Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento trasporti
Titolo: La tutela del diritto d'autore sulle reti di comunicazione elettroniche
Serie: Documentazione e ricerche    Numero: 39
Data: 09/07/2013
Descrittori:
AUTORITA' PER LE GARANZIE NELLE COMUNICAZIONI (AGCOM)   DIRITTO D' AUTORE
Organi della Camera: IX-Trasporti, poste e telecomunicazioni
VII-Cultura, scienza e istruzione


+ maggiori informazioni sul dossier


La tutela del diritto d'autore sulle reti di comunicazione elettroniche

9 luglio 2013



Indice

L'iniziativa dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni|Il contesto normativo|Il precedente dello schema di regolamento 398/11/Cons|La giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea|La giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo|La giurisprudenza italiana|



L'iniziativa dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni

Nel suo intervento in apertura dei lavori del seminario Il diritto di autore online: modelli a confronto", svoltosi il 24 maggio 2013 presso la Camera dei deputati, il presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha rilevato che "L'Autorità sta riflettendo approfonditamente sulle questioni aperte e sulle potenziali criticità di un eventuale intervento" in materia di tutela del diritto di autore sulle reti di comunicazione elettronica. Oggetto di approfondimento sono in particolare: le "relazioni tra il diritto d'autore ed altri diritti fondamentali dell'individuo", i "profili economici dei rapporti tra gli operatori" e "la realizzazione delle possibili soluzioni tecniche alternative". La finalità perseguita dall'eventuale intervento dovrebbe essere quella "di favorire lo sviluppo di un mercato dei contenuti digitali aperto, legale e nel quale tutti possano operare a parità di condizioni con la prospettiva di trarne vantaggio, siano essi titolari dei diritti di proprietà intellettuale, prestatori di servizi della società dell'informazione, o - last but not least - consumatori-utenti finali".

In questo quadro, ha proseguito il presidente dell'Autorità, "qualora il Parlamento intervenisse ad adottare una riforma della legge che tutela il diritto d'autore per adeguarla alla nuova realtà tecnologica e di mercato, l'Autorità sarebbe lieta di cedere il passo, ed eventualmente conformare la propria azione alle previsioni del legislatore"; tuttavia "nel quadro normativo attuale [...] l'Agcom ritiene opportuno procedere nell'analisi del dossier, in quanto appare legittimata dalle disposizioni esistenti".

Questo orientamento è stato ribadito dal presidente dell'Autorità anche in occasione della presentazione della relazione annuale 2013, svoltasi il 9 luglio 2013.

Nel presente dossier è compiuta una ricognizione della normativa italiana, delle precedenti iniziative dell'Agcom e della giurisprudenza, italiana ed internazionale, in materia.

 

L'iniziativa dell'AGCOM


Il contesto normativo

In materia di tutela del diritto d'autore sulle reti di comunicazioni elettroniche, il quadro giuridico italiano è stato aggiornato con il recepimento della direttiva 2000/31/CE, da parte del D.Lgs. n. 70/2003, in relazione a taluni aspetti giuridici dei servizi di informazione nel mercato interno, con particolare riferimento al commercio elettronico. Con tale direttiva si è voluto, in particolare, affermare la possibilità per gli Stati membri di richiedere al prestatore di servizi (Internet service provider) di adempiere al dovere di diligenza previsto dal diritto nazionale finalizzato ad individuare e prevenire taluni tipi di attività illecite. Il principio sottostante a tale dovere, in ogni caso, è di non responsabilità del prestatore di servizi a condizione che egli non sia effettivamente al corrente del fatto che l'attività è illecita e che, non appena al corrente di tali fatti, agisca immediatamente per rimuovere il contenuto o disabilitarne l'accesso. Infatti, l'articolo 16 del decreto legislativo n. 70/2003 prevede che "Nella prestazione di un servizio della società dell'informazione, consistente nella memorizzazione di informazioni fornite da un destinatario del servizio, il prestatore (ad esempio gli Internet Service Provider) non e' responsabile delle informazioni memorizzate a richiesta di un destinatario del servizio, a condizione che detto prestatore: a) non sia effettivamente a conoscenza del fatto che l'attività o l'informazione è illecita e, per quanto attiene ad azioni risarcitorie, non sia al corrente di fatti o di circostanze che rendono manifesta l'illiceità dell'attività o dell'informazione; b) non appena a conoscenza di tali fatti, su comunicazione delle autorità competenti, agisca immediatamente per rimuovere le informazioni o per disabilitarne l'accesso".

