647, Gozi A.C. 707 e Sorial A.C. 1204 dispongono che lo straniero nato o entrato in Italia entro il quinto anno di età acquista la cittadinanza italiana qualora abbia risieduto legalmente (o abbia soggiornato regolarmente per l’A.C. 525 e l’A.C. 707) in Italia fino al compimento della maggiore età.

 

Per le proposte Di Lello A.C. 200, Vaccaro A.C. 494 e Caruso A.C. 647, l’acquisto è automatico, salvo esplicito rifiuto. Se, tuttavia, l’ordinamento vigente nel Paese di origine non consente la doppia cittadinanza, l’interessato è tenuto ad esprimere un’opzione.

Le proposte Bressa A.C. 273, Pes A.C. 349, Marazziti A.C. 525, Gozi A.C. 707 e Sorial A.C. 1204 prevedono invece una dichiarazione dell’interessato da rendersi entro un anno o due anni dal raggiungimento della maggiore età.

 

Ipotesi diverse di acquisto della cittadinanza da parte del minore nato in Italia sono disciplinate dalle proposte Pes A.C. 349 e Polverini A.C. 945.

In particolare, la proposta Pes A.C. 349 prevede che il minore nato in Italia da genitori stranieri ivi residenti acquista la cittadinanza al compimento del 5° anno di età, qualora abbia risieduto in Italia senza interruzioni per questo periodo.

È necessaria una dichiarazione di volontà espressa in tal senso da un genitore legalmente residente.

L’interessato, in possesso di altra cittadinanza, può rinunciare alla cittadinanza italiana, entro un anno dal raggiungimento della maggiore età.

 

La proposta Polverini A.C. 945 prevede che lo straniero nato in Italia acquista la cittadinanza italiana:

§  al completamento del corso di istruzione primaria, qualora abbia risieduto legalmente in Italia fino a tale data, previa dichiarazione dal soggetto che esercita la potestà (secondo l’ordinamento dello Stato di origine), esente dal contributo di 200 euro previsto dalla legge. La cittadinanza è rinunciabile dall’interessato in possesso di altra cittadinanza entro un anno dal raggiungimento della maggiore età;

§  qualora alla data di presentazione dell’istanza risulti residente legalmente da almeno 3 anni, previo superamento di un esame che accerti la conoscenza della cultura, della lingua e dei principi fondamentali dell’ordinamento italiano. Questa modalità di acquisto può applicarsi anche a soggetti maggiorenni.

In questi casi ai requisiti della nascita in Italia e della residenza, si aggiunge un ulteriore requisito attinente allo ius culturae o all’integrazione linguistica e culturale (v. in proposito i paragrafi successivi).

La proposta A.C. 945 conferma l’ipotesi di acquisto delle cittadinanza attualmente prevista dall’art. 4, comma 2, L. n. 91/1992, secondo cui lo straniero nato in Italia, che vi abbia risieduto legalmente senza interruzioni fino al raggiungimento della maggiore età, diviene cittadino se dichiara di voler acquistare la cittadinanza italiana entro un anno dalla suddetta data (nuovo art. 3-bis, comma 4).

 

Diversa è invece l’ispirazione della proposta Bianconi A.C. 2376, che rende più gravosa l’acquisizione della cittadinanza italiana da parte degli stranieri nati in Italia ed ivi residenti senza interruzioni sino alla maggiore età.

La proposta introduce infatti un requisito ulteriore, legato allo ius culturae, per l’acquisto della cittadinanza: la frequenza con profitto di scuole riconosciute dallo Stato italiano almeno sino all’assolvimento del diritto-dovere all’istruzione e alla formazione.

 

Si ricorda che il decreto legislativo 15 aprile 2005, n. 76 ha ridefinito e ampliato l’obbligo scolastico, di cui all’art. 34 della Costituzione, e l’obbligo formativo (introdotto dall’art. 68 della L. 17 maggio 1999, n. 144) come diritto-dovere all’istruzione e alla formazione, assicurandone a tutti la piena fruizione per almeno dodici anni o, comunque, sino al conseguimento di una qualifica di durata almeno triennale entro il diciottesimo anno di età.

Successivamente, la legge finanziaria per il 2007 (art. 1, comma 622, L. 296/2006) ha modificato ulteriormente il regime giuridico stabilendo che l’istruzione impartita per almeno dieci anni è obbligatoria e finalizzata a consentire il conseguimento di un titolo di studio di scuola secondaria superiore o di una qualifica professionale di durata almeno triennale entro il diciottesimo anno di età.

 

Acquisto della cittadinanza da parte del minore iure culturae

Molte proposte introducono una forma di acquisizione della cittadinanza da parte dei minore che potrebbe definirsi iure culturae, in quanto presuppone lo svolgimento di corsi di istruzione presso istituti scolastici del sistema nazionale di istruzione o percorsi di formazione professionale per ottenere una qualifica professionale. Esso costituisce un’alternativa sia allo ius sanguinis, sia allo ius soli, fornendo un’opportunità di conseguire la cittadinanza a coloro che, pur non essendo nati in Italia, vi abbiano trascorso un periodo decisivo di formazione della loro personalità.

 

Si ricorda in proposito che l’art. 38 del D.Lgs. n. 286 del 1998 stabilisce che i minori stranieri presenti sul territorio nazionale sono soggetti all’obbligo scolastico e che ad essi si applicano tutte le disposizioni vigenti in materia di diritto all’istruzione, di accesso ai servizi educativi, di partecipazione alla vita della comunità scolastica.

 

In particolare, alcune proposte di legge prevedono l’acquisizione della cittadinanza italiana previa frequenza (iniziativa popolare A.C. 9, Vendola  A.C. 250, Bressa A.C. 273, Bressa A.C. 274, Zampa A.C. 369, Bersani A.C. 463 e Gozi A.C. 707) o frequenza regolare per almeno 8 anni (Pes A.C. 349) o completamento (Di Lello A.C. 200 e Caruso A.C. 647) o completamento con esito positivo (Marazziti A.C. 525) di un corso di istruzione primaria o secondaria di primo grado ovvero secondaria superiore presso istituti scolastici appartenenti al sistema nazionale di istruzione ovvero un percorso di istruzione e formazione professionale idoneo al conseguimento di una qualifica professionale. La proposta Pes A.C. 349 richiede altresì l’assoluzione dell’obbligo di istruzione ai sensi della normativa vigente (art. 1, comma 622, della legge 27 dicembre 2006, n. 296).

La proposta Bersani A.C. 463 prescrive un ulteriore requisito: la nascita o l’ingresso in Italia entro il decimo anno di età:

Anche la proposta Sorial A.C. 1204 richiede il requisito della nascita o dell’ingresso in Italia entro una certa età, in relazione alla quale è graduato il ciclo scolastico di cui è richiesta la frequenza. In particolare:

§  allo straniero nato in Italia o che vi è entrato entro il quinto anno di età è richiesta la frequenza e la conclusione con esito positivo di un corso di istruzione primaria;

§  allo straniero entrato in Italia entro il decimo anno di età, è richiesta la frequenza e la conclusione con esito positivo di un corso di istruzione primaria e secondaria di primo grado;

§  allo straniero entrato in Italia entro il diciottesimo anno di età, è richiesta la frequenza e la conclusione con esito positivo di un corso di istruzione secondaria di primo grado e secondaria superiore o di un corso di istruzione secondaria di primo grado e un percorso di istruzione e formazione professionale idoneo al conseguimento di una qualifica professionale.

 

Per il conferimento della cittadinanza, è necessaria la presentazione di un’istanza da parte dei genitori ovvero del soggetto che esercita la potestà genitoriale (proposta di iniziativa popolare A.C. 9, Di Lello A.C. 200, Vendola A.C. 250, Bressa A.C. 273, Marazziti A.C. 525, Caruso A.C. 647 e Gozi A.C. 707). La proposta Sorial A.C. 1204 prevede una dichiarazione all’ufficiale dello stato civile del genitore o di chi esercita la potestà parentale.

In mancanza di istanza dei genitori, l’interessato, può presentare richiesta di cittadinanza entro due anni dal conseguimento della maggiore età (A.C. 9, A.C. 250, Bressa A.C. 273, Bressa A.C. 274, Bersani A.C. 463, Marazziti A.C. 525) ovvero entro un anno (A.C. 707). La proposta Sorial A.C. 1204 non indica invece un termine per la dichiarazione di acquisto della cittadinanza da parte dell’interessato.

La proposte Di Lello A.C. 200 e Caruso A.C. 647 prevedono invece l’acquisto automatico, salvo esplicito rifiuto (con opzione se il paese di origine non consente la doppia cittadinanza), al compimento della maggiore età o al completamento del corso (con una contraddizione interna con la disposizione che prevede in tal caso l’istanza dei genitori).

La proposta Bersani A.C. 463 dispone infine l’acquisto della cittadinanza a seguito di dichiarazione espressa in tal senso di entrambi i genitori o di chi esercita la potestà genitoriale, cui si accompagna l’impegno ad educare il minore nel rispetto della Costituzione e delle leggi. È in proposito richiamata l’applicabilità delle disposizioni del codice civile in materia di esercizio della potestà dei genitori (artt. 316 e 317 c.c.).

E’ inoltre richiesto il requisito della residenza legale del minore al momento della dichiarazione.

 

Si segnala che alcune proposte, nel riferirsi all’esercizio della potestà genitoriale fanno riferimento alla disciplina del Paese di origine.

 

E’ inoltre prevista la possibilità da parte dell’interessato, in possesso di un’altra cittadinanza, di rinunciare alla cittadinanza italiana entro due anni dal compimento della maggiore età (proposta di iniziativa popolare A.C. 9., Vendola A.C. 250, Bersani A.C. 463) ovvero entro un anno (Di Lello A.C. 200, Bressa A.C. 273, Bressa A.C. 274, Marazziti A.C. 525, Caruso A.C. 647 e Gozi A.C. 707). Analoga previsione è contenuta nella proposta Sorial A.C. 1204, che però non indica un termine per la rinuncia.

 

La sola proposta di legge A.C. 369 (art. 1, comma 1, lett. b) introduce una specifica disposizione in ordine all’acquisizione della cittadinanza da parte dei minori stranieri non accompagnati.

Costoro ottengono la cittadinanza, previa presentazione di apposita domanda, cittadinanza in presenza dei seguenti requisiti:

§  presenza continuativa in Italia da almeno due anni;

§  frequenza di corsi presso un istituto scolastico di qualsiasi ordine e grado appartenente al sistema nazionale di istruzione ovvero il compimento di un percorso di istruzione e formazione professionale idoneo al conseguimento di una qualifica professionale;

§  presa in carico dei minori, per un progetto di assistenza e di integrazione, da parte di un ente pubblico o privato;

§  possesso di un grado sufficiente di conoscenza della lingua italiana.

I minori possono presentate personalmente la domanda di cittadinanza[2].

