Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Titolo: Inconferibilità e incompatibilità di incarichi Decreto legislativo 39 del 2013
Serie: Documentazione e ricerche    Numero: 24
Data: 04/06/2013
Descrittori:
DL 2013 0039   INCOMPATIBILITA' ALLE CARICHE ELETTIVE AMMINISTRATIVE E DI GOVERNO
INCOMPATIBILITA' NEL PUBBLICO IMPIEGO   INCOMPATIBILITA' PARLAMENTARE
Organi della Camera: I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni
XI-Lavoro pubblico e privato

 

Camera dei deputati

XVII LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione e ricerche

Inconferibilità e incompatibilità di incarichi

Decreto legislativo n. 39 del 2013

 

 

 

 

 

 

 

n. 24

 

 

 

4 giugno 2013

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento istituzioni

( 066760-9475 / 066760-3855 – * st_istituzioni@camera.it

 

 

 

 

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File: AC0126.doc

 


INDICE

Premessa                                                                                                             

Le disposizioni di delega                                                                                  3

§      L’oggetto                                                                                                          3

§      Organizzazioni cui si riferiscono gli incarichi                                                  3

§      Tipologia degli incarichi                                                                                   5

§      Le finalità                                                                                                          6

§      I principi e criteri direttivi                                                                                  6

Il decreto legislativo 39/2013                                                                            8

§      Organizzazioni cui si riferiscono gli incarichi                                                  9

§      Tipologia di incarichi                                                                                      12

§      Il regime dell’inconferibilità e dell’incompatibilità                                            14

§      Dirigenti delle ASL                                                                                         15

§      Inconferibilità                                                                                                  19

§      Incompatibilità                                                                                                24

§      Effetti dell’inconferibilità e dell’incompatibilità                                                33

 

 

 


Premessa

Il decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 19 aprile 2013, n. 92, attua la delega contenuta nei commi 49 e 50 dell’art. 1 della legge 6 novembre 2012, n. 190 (la c.d. legge anticorruzione) in materia di dell’inconferibilità e dell’incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati di diritto pubblico. La norma di delega non prevedeva il parere parlamentare e sullo schema di decreto non è stato richiesto il parere del Consiglio di Stato.

 

L’articolo 1 della legge n. 190 del 2012 contiene anche altre deleghe:

§         al comma 35, in materia di obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni, attuata con il decreto legislativo n. 33 del 14 marzo 2013;

§         al comma 48, per disciplinare gli illeciti, e le relative sanzioni disciplinari, correlati al superamento dei termini di definizione dei procedimenti amministrativi; alla scadenza della delega, 28 maggio 2013, il decreto attuativo non risulta pubblicato;

§         al comma 63, per la definizione di un testo unico della normativa in materia di incandidabilità a tutte le cariche pubbliche elettive e di divieto di ricoprire le cariche di presidente e componente del consiglio di amministrazione di consorzi, dei consigli e delle giunte delle unioni di comuni, di aziende speciali e istituzioni nonché degli organi esecutivi delle comunità montane, attuata con il decreto legislativo n. 235 del 31 dicembre 2012;

§         al comma 67, per l’individuazione degli incarichi (ulteriori a quelli indicati nel comma 66) che comportano l’obbligatorio collocamento in posizione di fuori ruolo dei magistrati e avvocati dello Stato: il relativo schema di decreto è stato presentato alle Camere, che hanno espresso il prescritto parere, ma l’atto non risulta pubblicato e il termine della delega è scaduto.


Le disposizioni di delega

L’oggetto

Ai sensi dell’articolo 1, comma 49 e 50, il Governo è delegato ad adottare uno o più decreti legislativi per modificare la disciplina vigente in materia di:

§      conferimento di incarichi dirigenziali e di incarichi di responsabilità amministrativa di vertice nelle pubbliche amministrazioni e negli enti privati controllati;

§      incompatibilità tra questi incarichi e lo svolgimento di incarichi pubblici elettivi o lo svolgimento di attività, anche non retribuite, presso enti di diritto privato sottoposti a regolazione, a controllo o finanziati da parte dell'amministrazione che ha conferito l'incarico o lo svolgimento in proprio di attività professionali, se l'ente o l'attività professionale sono soggetti a regolazione o finanziati da parte dell'amministrazione.

 

Dalle disposizioni relative ai principi e criteri direttivi, risulta che la delega per l’inconferibilità si riferisce agli incarichi da attribuire, mentre l’incompatibilità si riferisce agli incarichi già conferiti (comma 50, lett. e) ed f)) e non prevede l’eventualità di disposizioni transitorie.

Organizzazioni cui si riferiscono gli incarichi

Amministrazioni pubbliche

Il comma 49 circoscrive il perimetro delle pubbliche amministrazioni, dei cui incarichi si tratta, a quelle indicate nell’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 165/2001.

 

Ai sensi di tale disposizione “per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300. Fino alla revisione organica della disciplina di settore, le disposizioni di cui al presente decreto continuano ad applicarsi anche al CONI”.[1]

 

Tale perimetro è più ristretto di quello che sarebbe stato individuato se, in luogo del riferimento all’art. 1, comma 2 del d.lgs. 165/2001, fosse stato indicato il riferimento all’art. 1, comma 2, della legge 196/2009, recante Legge di contabilità e finanza pubblica.

 

Per quest’ultima disposizione, infatti, si intendono amministrazioni pubbliche gli enti e i soggetti indicati a fini statistici nell’elenco, annualmente aggiornato, comunicato dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT). Per espressa previsione l’elenco è formato e aggiornato comprendendo, oltre alle amministrazioni ex art. 1, comma 2, del d.lgs. 165/2001, anche le autorità indipendenti e quelle che sono individuabili in base alle definizioni adottate da regolamenti dell'Unione europea[2].

 

Occorre specificare che le citate disposizioni riguardano il settore della finanza pubblica, tanto che, ai soli fini dell’applicazione delle disposizioni in materia di finanza pubblica, successivamente l’articolo 5, comma 7, del D.L. 16/2012, conv. dalla legge 44/2012, ha stabilito che “per amministrazioni pubbliche si intendono, per l'anno 2011, gli enti e i soggetti indicati a fini statistici nell'elenco oggetto del comunicato dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) in data 24 luglio 2010, pubblicato in pari data nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana n. 171, nonché a decorrere dall'anno 2012 gli enti e i soggetti indicati a fini statistici dal predetto Istituto nell'elenco oggetto del comunicato del medesimo Istituto in data 30 settembre 2011, pubblicato in pari data nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 228, le Autorità' indipendenti e, comunque, le amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.[3]

 

La constatazione della diversa ampiezza dell’ambito di applicazione dei citati riferimenti normativi e della diversa finalità da essi perseguita – il primo: la disciplina generale dell’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche; il secondo: una disciplina generale in materia di finanza pubblica – ne esclude la fungibilità e quindi la possibilità che in sede di attuazione della delega muti l’ambito applicativo delle disposizioni in tema di incompatibilità e inconferibilità di incarichi.

 

In base alla vigente formulazione della disposizione di delega, quindi, il perimetro dei soggetti, nelle cui organizzazioni sono inseriti gli incarichi di cui si tratta, non comprende le autorità indipendenti, sia in quanto non comprese nell’art. 1, comma 2 del d.lgs. 165/2001, sia in quanto svolgenti funzioni di regolazione, nonché gli enti pubblici economici.

 

Enti privati

Il perimetro degli enti privati è individuato non solo in base alla sottoposizione a controllo pubblico, ma anche al tipo di attività svolta: funzioni amministrative, produzione di beni e servizi a favore di pubbliche amministrazioni o gestione di servizi pubblici.

La definizione utilizzata per individuare le attività sembra circoscriverle a quelle di natura amministrativa o economica, rendendo quindi opportuno valutare se siano comprese attività di altra natura come quelle di regolazione, di ricerca o culturali e ricreative.

Tipologia degli incarichi

Il comma 50 vincola il legislatore delegato a disciplinare i seguenti incarichi:

1) gli incarichi amministrativi di vertice nonché gli incarichi dirigenziali, anche conferiti a soggetti estranei alle pubbliche amministrazioni, che comportano l'esercizio in via esclusiva delle competenze di amministrazione e gestione;

2) gli incarichi di direttore generale, sanitario e amministrativo delle aziende sanitarie locali e delle aziende ospedaliere;

3) gli incarichi di amministratore di enti pubblici e di enti di diritto privato sottoposti a controllo pubblico.

Alla luce del perimetro soggettivo indicato dal comma 49 per individuare l’ambito applicativo dell’incompatibilità e dell’inconferibilità, deve ritenersi, per coerenza interpretativa, che agli enti menzionati nel comma 50, lett d), non possano essere ricondotte figure, quali gli enti pubblici economici, che non siano già comprese nel suddetto perimetro.

Le finalità

Le finalità dichiarate della legge delega sono la prevenzione e il contrasto della corruzione e la prevenzione dei conflitti di interessi, finalità che attengono principalmente, la prima agli interventi sull’attribuzione degli incarichi e la seconda alla definizione di nuove incompatibilità.

I principi e criteri direttivi

Con riferimento ai destinatari degli incarichi, la delega stabilisce:

§         1. un criterio di inconferibilità di incarichi per un fattore oggettivo: la condanna anche con sentenza non passata in giudicato per delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione (comma 50 lett. a);

§         2. un criterio, definito dalla delega “generale”, di inconferibilità di incarichi per un fattore soggettivo: aver ricoperto, per non meno di un anno antecedente al conferimento, cariche o aver svolto incarichi in enti di diritto privato sottoposti a controllo o finanziati da parte dell’amministrazione conferente (comma 50 lett. b);

§         3. la regolazione dei criteri di conferimento e dei casi di inconferibilità per un fattore soggettivo: aver fatto parte di organi di indirizzo o aver ricoperto cariche elettive “presso le medesime amministrazioni”, vale a dire quelle dell’art. 1, comma 2, del d.lgs. 165/2001 (comma 50 lett. b).