 

I nuovi compiti assegnati all'Agcom dallo stesso D.Lgs. n. 70/2003 e dal successivo D.Lgs. n. 44/2010 (c.d. "decreto Romani") - ampliando i poteri di vigilanza dell'Autorità in materia di diritto d'autore contenuti nella legge fondamentale in materia (art. 182-bis della legge n. 633/41, introdotto dalla legge n. 248/2000) – prevedono che l'Autorità possa esigere, al pari di quella giudiziaria, che il prestatore di servizi impedisca e ponga fine alle violazioni commesse, ovvero emanare disposizioni regolamentari necessarie per rendere effettiva la tutela dei diritti d'autore e di proprietà intellettuale per i servizi di media audiovisivi.

In particolare quest'ultima disposizione (art. 32-bis del testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici di cui al decreto legislativo n. 177/2005, introdotto dall'articolo 6 del decreto legislativo n. 44/2010) viene individuata come la possibile base legale per l'eventuale intervento dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni in quanto, da un lato, stabilisce che "I fornitori di servizi di media audiovisivi operano nel rispetto dei diritti d'autore e dei diritti connessi, ed in particolare: a) trasmettono le opere cinematografiche nel rispetto dei termini temporali e delle condizioni concordate con i titolari dei diritti; b) si astengono dal trasmettere o ri-trasmettere, o mettere comunque a disposizione degli utenti, su qualsiasi piattaforma e qualunque sia la tipologia di servizio offerto, programmi oggetto di diritti di proprietà intellettuale di terzi, o parti di tali programmi, senza il consenso di titolari dei diritti, e salve le disposizioni in materia di brevi estratti di cronaca". Dall'altro lato, si afferma che "L'Autorità emana le disposizioni regolamentari necessarie per rendere effettiva l'osservanza dei limiti e divieti di cui al presente articolo".

In tal senso, l'intervento regolatorio dovrebbe essere limitato ai servizi di media audiovisivi che sono definiti quali (art. 2 del decreto legislativo n. 177/2005, come modificato dal decreto legislativo n. 44/2010) "un servizio [...] che è sotto la responsabilità editoriale di un fornitore di servizi media e il cui obiettivo principale è la fornitura di programmi al fine di informare, intrattenere o istruire il grande pubblico, attraverso reti di comunicazioni elettroniche. Per siffatto servizio di media audiovisivo si intende o la radiodiffusione televisiva [...] e, in particolare, la televisione analogica e digitale, la trasmissione continua in diretta quale il live streaming, la trasmissione televisiva su Internet quale il webcasting e il video quasi su domanda quale il near video on demand, o un servizio di media audiovisivo a richiesta". Dalla definizione sono invece esclusi "i servizi prestati nell'esercizio di attività non economiche e che non sono in concorrenza con la radiodiffusione televisiva, quali i siti internet privati e i servizi consistenti nella fornitura o distribuzione di contenuti audiovisivi generati da utenti privati a fini di condivisione o di scambio, né i servizi nei quali il contenuto audiovisivo è meramente incidentale e non ne costituisce la finalità principale"