 

La proposta Marazziti A.C. 525 inoltre:

§  prevede che nei casi in cui l'acquisto della cittadinanza dipenda da una dichiarazione di volontà dell'interessato quest'ultima può essere resa dal suo rappresentante legale quando si tratti di persona incapace. In ogni caso i termini di decadenza per rendere detta dichiarazione sono sospesi per tutto il tempo in cui perduri la condizione di incapacità dell'interessato.

§  introduce un obbligo informativo in capo all’ufficiale di anagrafe che è tenuto a comunicare ai residenti di cittadinanza straniera che raggiungano la maggiore età le modalità per l'acquisto della cittadinanza. In caso di mancato rispetto di tale obbligo sono sospesi i termini di decadenza per la dichiarazione di elezione della cittadinanza.

Si segnala che una disposizione analoga è stata già introdotta dal c.d. decreto-legge “del fare” (D.L. n. 69/2013, art. 33, comma 2, v. supra).

Acquisto della cittadinanza per matrimonio

L’articolo 3 delle proposte di iniziativa popolare A.C. 9 e Vendola A.C. 250 interviene in senso meno restrittivo sulla disciplina dettata dall’art. 5 della L. 91/1992, che regola l’acquisto della cittadinanza parte di stranieri che abbiano contratto matrimonio con cittadini italiani, riducendo il periodo minimo di residenza in Italia dopo il matrimonio, da due anni a sei mesi, per l’attribuzione della cittadinanza iure matrimonii, fermo restando il termine di tre anni nel caso in cui il coniuge straniero risieda all’estero.

Viene così ripristinata la disciplina vigente prima della legge n. 94/2009, parte del cosiddetto “pacchetto sicurezza” adottato all’inizio della XVI legislatura. La legge n. 94/2009 , con l’intento di porre un freno al fenomeno dei “matrimoni di comodo”, aveva infatti elevato da sei mesi a due anni il periodo minimo di residenza richiesto, disponendo altresì la riduzione ad un anno in presenza di figli nati o adottati dai coniugi.

 

Le proposte di legge Di Lello A.C. 200 (art. 3), Bressa A.C. 273 (art. 3), Caruso A.C. 647 (art. 3) e Gozi A.C. 707 (art. 7) mantengono fermo il termine di residenza in Italia di due anni ai fini dell’acquisizione della cittadinanza per matrimonio, e introducono altre disposizioni agevolative, quali l’introduzione della possibilità di inviare al Ministero dell’interno, entro 30 giorni dalla cessazione degli effetti civili del matrimonio o dalla separazione personale dei coniugi, idonea documentazione volta a dimostrare la sussistenza di un altro titolo per l’attribuzione o concessione della cittadinanza; in tal caso il termine per la conclusione del procedimento è esteso a 36 mesi complessivi.

 

La proposta Gozi A.C. 707 (art. 5) inoltre estende esplicitamente la disciplina in materia di matrimonio anche ai cittadini comunitari.

Essa non specifica le modalità di presentazione dell’istanza (art. 7 che sostituisce l’art. 7 della L. 91/1992).

 

La proposte Di Lello A.C. 200 (art. 3)  e Caruso A.C. 647 (art. 3) prevedono:

§  la fissazione di un termine certo (coincidente con i due anni di residenza in Italia (o tre anni di residenza all’estero) entro il quale, se interviene lo scioglimento o l’annullamento del matrimonio, è interdetta l’acquisizione della cittadinanza (attualmente il termine coincide con la data di adozione del decreto di cittadinanza); in proposito è introdotto un riferimento – non del tutto chiaro – ad un preesistente vincolo matrimoniale nel paese di origine;

§  la non cogenza dei termini di cui sopra in presenza di prole (due e tre anni), in luogo del dimezzamento dei tempi previsto dalla legge vigente; occorre chiarire il significato di questa modifica, che sembrerebbe consentire l’acquisizione immediata della cittadinanza al momento del matrimonio in presenza di figli;

 

Le proposte Di Lello A.C. 200 (art. 7) e Caruso A.C. 647 (art. 7) prevedono inoltre che la presentazione delle istanze per l’acquisizione della cittadinanza per matrimonio non si presentano al sindaco (come prevede attualmente l’art. 7, comma 1, della legge 91/1992) bensì al prefetto, ossia alla stessa autorità che, come stabilito dalla direttiva del Ministro dell'interno 7 marzo 2012, ha ora la competenza ad adottare provvedimenti in materia di concessione o diniego della cittadinanza nei confronti di cittadini stranieri coniugi di cittadini italiani. La competenza è, invece, del capo del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione, qualora il coniuge straniero abbia la residenza all'estero, e del ministro dell’Interno nel caso sussistano ragioni inerenti alla sicurezza della Repubblica.

Viene mantenuta la disposizione che prevede che l’atto di attribuzione della cittadinanza è adottato nella forma del decreto del Ministro dell’interno, ma viene abrogato il controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti, per effetto dell’abrogazione del comma 2 del’art. 7 della legge 91/1002.

Adozione dello straniero maggiorenne

Le proposte che modificano la disciplina dell’acquisto della cittadinanza a seguito di matrimonio intervengono anche in ordine all’adozione dello straniero maggiorenne.

In particolare, si prevede che lo straniero maggiorenne, adottato da un cittadino italiano, acquista la cittadinanza italiana dopo due anni (di iniziativa popolare A.C. 9, Di Lello A.C. 200, Vendola A.C. 250 e Caruso A.C. 647) o dopo cinque anni (Bressa A. C. 273) di residenza legale, senza interruzioni, nel territorio della Repubblica, successiva all’adozione.

L’A.C. Gozi 707 (art. 3, comma 2) prevede l’acquisto della cittadinanza dopo un periodo di soggiorno regolare - e non di residenza - pari 4 anni, che però possono essere sia precedenti che successivi all’adozione.

 

Si ricorda che attualmente l’acquisizione della cittadinanza dello straniero maggiorenne adottato è disciplinata dall’art. 9, comma 1, lett. b), che prevede un periodo di residenza di cinque anni dopo l’adozione quale requisito preliminare. Inoltre, la concessione della cittadinanza è discrezionale ed è concessa con DPR, sentito il Consiglio di Stato, su proposta del Ministro dell’interno. La disposizione in esame rende, dunque, automatica l’acquisizione della cittadinanza del cittadino straniero maggiorenne, alla stregua del cittadino minorenne (di cui all’art. 3 della legge 91/1992).

Nuova forma di attribuzione della cittadinanza

Le proposte di iniziativa popolare A.C. 9, Di Lello A.C. 200, Vendola A.C. 250, Bressa A.C. 273, Caruso A.C. 647 e Vaccaro A.C. 494 introducono una nuova forma di attribuzione della cittadinanza che sostituisce (A.C. 9 e A.C. 250) o appare in sostanza destinata a superare (A.C. 200, A.C. 273, A.C. 494) alcune rilevanti ipotesi di acquisto di cittadinanza per cd. naturalizzazione ai sensi dell’art. 9 L. n. 91/1992.

La principale innovazione consiste nel fatto che l’acquisto della cittadinanza non è discrezionale, come nell’ipotesi di cui all’art. 9, L. n. 91/1992, ma costituisce un atto dovuto una volta verificati i requisiti prescritti dalla legge.

A differenza dell’art. 9, che riguarda la concessione della cittadinanza, la nuova disciplina fa riferimento all’attribuzione della cittadinanza.

 

Per ciò che attiene alla procedura, le proposte prevedono l’attribuzione della cittadinanza, su istanza dell’interessato, con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell’interno (A.C. 200, 273 e 647) o del sindaco del comune di residenza (A.C. 9 e 250).

La proposta A.C. 494 non disciplina invece il procedimento di attribuzione della cittadinanza.

 

Le proposte di iniziativa popolare A.C. 9 e Vendola A.C. 250 prevedono l’attribuzione della cittadinanza:

§  allo straniero che risiede legalmente in Italia da almeno cinque anni - in luogo dei 10 anni previsti dall’art. 9 L. 91/1992 - che è in possesso di un requisito reddituale non inferiore a quello prescritto per il rilascio del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo (quindi non inferiore all’assegno sociale annuo)[3];

§  al cittadino di uno Stato membro dell’Unione europea che risieda legalmente da almeno tre anni in Italia, in luogo dei quattro anni previsti dall’art. 9 L. 91/1992;

§  allo straniero regolarmente soggiornante da almeno tre anni a cui sia stato riconosciuto lo status di rifugiato o di persona cui è accordata la protezione sussidiaria o di apolide (l’art. 9 L. n. 91/1992 contempla solo l’ipotesi dell'apolide legalmente residente da almeno cinque anni).

Le proposte A.C. 9 e A.C. 250 specificano che per queste ultime due ipotesi non è richiesto alcun requisito di reddito.

Esse abrogano conseguentemente le corrispondenti ipotesi dell’art. 9 L. n. 91/1992.

 

Le proposte Di Lello A.C. 200, Bressa A.C. 273 e Caruso A.C. 647 prevedono l’attribuzione della cittadinanza:

§  allo straniero che soggiorna legalmente senza interruzioni (A.C. 200 e A.C. 647) o risiede legalmente (A.C. 273) in Italia da almeno cinque anni che è in possesso di un requisito reddituale non inferiore a quello prescritto per il rilascio del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo (quindi non inferiore all’assegno sociale annuo), a condizione che abbia superato una verifica sull’integrazione linguistica e sociale (su cui v. paragrafo successivo);

§  al cittadino di uno Stato membro dell’Unione europea che risieda legalmente da almeno tre anni in Italia;

§  allo straniero regolarmente soggiornante da almeno tre anni a cui sia stato riconosciuto lo status di rifugiato.

Le proposte A.C. 200 (art. 13), A.C. 273 (art. 13) e A.C. 647 (art. 13) provvedono altresì ad abrogare il comma 2, dell’articolo 6 della legge 91/1992, che equipara lo status di rifugiato con quello di apolide ai fini della applicazione delle legge sulla cittadinanza

 

La proposta Vaccaro A.C. 494 prevede l’attribuzione della cittadinanza nella sola ipotesi dello straniero che soggiorni regolarmente senza interruzioni in Italia da almeno cinque anni, in possesso di un requisito reddituale non inferiore a quello prescritto per il rilascio del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo (non inferiore all’assegno sociale annuo), a condizione che abbia superato una verifica sull’integrazione linguistica e sociale (su cui v. paragrafo successivo).

Integrazione linguistica e sociale

Alcune proposte di legge intervengono, inoltre, in materia di integrazione linguistica e sociale dei richiedenti la cittadinanza con diverse modalità.

 

Il requisito dell’integrazione linguistica e sociale dello straniero è stato adottato con varie definizioni (“indicatore di socializzazione”, “sufficiente integrazione personale e professionale”) e con diverse modalità (test di integrazione, attestazione di conoscenza della lingua, frequenza di appositi corsi, eccetera), in alcuni Paesi europei, con lo scopo di verificare la serietà dell’intento dello straniero di acquisire la cittadinanza e la possibilità di un suo reale inserimento nel tessuto sociale del Paese in vista del rapporto perdurante e stabile che con il conferimento della cittadinanza verrà a determinarsi con la società e le sue istituzioni, anche attraverso la conseguente acquisizione dei diritti civili e politici che lo Stato riserva ai suoi cittadini[4].