 

Oltre alla fattispecie che rientra nel criterio generale di inconferibilità (comma 50 lett. b)), solo una fattispecie di inconferibilità è espressamente indicata dalla delega: conferimento di incarichi dirigenziali a coloro che presso le medesime amministrazioni abbiano svolto incarichi di indirizzo politico o abbiano ricoperto cariche pubbliche elettive nel periodo, comunque non inferiore ad un anno, immediatamente precedente al conferimento dell'incarico.

A questo divieto assoluto di conferimento, temperato solo sotto il profilo temporale, fanno eccezione solo le fattispecie riguardanti incarichi di responsabile degli uffici di diretta collaborazione degli organi di indirizzo politico (comma 50, lett. c) terzo periodo).

 

Con riferimento alla tipologia degli incarichi sono inclusi:

§         per le pubbliche amministrazioni, gli incarichi amministrativi di vertice nonché gli incarichi dirigenziali, anche conferiti a soggetti estranei alle pubbliche amministrazioni, che comportano l'esercizio in via esclusiva delle competenze di amministrazione e gestione;

§         per il settore sanitario, gli incarichi di direttore generale, sanitario e amministrativo delle aziende sanitarie locali e delle aziende ospedaliere;

§         per gli enti pubblici e privati controllati, gli incarichi di amministratore.

 

Per ogni incarico già conferito rientrante nella tipologia indicata, il legislatore delegato deve:

§         disciplinarne le incompatibilità con attività, retribuite o no, presso enti di diritto privato sottoposti a regolazione, a controllo o finanziati da parte dell'amministrazione che ha conferito l'incarico o lo svolgimento in proprio di attività professionali, se l'ente o l'attività professionale sono soggetti a regolazione o finanziati da parte dell'amministrazione;

§         disciplinarne le incompatibilità con l'esercizio di cariche negli organi di indirizzo politico.

 

Va notato che solo per gli incarichi già conferiti vi è l’obbligo del legislatore delegato, stabilito dal comma 50 alle lett. e) e f), di prevedere una specifica disciplina. Tale prescrizione implica l’effettuazione di una valutazione di compatibilità con attività presso enti o con attività professionali già in corso. Inoltre, in tale ipotesi, le attività vengono in considerazione non solo per il controllo pubblico, ma anche per la regolazione o il finanziamento pubblici.

Analoga valutazione di compatibilità in rapporto agli incarichi già conferiti è richiesta per cariche negli organi di indirizzo politico.

 

Per gli incarichi dirigenziali a soggetti estranei alle amministrazioni che, almeno per un anno prima del conferimento abbiano fatto parte di organi di indirizzo politico o abbiano ricoperto cariche pubbliche elettive, la delega (comma 50 lett. c, secondo periodo) prescrive:

§         la definizione di criteri di conferimento di incarichi;

§          l’individuazione dei casi di inconferibilità stabilendo una graduazione dell’inconferibilità e una regolazione in rapporto:

-    alla rilevanza delle cariche di carattere politico ricoperte;

-    all'ente di riferimento;

-    al collegamento, anche territoriale, con l'amministrazione che conferisce l'incarico.


Il decreto legislativo 39/2013

Il decreto legislativo 39/2013 ha attuato la delega stabilita dai commi 49 e 50 dell’art. 1 della legge 190/2012 prevedendo fattispecie di:

§         inconferibilità, cioè di preclusione, permanente o temporanea, a conferire gli incarichi a coloro che abbiano riportato condanne penali per i reati previsti dal capo I del titolo II del libro secondo del codice penale, nonché a coloro che abbiano svolto incarichi o ricoperto cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati da pubbliche amministrazioni o svolto attività professionali a favore di questi ultimi, a coloro che siano stati componenti di organi di indirizzo politico (art. 1, comma 2, lett. g);

§         incompatibilità, da cui consegue l'obbligo per il soggetto cui viene conferito l'incarico di scegliere, a pena di decadenza, entro il termine perentorio di quindici giorni, tra la permanenza nell'incarico e l'assunzione e lo svolgimento di incarichi e cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati dalla pubblica amministrazione che conferisce l'incarico, lo svolgimento di attività professionali ovvero l'assunzione della carica di componente di organi di indirizzo politico (art. 1, comma 2, lett. h).

 

Il decreto non modifica la disciplina in materia di incompatibilità, cumulo di impieghi e incarichi già prevista dall’art. 53 del D.lgs. 165/2001 e resta urgente quindi la normativa in tema di collocamento in aspettativa dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni.

Su tale disciplina il decreto interviene solo per estendere la portata del divieto stabilito dal comma 16 ter del citato art. 53 – per i dipendenti che, negli ultimi tre anni di servizio, hanno esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto di pubbliche amministrazioni ai quali è interdetto lo svolgimento, nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di pubblico impiego, di attività lavorativa o professionale presso i soggetti privati destinatari dell'attività della pubblica amministrazione svolta attraverso i medesimi poteri -  anche ai soggetti titolari di uno degli incarichi cui si riferisce il decreto, compresi i soggetti esterni con i quali l'amministrazione, l'ente pubblico o l'ente di diritto privato in controllo pubblico stabilisce un rapporto di lavoro, subordinato o autonomo.

Inoltre, resta salva la disciplina in tema di criteri di iconferimento di incarichi dirigenziali e di collocamento in aspettativa di cui, rispettivamente, agli articoli 19 e 23 bis del D.lgs. 165/2001.

 

 

Organizzazioni cui si riferiscono gli incarichi

Art.1, comma 2: definizione della lett. a)

L’art. 1, comma 2, in sede di definizione delle categorie giuridiche utilizzate, indica i soggetti da ritenere compresi tra le “pubbliche amministrazioni”.

Tale definizione dovrebbe coincidere con quella già contenuta nella disposizione di delega.

Invece, la lett. a) della citata disposizione, estende il perimetro delle pubbliche amministrazioni, dei cui incarichi si tratta, rispetto a quello fissato dalla delega - attraverso il riferimento all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 165/2001 - includendo le autorità indipendenti.

Tali soggetti non rientrano tra quelli indicati dall’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 165/2001, né per la formulazione letterale adottata, né per l’interpretazione che a tale disposizione è stata data. Infatti, secondo il Consiglio di Stato, le autorità indipendenti “non sono state incluse tra le amministrazioni destinatarie del d.lgs.n. 165 del 2001 ( art. 1, comma 2 , del d.lgs. n. 165 del 2001) e [...] laddove il legislatore ha inteso diversamente regolare l’ambito soggettivo di destinazione della normativa ha introdotto disposizioni specifiche”.[4]

 

L’estensione alle autorità indipendenti non trova riscontro quindi nelle categorie giuridiche utilizzate dalla delega e va valutata sotto il profilo della conformità all’art. 76 Cost.

 

Si nota poi che l’inclusione delle autorità indipendenti effettuata dall’art. 1, lett. a), non trova espressa conferma nell’art. 2, comma 1, che riferisce l’ambito applicativo del decreto agli incarichi conferiti nelle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, includendo con espressa precisazione tra tali soggetti gli enti pubblici, nonché gli enti di diritto privato in controllo pubblico.

 

Ancora, si può rilevare che l’art. 11, comma. 3, del  D.Lgs. 33/2013, che ha  riordinato la disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni, adottato in base all’art. 1, comma 35, della stessa legge 190/2013, non ha direttamente esteso le disposizioni ivi previste alle autorità indipendenti, ma ha stabilito che esse "provvedono all'attuazione di quanto previsto della normativa vigente in materia di trasparenza secondo le disposizioni dei rispettivi ordinamenti”.

Quindi il D.Lgs. 33/2013 e il D.Lgs. 39/2013, pur essendo emanati a distanza di pochi giorni l’uno dall’altro, effettuano scelte normative diverse sotto il profilo dell’ambito applicativo.

 

Art.1, comma 2: definizione della lett.b)

L’art. 1, comma 2, lett. b) contiene una definizione di «enti pubblici».

 

Ad essa sono riportati gli enti di diritto pubblico non territoriali nazionali, regionali o locali, comunque denominati, istituiti, vigilati, finanziati dalla pubblica amministrazione che conferisce l'incarico, ovvero i cui amministratori siano da questa nominati.

 

Va notato che, siccome la delega non richiama espressamente la categoria degli enti pubblici, ad essa ha inteso riferirsi solo nell’ambito che risulta ricompreso dal riferimento normativo costituito, ancora una volta, dall’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 165/2001. Di conseguenza, non potrebbero essere compresi nella disciplina in esame gli enti pubblici economici, in quanto esclusi dal perimetro delineato indicato dalla delega e un’interpretazione diretta a ricomprenderli dovrebbe essere valutata sotto il profilo della conformità all’art. 76 Cost..

 

Va comunque rilevato il carattere sempre più residuale della categoria degli enti pubblici economici, la cui forma giuridica ha subito nel tempo una progressiva erosione a vantaggio della forma societaria, risultando quindi recessiva. Tra le più recenti istituzioni di enti pubblici economici risulta la SIAE (Società Italiana degli Autori ed Editori), in base alla legge 9 gennaio 2008, n. 2.

Peculiare appare poi il caso dell’Agenzia del Demanio, istituita nel 1999 come una delle quattro Agenzie Fiscali del Ministero dell’Economia e delle Finanze, trasformata nel 2003 in ente pubblico economico, le cui attività, sottoposte alla vigilanza e agli indirizzi del MEF, sono definite da un contratto di servizio: la peculiarità deriva dal fatto che l’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 165/2001 include le agenzie, nelle quali essa rientrava fino al 2003, ed esclude gli enti pubblici economici, categoria alla quale ora appartiene.

Non è così invece per l’Agenzia delle entrate e per l’Agenzia del territorio, istituite dal D.Lgs. 300/1999, la seconda inglobata dalla prima a decorrere dal 1°dicembre 2012: esse rientrano nella categoria delle agenzie e quindi dei soggetti indicati dall’ l’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 165/2001.

 

In ogni caso appare opportuno verificare l’effettivo presupposto dell’introduzione di una definizione di enti pubblici, posto che il richiamo normativo contenuto nella delega produce già un effetto definitorio della categoria, peraltro diverso come sopra illustrato.