La base legale per l'estensione della regolazione più in generale agli Internet Service Provider è stata invece individuata dall'Autorità (così nella delibera n. 368/10/Cons. dell'Autorità) nell'articolo 17, comma 3, del decreto legislativo n. 70/2003 il quale prevede che il prestatore "sia civilmente responsabile del contenuto di tali servizi nel caso in cui, richiesto dall'autorità giudiziaria o amministrativa avente funzioni di vigilanza, non ha agito prontamente per impedire l'accesso a detto contenuto". La qualificazione dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni come "autorità amministrativa di vigilanza" è desumibile dall'articolo 1 del Codice delle comunicazioni elettroniche (decreto legislativo n. 259/2003) che qualifica appunto l'Agcom come Autorità nazionale di regolamentazione per tutto il settore delle comunicazioni elettroniche.

 

Il decreto legislativo n. 70/2003
La base legale per l'intervento dell'Autorità


Il precedente dello schema di regolamento 398/11/Cons

L'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni era già intervenuta sul tema con lo schema di regolamento di cui alla delibera n. 398/11/Cons, in materia di tutela del diritto d'autore sulle reti di comunicazione elettronica, approvato il 6 luglio 2011, il quale mirava a definire un sistema di norme relative al diritto d'autore che sia appropriato all'era digitale attuale.

Con la delibera n. 668/10/CONS del 17 dicembre 2010, recante "Lineamenti di provvedimento concernente l'esercizio delle competenze dell'Autorità di tutela del diritto d'autore sulle reti di comunicazione elettronica", è stata indetta una consultazione pubblica su una prima versione dello schema di regolamento; una nuova consultazione pubblica è stata quindi aperta sullo schema nella sua versione definitiva.

A seguito della consultazione pubblica, come si ricava anche dall'audizione del presidente dell'AGCOM del 21 marzo 2012 di fronte alle Commissioni riunite Istruzione e Lavori pubblici del Senato, l'AGCOM ha deciso di non procedere all'adozione del regolamento in attesa di una modifica legislativa che definisca meglio "la competenza e i poteri nella materia del diritto d'autore" 


Lo schema di regolamento si caratterizza per un approccio che, da un lato, punta a favorire l'offerta legale di contenuti accessibili ai cittadini e, dall'altro, prevede azioni di enforcement per la rapida eliminazione dalla rete dei contenuti inseriti in violazione del copyright, nel rispetto tuttavia della libertà di espressione e senza alcuna inibizione all'accesso ai siti Internet. Vi è da sottolineare che vengono escluse dall'ambito applicativo del regolamento – a differenza di quanto avviene ad esempio nell'ordinamento francese - le applicazioni con le quali gli utenti possono scambiare contenuti direttamente con altri utenti attraverso le reti di comunicazione elettronica (peer-to-peer).

Tra le altre iniziative previste nello schema vi è l'elaborazione di codici di condotta dei gestori dei siti e dei fornitori di servizi di media audiovisivi e radiofonici, nonché la creazione di un osservatorio per monitorare i miglioramenti della qualità e le riduzioni dei prezzi dell'offerta legale di contenuti.

Tali azioni saranno inoltre sviluppate con il concorso di tutte le categorie interessate e delle associazioni dei consumatori attraverso l'istituzione di un Tavolo tecnico che supporterà l'azione dell'Autorità nella tutela del diritto d'autore on line.

Nella seconda parte dello schema, tra le misure a tutela del diritto d'autore, sono previste quindi le procedure di enforcement a tutela di tale diritto, che si articolano in due fasi. In una prima fase, relativa al cosiddetto "notice and take down", il gestore del sito, ricevuta la richiesta dal titolare del diritto, può rimuovere selettivamente il contenuto illegale (counter notice). Accanto a questo meccanismo è stato introdotta, innovando lo schema comune delle procedure previste nella maggior parte dei Paesi europei, la procedura di contro-notifica. Quest'ultima prevede che il soggetto che abbia caricato il contenuto illegale (uploader), ricevuto dal gestore del sito l'avviso di notifica della rimozione, possa fare opposizione alla rimozione di tale contenuto, garantendo in tal caso un controbilanciamento di domande di rimozione a carattere abusivo ovvero erroneo.