 

Nella XVI legislatura, la legge sulla sicurezza (L. 94/2009) ha introdotto il concetto di “integrazione”, quale processo finalizzato a promuovere la convivenza dei cittadini italiani e di quelli stranieri (art. 1, comma 25). Per ottenere il rilascio del permesso di soggiorno lo straniero deve stipulare un accordo di integrazione (il cosiddetto permesso di soggiorno “a punti”), articolato per crediti, con l'impegno a conseguire specifici obiettivi di integrazione. La perdita integrale dei crediti comporta la revoca del titolo di soggiorno e l’espulsione amministrativa dello straniero. L’accordo di integrazione è diventato operativo con l’adozione del regolamento di attuazione (DPR 14 settembre 2011, n. 179).

Inoltre, il rilascio del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, riservato agli stranieri residenti da lungo tempo nel nostro Paese, viene ora subordinato al superamento da parte del richiedente di un test di conoscenza della lingua italiana (art. 1, comma 22, lett. i). Le modalità di svolgimento del test sono state definite con il decreto del Ministro dell’interno 4 giugno 2010[5].

 

La proposta Gozi A.C. 707 (art. 4) introduce una disposizione di carattere generale secondo cui l’acquisizione della cittadinanza per motivi diversi di quelle per nascita ed adozione di minorenne è subordinata dalla verifica delle reale integrazione linguistica e sociale, derivante dal possesso di:

§  una conoscenza della lingua italiana parlata equivalente al livello A2, di cui al quadro comune europeo di riferimento delle lingue[6];

§  una conoscenza sufficiente della vita civile dell'Italia;

§  -una conoscenza dei principi fondamentali di storia e cultura italiana, di eduzione civica e della Costituzione della Repubblica.

 

Le proposte Di Lello A.C. 200, Bressa A.C. 273, Vaccaro A.C. 494 e Caruso A.C. 647 richiedono la verifica dell’integrazione solo ai fini nella nuova ipotesi di attribuzione della cittadinanza dopo un periodo di residenza o soggiorno legale di 5 anni, in presenza di determinati requisiti di reddito (su cui v. paragrafo precedente).

Esse richiedono in particolare:

§  una conoscenza della lingua italiana parlata equivalente al livello A2, di cui al quadro comune europeo,

§  una conoscenza della vita civile dell'Italia (A.C. 200, 647 e 494), della Costituzione (A.C. 200 e 647) e il raggiungimento di un adeguato grado di integrazione sociale (A.C. 494).

Le proposte Di Lello A.C. 200 e Caruso A.C. 647 prevedono inoltre la ripetibilità senza limiti della verifica, con intervalli non inferiori a 4 mesi.

 

Ai sensi delle proposte Di Lello A.C. 200, Bressa A.C. 273, Vaccaro A.C. 494, Caruso A.C. 647 e Gozi A.C. 707 l’acquisizione della cittadinanza impegna il nuovo cittadino al rispetto e alla promozione dei valori fondanti della Repubblica.

Sono inoltre disciplinate:

§  iniziative del Governo per sostenere l’integrazione linguistica e sociale dello straniero;

§  le modalità di determinazione dei titoli idonei ad attestare la conoscenza della lingua italiana.

 

Le proposte di iniziativa popolare A.C. 9 e Vendola A.C. 250 prevedono invece una disposizione di principio secondo la quale lo Stato garantisce l'offerta formativa per la conoscenza della lingua e della Costituzione italiana per gli stranieri richiedenti la cittadinanza e promuove, anche in collaborazione con le regioni e con gli enti locali, le iniziative e le attività finalizzate a sostenere l’integrazione linguistica e sociale dello straniero.

 

La proposta Bianconi A.C. 2376 introduce un ‘percorso di cittadinanza’ finalizzato alla concessione della cittadinanza dopo 10 anni di residenza, per il quale si rinvia al paragrafo Concessione della cittadinanza.

Motivi preclusivi dell’attribuzione della cittadinanza

Le proposte di legge di iniziativa popolare A.C. 9, Di Lello A.C. 200, Vendola A.C. 250, Bressa A.C. 273 e Caruso A.C. 647 estendono alcune cause ostative, che attualmente precludono il riconoscimento della cittadinanza per matrimonio (art. 5, L. 91/1992), alle nuove ipotesi di attribuzione della cittadinanza prive di discrezionalità precedentemente illustrate e a quella del minore figlio di genitori stranieri che abbia frequentato corsi di istruzione o di formazione professionale in Italia (art. 4, comma 2-bis, L. 91/1992).

La proposta Gozi A.C. 707 prevede invece che le cause ostative si applicano all’attribuzione della cittadinanza in favore dei minori scolarizzati e degli adottati maggiorenni, ma non ai casi di acquisto per matrimonio.

 

Tutte e cinque le proposte ampliano il novero delle cause ostative, escludendo la possibilità di divenire cittadini italiani anche per coloro che hanno riportato una condanna per uno dei crimini contro l’umanità puniti ai sensi della legge penale internazionale. In particolare, le proposte di legge richiamano le competenze sui crimini di genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra, riconosciute ai tribunali penali internazionali (tribunale internazionale per i crimini commessi nella ex-Jugoslavia[7], tribunale internazionale per i crimini in Ruanda[8] e Corte penale internazionale[9]).

 

Le proposte di iniziativa popolare A.C. 9, Di Lello 200, Vendola A.C. 250, Bressa A.C. 273, Caruso A.C. 647 e Gozi A.C. 707:

§  introducono la previsione secondo cui l’acquisto della cittadinanza non è precluso ai minori condannati a pena detentiva non superiore a tre anni (A.C. 9, A.C. 250 e A.C. 707) o a due anni (A.C. 200, A.C. 273 e A.C. 647);

§  riconducono la cessazione degli effetti preclusivi non solo alla riabilitazione (già prevista dalla disciplina vigente), ma anche all’estinzione del reato.

 

Le proposte di iniziativa popolare A.C. 9 e Vendola A.C. 250 inoltre:

§  prevedono, quale causa ostativa all’attribuzione della cittadinanza, la condanna per un delitto non colposo ad una pena superiore a due anni di reclusione, in luogo della causa ostativa della condanna per un delitto non colposo per il quale la legge preveda una pena edittale non inferiore nel massimo a tre anni di reclusione; occorre dunque fare riferimento non più alla pena edittale, ma alla pena irrogata;

§  escludono dalle cause ostative all’attribuzione della cittadinanza la condanna per un reato non politico ad una pena detentiva superiore ad un anno da parte di una autorità giudiziaria straniera, quando la sentenza sia stata riconosciuta in Italia:

§  escludono dalle cause ostative all’attribuzione della cittadinanza la sussistenza, nel caso specifico, di comprovati motivi inerenti alla sicurezza della Repubblica;

§  eliminano la sospensione dell’acquisto della cittadinanza fino alla sentenza definitiva in caso di esercizio dell’azione penale.

 

Le proposte Di Lello A.C 200, Bressa A.C. 273 e Caruso A.C. 647 introducono tra le cause ostative all’acquisto della cittadinanza la dichiarazione di delinquenza abituale[10].

 

Le proposte Di Lello A.C. 200, Bressa A.C. 273, Caruso A.C. 647 e Gozi A.C. 707:

§  estendono la sospensione dell’acquisto della cittadinanza ai casi di adozione di una misura cautelare personale per i reati che precludono l’acquisto, nonché all’adozione di misure restrittive della libertà personale o al rinvio a giudizio per i crimini perseguiti dai tribunali internazionali;

§  escludono dalle cause ostative all’attribuzione della cittadinanza di cui all’art. 6 L. n. 91/1992 la sussistenza, nel caso specifico, di comprovati motivi inerenti alla sicurezza della Repubblica, ricollocando tale ipotesi in un articolo autonomo (rispettivamente: art. 8-bis della legge 91/1992 e art. 9 della nuova legge prevista dalla pdl A.C. 707 in sostituzione della L. 91/1992).

Il nuovo articolo prevede che la reiezione dell’istanza per l’acquisto della cittadinanza per motivi che fanno ritenere il richiedente pericoloso per la sicurezza della Repubblica avviene con decreto motivato del Ministro dell’interno, previo parere conforme del Consiglio di Stato (come attualmente previsto dall’art. 8, comma 1, della legge 91/1992); del rigetto viene data comunicazione al Presidente del Consiglio (in quest’ultima previsione è la differenza rispetto alla disciplina attuale); l’istanza può essere riproposta dopo due anni (in luogo dei cinque ora previsti). Qualora risulti necessario acquisire ulteriori informazioni in ordine alla pericolosità per la sicurezza della Repubblica, il Ministro dell’interno può sospendere il procedimento di attribuzione della cittadinanza per un periodo massimo di tre anni, informandone il Presidente del Consiglio;

§  provvedono a coordinare le modifiche apportate all’articolo 6 della legge (ossia l’estensione delle cause di preclusione) con quanto disposto dall’articolo 8 che attualmente prevede che il Ministro dell’interno respinge l’istanza di attribuzione della cittadinanza per matrimonio con decreto motivato ove sussistano le cause ostative prima ricordate. La novella delle proposte A.C. 200 e A.C. 647 estende tale procedura anche alle ipotesi di attribuzione della cittadinanza (art. 5-bis, L. 91/1992) e a quella del minore figlio di genitori stranieri che abbia frequentato corsi di istruzione presso istituti scolastici o percorsi di formazione professionale in Italia (art. 4, comma 2-bis, L. 91/1992), mentre la proposta A.C. 707 estende la procedura a tutte le forme di acquisizione tranne nascita e adozione.

Concessione della cittadinanza

Alcune delle proposte di legge in esame intervengono sulla disciplina relativa alla concessione della cittadinanza per naturalizzazione, che lo straniero può richiedere dopo un certo numero di anni di residenza in Italia e che lo Stato può concedere con ampi margini di discrezionalità, modificando l’art. 9 della L. 91/1992.

Le proposte sono tendenzialmente volte ad ampliare i casi di concessione della cittadinanza, ad eccezione della proposta Bianconi A.C. 2376, che rende più complesso il procedimento per la concessione della cittadinanza per gli stranieri residenti da almeno dieci anni, introducendo peraltro termini certi per la conclusione del procedimento.

 

Alcune delle novelle previste dalle proposte di legge sono conseguenti a modifiche apportate ad altre parti delle legge che hanno sottratto (del tutto o in parte) alcune fattispecie dall’ambito della discrezionalità amministrativa dell’articolo 9. E’ questo il caso delle proposte di iniziativa popolare A.C. 9, Vendola A.C. 250 (art. 4, comma 2) e Di Lello A.C. 200, Bressa A.C. 273 e Caruso A.C. 647 (art. 10) che sopprimono le previsioni contenute nell’art. 9, comma 1, lett. b), d) ed f) recanti rispettivamente l’accesso alla cittadinanza da parte di:

§  stranieri adottati nella maggiore età (categoria esclusa anche dalla proposta A.C. 707, art. 10, perché confluita nell’art. 3);

§  cittadini comunitari;

§  stranieri residenti da almeno 10 anni (l’A.C. 273 si limita a modificare tale ipotesi).