 

 

Art.1, comma 2: definizione della lett. c)

La lett. c) definisce «enti di diritto privato in controllo pubblico»:

§         le società e gli altri enti di diritto privato che esercitano funzioni amministrative, attività di produzione di beni e servizi a favore delle amministrazioni pubbliche o di gestione di servizi pubblici, sottoposti a controllo ai sensi dell'articolo 2359 c.c. da parte di amministrazioni pubbliche;

§         oppure gli enti nei quali siano riconosciuti alle pubbliche amministrazioni, anche in assenza di una partecipazione azionaria, poteri di nomina dei vertici o dei componenti degli organi.

 

In base all’art. 2359 c.c. si considerano società controllate: 1) le società in cui un'altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria; 2) le società in cui un'altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria; 3) le società che sono sotto influenza dominante di un'altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa. Ai fini dell'applicazione dei numeri 1) e 2) si computano anche i voti spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persona interposta: non si computano i voti spettanti per conto di terzi.

 

L’art. 2359 c.c. definisce, oltre alla categoria delle società controllate, anche quella delle società collegate, che, però, non è richiamata dall’art. 1 del decreto in esame.

Sono considerate collegate le società sulle quali un'altra società esercita un'influenza notevole. L'influenza si presume quando nell'assemblea ordinaria può essere esercitato almeno un quinto dei voti ovvero un decimo se la società ha azioni quotate in mercati regolamentati.

 

Poiché dal riferimento al controllo ai sensi dell'articolo 2359 c.c. discende la forma societaria del soggetto controllato non appare chiaro quali siano “gli altri enti di diritto privato” ai quali la disposizione si riferisce.

Inoltre, non appare chiaro se il riferimento agli enti nei quali le pubbliche amministrazioni non hanno partecipazione azionaria, ma poteri di nomina dei vertici o dei componenti degli organi, riguardi solo gli enti aventi forma societaria o anche quelli che non hanno tale forma.

 

Art.1, comma 2: definizione della lett. d)

La lett. d) introduce la categoria degli «enti di diritto privato regolati o finanziati». Sono tali le società e gli altri enti di diritto privato, anche privi di personalità giuridica, nei confronti dei quali l'amministrazione che conferisce l'incarico:

1)      svolga funzioni di regolazione dell'attività principale che comportino, anche attraverso il rilascio di autorizzazioni o concessioni, l'esercizio continuativo di poteri di vigilanza, di controllo o di certificazione;

2)      abbia una partecipazione minoritaria nel capitale;

3)      finanzi le attività attraverso rapporti convenzionali, quali contratti pubblici, contratti di servizio pubblico e di concessione di beni pubblici;

 

La categoria è amplissima, sia per la forma giuridica degli enti, tra i quali vengono ad essere compresi anche gli enti di fatto, sia per gli indici assunti a sintomo di rapporto con l’amministrazione pubblica.

In particolare, il n. 3 individua nel rapporto convenzionale con soggetti pubblici un indice di finanziamento pubblico, formalizzato nel contratto pubblico, di servizio pubblico o di concessione di beni pubblici.

Poichè tali contratti possono avere carattere oneroso, tale disposizione sembra richiedere una verifica in concreto delle fattispecie a carattere gratuito, in quanto solo queste potrebbero tradursi in un finanziamento. Inoltre la disposizione sembra escludere le fattispecie che non presentano profili convenzionali, in quanto esclusivamente provvedimentali: appare opportuna la verifica dell’eventualità di tale esclusione in quanto in caso contrario rientrerebbero nella sfera applicativa del decreto tutte le forme collettive di esercizio di un’attività che siano state concessionarie, anche una tantum, di un bene pubblico, anche a prescindere dalla motivazione della concessione .

Va notato inoltre che tale categoria di enti non è espressamente menzionata dalla disposizione di delega del comma 49 della legge 190/2012, che si riferisce agli “enti di diritto privato sottoposti a controllo pubblico”, cioè a quelli oggetto della definizione di cui all’art. 1, comma 2, lett. c) del decreto legislativo.

Ricorre invece tra i principi e criteri direttivi di cui al comma 50 della stessa legge il riferimento agli enti di diritto privato “finanziati” dall’amministrazione conferente, mentre il riferimento agli enti di diritto privato “sottoposti a regolazione” ricorre nel comma 50 solo per i casi di incompatibilità.

 

Tipologia di incarichi

L’art. 1 circoscrive la disciplina stabilita dal decreto ai seguenti incarichi.

 

Per gli enti di diritto privato regolati o finanziati sono considerate “le cariche di presidente con deleghe gestionali dirette, amministratore delegato, le posizioni di dirigente, lo svolgimento stabile di attività di consulenza a favore dell'ente” (comma 2; lett. e).

Per enti pubblici e negli enti di diritto privato in controllo pubblico sono considerati “gli incarichi di presidente con deleghe gestionali dirette, amministratore delegato e assimilabili, di altro organo di indirizzo delle attività dell'ente, comunque denominato” (comma 2; lett. l).

L’ambito delle cariche e degli incarichi previsti dalle due lettere non è coincidente e si può notare che, mentre per la categoria che comprende solo soggetti privati di cui alla lett. e) sono comprese le figure dei consulenti, per la categoria di cui alla lett. l), nonostante essa comprenda enti pubblici, non vi è alcun cenno a tali figure, con l’effetto che, in tal caso, per esse non si producono le conseguenze in termini di inconferibilità o incompatibilità stabilite dal decreto.

 

Le lettere i), j) e k) del comma 2 definiscono gli incarichi amministrativi di vertice e gli incarichi dirigenziali compresi nella disciplina stabilita dal decreto.

Elemento di distinzione tra le due categorie è l'esercizio o meno in via esclusiva delle competenze di amministrazione e gestione.

Quindi sono considerati incarichi amministrativi di vertice, quelli di livello apicale, che non comportano tale esercizio quali quelli di Segretario generale, capo Dipartimento, Direttore generale o posizioni assimilate nelle pubbliche amministrazioni e negli enti di diritto privato in controllo pubblico, indipendentemente dal fatto che i soggetti che li ricoprono siano interni o esterni all'amministrazione o all'ente conferente (lett. i).

Gli incarichi di funzione dirigenziale, quindi non apicali, vengono in considerazione solo se comportano l'esercizio in via esclusiva delle competenze di amministrazione e gestione.

A loro volta tali incarichi sono distinti tra incarichi interni - che comprendono anche quelli nell'ambito degli uffici di diretta collaborazione, conferiti a dirigenti o ad altri dipendenti, ivi compreso il personale in regime pubblicistico, cioè non in contrattazione collettiva, purchè di ruolo (lett. j) – e incarichi esterni - attribuiti quindi a soggetti non dipendenti di pubbliche amministrazioni – ivi compresi quelli nell'ambito degli uffici di diretta collaborazione (lett. k)

In merito si ricorda che la delega (comma 50 lett. c) esclude l’applicazione agli incarichi di diretta collaborazione del criterio generale di inconferibilità di incarichi dirigenziali per coloro che presso le medesime amministrazioni abbiano svolto incarichi di indirizzo politico o abbiano ricoperto cariche pubbliche elettive nel periodo, comunque non inferiore ad un anno, immediatamente precedente al conferimento dell'incarico.

 

In base all’art. 1, comma 2, lett. f) si considerano componenti di organi di indirizzo politico, coloro che partecipano, in via elettiva o di nomina, a organi di indirizzo politico delle amministrazioni statali, regionali e locali, quali Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro, Vice Ministro, sottosegretario di Stato e commissario straordinario del Governo, parlamentare, Presidente della giunta o Sindaco, assessore o consigliere nelle regioni, nelle province, nei comuni e nelle forme associative tra enti locali, oppure a organi di indirizzo di enti pubblici, o di enti di diritto privato in controllo pubblico, nazionali, regionali e locali.

Per le cariche di consigliere provinciale, occore tenere presente che l’attuale assetto dell’ordinamento delle province, quale deriva dagli interventi effettuati dal D.L. 201/2011, dal D.L. 95/2012 e dalla legge di stabilità per il 2013, non consente il rinnovo dei consigli venuti a scadenza.

 

Il regime dell’inconferibilità e dell’incompatibilità

Nel decreto legislativo 39/2013 si possono individuare sostanzialmente due gruppi di disposizioni di attuazione del duplice oggetto della delega.

 

Il primo gruppo reca alcuni divieti all’accesso (prevalentemente temporaneo) agli incarichi di vertice nella p.a. in presenza di cause ostative definite come casi di inconferibilità di tali incarichi; il secondo gruppo reca alcune cause di incompatibilità (con possibilità di opzione) tra detti incarichi e altre cariche quali quelle amministrative di governo o elettive a livello statale, regionale e locale.

 

Per alcune fattispecie i fattori di inconferibilità o di incompatibilità sono legati a una soglia di popolazione di enti territoriali o di loro forme associative. Tale soglia è pari o superiore ai 15 mila abitanti e porta all’esclusione dall’ambito applicativo dei comuni piccoli e medi.

 

Inoltre la disciplina dell’inconferibilità di incarichi a componenti di organo politico di livello regionale e locale ai dipendenti della stessa amministrazione, ente pubblico o ente di diritto privato in controllo pubblico, non si applica, secondo l’art. 7, comma 3, ai dipendenti che, all'atto di assunzione della carica politica, erano titolari di incarichi.

 

In particolare, il decreto legislativo prevede tre ordini di cause di inconferibilità di incarichi:

§      in caso di condanna, anche non definitiva, per reati contro la pubblica amministrazione

§      la provenienza da enti di diritto privato;

§      la provenienza da organi di indirizzo politico.

 

Dunque gli incarichi dirigenziali costituiscono l’oggetto di entrambi i gruppi di disposizioni: l’uno volto a interdire (“a monte”, ) l’accesso a tali incarichi, l’altro finalizzato a impedire (“a valle”) che coloro che ne siano titolari possano transitare ad altri incarichi mantenendone la titolarità.

 

Sia le disposizioni in materia di inconferibilità, sia, soprattutto, quelle sull’incompatibilità incidono, senza novellarle, su disposizioni vigenti in materia, in alcuni casi sovrapponendosi ad esse.