Qualora l'esito della procedura davanti al gestore non risulti soddisfacente per una delle parti, questa potrà rivolgersi entro 7 giorni all'Autorità, la quale, a seguito di un trasparente contraddittorio della durata di 10 giorni - che consente anche la possibilità di un adeguamento spontaneo senza alcuna conseguenza sul piano sanzionatorio - potrà impartire nei successivi 20 giorni (prorogabili di altri 15 in casi più complessi) un ordine di rimozione selettiva dei contenuti illegali o, rispettivamente, di loro ripristino a seconda di quale delle richieste rivolte all'Autorità risulti fondata. In caso di mancato rispetto dell'ordine impartito, l'Autorità potrà irrogare le sanzioni amministrative pecuniarie previste dalla legge 31 luglio 1997, n. 249.

La procedura dinanzi all'Autorità è alternativa e non sostitutiva della via giudiziaria e si blocca se una delle parti decide di ricorrere al giudice. Pertanto, non solo la scelta dell'azione da intraprendere è rimessa alle parti, ma si scongiura il rischio di una sovrapposizione tra pronunce giudiziarie ed amministrative, riconoscendo la preminenza della sede giudiziaria.

Peraltro, le decisioni in materia di diritto d'autore potranno essere impugnate dinanzi al TAR del Lazio, come tutti i provvedimenti dell'Agcom. Le diverse fasi del procedimento delineato dall'Autorità dovrebbero dunque consentire, almeno nella maggior parte dei casi, di risolvere le questioni senza arrivare alla lite giudiziaria e, in tal senso, presentano numerose analogie con le procedure di risoluzione extragiudiziaria delle controversie tra utenti e tra utenti ed operatori, che sia la legge 249 del 1997 sia il Codice delle comunicazioni elettroniche (D. Lgs. n. 259 del 2003) affidano all'Autorità nei settori di propria competenza, sulla base delle direttive europee.

Nel caso di siti esteri si è previsto che, qualora in esito all'attività istruttoria svolta, l'Agcom chieda la rimozione dei contenuti destinati al pubblico italiano in violazione del diritto d'autore e il sito non ottemperi alla richiesta, il caso è suscettibile di essere segnalato alla magistratura per i provvedimenti di competenza.

Lo schema di regolamento tiene conto di parametri che attenuano la portata delle norme secondo un sistema di fair use prevedendo talune eccezioni alle azioni di vigilanza e controllo prescritte nel caso in cui ricorrano ragioni precise e compatibili con gli interessi dei titolari dei diritti (artt. 65 e 70 della legge 633/1941), vale a dire: nel caso di uso didattico e scientifico, del diritto di cronaca, commento, critica e discussione nei limiti dello scopo informativo e dell'attualità; in caso di assenza della finalità commerciale e dello scopo di lucro; in relazione alla occasionalità della diffusione, della quantità e qualità del contenuto diffuso rispetto all'opera integrale, che non pregiudichi il normale sfruttamento economico dell'opera.

 

Lo schema di regolamento 398/11/Cons
Lo schema: la promozione dell'offerta legale di contenuti accessibili
Lo schema: le azioni di enforcement


La giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea

la sentenza del 12 luglio 2011 nella causa C-324/09 (caso L'Oreal) ha sembrato aprire la strada ad un ampliamento del concetto di responsabilità dell'Internet Service Provider per i contenuti veicolati. Infatti, tale sentenza ha stabilito tra le altre cose che:

- "l'art. 14, n. 1, della direttiva 2000/31/UE (che esonera il prestatore del servizio Internet dalla responsabilità per il contenuto delle informazioni memorizzate) "deve essere interpretato nel senso che esso si applica al gestore di un mercato online qualora non abbia svolto un ruolo attivo che gli permetta di avere conoscenza o controllo circa i dati memorizzati. Detto gestore svolge un ruolo siffatto allorché presta un'assistenza che consiste in particolare nell'ottimizzare la presentazione delle offerte in vendita di cui trattasi o nel promuoverle"

- "quando non ha svolto un ruolo attivo [...] il gestore di un mercato online, in una causa che può comportare una condanna al pagamento di un risarcimento dei danni, non può tuttavia avvalersi dell'esonero dalla responsabilità previsto nella suddetta disposizione qualora sia stato al corrente di fatti o circostanze in base ai quali un operatore economico diligente avrebbe dovuto constatare l'illiceità delle offerte in vendita"

 - "l'art. 11, terza frase, della direttiva 2004/48/UE, sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale (che prevede che "gli Stati membri assicurano che i titolari possano chiedere un provvedimento ingiuntivo nei confronti di intermediari i cui servizi sono utilizzati da terzi per violare un diritto di proprietà intellettuale") deve essere interpretato nel senso che esso impone agli Stati membri di far sì che gli organi giurisdizionali nazionali competenti in materia di tutela dei diritti di proprietà intellettuale possano ingiungere al gestore di un mercato online di adottare provvedimenti che contribuiscano non solo a far cessare le violazioni di tali diritti ad opera degli utenti di detto mercato, ma anche a prevenire nuove violazioni della stessa natura. Tali ingiunzioni devono essere efficaci, proporzionate, dissuasive e non devono creare ostacoli al commercio legittimo".

sentenza del 24 novembre 2011 nella causa C-70/10 ha stabilito il principio del contrasto con il diritto dell'Unione di una legislazione che imponga ad un fornitore di accesso ad Internet di predisporre un sistema di filtraggio. In particolare, la sentenza segnala che le disposizioni di numerose direttive in materia (2000/31/UE; 2001/29/UE; 2004/48/UE; 1995/46/UE e 2002/58/UE) "devono essere interpretate nel senso che ostano ad un'ingiunzione rivolta ad un fornitore di accesso ad Internet di predisporre un sistema di filtraggio:

  • di tutte le comunicazioni elettroniche che transitano per i suoi servizi, in particolare mediante programmi «peer-to-peer»;
  • che si applica indistintamente a tutta la sua clientela;
  • a titolo preventivo;
  • a sue spese esclusive, e
  • senza limiti nel tempo,

idoneo ad identificare nella rete di tale fornitore la circolazione di file contenenti un'opera musicale, cinematografica o audiovisiva rispetto alla quale il richiedente affermi di vantare diritti di proprietà intellettuale, onde bloccare il trasferimento di file il cui scambio pregiudichi il diritto d'autore"

C. 131-12, Google Spain e Google) concernente l'eventuale responsabilità del motore di ricerca Google per i dati pubblicati da altri siti e veicolati attraverso il motore di ricerca. A questo proposito, le conclusioni dell'avvocato generale della corte presentate il 25 giugno 2013 appaiono orientate ad escludere la responsabilità di Google, anche quando questi dati violino la privacy ed il diritto all'oblio degli interessati. In particolare, l'avvocato generale ha affermato che "il diritto di accesso ai propri dati conferito dall'articolo 12, e il diritto di opposizione, previsto dall'articolo 14, della direttiva 1995/46/UE non consentono al soggetto titolare di tali diritti di rivolgersi ad un motore di ricerca per impedire l'indicizzazione dell'informazione che lo riguardi, pubblicata legalmente da terze parti su siti internet"

 