La prima categoria di soggetti rientra nella disciplina di cui all’art. 3 delle tre proposte (si veda il paragrafo Adozione dello straniero maggiorenne), le altre due all’art. 4 (si veda il paragrafo Nuova forma di attribuzione della cittadinanza).

 

Le proposte Di Lello A.C. 200, Bressa A.C. 273, Caruso A.C. 647 e Gozi A.C. 707 introducono una nuova categoria di soggetti cui è possibile concedere la cittadinanza ai sensi dell’art. 9: i minori stranieri od apolidi che hanno frequentato integralmente un ciclo scolastico in Italia, al raggiungimento della maggiore età.

Sembra trattarsi tuttavia di una previsione residuale, in quanto le proposte prevedono (art. 2 dell’A.C. 200 e dell’A.C. 647 e art. 3, comma 10, dell’A.C. 707) l’acquisizione della cittadinanza del figlio scolarizzato di genitori stranieri (si veda il paragrafo Acquisto della cittadinanza da parte del minore iure culturae).

In particolare, le proposte Di Lello A.C. 200, Bressa A.C. 273, Caruso A.C. 647 e Gozi A.C. 707 per l’acquisizione della cittadinanza iure culturae, fanno riferimento al ‘completamento’ (A.C. 200) e alla ‘frequenza’ (A.C. 273 e A.C. 707) di un corso di istruzione primaria o secondaria di primo grado ovvero secondaria superiore presso istituti scolastici del sistema nazionale di istruzione ovvero un percorso di istruzione e formazione professionale idoneo al conseguimento di una qualifica professionale, laddove la disposizione in esame richiama la ‘frequenza integrale’ di un ‘ciclo scolastico’.

 

Anche la proposta Vaccaro A.C. 494 introduce una nuova categoria di soggetti titolati a presentare la domanda: gli stranieri che hanno svolto interamente gli studi universitari in Italia conseguendo la laurea con una votazione non inferiore a 110 su 110 (art. 4).

 

Le proposte Di Lello A.C. 200, Bressa A.C. 273, Marazziti A.C. 525, Caruso A.C. 647 e Gozi A.C. 707 riducono da cinque a tre anni il termine per la concessione della cittadinanza all’apolide che risieda legalmente in Italia; inoltre l’A.C. 707 richiede per tale periodo, non la residenza, ma il soggiorno regolare.

 

La proposta Marazziti A.C. 525:

§  riduce da quattro a tre anni il periodo di residenza legale dei cittadini europei necessario per chiedere la cittadinanza italiana;

§  modifica la disciplina per la concessione della cittadinanza agli stranieri non europei, richiedendo un periodo minimo di soggiorno regolare (anziché di residenza legale) di cinque anni (anziché di dieci anni), nonché  il requisito del reddito non inferiore a quello prescritto per il rilascio del permesso di soggiorno UE di lungo periodo (quindi non inferiore all’assegno sociale annuo).

 

La proposta Gozi A.C. 707:

§  aumenta da quattro a cinque anni il periodo di residenza legale dei cittadini europei necessario per chiedere la cittadinanza italiana;

§  modifica la disciplina per la concessione della cittadinanza agli stranieri non europei, richiedendo un periodo minimo di soggiorno regolare (anziché di residenza legale) di otto anni (anziché di dieci anni);

§  introduce due nuove ipotesi di concessione della cittadinanza:

§   per lo straniero regolarmente soggiornante in Italia da almeno sei anni che abbia goduto ininterrottamente per tale periodo della protezione sussidiaria riconosciuta (ex  D.Lgs. n. 251/2007 );

§   per lo straniero regolarmente soggiornante in Italia da almeno cinque anni a cui sia stato riconosciuto lo status di rifugiato;

§  subordina tutte le ipotesi di concessione della cittadinanza al requisito del reddito non inferiore a quello prescritto per il rilascio del permesso di soggiorno UE di lungo periodo (quindi non inferiore all’assegno sociale annuo).

 

La proposta Bressa A.C. 273 introduce per la concessione della cittadinanza allo straniero legalmente residente da almeno 10 anni il requisito del reddito non inferiore a quello prescritto per il rilascio del permesso di soggiorno UE di lungo periodo (quindi non inferiore all’assegno sociale annuo).

Questa ipotesi sembrerebbe applicabile ai soli stranieri che non superano la verifica sull’integrazione linguistica e sociale, in quanto la medesima proposta A.C. 273 – come già visto – introduce una nuova modalità di attribuzione della cittadinanza, priva di discrezionalità, per lo straniero legalmente residente da almeno cinque anni, in possesso del medesimo requisito reddituale, subordinatamente peraltro alla verifica sull’integrazione linguistica e sociale.

Per le altre ipotesi di concessione della cittadinanza la proposta A.C. 273 dispone che l’interessato non è tenuto a dimostrare alcun requisito di reddito.

 

La proposta Pes A.C. 349 (art. 1, comma 1, lett. c)) riduce da dieci a otto anni il periodo minimo di residenza legale per la presentazione della domanda di cittadinanza da parte dello straniero non europeo.

 

Le proposte Di Lello A.C. 200 e Caruso A.C. 647 prevedono che ai fini della concessione della cittadinanza l’interessato non è tenuto a dimostrare alcun requisito di reddito.

La proposta Marazziti A.C. 525 limita la possibilità di chiedere la dimostrazione di requisiti di reddito alla concessione della cittadinanza ai cittadini europei, agli stranieri e agli apolidi a seguito di un certo periodo di permanenza regolare.

 

 

La proposta Bianconi A.C. 2376 (artt, 2 e 3) è volta, come già ricordato, ad aggravare il procedimento per la concessione della cittadinanza dopo dieci anni di residenza legale in Italia.

Essa richiede innanzitutto la “stabilità” della residenza legale per almeno dieci anni e prevede lo svolgimento di un apposito percorso di cittadinanza prima della concessione.

L’acquisizione della cittadinanza è dunque subordinata a:

a) al possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo;

Il permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo può essere richiesto dallo straniero in possesso, da almeno cinque anni, di un permesso di soggiorno in corso di validità, che dimostri la disponibilità di un reddito non inferiore all'importo annuo dell'assegno sociale e di un alloggio idoneo secondo la normativa vigente; il rilascio del permesso è subordinato al superamento di un test di conoscenza della lingua italiana. Il permesso, che è a tempo indeterminato, non può essere rilasciato agli stranieri pericolosi per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato (art. 9, D.Lgs. n. 286/1998).

b) alla frequenza di un corso di un anno, sulla storia e la cultura italiane ed europee, sull'educazione civica e sui princìpi della Costituzione italiana;

c) all'effettivo raggiungimento di un adeguato grado di integrazione sociale e al rispetto, anche in ambito familiare, delle leggi dello Stato e dei princìpi fondamentali della Costituzione;

d) al rispetto degli obblighi fiscali;

e) al mantenimento dei requisiti di reddito, alloggio e assenza di carichi pendenti necessari per ottenere il permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo.

La proposta introduce poi termini certi per la conclusione del procedimento.

L'accesso al corso di di cultura italiana è consentito, a richiesta, allo straniero che risiede nel territorio della Repubblica da almeno otto anni.

Il procedimento amministrativo per la concessione della cittadinanza deve concludersi entro due anni dalla presentazione della richiesta di iscrizione al corso, fermo restando il requisito della residenza per 10 anni in territorio italiano. L'acquisto della cittadinanza ha luogo automaticamente in caso di ritardo nella conclusione del procedimento imputabile all'amministrazione.

Per i minori il percorso di cittadinanza può iniziare al compimento del sedicesimo anno e deve concludersi al compimento del diciottesimo anno.

Il Governo organizza, con il concorso delle regioni, iniziative e attività finalizzate a sostenere il processo di integrazione dello straniero minorenne, cui questi è tenuto a partecipare.

L’attuazione della disciplina, incluse le modalità di svolgimento del corso di cultura italiana ed i casi di esonero dalla frequenza dello stesso, è rimessa ad un regolamento governativo.

 

 

La proposta Pes A.C. 349 introduce una disposizione volta ad abbreviare i termini per il conseguimento della cittadinanza, prevedendo che l’istanza di concessione può essere presentata a partire dal quindicesimo mese precedente la scadenza del periodo di residenza previsto dalla legge. Il procedimento deve poi concludersi entro 18 mesi dalla presentazione dell’istanza.

 

Alcune proposte di legge prevedono inoltre che l’istanza per la cittadinanza sia presentata al prefetto.

 

Da parte di alcune proposte è infine prevista l’abrogazione dell’art. 9-bis della legge 91/1992 relativo agli obblighi correlati con la presentazione della richiesta di cittadinanza, quali la produzione di documentazione e pagamento di un contributo di 200 euro.

Giuramento

Cinque proposte modificano la disciplina sul giuramento prevista dalla legge sulla cittadinanza.

 

Le proposte Di Lello A.C. 200 e Caruso A.C. 647 prevedono che il decreto di attribuzione o di concessione della cittadinanza acquista efficacia sin dal giorno successivo alla sua emanazione (mentre attualmente l’art. 11 della legge 91/1992 prevede che esso ha effetto solo dal momento del giuramento), disponendo che il rifiuto di prestare il giuramento o la ingiustificata assenza comporta la revoca del decreto.

Le proposte Bressa A.C. 273, Caruso A.C. 647, Gozi A.C. 707 e Bianconi A.C. 2376 647 prevedono invece che il decreto di attribuzione o di concessione della cittadinanza acquista efficacia con la prestazione del giuramento.

Le proposte Di Lello A.C. 200, Bressa A.C. 273, Caruso A.C. 647 e Gozi A.C. 707 dispongono inoltre che Il giuramento avviene entro un anno dalla emanazione (A.C. 200 e A.C. 647) o dalla comunicazione (A.C. 273 e A.C. 707) del decreto (attualmente è previsto un termine di sei mesi a decorrere dalla notifica all’interessato), davanti al sindaco (anziché davanti all’ufficiale dello stato civile) del comune di residenza dell’istante, ovvero, in caso di residenza all’estero, dinanzi all’autorità consolare del luogo di residenza. Le proposte Di Lello A.C. 200, Bressa A.C. 273 e Caruso A.C. 647 prevedono inoltre la convocazione dell’interessato per il giuramento da parte della prefettura-ufficio territoriale del Governo secondo modalità che garantiscano il rispetto del termine previsto dalla legge.

La proposta Bianconi A.C. 2376 prevede invece che il giuramento è prestato nella sede della prefettura-ufficio territoriale del Governo, secondo modalità stabilite dal regolamento di esecuzione della legge.

Infine, tutte e cinque le proposte:

§  inseriscono nella legge la formula del giuramento, cui viene attribuita maggiore solennità mediante una nuova formula;

§  prevedono, con disposizione dall’alto valore simbolico, la consegna al nuovo cittadino di una copia della Costituzione.