 

L’effetto di tali interventi sembra essere quello di rendere ancora più complesso l’intero assetto della materia, per il quale un monito al legislatore della Corte costituzionale chiedeva un intevento di semplificazione.

La Consulta, infatti, sin dalla sentenza 344/1993, auspicava, in tema di ineleggibilità e di incompatibilità, “che una legislazione, come quella vigente, ricca di incongruenze logiche e divenuta ormai anacronistica di fronte ai profondi mutamenti che lo sviluppo tecnologico e sociale ha prodotto nella comunicazione politica, sia presto riformata dal legislatore al fine di realizzare nel modo più pieno e significativo il valore costituzionale della libertà e della genuinità della competizione elettorale e del diritto inviolabile di ciascun cittadino di concorrere all'elezione dei propri rappresentanti politici e di partecipare in condizioni di eguaglianza all'accesso a cariche pubbliche elettive.

 

La delega (art. 1 comma 50 lett. c) esclude l’applicazione agli incarichi di diretta collaborazione del criterio generale di inconferibilità di incarichi dirigenziali per coloro che presso le medesime amministrazioni abbiano svolto incarichi di indirizzo politico o abbiano ricoperto cariche pubbliche elettive nel periodo, comunque non inferiore ad un anno, immediatamente precedente al conferimento dell'incarico.

Tuttavia il decreto legislativo non menziona tale esclusione.

 

Dirigenti delle ASL

Per tale categoria di incarichi si procede all’illustrazione complessiva della disciplina prevista dal decreto legislativo sia sotto il profilo dell’inconferibilità che di quello dell’incompatibilità con gli articoli 5, 8 e 14, in quanto tale disciplina interviene anche su fattispecie disciplinate, prima dell’entrata in vigore del decreto legislativo, in termini di ineleggibilità. Tale intervento sembra effettuare una modificazione, rispetto all’assetto previgente, delle categorie giuridiche (ineleggibilità, inconferibilità e incompatibilità) ostative all’assunzione di incarichi.

 

Come si è avuto modo di accennare sopra, l’unico caso di abrogazione espressa della normativa previgente e di sostituzione con una nuova disciplina riguarda i dirigenti delle ASL: infatti, l’art. 23 del decreto legislativo n. 39, abroga l’art. 3, comma 9, del decreto legislativo 20 luglio 2004, n. 215, e introduce nuove disposizioni in materia di inconferibilità di detti incarichi (agli articoli 5 e 8) e di incompatibilità (con l’art. 14).

 

La tabella che segue pone a confronto il testo dell’art. 3 co. 9 del D.Lgs. 502/1992 e gli articoli 8 e 14 del D.gs. 39/2013.

 

D.Lgs. 502/1992 art. 3, co. 9

D.Lgs. 39/2013, artt. 8 e 14

Art. 3, co. 9, I periodo.

Il direttore generale non è eleggibile a membro dei consigli comunali, dei consigli provinciali, dei consigli e assemblee delle regioni e del Parlamento, salvo che le funzioni esercitate non siano cessate almeno centottanta giorni prima della data di scadenza dei periodi di durata dei predetti organi.

Art. 3, co. 9, II periodo.

In caso di scioglimento anticipato dei medesimi, le cause di ineleggibilità non hanno effetto se le funzioni esercitate siano cessate entro i sette giorni successivi alla data del provvedimento di scioglimento.

Art. 3, co. 9, III periodo.

In ogni caso il direttore generale non è eleggibile nei collegi elettorali nei quali sia ricompreso, in tutto o in parte, il territorio dell'unità sanitaria locale presso la quale abbia esercitato le sue funzioni in un periodo compreso nei sei mesi antecedenti la data di accettazione della candidatura.

 

Art. 3, co. 9, IV periodo.

Il direttore generale che sia stato candidato e non sia stato eletto non può esercitare per un periodo di cinque anni le sue funzioni in unità sanitarie locali comprese, in tutto o in parte, nel collegio elettorale nel cui ambito si sono svolte le elezioni.

Art. 8, co. 1.

Gli incarichi di direttore generale, direttore sanitario e direttore amministrativo nelle aziende sanitarie locali non possono essere conferiti a coloro che nei cinque anni precedenti siano stati candidati in elezioni europee, nazionali, regionali e locali, in collegi elettorali che comprendano il territorio della ASL.

 

Art. 8, co. 2.

Gli incarichi di direttore generale, direttore sanitario e direttore amministrativo nelle aziende sanitarie locali non possono essere conferiti a coloro che nei due anni precedenti abbiano esercitato la funzione di Presidente del Consiglio dei ministri o di Ministro, Viceministro o sottosegretario nel Ministero della salute o in altra amministrazione dello Stato o di amministratore di ente pubblico o ente di diritto privato in controllo pubblico nazionale che svolga funzioni di controllo, vigilanza o finanziamento del servizio sanitario nazionale.

 

Art. 8, co. 3.

Gli incarichi di direttore generale, direttore sanitario e direttore amministrativo nelle aziende sanitarie locali non possono essere conferiti a coloro che nell’anno precedente abbiano esercitato la funzione di parlamentare.

 

Art. 8, co. 4.

Gli incarichi di direttore generale, direttore sanitario e direttore amministrativo nelle aziende sanitarie locali non possono essere conferiti a coloro che nei tre anni precedenti abbiano fatto parte della giunta o del consiglio della regione interessata ovvero abbiano ricoperto la carica di amministratore di ente pubblico o ente di diritto privato in controllo pubblico regionale che svolga funzioni di controllo, vigilanza o finanziamento del servizio sanitario regionale.

 

Art. 8, co. 5.

Gli incarichi di direttore generale, direttore sanitario e direttore amministrativo nelle aziende sanitarie locali non possono essere conferiti a coloro che, nei due anni precedenti, abbiano fatto parte della giunta o del consiglio di una provincia, di un comune con popolazione superiore ai 15.000 o di una forma associativa tra comuni avente la medesima popolazione, il cui territorio è compreso nel territorio della ASL.

 

Art. 14. 1.

Gli incarichi di direttore generale, direttore sanitario e direttore amministrativo nelle aziende sanitarie locali sono incompatibili con la carica di Presidente del Consiglio dei ministri, Ministro, Vice Ministro, sottosegretario di Stato e commissario straordinario del Governo di cui all’articolo 11 della legge 23 agosto 1988, n. 400, di amministratore di ente pubblico o ente di diritto privato in controllo pubblico nazionale che svolga funzioni di controllo, vigilanza o finanziamento del servizio sanitario nazionale o di parlamentare.

Art. 3, co. 9, V periodo.

La carica di direttore generale è incompatibile con quella di membro del consiglio e delle assemblee delle regioni e delle province autonome, di consigliere provinciale, di sindaco, di assessore comunale, di presidente o di assessore di comunità montana, di membro del Parlamento, nonché con l'esistenza di rapporti anche in regime convenzionale con la unità sanitaria locale presso cui sono esercitate le funzioni o di rapporti economici o di consulenza con strutture che svolgono attività concorrenziali con la stessa. La predetta normativa si applica anche ai direttori amministrativi ed ai direttori sanitari.

Art. 14, co. 2.

Gli incarichi di direttore generale, direttore sanitario e direttore amministrativo nelle aziende sanitarie locali di una regione sono incompatibili:

a) con la carica di componente della giunta o del consiglio della regione interessata ovvero con la carica di amministratore di ente pubblico o ente di diritto privato in controllo pubblico regionale che svolga funzioni di controllo, vigilanza o finanziamento del servizio sanitario

regionale;

b) con la carica di componente della giunta o del consiglio di una provincia, di un comune con popolazione superiore ai 15.000 abitanti o di una forma associativa tra comuni avente la medesima popolazione della medesima regione;

c) con la carica di presidente e amministratore delegato di enti di diritto privato in controllo pubblico da parte della regione, nonché di province, comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti o di forme associative tra comuni aventi la medesima popolazione della stessa regione.

Art. 3, co. 9, VII periodo.

La carica di direttore generale è altresì incompatibile con la sussistenza di un rapporto di lavoro dipendente, ancorché in regime di aspettativa senza assegni, con l'unità sanitaria locale presso cui sono esercitate le funzioni.

 

 

L’abrogazione dell’art. 3, comma 9, del D.lgs. 502/1992 disposta dall’art. 23 del decreto in esame fa venir meno le disposizioni in tema di ineleggibilità contenute nei primi tre periodi del suddetto comma, nonché l’incompatibilità tra la carica di direttore generale e la sussistenza di lavoro dipendente prevista dal settimo periodo dello stesso comma 9.

Si ricorda che cause di ineleggibilità degli amministratori delle ASL alla carica di componenti dei consigli degli enti locali e delle regioni sono contenute rispettivamente nel testo unico degli enti locali (D.Lgs. 267/2000, art. 60, co. 1) e nel decreto-legge 35/1991, conv. L. 111/1991 (art. 1, co. 7).

 

Poiché la delega non disponeva una riduzione delle cause di ineleggibilità stabilite a legislazione vigente, appare opportuno valutare se tale intervento normativo rientra nei limiti della delega stessa. Quanto all’eliminazione della suddetta causa di incompatibilità appare opportuno valutarne la portata alla luce della ratio della delega.

 

D’altro canto, l’art. 14 stabilisce una disciplina per l’incompatibilità delle cariche di direttore generale, direttore sanitario e direttore amministrativo nelle aziende sanitarie locali con cariche di componenti di organi di indirizzo e di governo di enti territoriali, di componente del Governo, di commissairo straordinario e di parlamentare, per effetto della quale alcune fattispecie che nel regime precedente all’abrogazione si ponevano come condizioni, rimuovibili, di inelggibilità, ora sono disciplinate come condizioni di incompatibilità.

 

Poiché la delega non disponeva una riduzione delle cause di ineleggibilità stabilite a legislazione vigente, appare opportuno valutare se tale intervento normativo rientra nei limiti della delega stessa. Quanto all’eliminazione della suddetta causa di incompatibilità appare opportuno valutarne la portata alla luce della ratio della delega.