La causa C-324/09 (caso L'Oreal)
La causa C-70/2010
Il caso Google


La giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo

Anche la Corte europea dei diritti dell'uomo ha recentemente affrontato la questione della responsabilità degli Internet Service Provider sia pure, anche in questo caso, non con riferimento alla tutela della proprietà intellettuale, bensì con riferimento alla pubblicazione di contenuti illegali. Al riguardo, infatti, la sentenza del 18 dicembre 2012 nel caso Yildrim V. Turchia ha dichiarato il contrasto con l'articolo 10 della Convenzione europea per i diritti dell'uomo, in materia di libertà di espressione, del provvedimento giurisdizionale turco con il quale, per contrasto con la legge turca in materia di diffamazione, era stato bloccato l'accesso ad un sito Internet, ritenuto responsabile di diffamazione nei confronti del fondatore della repubblica turca Kemal Ataturk. In particolare la corte ha ritenuto che le basi legali offerte dalla legge turca per il blocco del sito, vale a dire l'esistenza di "sufficienti elementi" per "sospettare" che la pubblicazione su Internet contenesse elementi illegali, rappresentasse una cornice eccessivamente fragile per giustificare la restizione alla luce dell'articolo 10 della Convenzione. 

 

Il caso Yildrim v. Turchia


La giurisprudenza italiana

La giurisprudenza italiana ha invece recentemente affrontato il problema della responsabilità degli Internet Service provider con riferimento al tema della tutela della dignità personale. Infatti nel caso Vividown c. Google (sentenza della IV sezione penale del Tribunale di Milano del 24 febbraio 2010), conseguente a un atto di cd. cyber-bullismo, ovvero l'upload sul sito di Google di un video che mostra un ragazzino affetto da sindrome di Down malmenato ed ingiuriato da alcuni coetanei, il Tribunale di Milano ha condannato tre dirigenti della società a sei mesi di reclusione, condanna poi sospesa, per l'insufficiente comunicazione degli obblighi di legge nei confronti degli uploader, configurandosi così, in capo a Google, la responsabilità per colpa, con l'aggravante del fine di lucro (i profitti che la società ha ricavato dalla visualizzazione dei video caricati sulla propria piattaforma) e non soltanto per semplice noncuranza. "La distinzione tra content provider e service provider è sicuramente significativa" ha sostenuto il giudice di Milano "ma, allo stato ed in carenza di una normativa specifica in materia, non può costituire l'unico parametro di riferimento ai fini della costruzione di una responsabilità penale degli internet providers". La sentenza della Corte di appello del 12 dicembre 2012 ha però rovesciato la sentenza di primo grado, rilevando che la normativa non prevede allo stato un obbligo per il motore di ricerca di un controllo preventivo sui contenuti indicizzati e messi a disposizione degli utenti. 

 

Con riferimento specifico al tema della tutela della proprietà intellettuale, è invece intervenuta la sentenza della III sezione penale della Corte di cassazione del 23 dicembre 2009, n. 49437, (c.d. "caso Pirate Bay") all'origine della quale vi era l'azione della Federazione Industria Musicale Italiana (FIMI) contro il sito di download di c.d. file torrent (una particolare estensione per file utilizzato da programmi peer-to-peer) chiamato Pirate Bay, già condannato in Svezia dove erano ubicati i relativi server, il giudice ha, in primo luogo, stabilito che l'utilizzo di tecnologie di trasmissione peer-to-peer non esclude la configurabilità del reato di messa a disposizione del pubblico attraverso internet di opere protette dal diritto d'autore in capo al titolare del sito web. Ciò sebbene, attraverso la tecnologia in questione, il titolare del sito non "detenga" mai nei propri database l'opera protetta, che al contrario si trova presso gli utenti, e da questi stessi trasferita ad altri soggetti. In secondo luogo, il giudice ha sancito la legittimità dell'eventuale ordinanza cautelare che disponga che gli Internet Service Provider – pur estranei al reato – inibiscano agli utenti l'accesso al sito, nonché respinto l'eccezione di difetto di giurisdizione fondata sulla mera localizzazione all'estero dell'hardware del sito.

 

Il caso Vividown c. Google
Il caso Pirate Bay