Computo del periodo di residenza legale

Per quanto riguarda le modalità di computo del periodo di residenza legale l’art. 16 delle proposte Di Lello A.C. 200 e Caruso A.C. 647, l’art. 15 della proposta Bressa A.C. 273 e l’art. 18, comma 1, della proposta Gozi A.C. 707 prevedono che tale periodo decorre dalla data di presentazione della dichiarazione anagrafica all’ufficio comunale, qualora ad essa consegua la registrazione all’anagrafe.

Le proposte Bressa A.C. 273 e Gozi A.C. 707 dispongono altresì che si considera che abbia soggiornato o risieduto in Italia senza interruzioni:

§  per almeno un anno, chi in tale periodo abbia trascorso all’estero periodi complessivamente non superiori a novanta giorni;

§  per almeno cinque anni, chi in tale periodo abbia trascorso all’estero periodi complessivamente non superiori a novanta giorni nell’ultimo anno e a quattrocentocinquanta giorni nel quinquennio.

 

Con riferimento al significato da attribuire alla locuzione “senza interruzioni” utilizzata nell’art. 18 dell’A.C. 707, si ricorda che, con circolare del 5 gennaio 2007, il Ministero dell’interno è intervenuto sull’argomento. Nel passato, infatti, l’interruzione della permanenza in Italia è stata motivo di preclusione alla concessione della cittadinanza per residenza ai sensi dell’articolo 9 della legge n. 91 del 1992, in quanto si riteneva non maturato il presupposto normativo. Ma, in un mondo in costante evoluzione non si è potuto non tener conto delle mutate condizioni di vita, le quali possono determinare brevi periodi di allontanamento dal territorio nazionale per motivate ragioni, quali, ad esempio, esigenze lavorative, di studio o di semplice arricchimento e scambio culturale. Sulla base di tali considerazioni – supportate peraltro da recenti pronunce giurisprudenziali – le eventuali assenze temporanee sono oggi considerate non più pregiudizievoli ai fini della concessione dello status civitatis a condizione che l’aspirante cittadino, recandosi all’estero, abbia comunque mantenuto in Italia la propria residenza legale, vale a dire l’iscrizione anagrafica presso il comune di residenza e il titolo di soggiorno valido per l’intero arco temporale, nonché il centro delle proprie relazioni familiari e sociali. Le ragioni dell’assenza - dovute comunque per lo più a necessità di studio, di lavoro, di assistenza alla famiglia di origine e di cure mediche - devono essere comprovate da idonea documentazione che lo straniero è tenuto a produrre ad integrazione dell’istanza[11].

Permesso di soggiorno per attesa di cittadinanza

La sola proposta di legge Gozi A.C. 707 (art. 19) prevede il rilascio di un permesso di soggiorno per attesa della cittadinanza, della durata di un anno, rinnovabile e idoneo ad accedere allo studio e al lavoro, e di un apposito visto di ingresso per il riacquisto o acquisto della cittadinanza italiana.

 

Si ricorda che il regolamento di attuazione del testo unico in materia di immigrazione prevede il rilascio per acquisto di cittadinanza a favore dello straniero che è già in possesso di un permesso di soggiorno per altro titolo (DPR 394/1999, art. 11, comma 1, lett. c).

Doppia cittadinanza

Le proposte Di Lello A.C. 200 (art. 12), Bressa A.C. 273 (art. 12), Marazziti A.C. 525 (art. 4), Caruso A.C. 647 - che inseriscono un art. 11-bis nella L. 91/1992 - e  Gozi A.C. 707 (art. 12, comma 2) sanciscono il principio secondo cui ai fini dell’acquisizione della cittadinanza non è richiesta la rinuncia alla cittadinanza straniera, ammettendo la doppia cittadinanza.

 

Si ricorda che l’art. 11 L. n. 91/1992 disciplina attualmente la diversa ipotesi di acquisto di una cittadinanza straniera da parte del cittadino italiano, prevedendo che Il cittadino che possiede, acquista o riacquista una cittadinanza straniera conserva quella italiana, ma può ad essa rinunciare qualora risieda o stabilisca la residenza all'estero.

Nulla viene invece stabilito dalla legge nei confronti dei cittadini stranieri che acquistano la cittadinanza italiana.

La questione era disciplinata in via regolamentare e fino al 2004 era richiesta la rinuncia della cittadinanza di origine, attraverso l’esibizione del “certificato di svincolo” emesso dalle autorità dello stato di origine, documento indispensabile per l’acquisto della cittadinanza italiana. Nel 2004 è stato soppresso il riferimento a tale certificato e i cittadini stranieri sono stati di fatto equiparati a quelli italiani per quanto riguarda la disciplina della doppia cittadinanza.

 

 

Casi particolari di riacquisto o acquisto della cittadinanza

Le proposte Di Lello A.C. 200, Fedi A.C. 604, La Marca A.C. 606, Caruso A.C. 647, Gozi A.C. 707, Bueno A.C. 794 e Merlo A.C. 1269 intervengono per disciplinare alcuni casi particolari di riacquisto della cittadinanza da parte di coloro che l’hanno persa nella vigenza della disciplina antecedente la legge n. 91/1992.

 

In particolare, la proposte Di Lello A.C. 200, Fedi A.C. 604, Caruso A.C. 647 modificano il comma 1 dell’articolo 17 della legge 91/1992 (non modificato sostanzialmente dalla pdl A.C. 707) rendendo permanente la facoltà di presentare domanda di riacquisto della cittadinanza per coloro che l’hanno persa per effetto degli articoli 8 e 12 della legge 555/1912 o per non aver reso l’opzione prevista dall’art. 5 della legge 123/1983. La legge del 1992 prevedeva tale possibilità solamente per i due anni successivi all’entrata in vigore. Il termine è stato successivamente prorogato fino al 31 dicembre 1997.

 

L’introduzione, nel 1992, di una nuova disciplina generale della cittadinanza ad opera della L. 91/1992 fu accompagnata da alcune disposizioni transitorie. In particolare, l’art. 17 della L. 91/1992 attribuì il diritto di optare per la cittadinanza italiana a coloro che l’avessero perduta ai sensi degli artt. 8 e 12 della previgente (e contestualmente abrogata) L. 555/1912.

Gli artt. 8 e 12 della L. 555/1912 disponevano, tra l’altro, la perdita della cittadinanza:

-    di chi avesse acquistato spontaneamente la cittadinanza straniera e stabilito la residenza all’estero (art. 8, primo comma, n. 1);

-    di chi, avendo acquistato la cittadinanza straniera senza aver espresso manifestazione di volontà in tal senso, avesse rinunciato alla cittadinanza italiana (art. 8, primo comma, n. 2);

-    dei figli minori non emancipati di chi avesse perso la cittadinanza, qualora avessero in comune la residenza col genitore esercente la potestà o la tutela legale, e acquistassero la cittadinanza di uno Stato straniero (art. 12, secondo comma).

L’art. 17 citato attribuì la facoltà di optare per la cittadinanza italiana anche a coloro che l’avessero perduta per non aver reso l’opzione di cui all’art. 5 della L. 123/1983 (legge anch’essa abrogata dalla L. 91/1992). Tale articolo esigeva che il figlio (anche adottivo) di padre cittadino o di madre cittadina – al quale era attribuita la cittadinanza se minore –, nel caso di doppia cittadinanza, optasse per una sola cittadinanza entro un anno dal raggiungimento della maggiore età.

L’opzione prevista dall’art. 17 della L. 91/1992 avrebbe dovuto essere esercitata entro due anni dalla data di entrata in vigore della legge. Questo termine fu prorogato una prima volta, sino al 15 agosto 1995, dall’art. 1 della L. 736/1994; un’ulteriore proroga al 31 dicembre 1997 intervenne ad opera dell’art. 2, co. 195, della L. 662/1996 (legge collegata alla manovra finanziaria per il 1997).

 

 

Più ampia è l’ipotesi prevista dalla proposta Caruso A.C. 836.

Essa infatti abroga l’articolo 17 della legge n. 91/1992 e introduce una nuova disciplina generale sul riacquisto della cittadinanza che riconosce il diritto alla cittadinanza:

§  a tutti i cittadini italiani che l’hanno persa recandosi all’estero in applicazione di norme precedenti alla legge n. 91/1992, ad eccezione di coloro che l’hanno persa a seguito di sentenze di condanna o per motivi inerenti alla sicurezza della Repubblica;

§  ai loro discendenti in linea retta fino al quarto grado, che dimostrino la conoscenza della lingua e della cultura italiane.

Il diritto al riconoscimento della cittadinanza è esercitato mediante la presentazione di un'istanza all'autorità consolare competente, corredata da apposita documentazione.

 

 

Le proposte Di Lello A.C. 200 (articolo 14, comma 1, lett. b)), Fedi A.C. 604 (art. 1), La Marca A.C. 606 (art. 1), Caruso A.C. 647 (articolo 14, comma 1, lett. b)), Gozi A.C. 707 (articolo 14, comma 2), Bueno A.C. 794 (art. 1) e Merlo A.C. 1269 (art. 1) introducono un altro caso particolare di riacquisto della cittadinanza di soggetti che l’hanno persa a causa di altre disposizioni previgenti la legge del 1992.

Si tratta in particolare di:

§  le donne che, cittadine italiane per nascita, hanno perduto la cittadinanza italiana per effetto del matrimonio con cittadino straniero, anche quando il matrimonio è stato contratto prima del 1° gennaio 1948 (A.C. 604 e 794); le proposte A.C. 200, 606, 647, 707 e 1269 specificano invece che l’applicazione della disciplina riguarda i matrimoni contratti prima del 1° gennaio 1948;

§  i figli delle donne di cui al punto precedente, ancorché nati anteriormente al 1° gennaio 1948, anche qualora la madre sia deceduta (A.C. 200, 606 e 647); le proposte A.C. 604, 707, 794 e 1269 specificano invece che l’applicazione della disciplina riguarda i nati prima del 1° gennaio 1948;

§  i soggetti, ancorché nati anteriormente al 1° gennaio 1948, figli di padri o di madri cittadini (ipotesi prevista solo dall’A.C. 200, dall’A.C. 606, dall’A.C. 647 e dall’A.C. 707). Tale fattispecie sembra peraltro di carattere generale, non essendo connessa ad alcune ipotesi di perdita della cittadinanza.

 

Per comprendere la portata normativa della disposizione è necessario ricordare che la legge sulla cittadinanza prima della riforma del 1992 operava una forte discriminazione tra uomini e donne in ordine al mantenimento e alla trasmissione della cittadinanza.

L’articolo 10 della legge 555/1912 prevedeva che la donna coniugata non potesse assumere che la cittadinanza del marito (1° comma): in base a tale principio la donna straniera acquistava automaticamente la cittadinanza italiana (2° comma), mentre la donna italiana la perdeva se sposava uno straniero, e acquisiva la cittadinanza del marito, sempre che l’ordinamento del Paese di origine ne permettesse la trasmissione per matrimonio (3° comma), altrimenti manteneva la cittadinanza italiana. Ovviamente, i figli nati dal matrimonio tra una donna che aveva perso la cittadinanza italiana e un cittadino straniero acquisivano la cittadinanza paterna.