 

Quanto alle disposizioni degli articoli 8 e 14 del decreto in esame si può notare che:

1) il comma 1 degli articoli 8 e 14 di entrambi gli articoli estende – rispetto alla previgente ineleggibilità disposta solo per il direttore generale - l’ambito soggettivo dell’inconferibilità/incompatibilità anche al direttore sanitario e al direttore amministrativo nelle aziende sanitarie locali;

2) il comma 2 dell’art. 8 estende implicitamente la disciplina in tema di conflitto di interessi (L. 215/2004) limitatamente ai membri del Governo che abbiano svolto funzioni di controllo, vigilanza o finanziamento del servizio sanitario nazionale, con l’effetto di portare a due anni, esclusivamente per tali figure, il termine annuale previsto dalla L. 215/2004.

 

Con riferimento a quanto rilevato sub 2), appare opportuno valutare la congruità dell’assetto complessivo della materia, considerato il diverso trattamento ai fini dell’inconferibilità di soggetti rientranti nella medesima categoria istituzionale.

 

L’art. 5 prevede una specifica fattispecie di inconferibilità: ai soggetti che, nei due anni precedenti, abbiano svolto incarichi e ricoperto cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati dal servizio sanitario regionale non possono essere conferiti incarichi di direttore generale, direttore sanitario e direttore amministrativo nelle aziende sanitarie locali.

Inconferibilità

Sentenze di condanna

L’articolo 3 disciplina l’inconferibilità di incarichi per condanne per reati contro la pubblica amministrazione, (in particolare quelli previsti dal Libro II, Titolo II, Capo I del codice penale) riconducendo l’effetto preclusivo anche a sentenze non passate in giudicato.

La disposizione si inserisce in un contesto normativo che già interviene in tale materia: la legge 27 marzo 2001, n. 97 (richiamata dall’articolo 3 in esame), recante Norme sul rapporto tra procedimento penale e procedimento disciplinare ed effetti del giudicato penale nei confronti dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche, prevede (art. 3) il trasferimento ad ufficio diverso a seguito di rinvio a giudizio di un dipendente di amministrazioni o di enti pubblici ovvero di enti a prevalente partecipazione pubblica per alcuni dei delitti previsti dagli articoli 314, primo comma, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater e 320 del codice penale e dall'articolo 3 della legge 9 dicembre 1941, n. 1383. Nel caso di condanna anche non definitiva, ancorché sia concessa la sospensione condizionale della pena, per gli stessi reati, i dipendenti sono sospesi dal servizio (art. 4).

 

La Corte costituzionale, con sentenza 22 aprile-3 maggio 2002, n. 145 ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 4, comma 1, sollevata in riferimento agli artt. 3, 4, 24, 27, 35, 36 e 97 della Costituzione.

 

Incarichi nelle amministrazioni e negli enti pubblici

In base all’articolo 4, gli incarichi amministrativi di vertice nelle amministrazioni statali, regionali e locali e gli incarichi di amministratore di ente pubblico, di livello nazionale, regionale e locale non possono essere conferiti a soggetti provenienti da enti di diritto privato regolati o finanziati dalle suddette amministrazioni o enti o che abbiano svolto in proprio attività professionali, se regolate, finanziate o comunque retribuite dalle suddette amministrazioni o enti.

Per gli incarichi dirigenziali esterni nelle medesime amministrazioni o nei medesimi enti, la disposizione collega l’effetto preclusivo alla natura dell’incarico che deve riguardare lo specifico settore o ufficio dell'amministrazione che esercita i poteri di regolazione e finanziamento.

Il periodo che determina l’inconferibilità riguarda i due anni precedenti.

Incarichi a componenti di Governo

L’articolo 6 riguarda l’inconferibilità di incarichi a componenti di Governo.

In questo caso il decreto legislativo apparentemente non modifica la disciplina vigente, limitandosi a richiamare la legge 215/2004 sul conflitto di interessi: in realtà il successivo art.8, come si vedrà più avanti, al comma 2, estende implicitamente la disciplina in tema di conflitto di interessi (l. 215/2004) limitatamente ai membri del Governo che abbiano svolto funzioni di controllo, vigilanza o finanziamento del servizio sanitario nazionale, con l’effetto di portare a due anni, esclusivamente per tali figure, il termine annuale previsto dalla l. 215/2004.

 

Della legge 215/2004 qui rileva la disposizione che vieta ai titolari di cariche di governo di ricoprire alcune cariche anche nei dodici mesi dal termine della carica di governo, configurando un’ incompatibilità perdurante.

 

In particolare non può ricoprire cariche o uffici o svolgere altre funzioni comunque denominate in enti di diritto pubblico, anche economici e in società aventi fini di lucro o in attività di rilievo imprenditoriale; né esercitare attività professionali o di lavoro autonomo nei confronti di enti di diritto pubblico, anche economici, nonché di società aventi fini di lucro che operino prevalentemente in settori connessi con la carica precedentemente ricoperta (art. 2, comma 4).

 

Il decreto legislativo 39/2013 utilizza quindi la categoria giuridica dell’inconferibilità, mentre la legge 215/2004 ha fatto ricorso alla categoria  dell’incompatibilità perdurante.

 

Si osserva in proposito che l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, nelle relazioni che semestralmente invia al Parlamento sullo stato delle attività di controllo e vigilanza sui conflitti di interesse, in diverse occasioni ha evidenziato alcune criticità della normativa auspicando alcune modifiche.

Per quanto riguarda le incompatibilità ex post l’autorità ha auspicato l’estensione del divieto post-carica, “in forma generalizzata, a tutte le cariche o uffici acquisiti per effetto di nomine governative, ovvero effettuate da organi comunque riconducibili alla pubblica amministrazione” (Relazione luglio 2012 e Relazione dicembre 2012) superando l’impostazione vigente che preclude l’accesso alle cariche in qualche modo connesse con l’attività di governo personalmente svolta nel passato.

Inoltre, l’Autorità, “prendendo atto dell’assenza di obblighi dichiarativi in capo agli ex membri dell’Esecutivo,” ha cercato “di adeguare i propri strumenti applicativi agli standards internazionali, che richiedono, non solo l’esistenza di un corpo di regole e meccanismi di dichiarazione ma anche adeguati sistemi di monitoraggio e percorsi di formazione per i titolari di pubblici uffici” e ha introdotto “nell’ambito dei poteri che le sono riconosciuti dalla legge, una serie di meccanismi informativi nei confronti dei destinatari del divieto, prevista la possibilità di adire preventivamente il Collegio per ottenere un parere di compatibilità di specifiche attività o cariche in corso di assunzione ed infine implementati gli strumenti di monitoraggio finalizzati alla rilevazione d’ufficio degli incarichi assunti in violazione del regime postcarica”. Nonostante l’adozione di queste misure l’Autorità ha rilevato la permanenza di “forti i limiti dei divieti cd. postemployment che, come disegnati dal legislatore della legge n. 215/2004, oltre a non prevedere alcun obbligo dichiarativo, consentono all’Autorità di intervenire in presenza di cariche assunte in enti pubblici e società aventi fine di lucro e non anche nei confronti degli enti senza scopo di lucro (quali le associazioni e le fondazioni di diritto privato), alcuni dei quali risultano di frequente sottoposti a pregnanti poteri di vigilanza e controllo da parte del Governo (Relazione dicembre 2012).

Amministratori regionali e locali - Presidenti e amministratori di enti controllati

L’articolo 7, comma 1, per gli amministratori regionali e locali, accomunando ad essi anche i presidenti e gli amministratori degli enti controllati da parte della regione o della provincia o di un comune, dispone un’inconferibilità per due anni dopo la cessazione della carica, di incarichi amministrativi nella stessa regione o ente controllato dalla regione. L’analoga disposizione stabilita dal comma 2 per gli incarichi a livello provinciale e locale prevede un’inconferibilità a livello provinciale e locale.

L’introduzione nell’articolo di una disciplina per i presidenti e gli amministratori degli enti controllati non trova riscontro ella rubrica dell’articolo stesso.

Negli enti locali sono comprese anche le forme associative di comuni, ma, in ogni caso, l’inconferibilità scatta solo in caso di soglie di popolazione superiori a 15 mila abitanti.

Le inconferibilità stabilite dai due commi comportano effetti diversi a seconda che l’incarico a causa del quale è disposta l’inconferibilità sia regionale o provinciale o locale: mentre il primo non preclude l’attribuzioni di incarichi per livelli territoriali inferiori nell’ambito della regione e quindi l’inconferibilità ha carattere relativo, quello provinciale o locale porta ad un’inconferibilità di tipo assoluto, indipendentemente dal livello territoriale dell’incarico da attribuire.

 

Per effetto del comma 1, per gli amministratori di società controllate, quindi, non sarà più possibile sia lo svolgimento di un mandato consecutivo nella stessa società, sia l’assunzione di incarico analogo in altra controllata, risultando possibile solamente per un amministratore di un ente controllato dalla regione transitare ad uno controllato da un ente locale, ma non l’inverso.

 

Il comma 3 esclude che l’inconferibilità possa riguardare i dipendenti che, all’atto dell’assunzione della carica elettiva o di governo, siano già titolari di incarichi. In applicazione del principio stabilito dall’articolo 51, 3° comma, Cost. che sancisce il diritto per tutti coloro che sono chiamati a svolgere funzioni pubbliche elettive di conservare il posto di lavoro, si esclude quindi che la inconferibilità sia retroattiva, determinando la revoca dell’incarico. In questi casi, si applica presumibilmente la fattispecie dell’ìincompatibilità, ai sensi dell’art. 12, e quindi all’incompatibilità dovrebbe conseguire il collocamento in aspettativa senza assegni (art. 19).

Da un punto di vista di fatto, in entrambi i casi, comunque, non vi è effettivo esercizio del secondo incarico, perché il dipendente, al quale deve essere garantito il mantenimento del posto di lavoro, viene posto in aspettativa.

Non sembra compresa nella disciplina illustrata la fattispecie relativa a coloro che hanno già superato, in tutto o in parte, una procedura selettiva per il ruolo di dirigente prima dell’entrata in vigore del decreto legislativo in commento e ai quali sarebbe precluso l’affidamento di un incarico dirigenziale.