La discriminazione era determinata anche da quanto disposto dall’articolo 1 della medesima legge del 1912 che stabiliva che è cittadino per nascita solo il figlio di padre cittadino, mentre il figlio di madre cittadina acquisiva la cittadinanza per via materna solamente se il padre fosse ignoto o non avesse la cittadinanza italiana, né quella di altro stato, ovvero se il figlio non seguisse la cittadinanza del padre straniero secondo la legge dello stato al quale questi apparteneva.

Entrambe le disposizioni sono state dichiarate illegittime dalla giurisprudenza costituzionale: la sentenza 87 del 1975 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 10, comma terzo, della legge 555/1912 nella parte in cui prevedeva la perdita della cittadinanza italiana indipendentemente dalla volontà della donna; la sentenza 30/1983 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell'art. 1 della medesima legge 555/1912.

Successivamente, prima con la legge 123/1983 e poi con la riforma operata nel 1992, è stata sancita la completa equiparazione tra donna e uomo in materia di cittadinanza. Tuttavia le sentenze della Corte costituzionale non hanno potuto incidere su situazioni giuridiche risalenti nel tempo. Infatti, a proposto della sentenza 30/1983, il Consiglio di Stato (Sez. I, parere n. 105  del 15 aprile 1983) ha chiarito che "l'efficacia del giudicato costituzionale non può in ogni caso retroagire oltre il momento in cui si è verificato il contrasto tra la norma di legge o di atto avente forza di legge anteriore all'entrata in vigore della Costituzione dichiarata illegittima, e la norma od il principio della Costituzione, cioè non possa retroagire oltre il 1° gennaio 1948, data di entrata in vigore di quest'ultima" (nello stesso senso Cass. S.U. sent. 12091/1998, ma con la sent. 4466/2009 le Sezioni unite hanno mutato orientamento stabilendo che, per effetto delle sentenze della Corte Costituzionale 87/1975 e 30/1983, deve essere riconosciuto il diritto allo “status” di cittadino italiano al richiedente nato all’estero da figlio di donna italiana coniugata con cittadino straniero nel vigore della legge 555/1912 che sia stata, di conseguenza, privata della cittadinanza italiana a causa del matrimonio).

 

Le proposte Di Lello A.C. 200, La Marca A.C. 606, Caruso A.C. 647 e Gozi A.C. 707 prevedono che per l’acquisto o riacquisto della cittadinanza l’interessato deve presentare una dichiarazione al sindaco del comune di residenza o alla competente autorità consolare, corredata da idonea documentazione, mentre le proposte Fedi A.C. 604 e Bueno A.C. 794 e Merlo A.C. 1269 sembrano introdurre un automatismo per l’acquisto.

Revoca della cittadinanza

Composta da un solo articolo, la proposta di legge A.C. 404 aggiunge un comma all’art. 12 della L. 91/1992, che disciplina i casi di perdita della cittadinanza, introducendovi un’ulteriore fattispecie, riservata a coloro che abbiano acquistato la cittadinanza per matrimonio ai sensi dell’art. 5 della medesima legge.

Ai sensi del nuovo comma 2-bis, la cittadinanza a tali cittadini è revocata qualora siano stati condannati con sentenza definitiva per uno tra i delitti indicati nelle lettere a), b) e c) del medesimo comma.

L’espressione “è revocata” fa ritenere che in tali ipotesi la perdita della cittadinanza non intervenga ipso iure, ma a seguito di un atto amministrativo di revoca (che sembra configurarsi come dovuto e non discrezionale), atto che tuttavia la proposta di legge non prevede o disciplina espressamente.

 

La vigente L. 91/1992 non contempla ipotesi di revoca della cittadinanza. I casi di perdita della cittadinanza ivi disciplinati derivano la loro efficacia dalla volontà dell’interessato o direttamente dalla legge.

La perdita della cittadinanza per rinuncia spontanea è prevista da diverse disposizioni della legge 91/1992 (artt. 3, 11 e 14). Inoltre, perde la cittadinanza  il cittadino italiano che acquista volontariamente la cittadinanza di uno dei Paesi che hanno sottoscritto e ratificato la Convenzione di Strasburgo del 1963, sulla riduzione dei casi di cittadinanza plurima.

E’ prevista anche la perdita della cittadinanza per sanzione dagli articoli 12 e 3, comma 3, della legge.

Il primo comma dell’art. 12 prevede che “il cittadino italiano perde la cittadinanza se, avendo accettato un impiego pubblico od una carica pubblica da uno Stato o ente pubblico estero o da un ente internazionale cui non partecipi l’Italia, ovvero prestando servizio militare per uno Stato estero, non ottempera, nel termine fissato, all’intimazione che il Governo italiano può rivolgergli di abbandonare l’impiego, la carica o il servizio militare”.

Per la perdita qui contemplata, pertanto, è necessario che venga preventivamente disposta all’interessato l’intimazione da parte del Governo a cessare le attività indicate dall’articolo.

L’art. 9 del regolamento di attuazione della legge (DPR 572/1992) prevede poi che l’intimazione debba essere contenuta in un decreto del Ministro dell’Interno e che il termine consentito per l’abbandono delle attività contestate decorra dal giorno della notifica all’interessato. La perdita della cittadinanza da parte di chi non ha ottemperato consegue dal giorno successivo al termine fissato dal decreto di intimazione.

Il secondo comma dell’art. 12 prevede la perdita della cittadinanza anche da parte di chi durante lo stato di guerra contro uno Stato estero abbia accettato o non abbia abbandonato un impiego pubblico o una carica pubblica, oppure vi abbia prestato il servizio militare senza esservi obbligato o ne abbia acquistato volontariamente la cittadinanza.

Nelle ipotesi suddette la perdita della cittadinanza non è subordinata al possesso di altra cittadinanza, trattandosi di sanzione.

Inoltre, mentre per la fattispecie di cui al secondo comma non è ammesso il riacquisto della cittadinanza contemplato all’art. 13, comma 2, ciò è consentito nell’ipotesi di cui al primo comma.

Altra ipotesi di perdita sanzionatoria è quella contenuta nell’art. 3, comma 3 che prevede la perdita della cittadinanza italiana da parte dell’adottato, qualora l’adozione sia revocata per fatti a questi imputabili. In tale caso, tuttavia, a differenza di quelli precedentemente analizzati, occorre che l’interessato sia in possesso di altra cittadinanza o che riacquisti automaticamente quella di origine a seguito della perdita della nostra.

 

I delitti che, in caso di condanna definitiva, determinerebbero la revoca della cittadinanza sono i seguenti:

§  quelli previsti nel libro secondo, titolo I, capi I, II e III (artt. da 241 a 294) del codice penale. Si tratta dei delitti contro la personalità internazionale dello Stato, contro la personalità interna dello Stato e contro i diritti politici del cittadino.

 

Si tratta di numerose fattispecie di reato, di assai varia gravità: si va dagli attentati contro l’integrità, l’indipendenza e l’unità dello Stato (art. 241 c.p.), a varie figure di reati connessi allo stato di guerra (artt. 242 ss.); dai reati di spionaggio politico o militare (artt. 257 ss.) all’associazione sovversiva e a varie fattispecie di reati con finalità di terrorismo (artt. 270 ss.; 280 ss.); dall’attentato contro la Costituzione, gli organi costituzionali o i diritti politici del cittadino (artt. 276, 283, 289) ai reati di offesa o vilipendio della Repubblica, dei suoi organi istituzionali, della bandiera (artt. 278, 290 ss.).

 

§  il delitto di cui all’art. 416-bis c.p. (Associazioni di tipo mafioso anche straniere), e vari delitti contro la persona.

 

Si tratta delle figure di reato previste dai seguenti articoli del codice penale: 575 (Omicidio), 600 (Riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù), 600-bis (Prostituzione minorile), 600-ter (Pornografia minorile), 600-quinquies (Iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile), 601 (Tratta di persone), 602 (Acquisto e alienazione di schiavi), 609-bis (Violenza sessuale), 609-quater (Atti sessuali con minorenne), 609-octies (Violenza sessuale di gruppo) e 630 (Sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione);

 

§  vari delitti concernenti il traffico di stupefacenti, previsti dal testo unico in materia approvato con D.P.R. 309/1990[12].

 

Si tratta dei delitti di cui

-        all’art. 73 (Produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope), in presenza delle aggravanti specifiche di cui all’art. 80, co. 1, lett. a) (sostanze stupefacenti o psicotrope destinate a minorenni) e co. 2 (quantità ingenti di sostanze);

-        all’art. 74 (Associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope) nelle ipotesi previste dai co. 1 (promozione, costituzione, direzione, organizzazione o finanziamento dell’associazione), 4 (associazione armata) e 5 (sostanze adulterate o commiste ad altre).

 

La relazione illustrativa individua la ratio della proposta di legge nel principio di cui all’art. 54, co. 1°, Cost. (“Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi”), che sancisce un “dovere di lealtà verso lo Stato e la comunità nazionale, che si fonda sul principio morale della buona fede. Chi vìola tale dovere deve essere escluso da quella comunità”.

 

Come rileva anche la relazione, ai fini di un inquadramento costituzionale della proposta appaiono meritevoli di attenzione anche il principio di uguaglianza di tutti i cittadini dinanzi alla legge, di cui all’art. 3, co. 1°, Cost., nonché l’art. 22 Cost., ai sensi del quale nessuno può essere privato, per motivi politici, della cittadinanza (oltre che della capacità giuridica e del nome).

Come si è detto, infatti, la proposta di legge introduce nell’ordinamento un’ipotesi di revoca della cittadinanza a seguito di condanna per una serie di delitti, alcuni dei quali politicamente motivati, e circoscrive l’ambito dei destinatari a una parte dei cittadini italiani, quelli che abbiano acquistato la cittadinanza per matrimonio ex art. 5, L. 91/1992, escludendone i cittadini iure sanguinis e jure soli e coloro che abbiano acquistato la cittadinanza ad altro titolo.

Con riguardo all’art. 22 Cost. la questione, dibattuta in dottrina, attiene al significato e all’ampiezza normativa da attribuire all’espressione “per motivi politici”.

 

Appare controverso, in particolare, se la disposizione miri unicamente a vietare la privazione della cittadinanza quale mezzo di repressione del dissenso politico, o renda illegittimo l’uso di tale strumento per finalità riconducibili ad interessi politici non solo “di parte”, ma anche definiti come propri dell’intera comunità nazionale, assumendo che aspetti essenziali della personalità (quali cittadinanza, capacità e nome) non possano essere sacrificati sulla base di interessi pubblici ritenuti prevalenti[13].

La Corte costituzionale non ha avuto occasione di pronunziarsi sullo specifico punto[14]; del resto, la sola disposizione legislativa in astratto suscettibile di una valutazione alla luce dell’art. 22 Cost., cioè l’art. 12 della L. 91/1992, è rimasta nei fatti inapplicata.