Si ricorda in proposito che la giurisprudenza amministrativa ha affermato “il principio generale della inefficacia delle norme sopravvenute a modificare le procedure concorsuali in svolgimento ma è altresì prevista la possibilità che, in via speciale e particolare, tali modifiche possano prodursi ad effetto di normative sopravvenute il cui oggetto specifico sia quel medesimo concorso, quando, evidentemente, il legislatore ragionevolmente ravvisi la necessità di un tale intervento” (Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 24 maggio 2011, n. 9, http://www.giustizia-amministrativa.it/adunanza_plenaria/libroCDS/2011/Ap_n.9_del_2011.htm)[5].

 

La diversa natura delle fattispecie di inconferibilità, previste dai commi 1 e 2, relativa la prima e assoluta in ambito regionale la seconda, sembra presupporre differenti istanze in tema di anticorruzione.

Sul punto, dall’esame della disposizione di delega, emergono elementi utili, ma non del tutto risolutivi in materia.

L’articolo 1, comma 50, della legge delega prevede un criterio specifico (lett. b) riguardante coloro che hanno ricoperto incarichi in enti di diritto privato stabilendo che a costoro non possono essere conferiti incarichi dirigenziali (statali o locali), per almeno un anno, da parte dell’amministrazione controllante o che finanzia l’ente da cui si proviene.

Da questa disposizione si possono trarre due considerazioni.

La prima riguarda l’ambito di applicazione della norma: il divieto opera solamente nei confronti dell’amministrazione controllante: un amministratore di una società controllata da una regione o da un comune non può accedere ai ruoli dirigenziali di quella regione o ente locale, ma lo potrebbe fare in un’altra regione o ente locale. Ora, tale assunto consente di circoscrivere la portata dell’articolo 7 del decreto delegato, dove, anche se non viene esplicitamente richiamata, nondimeno la limitazione territoriale del divieto di conferimento dell’incarico si deve intendere operante in virtù della disposizione di delega.

La seconda considerazione si basa sul fatto che la delega vieta espressamente il passaggio da amministratore di ente a dirigente dell’amministrazione controllante, e non il passaggio amministratore/amministratore. Tuttavia, la successiva lettera d) prevede che il decreto delegato comprenda, tra gli incarichi oggetto della disciplina, oltre che gli incarichi di vertice, dirigenziali e nelle ASL, anche quelli di amministratori di enti (pubblici e privati) sottoposti a controllo pubblico. Anche in questo caso appare chiara la volontà del legislatore di evitare il corto circuito ex post controllato/controllore, ma tuttavia la formulazione letterale della norma non consente di escludere la  fattispecie di inconferibilità in esame.

 

L’esame dei lavori parlamentari non fornisce elementi dirimenti per l’interpretazione della norma in esame. La delega in materia di inconferibilità e incompatibilità è stata introdotta nel testo del progetto di legge anticorruzione nel corso dell’esame alla Camera, in seconda lettura. Nella seduta del 6 giugno 2012, l’Assemblea approvò l’emendamento 4.0600 del Governo (nuova ulteriore formulazione) che aggiungeva un articolo 4-bis, che poi in sede di coordinamento formale è stato rinumerato articolo 11. Successivamente, la disposizione è confluita nell’articolo 1, commi 49 e 50.

Il dibattito sulla disposizione di delega si è concentrato essenzialmente sulla lettera c), ed in particolare sull’esclusione del personale di diretta collaborazione degli organi di governo dalle disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità,

In ogni caso, nel corso dell’esame da più parti è stato invocato, quale principio ispiratore della delega, quella della separazione tra politica e amministrazione.

Incompatibilità

Mentre l’inconferibilità è una fattispecie relativamente nuova per il nostro ordinamento (se si eccettuano le incompatibilità ex post di cui alla legge 215/2004 e poche altre norme), l’incompatibilità invece è prevista in numerose disposizioni già vigenti, alle quali si aggiungono quelle introdotte dal decreto in esame ponendo forse in modo più stringente la questione del loro coordinamento.

 

Innanzitutto, rileva l’articolo 9 del decreto legislativo in esame che prevede che gli incarichi amministrativi di vertice e gli incarichi dirigenziali, comunque denominati, nelle pubbliche amministrazioni, che comportano poteri di vigilanza o controllo sulle attività svolte dagli enti di diritto privato regolati o finanziati dall'amministrazione che conferisce l'incarico, sono incompatibili con l'assunzione e il mantenimento, nel corso dell'incarico, di incarichi e cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati dall'amministrazione o ente pubblico conferente.

 

Tale disposizione non appare pienamente coerente con quanto disposto dall’art. 4 del recente decreto legge 95/2012 (revisione della spesa)  - che riduce a tre del numero dei componenti del CDA delle società controllate, direttamente o indirettamente, dalle pubbliche amministrazioni e a tre o a cinque membri, tenendo conto della rilevanza e della complessità delle attività svolte, il numero dei membri del CDA delle società a totale partecipazione pubblica diretta ed indiretta - prescrivendo, ai fini del contenimento della spesa pubblica, che una parte (maggioritaria) dei CDA sia formata da dipendenti dell'amministrazione titolare della partecipazione o di poteri di indirizzo e vigilanza (art. 4, commi 4 e 5).

 

E’ vero che il decreto legislativo prevede un’incompatibilità che riguarderebbe solo i dipendenti che abbiano avuto incarichi implicanti poteri di vigilanza o controllo, ma, in ogni caso, nella materia va registrata una successione di discipline di segno diverso, in un contesto temporale molto ristretto, senza la previsione di esplicite clausole di coordinamento, che possono provocare significativi problemi di interpretazione.

 

Un’altra questione riguarda più in generale il procedimento sanzionatorio: si prevede, in caso di incompatibilità, da un lato, la decadenza dall’incarico, e dall’altro, si fanno salve le disposizioni che prevedono il collocamento in aspettativa dei dipendenti pubblici in caso di incompatibilità (art. 9, rispettivamente, commi 1 e 2).

Sembrerebbe trattarsi di una clausola di chiusura, stabilendosi la decadenza solo come extrema ratio quando l’ordinamento non preveda il collocamento in aspettiva.

 

Su un piano di mero fatto va notato che la scelta del collocamento in aspettativa potrebbe essere molto residuale e, invece, molto ampia la rinuncia all’incarico, soprattutto nei casi di quelli di natura elettiva che comportino emolumenti molto contenuti.

 

Infine, le cause di incompatibilità introdotte dal decreto si aggiungono a quelle previgenti, spesso con sovrapposizioni. In un solo caso (per i dirigenti delle ASL) si prevede l’abrogazione della norma previgente che viene sostituita dalla nuova disciplina (art. 23 che abroga l’art. 9, comma 3, del decreto legislativo 20 luglio 2004, n. 215, vedi oltre).

 

Appare dunque opportuno esaminare le singole categorie di cariche pubbliche alle luce della rispettiva normativa: sia quella relativa alle vigenti cause di incompatibilità, sia quella che presiede alla loro risoluzione.

Parlamentari

Nella tabella che segue sono sintetizzate le cause di incompatibilità dei parlamentari previste dal decreto legislativo n. 39/2013.

 

Art. 11. co. 1

titolari di incarichi amministrativi di vertice (segretario generale, capo dipartimento, direttore generale e similari) nelle amministrazioni statali, regionali e locali e gli incarichi di amministratore di ente pubblico di livello nazionale, regionale e locale

Art. 12, co. 2

titolari di incarichi dirigenziali, interni e esterni, nelle pubbliche amministrazioni, negli enti pubblici e negli enti di diritto privato in controllo pubblico

Art. 13, co. 1

presidente e amministratore delegato di enti di diritto privato in controllo pubblico, di livello nazionale, regionale e locale

Art. 14, co. 1

direttore generale, direttore sanitario e direttore amministrativo nelle aziende sanitarie locali

 

Un complesso di cause d'incompatibilità tra l'ufficio di parlamentare ed altre cariche sono definite direttamente dalla Costituzione o da leggi costituzionali: l'incompatibilità tra le cariche di deputato e senatore (Cost., art. 65, secondo comma), tra Presidente della Repubblica e qualsiasi altra carica (Cost., art. 84, secondo comma), tra parlamentare e membro del Consiglio superiore della magistratura (Cost., art. 104, ultimo comma), tra parlamentare e consigliere o assessore regionale (Cost., art. 122, secondo comma), tra parlamentare e giudice della Corte costituzionale (Cost., art. 135, sesto comma).

L'art. 65, primo comma, Cost. demanda alla legge il compito di determinare le ulteriori cause di incompatibilità.

Disposizioni di carattere generale in materia sono state dettate dalla legge 13 febbraio 1953, n. 60, che prevede diverse cause di incompatibilità (alcune delle quali sovrapponibili a quelle introdotte dal decreto legislativo 39) di seguito indicate:

§      carica o ufficio di qualsiasi specie in enti pubblici o privati, per nomina o designazione del Governo o di organi dell'Amministrazione dello Stato (art. 1);

§      componente di assemblee legislative o di organi esecutivi, nazionali o regionali, in Stati esteri (art. 1-bis );

§      carica o funzione di amministratore, presidente, liquidatore, sindaco o revisore, direttore generale o centrale, consulente legale o amministrativo con prestazioni di carattere permanente, in associazioni o enti che gestiscano servizi di qualunque genere per conto dello Stato o della pubblica Amministrazione, o ai quali lo Stato contribuisca in via ordinaria (art. 2 );

§      carica o funzione di cui all'articolo 2 in istituti bancari o in società per azioni che abbiano, come scopo prevalente, l'esercizio di attività finanziarie, ad eccezione degli istituti di credito a carattere cooperativo, che operino nella loro sede (art. 3 );

§      patrocinio professionale o prestazione di assistenza o consulenza ad imprese di carattere finanziario od economico in loro vertenze o rapporti di affari con lo Stato (art. 4).

 

Divieti di cumulo del mandato parlamentare con altre cariche sono inoltre previsti da specifiche disposizioni contenute in un considerevole numero di leggi ordinarie, tra le quali, la legge 27 marzo 2004, n. 78, che stabilisce l’incompatibilità tra la carica di parlamentare europeo e l’ufficio di deputato o di senatore.

Da ultimo, il decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (conv. L. 14 settembre 2011, n. 148), art. 13, co. 3, ha stabilito l’incompatibilità tra le cariche di deputato e di senatore, nonché le cariche di governo, con qualsiasi altra carica pubblica elettiva di natura monocratica relativa ad organi di governo di enti pubblici territoriali aventi, alla data di indizione delle elezioni o della nomina, popolazione superiore a 5.000 abitanti. Tali incompatibilità si applicano a decorrere dalla data di indizione delle elezioni relative alla prima legislatura parlamentare successiva alla data di entrata in vigore del decreto (13 agosto 2011) .

I parlamentari hanno l’obbligo di comunicare al Presidente della Camera di appartenenza gli incarichi ricoperti ai fini dell’accertamento di eventuali cause di incompatibilità. In caso di incompatibilità il parlamentare deve optare tra il mandato parlamentare e l’incarico incompatibile.

 

Una particolare causa di incompatibilità è recata indirettamente dalla legge elettorale laddove dispone che i dipendenti delle pubbliche amministrazioni e degli enti e istituti di diritto pubblico sottoposti alla vigilanza dello Stato sono collocati in aspettattiva d’ufficio per tutta la durata del mandato parlamentare (DPR 361/1957, art. 88, 1° comma).

Tale previsione sembra assorbire la quasi totalità delle nuove fattispecie di incompatibilità, riferite alla categoria in titolo, introdotte dal decreto legislativo 39.

Membri del governo.

Nella tabella che segue sono sintetizzate le cause di incompatibilità dei membri del governo previste dal decreto legislativo n. 39/2013.

 

Art. 11. co. 1

titolari di incarichi amministrativi di vertice (segretario generale, capo dipartimento, direttore generale e similari) nelle amministrazioni statali, regionali e locali e gli incarichi di amministratore di ente pubblico di livello nazionale, regionale e locale

Art. 12, co. 2

titolari di incarichi dirigenziali, interni e esterni, nelle pubbliche amministrazioni, negli enti pubblici e negli enti di diritto privato in controllo pubblico

Art. 13, co. 1

presidente e amministratore delegato di enti di diritto privato in controllo pubblico, di livello nazionale, regionale e locale

Art. 14, co. 1

direttore generale, direttore sanitario e direttore amministrativo nelle aziende sanitarie locali

 

Queste cause di incompatibilità non sembrano apportare modifiche alla normativa vigente, che, per quanto riguarda i membri del governo, prevede una disciplina generale che preclude loro praticamente qualunque attività diversa da quelle legate all’esercizio delle funzioni governative.

 

Infatti, la citata legge 20 luglio 2004, n. 215, Norme in materia di risoluzione dei conflitti di interessi, disciplina, all’art. 2, le incompatibilità dei “titolari di cariche di Governo”, tra i quali sono ricompresi il Presidente del Consiglio e i ministri, i vice ministri, i sottosegretari di Stato e i commissari straordinari del Governo.

L’incompatibilità riguarda:

§      ogni carica o ufficio pubblico, ad eccezione delle cariche o uffici inerenti alle funzioni svolte dal soggetto in quanto titolare di cariche di Governo; del mandato parlamentare; delle cariche che risultano compatibili con il mandato parlamentare ai sensi dell’art. 1, secondo comma, della L. 60/1953[6];

§         cariche, uffici o funzioni in enti di diritto pubblico, anche economici;

§         cariche, uffici, funzioni o compiti di gestione in società aventi fini di lucro o in attività di rilievo imprenditoriale, o in associazioni o società tra professionisti;

§         l’esercizio di attività professionali o di lavoro autonomo in materie connesse con la carica di Governo;

§         l’esercizio di qualsiasi tipo di impiego o lavoro sia pubblico che privato.

Successivamente, è intervenuto il D.L. 13 agosto 2011, n. 138 (conv. L. 14 settembre 2011, n. 148), Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo (art. 13, co. 3) ha disposto che le cariche di deputato e di senatore, nonché le cariche di governo di cui all'articolo 1, comma 2, della legge n. 215, sono incompatibili con qualsiasi altra carica pubblica elettiva di natura monocratica relativa ad organi di governo di enti pubblici territoriali aventi, alla data di indizione delle elezioni o della nomina, popolazione superiore a 5.000 abitanti.

Esistono, inoltre, diverse disposizioni normative, per lo più precedenti il 2004, che prevedono altre cause di incompatibilità riferite a specifiche cariche, ma di fatto il disposto della legge 215, per la sua generalità, le ricomprende sostanzialmente tutte.

I dipendenti pubblici e privati, che vengono chiamati al Governo, sono collocati in aspettativa, o nell'analoga posizione prevista dagli ordinamenti di provenienza e secondo le medesime norme, con decorrenza dal giorno del giuramento e comunque dall'effettiva assunzione della carica. In ossequio al diritto a conservare il posto di lavoro (art. 51, 3° comma, Cost.), anche per i titolari delle cariche di governo, i periodi trascorsi nello svolgimento dell'incarico in posizione di aspettativa o di fuori ruolo non recano pregiudizio alla posizione professionale e alla progressione di carriera (art. 2, comma 5, L. 215/2004).

Amministratori locali

Nella tabella che segue sono sintetizzate le cause di incompatibilità degli amministratori locali previste dal decreto legislativo n. 39/2013

 

Art. 11. co. 2, lett. b)

titolari di incarichi amministrativi di vertice (segretario generale, capo dipartimento, direttore generale e similari) nelle amministrazioni regionali e gli incarichi di amministratore di ente pubblico di livello regionale

Art. 12, co. 3, lett. b)

titolari di incarichi dirigenziali, interni e esterni, nelle pubbliche amministrazioni, negli enti pubblici e negli enti di diritto privato in controllo pubblico di livello regionale

Art. 12, co. 4 lett. b)

titolari di incarichi dirigenziali, interni e esterni, nelle pubbliche amministrazioni, negli enti pubblici e negli enti di diritto privato in controllo pubblico di livello provinciale e comunale

Art. 13, co. 2, lett. b)

presidente e amministratore delegato di enti di diritto privato in controllo pubblico, di livello regionale

Art. 13, co. 3

presidente e amministratore delegato di enti di diritto privato in controllo pubblico, di livello locale

Art. 14, co. 2, lett. b)

direttore generale, direttore sanitario e direttore amministrativo nelle aziende sanitarie locali

 

Anche in questo caso, ad eccezione dell’incompatibilità nelle ASL (la cui normativa previgente viene abrogata), le altre disposizioni si sovrappongono in parte a quelle vigenti, come, ad esempio, alcune di quelle recate nel testo unico degli enti locali (D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, c.d. TUEL) che prevedono l’incompatibilità degli amministratori locali con l’amministratore o dipendente con poteri di rappresentanza o di coordinamento di ente, istituto o azienda soggetti a vigilanza in cui vi sia almeno il 20 per cento di partecipazione rispettivamente da parte del comune o della provincia o che dagli stessi riceva, in via continuativa, una sovvenzione in tutto o in parte facoltativa (art. 63, comma 1, n. 1) e con colui che, come titolare, amministratore, dipendente con poteri di rappresentanza o di coordinamento ha parte, direttamente o indirettamente, in servizi, esazioni di diritti, somministrazioni o appalti, nell’interesse del comune o della provincia, ovvero in società ed imprese volte al profitto di privati, sovvenzionate da detti enti in modo continuativo, quando le sovvenzioni non siano dovute in forza di una legge dello Stato o della Regione (art. 63, comma 1, n. 2).

 

Inoltre, il TUEL (art. 63, comma 1, n. 2) prevede tra le cause di incompatibilità anche quelle di ineleggibilità sopravvenuta nel corso del mandato indicate dall’art. 60 del TUEL. Tra queste, vi quella che prevede che i dirigenti degli enti locali non possono essere eletti nel rispettivo comune e provincia.

In questo caso, la disposizione introdotta dall’articolo 12, comma 4, del decreto legislativo 39 sembra ampliare notevolmente l’ambito di applicazione dell’incompatibilità.

 

Rileva, inoltre, l’articolo 12 che, al comma 1, stabilisce che “gli incarichi dirigenziali, interni e esterni, nelle pubbliche amministrazioni, negli enti pubblici e negli enti di diritto privato in controllo pubblico sono incompatibili con l'assunzione e il mantenimento, nel corso dell'incarico, della carica di componente dell'organo di indirizzo nella stessa amministrazione o nello stesso ente pubblico che ha conferito l'incarico, ovvero con l'assunzione e il mantenimento, nel corso dell'incarico, della carica di presidente e amministratore delegato nello stesso ente di diritto privato in controllo pubblico che ha conferito l'incarico”.

Allo stesso articolo 12, comma 4, si prevede che: “gli incarichi dirigenziali, interni e esterni, nelle pubbliche amministrazioni, negli enti pubblici e negli enti di diritto privato in controllo pubblico di livello provinciale o comunale sono incompatibili:

a)  con la carica di componente della giunta o del consiglio della regione;

b)  con la carica di componente della giunta o del consiglio di una provincia, di un comune con popolazione superiore ai 15.000 abitanti o di una forma associativa tra comuni avente la medesima popolazione, ricompresi nella stessa regione dell'amministrazione locale che ha conferito l'incarico;

c)  con la carica di componente di organi di indirizzo negli enti di diritto privato in controllo pubblico da parte della regione, nonché di province, comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti o di forme associative tra comuni aventi la medesima popolazione della stessa regione”.

Le due previsioni sembrano in parte sovrapporsi; infatti, la carica di dirigente, dipendente di un ente locale è incompatibile con qualsiasi carica elettiva o di governo in qualsiasi ente locale della regione e nella regione stessa, pertanto la fattispecie di cui al comma 1 sembrerebbe essere interamente assorbita dal comma 4.

La stessa perplessità sorge a proposito del comma 3, a proposito dei dirigenti regionali.