La relazione illustrativa della p.d.l. in esame afferma, sul punto, che la formulazione dell’art. 22 “implicitamente riconosce che la cittadinanza può essere revocata, tranne che per motivi politici – e certamente non attiene alla politica la contiguità con organizzazioni terroristiche, salvo che non si voglia legittimare il terrorismo”.

 

Ai sensi del nuovo comma 2-ter aggiunto dall’A.C. 404 la revoca della cittadinanza comporta l’immediata espulsione e il contestuale trasferimento dell’esecuzione della pena detentiva nel Paese di origine del condannato.

 

In proposito, si osserva che se l’interessato non ha più la cittadinanza del Paese di origine (o per rinuncia, o perché l’ordinamento di quel Paese non consente la doppia cittadinanza) di fatto egli diventerebbe apolide e potrebbe essere difficile il trasferimento nel Paese originario.

Finalità della legge

La proposta Sorial A.C. 1204, all’art. 1, indica le finalità generali della legge, riconoscendo che l'ampliamento dei requisiti per l'acquisto della cittadinanza da essa previsto costituisce “misura di integrazione positiva, idonea a produrre inclusione sociale” nonché “riconoscimento del percorso di radicamento avviato nel territorio nazionale dalle persone di origine straniera che vi sono nate e stabilmente vi abitano e intendono, con pari diritti e doveri, partecipare alla vita culturale e socio-politica italiana”.

Il medesimo articolo 1 prevede inoltre che le disposizioni sono recate “in attesa della riforma della disciplina dell'immigrazione e di un intervento normativo organico in materia di asilo che diano effettiva applicazione ai princìpi dell'art. 10 Cost.”. Tale disposizione sembra conferire a tutta la disciplina un carattere transitorio, senza peraltro individuare con chiarezza un termine finale di applicazione.

Disciplina di attuazione e transitoria

Alcune proposte di legge in esame (A.C. 9, art. 8, A.C. 200, art. 17, A.C. 273, art. 17, A.C. 250, art. 8, A.C. 647, art. 17, e A.C. 707, art. 21) demandano ad un regolamento governativo il riordino delle disposizioni regolamentari vigenti in materia di cittadinanza, nonché l’attuazione della nuova disciplina.

L’A.C. 945 (art. 3) prevede l’adeguamento dei regolamenti vigenti alle nuove disposizioni.

 

Alcune delle proposte di legge introducono, inoltre, alcune disposizioni transitorie volte a disciplinare l’accesso alla cittadinanza nelle nuove forme previste dalle proposte medesime per coloro che al momento dell’entrata in vigore della legge hanno già maturato i requisiti prescritti.

In particolare le proposte A.C. 9 (art. 9), A.C. 200 (art. 18), A.C. 463 (art. 3, comma 2), A.C. 525, (art. 5), A.C. 647 (art. 18) A.C. 707 (art. 22, comma 1). prevedono un periodo di tempo predefinito per consentire a costoro di presentare la relativa istanza. La proposta A.C. 1204 (art. 1, comma 2, e art. 2, comma 2) riconosce anch’essa la facoltà di acquistare la cittadinanza, ma non fissa un termine per la relativa dichiarazione.

La proposta di legge A.C. 707 (art. 22, commi 2 e 3) prevede inoltre che, in via transitoria nei 36 mesi successivi all’entrata in vigore del regolamento di attuazione, il termine per la conclusione dei procedimenti di attribuzione della cittadinanza sia stabilito per un massimo di 36 mesi (e non di 24 come a regime).

 

Alcune proposte recano altresì disposizioni di copertura finanziaria.

Infine, la proposta A.C. 707 abroga la legge 5 febbraio 1992, n. 91 (che viene interamente sostituita) e ogni altra disposizione incompatibile.

 

 

 


I lavori parlamentari nelle precedenti legislature

XIV legislatura

Fra il 3 marzo 2004 e il 12 maggio 2005 la I Commissione della Camera ha esaminato in sede referente varie proposte di legge, tutte di iniziativa parlamentare, volte a modificare la disciplina della cittadinanza di cui alla L 91/1992[15]. Il 16 maggio 2005 l’Assemblea iniziava la discussione sul testo unificato elaborato dalla Commissione (A.C. 204 ed abb.-A); nella seduta del 17 maggio il testo veniva rinviato in Commissione, dietro richiesta del rappresentante del Governo, “al fine di consentire a tutti i gruppi politici di approfondire più compiutamente le rispettive posizioni”.

Il testo giunto all’esame dell’Assemblea intendeva agevolare l’acquisto della cittadinanza per gli stranieri legalmente e continuativamente residenti in Italia e attribuire la cittadinanza ai nati in Italia da genitori stranieri residenti da lungo tempo nel nostro Paese. Veniva inoltre aggravato il procedimento per l’acquisizione della cittadinanza per matrimonio.

Un’altra proposta di legge in materia di cittadinanza ha iniziato l’esame in sede referente presso la I Commissione nel corso della XIV legislatura. Si tratta della proposta di legge costituzionale A.C. 4786 (on. Bressa ed altri) volta a modificare l’art. 48 Cost. introducendo quale requisito per il riconoscimento della cittadinanza l’effettiva partecipazione alla vita economica, sociale e politica del Paese.

Per entrambi i progetti di legge, l’iter parlamentare si interrompeva con la fine della legislatura.

XV legislatura

Il tema veniva riproposto all’attenzione della Camera dei deputati il 3 agosto 2006, quando la I Commissione (Affari costituzionali) della Camera avviava l’esame in sede referente di alcuni progetti di legge, uno dei quali di iniziativa del Governo (A.C. 1607), che intervenivano su puntuali aspetti della vigente disciplina della cittadinanza.

Il 7 febbraio 2007 la Commissione adottava come testo base il testo unificato proposto dal relatore.

Nell’ambito di un’apposita indagine conoscitiva si svolgevano, il 12 marzo 2007, le audizioni di rappresentanti delle autonomie locali, di organizzazioni operanti nel settore e di esperti della materia.

La Commissione approvava quindi una serie di emendamenti al testo base. Il testo risultante dagli emendamenti era inviato alle Commissioni per l’acquisizione dei rispettivi pareri, a seguito dei quali venivano approvate ulteriori proposte emendative.

Il 16 gennaio 2008, infine, il relatore presentava due emendamenti, che venivano approvati, volti a superare i problemi di copertura evidenziati nel dibattito svoltosi in sede consultiva presso la Commissione Bilancio, alla quale veniva trasmesso il testo del provvedimento come da ultimo modificato per l’espressione del prescritto parere.

L’iter si interrompeva per la fine anticipata della legislatura.

XVI legislatura

Come già nelle due precedenti, anche nella XVI legislatura è stata riproposta all’attenzione della Camera dei deputati la questione della riforma della legge sulla cittadinanza: nella seduta del 16 dicembre 2008, la Commissione Affari costituzionali della Camera ha avviato la discussione di una serie di proposte di legge di iniziativa parlamentare in materia (A.C. 103 ed abbinate, tra cui la proposta di legge A.C. 457 che riprende pressoché integralmente il testo unificato elaborato dalla Commissione Affari costituzionali della Camera nella XV legislatura, proponendo di innovare la disciplina vigente in materia di cittadinanza sotto molteplici profili).

Tra le modifiche discusse, la diminuzione da 10 a 5 anni del periodo di permanenza in Italia per l’acquisto della cittadinanza; l'accertamento della reale integrazione linguistica e sociale dello straniero; la riduzione della discrezionalità del provvedimento di concessione della cittadinanza, che può essere negato solo per motivi di sicurezza; l'ampliamento dei casi di attribuzione della cittadinanza ai bambini stranieri nati in Italia o che, comunque, abbiano compiuto il percorso di studi in Italia (seconda generazione); l'introduzione della revoca della cittadinanza, in caso di condanna definitiva per gravi delitti; il riacquisto della cittadinanza da parte degli italiani residenti all’estero che l’abbiano perduta a seguito della naturalizzazione nei Paesi di accoglienza.

La Commissione ha conferito mandato alla relatrice di riferire favorevolmente all'Assemblea sul testo approvato, apportandovi modifiche di carattere meramente formale. E' stata altresì presentata una relazione di minoranza, con un testo di carattere alternativo.

Nella seduta del 22 dicembre 2009 ha avuto luogo la discussione sulle linee generali in Assemblea che nella seduta del 12 gennaio 2010, ha deliberato il rinvio in Commissione del testo.

La Commissione ha ripreso l’esame della proposta, svolgendo anche una indagine conoscitiva, interrompendolo nel luglio 2010 senza aver elaborato un nuovo testo.

 

Successivamente, la Commissione ha deciso di concentrare i lavori su un tema più specifico, ossia sulle modalità di acquisizione della cittadinanza da parte dei minori stranieri. A tal fine, il 14 giugno 2012, è iniziato l’esame di alcune proposte di legge, alcune delle quali già abbinate all’A.C. 103, riferite esclusivamente a tale questione ed in buona parte dirette ad individuare modalità di acquisto della cittadinanza per nascita sul territorio italiano (ius soli) o per frequenza di cicli scolastici o di formazione professionale (ius culturae) (A.C. 2431 e abbinate). Il 31 luglio 2012 si è concluso l’esame preliminare delle proposte di legge, ma la Commissione non è giunta alla definizione di un testo base e l’esame si è interrotto nella seduta dell’8 novembre 2012.

 

 

 


Dati statistici

 


Concessioni e reiezioni della cittadinanza italiana (1992-2010)

Anno

Concessioni

Reiezioni

Per

matrimonio

Per

residenza

Totale

Per

matrimonio

Per

residenza

Totale

2010

18.593

21.630

40.223

468

1.166

1.634

2009

17.122

22.962

40.084

432

427

859

2008

24.950

14.534

39.484

434

305

739

2007

31.609

6.857

38.466

84

63

147

2006

30.151

5.615

35.766

279

243

522

2005

11.854

7.412

19.266

337

829

1.166

2004

9.997

1.948

11.945

261

1.056

1.317

2003

11.271

2.111

13.382

199

1.763

1.962

2002

9.728

917

10.645

143

762

905

2001

9.266

1.203

10.469

99

582

681

2000

8.027

1.518

9.545

121

524

645

1999

9.538

1.753

11.291

141

860

1.001

1998

10.930

1.106

12.036

131

558

689

1997

7.404

813

8.217

101

255

356

1996

6.053

899

6.952

112

325

437

1995

6.396

1.046

7.442

66

817

883

1994

5.498

495

5.993

62

880

942

1993

5.897

579

6.476

37

1.193

1.230

1992

3.844

601

4.445

72

488

560

Fonte: Ministero dell’interno. Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione. Direzione centrale per i diritti civili, la cittadinanza e le minoranze[16].

 

Il considerevole aumento dei casi di concessione della cittadinanza che si registra a partire dal 2006 è dovuto in larga parte all’adozione di un sistema di gestione informatica delle pratiche, che ne ha ridotto notevolmente i tempi di esame. Nel 2006, per la prima volta, il numero delle domande definite è stato superiore a quello delle domande presentate, il che ha significato una riduzione delle domande pregresse e pendenti[17].

 

 

Ulteriori dati statistici sono disponibili sul sito internet del Ministero dell’interno.

 



[1] Si ricorda che il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo è destinato ai cittadini stranieri soggiornanti di lungo periodo in Italia. Esso è rilasciato dopo almeno 5 anni di soggiorno regolare e in presenza di una serie di requisiti tra cui la disponibilità di reddito non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale (articolo 9 del testo unico dell’immigrazione di cui al D.Lgs. 286/1998).

Anche il cittadino comunitario matura il diritto al soggiorno permanente dopo aver soggiornato legalmente ed in via continuativa per cinque anni nel territorio nazionale. Tale diritto è attestato mediante un attestato che certifichi condizione di titolare del diritto di soggiorno permanente rilasciato, a richiesta dell'interessato, dal comune di residenza. Ai familiari del cittadino comunitario non aventi la cittadinanza di uno Stato membro dell'Unione europea, che abbiano maturato il diritto di soggiorno permanente, la questura rilascia una «Carta di soggiorno permanente per familiari di cittadini europei» (artt. 14, 15 e 17, D.Lgs. 30/2007).

 

[2]     Nel nostro ordinamento le disposizioni in materia di minori stranieri non accompagnati sono contenute principalmente nel testo unico sull’immigrazione (decreto legislativo n. 286 del 1998 (articoli 32 e 33) e nel regolamento del Comitato minori stranieri (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 535 del 1999).

Specifiche disposizioni sul diritto di asilo dei minori non accompagnati sono previste dal decreto legislativo 251 del 2007 (art. 28), dal decreto legislativo n. 25 del 2008 (art. 19) e dalla direttiva del Ministero dell’interno del 7 dicembre 2006.

Per minore non accompagnato si intende il minorenne senza cittadinanza italiana (o di altro Paese dell’Unione Europea) che non ha presentato domanda di asilo politico e che si trova nel territorio dello Stato privo di assistenza e rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti per lui legalmente responsabili.

In base all’articolo 6 del DPCM n. 535/99, al minore non accompagnato sono garantiti i diritti relativi al soggiorno temporaneo, alle cure sanitarie, all'avviamento scolastico e alle altre provvidenze disposte dalla legislazione vigente. Alla tutela dell’effettivo esercizio di tali diritti è preposto il Comitato per i minori stranieri, organismo statale operante presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

Ai minori stranieri non accompagnati, una volta che abbiano raggiunto la maggiore età, può essere concesso il permesso di soggiorno sempre ché non sia stata attivata nel frattempo la procedura di rimpatrio assistito. il rilascio del permesso di soggiorno è subordinato al rispetto di una serie di condizioni; esso è rilasciato a coloro che:

-      risultano affidati ad una famiglia o sottoposti a tutela;

-      sono presenti in Italia da almeno 3 anni;

-      hanno partecipato ad un progetto di integrazione della durata di almeno 2 anni;

-      hanno disponibilità di un alloggio:

-      frequentano corsi di studio o svolgono attività lavorativa regolare oppure sono in possesso di un contratto di lavoro anche se non ancora iniziato.

La legge italiana non consente l'espulsione, a meno che non ci siano gravi motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato, nei confronti degli stranieri minori di anni 18, salvo il diritto a seguire il genitore o l'affidatario espulsi.

E’ prevista, tuttavia, la possibilità di adottare, nei confronti del minore straniero non accompagnato, un provvedimento di rimpatrio assistito.

Tale provvedimento è adottato dal Comitato per i minori stranieri al fine del ricongiungimento del minore coi propri familiari o al riaffidamento alle autorità responsabili del Paese d'origine, in conformità alle convenzioni internazionali, alla legge e alle disposizioni dell'autorità giudiziaria. Il rimpatrio assistito deve essere finalizzato a garantire il diritto all'unità familiare del minore.

[3] Il permesso di soggiorno comunitario è destinato ai cittadini stranieri soggiornanti di lungo periodo in Italia. Esso è rilasciato dopo almeno 5 anni di soggiorno regolare e in presenza di una serie di requisiti. tra cui la disponibilità di reddito non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale (articolo 9 del testo unico dell’immigrazione di cui al decreto legislativo 286/1998).

L’assegno sociale, di cui all’art. 3, co. 6, della L. 335/1995, è una prestazione di natura assistenziale che prescinde dal versamento dei contributi e spetta ai cittadini italiani che abbiano almeno 65 anni di età, siano residenti in Italia ed abbiano un reddito pari a zero o di importo comunque inferiore ai limiti stabiliti annualmente dalla legge. Sono equiparati ai cittadini italiani i rifugiati politici, i cittadini dell’Unione europea ed i cittadini extracomunitari con regolare permesso di soggiorno.

L'importo dell'assegno sociale per l'anno 2014 è stato fissato dall'INPS a 447,61 euro, pari a 5.818,93 euro l'anno.

[4]     A titolo esemplificativo, si segnala che il test di nazionalità è stato introdotto nel novembre 2005 nel Regno Unito. Ad esso il Ministero dell’interno (Home Office) ha dedicato uno specifico sito: www.lifeintheuktest.gov.uk. Il test comprende un esame d’inglese per provare una sufficiente conoscenza linguistica e una prova di cultura generale in 24 domande, basate sulla conoscenza del volume Life in the United Kingdom. A Journey to Citizenship handbook, cui si deve rispondere in 45 minuti. Il test può essere sostenuto mediante computer in 90 centri ufficiali e può essere ripetuto, in caso di insuccesso, un numero illimitato di volte. Il volume Life in the United Kingdom, elaborato da una specifica commissione, l’Advisory Group on Life in the UK, consta di 146 pagine in cui sono trattati argomenti quali storia, società, geografia, popolazione e religioni, struttura del Governo, informazioni sulla ricerca di un lavoro ed elementi di educazione civica.

[5]     Si ricorda che la I Sezione del Consiglio di Stato, con il parere n. 1423 reso il 26 ottobre 1988, cioè prima dell’entrata in vigore della L. 91/1992 (essendo vigente l’art. 4 della legge 13 giugno 1912 n. 555, nel testo modificato dal R.D. 1 dicembre 1934 n. 1997), ha evidenziato che l’amministrazione chiamata a decidere sulla domanda di concessione di cittadinanza italiana deve accertare, tra l’altro, il grado di conoscenza della lingua italiana del soggetto richiedente.

Nell’ambito della Consulta per l’Islam, un comitato di esperti nominato dal Ministro dell’interno ha elaborato la Carta dei valori, della cittadinanza e dell’integrazione, destinata non solo all’adesione degli islamici ma di tutti coloro che vogliono diventare cittadini, adottata con decreto dello stesso Ministro del 23 aprile 2007.

[6]     Il Quadro comune europeo di riferimento per la conoscenza delle lingue, conosciuto come CEFR (Common european framework of reference for languages) fornisce griglie oggettive di comparazione internazionale dei risultati conseguiti da chi studia le lingue straniere in Europa.

Messo a punto dal Consiglio d’Europa tra il 1989 e il 1996 come parte principale del progetto “Language learning for european citizenship” per l’apprendimento delle lingue per la cittadinanza europea, tale Quadro è finalizzato a fornire un metodo applicabile a tutte le lingue europee per accertare le conoscenze e trasmetterle.

Nell’ambito di tale quadro si distinguono tre fasce di competenza (A - Basic User; B - Independent User; C - Proficient User), ripartite a loro volta in sei livelli (A1 Breakthrough e A2 Waystage; B1 Threshold e B2 Vantage; C1 Effective Operational Proficiency e C2 Mastery)

Il livello A2, in particolare, comprende frasi ed espressioni usate frequentemente relative ad ambiti di immediata rilevanza (es. informazioni personali e familiari di base, fare la spesa, la geografia locale, l’occupazione), e consente la comunicazione in attività semplici e di routine che richiedono un semplice scambio di informazioni su argomenti familiari e comuni, sa descrivere in termini semplici aspetti del suo background, dell’ambiente circostante ed esprimere bisogni immediati.

[7]     In merito si veda il decreto-legge 28 dicembre 1993, n. 544, Disposizioni in materia di cooperazione con il Tribunale internazionale competente per gravi violazioni del diritto umanitario commesse nei territori della ex Jugoslavia, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 14 febbraio 1994, n. 120.

[8]     Si veda la legge 2 agosto 2002, n. 181, Disposizioni in materia di cooperazione con il Tribunale internazionale competente per gravi violazioni del diritto umanitario commesse nel territorio del Ruanda e Stati vicini.

[9]     In merito si vedano la legge 12 luglio 1999, n. 232, Ratifica ed esecuzione dello statuto istitutivo della Corte penale internazionale, con atto finale ed allegati, adottato dalla Conferenza diplomatica delle Nazioni Unite a Roma, il 17 luglio 1998 e la più recente legge 20 dicembre 2012, n. 237, Norme per l'adeguamento alle disposizioni dello statuto istitutivo della Corte penale internazionale.

[10]   Il codice penale distingue tra abitualità presunta dalla legge e quella ritenuta dal giudice.

Ai sensi dell’art. 102 del codice penale è dichiarato delinquente abituale chi, dopo essere stato condannato alla reclusione in misura superiore complessivamente a cinque anni per tre delitti non colposi, della stessa indole, commessi entro dieci anni, e non contestualmente, riporta un'altra condanna per un delitto, non colposo, della stessa indole, e commesso entro dieci anni successivi all'ultimo dei delitti precedenti.

Il giudice dichiara la delinquenza abituale anche contro chi, dopo essere stato condannato per due delitti non colposi, riporta un'altra condanna per delitto non colposo, se il giudice, tenuto conto della specie, gravità e circostanze dei reati, e del genere di vita del colpevole ritiene che il colpevole sia dedito al delitto (art. 103, c.p.).

 

[11]   Camera dei deputati, Commissione Affari costituzionali, seduta dell’8 marzo 2007, intervento del Sottosegretario all’interno, Lucidi.

[12]   D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza.

[13]   In quest’ultimo senso, anche alla luce del dibattito in Costituente: De Siervo, Cuniberti, Labriola, Angiolini.

[14]   Le rare pronunzie di merito della Corte in materia di cittadinanza non hanno assunto quale parametro l’art. 22 Cost., bensì il principio di uguaglianza in generale (art. 3) e tra i coniugi (art. 29): cfr. sent. 87/1975 e 30/1983.

[15]   A.C. 24; 908; 909; 938; 1297; 1462; 1529; 1570; 1653; 1661; 1686; 1693; 1727; 1744; 1821; 1836; 1839; 2143; 2253.

[16]   Il termine per la conclusione del procedimento amministrativo per la concessione della cittadinanza è fissato in 730 giorni (due anni). Pertanto, il numero complessivo annuo degli esiti (concessioni più reiezioni) delle richieste di acquisto della cittadinanza di ciascun anno non corrisponde al numero delle istanze presentate nello stesso anno. Tenendo conto di ciò, non è stato riportato quest’ultimo dato.

[17]   Camera dei deputati, Commissione Affari costituzionali, seduta dell’8 marzo 2007, intervento del Sottosegretario all’interno, Lucidi.