Una diversa interpretazione potrebbe essere avanzata in relazione alla differente locuzione utilizzata nelle due disposizioni: infatti, il riferimento “all’assunzione e il mantenimento”, del comma 1, è assente nel comma 4 e ciò potrebbe indurre a ritenere che la fattispecie di cui al comma 4 si debba applicare solamente alle situazioni future. 

 

Per quanto riguarda la risoluzione di tali cause di incompatibilità lo stesso TUEL prevede la decadenza da dette cariche (art. 68).

Inoltre, i lavoratori dipendenti (pubblici o privati) che svolgono un mandato elettorale presso un ente locale possono optare sostanzialmente per due soluzioni:

§      aspettativa non retribuita a richiesta per la durata del mandato elettorale (art. 81 TUEL);

§      permessi e licenze (art. 79 TUEL).

Inoltre, si prevede possibilità di richiedere l’avvicinamento al luogo dove viene svolto il mandato elettorale; la richiesta relativa deve essere esaminata con criteri di priorità (art. 78, comma 6, TUEL).

Ovviamente, il dipendente pubblico, il cui impiego rientra tra le fattispecie incompatibili, può usufruire solamente della prima opzione (l’aspettativa), impedendo la causa di incompatibilità la permanenza nell’impiego, con la possibilità di usufruire di permessi e licenze.

 

In conclusione, le disposizioni in commento riguardanti gli amministratori locali sembrerebbero estendere notevolmente le cause di incompatibilità, mantenendo sostanzialmente inalterato il meccanismo di risoluzione delle dette cause, ossia il collocamento in aspettattiva senza assegni, rendendo così residuale l’alternativa all’aspettativa, ossia la possibilità di usufruire di permessi e licenze.


 

Amministratori di società

 

 

L’art. 13 stabilisce incompatibilità tra incarichi di amministratore di enti di diritto privato in controllo pubblico e cariche di componenti di organi di indirizzo politico.

Il principio seguito dal comma 1 di tale articolo è quello di un’incompatibilità completa della carica di presidente e amministratore delegato di enti di diritto privato in controllo pubblico, qualunque sia il loro livello territoriale, da quello nazionale a quello locale, con le cariche di di Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro, Vice Ministro, sottosegretario di Stato e di commissario straordinario del Governo e di parlamentare.

 

Per le cariche in enti in controllo regionale, l’incompatibilità riguarda le cariche di componenti di organi di indirizzo politico di livello regionale, provinciale e comunale (comma 2, lett. a).

Per le cariche in enti in controllo locale, l’incompatibilità riguarda le cariche di componenti di organi di indirizzo politico di livello provinciale e comunale (comma 2, lett. b).

 

Per le cariche in enti di ambito regionale, inoltre, il comma 2, lett. c), stabilisce l’incompatibilità con le stesse cariche in enti in controllo regionale, provinciale, e comunale, introducendo nel comma, che riguarda l’incompatibilità tra cariche in enti e incarichi di componente di organo di indirizzo, anche l’incompatibilità tra cariche in enti in controllo regionale  con cariche in enti in controllo regionale, provinciale e comunale. 

 

Mentre l’incompatibilità del comma 1, nel caso di enti in controllo locale, prescinde da un livello minimo di popolazione, l’incompatibilità del comma 2, lett.c), nel caso di enti in controllo locale, scatta solo nel caso di comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti o di forme associative tra comuni aventi la medesima popolazione della medesima regione.

 

Inoltre, il comma 3 stabilisce l’incompatibilità tra le cariche in enti in controllo locale con le cariche di componenti di organi di indirizzo politico di livello provinciale o comunale con popolazione superiore ai 15.000 abitanti o di una forma associativa tra comuni avente la medesima popolazione della medesima regione.

Effetti dell’inconferibilità e dell’incompatibilità

La prevenzione della violazione delle disposizioni del decreto è affidata da un lato alla vigilanza da parte dei responsabili dei piani anticorruzione e, dall’altro all’autocertificazione da parte del destinatario dell’incarico.

 

La vigilanza sul rispetto delle disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità nelle pubbliche amministrazioni e negli enti di diritto privato in controllo pubblico è effettuata, secondo l’art. 15, dal responsabile del piano anticorruzione di ciascun soggetto, con obbligo di segnalazione delle eventuali violazioni all'Autorità nazionale anticorruzione, all'Autorità garante della concorrenza e del mercato, nonché alla Corte dei conti, per l'accertamento di eventuali responsabilità amministrative.

In particolare l'Autorità nazionale anticorruzione, a seguito di segnalazione o d'ufficio, può sospendere la procedura di conferimento dell'incarico e segnalare il caso alla Corte dei conti per l'accertamento di eventuali responsabilità amministrative.

 

L’art. 20 prevede l’obbligo dell'interessato, all'atto del conferimento dell'incarico, di presentare una dichiarazione sulla insussistenza di una delle cause di inconferibilità di cui al presente decreto e l’adempimento dell’obbligo è condizione per l'acquisizione dell'efficacia dell'incarico. Nel corso dell'incarico l'interessato presenta annualmente una dichiarazione sulla insussistenza di una delle cause di incompatibilità di cui al presente decreto.

Entrambe le dichiarazioni sono sottoposte a obbligo di pubblicazione nel sito della pubblica amministrazione, ente pubblico o ente di diritto privato in controllo pubblico che ha conferito l'incarico.

Ferma restando ogni altra responsabilità, la dichiarazione mendace, accertata dalla stessa amministrazione, nel rispetto del diritto di difesa e del contraddittorio dell'interessato, comporta la inconferibilità di qualsivoglia incarico di cui al presente decreto per un periodo di 5 anni.

 

Nonostante che la delega, con i criteri indicati al comma 50 lett. e) ed f), implicasse la previsione di una specifica disciplina per l’incompatibilità riferita ad incarichi ed attività già in corso alla data di entrata in vigore del decreto legislativo, l’art. 20, pur collocato nel titolo dedicato alle norme finali e transitorie, non stabilisce disposizioni specifiche e transitorie per tali fattispecie, salvo prevedere che, solo per il conferimento dell'incarico, la presentazione della dichiarazione sia condizione per l'acquisizione dell'efficacia dell'incarico stesso.

 

In base all’art. 17, gli atti di conferimento di incarichi adottati in violazione delle disposizioni del decreto e gli eventuali relativi contratti sono nulli e l'atto di accertamento della violazione è pubblicato sul sito dell'amministrazione o dell’ente che conferisce l'incarico.

I componenti degli organi che hanno conferito incarichi dichiarati nulli:

§         sono responsabili per le conseguenze economiche degli atti adottati, salvo gli assenti al momento della votazione, nonché i dissenzienti e gli astenuti;

§         non possono conferire gli incarichi di loro competenza per tre mesi e il relativo potere è esercitato, per i Ministeri, dal Presidente del Consiglio dei Ministri e, per gli enti pubblici, dall'amministrazione vigilante.

La disposizione prevede un termine di tre mesi – decorso il quale è previsto l’intervento sostitutivo statale - dall'entrata in vigore del decreto per regioni, province e comuni per l’individuazione di procedure ed organi che, in via sostitutiva, possono procedere al conferimento degli incarichi nel periodo di interdizione degli organi titolari.

 

In caso di incompatibilità, l’art. 19 stabilisce la decadenza dall'incarico e la risoluzione del relativo contratto, di lavoro subordinato o autonomo, decorso il termine perentorio di quindici giorni dalla contestazione all'interessato, da parte del responsabile del piano anticorruzione .

 

 



[1] Il riassetto del CONI è stato disposto dall’art. 8 del D.L. 138/2002, convertito in legge con modificazioni dalla legg 178/2002. La Corte dei conti, Sez. giurisdizionale reg. Lazio, 23 gennaio 2008, n. 120, ha affermato che l’attività del CONI si inserisce a pieno titolo nell’ambito dell’azione pubblica.

[2] Le amministrazioni pubbliche sono state individuate nell'elenco di cui al Comunicato 24 luglio 2010, al Comunicato 30 settembre 2011 e, successivamente, al Comunicato 28 settembre 2012.

[3] Il TAR Lazio, Sez. III Quater, con la sentenza n. 224 dell’11.1.2012, ha affermato il principio che le casse di previdenza dei professionisti non debbono essere incluse nell’elenco predisposto annualmente dall’Istat contenente le pubbliche amministrazioni inserite nel conto economico consolidato dello Stato, con conseguenze di rilevante entità in quanto l’inclusione in detto elenco, come è noto, determina (oppure no) per gli enti ivi individuati l’assoggettamento alle norme per il controllo della spesa pubblica e quindi una limitazione della loro autonomia gestionale e finanziaria, condizionandone necessariamente l’operatività amministrativa. Successivamente, però, il Consiglio di Stato, con la sentenza 6014/2012 del 28 novembre 2012 ha accolto l’appello dell’ISTAT avverso la sentenza del TAR sopra menzionata, affermando tra l’altro che “l’attrazione degli enti previdenziali nella sfera privatistica operata dal d.lgs. 30 giugno 1994, n. 509, riguarda il regime della loro personalità giuridica, ma lascia ferma l'obbligatorietà dell'iscrizione e della contribuzione (art. 1 d.lgs. cit.); la natura di pubblico servizio, in coerenza con l’art. 38 Cost., dell’attività da essi svolte (art. 2); il potere di ingerenza e di vigilanza ministeriale (art. 3, per il cui comma 2 tutte le deliberazioni in materia di contributi e di prestazioni, per essere efficaci, devono ottenere l’approvazione dei Ministeri vigilanti), e fa permanere il controllo della Corte dei conti sulla gestione per assicurarne la legalità e l'efficacia (art. 3). Inoltre, il finanziamento connesso con gli sgravi e la fiscalizzazione degli oneri sociali, insieme alla obbligatorietà della iscrizione e della contribuzione, garantiti agli Enti previdenziali privatizzati dall’art. 1 comma 3 del predetto decreto legislativo, valgono a configurare un sistema di finanziamento pubblico, sia pure indiretto e mediato attraverso risorse comunque distolte dal cumulo di quelle destinate a fini generali”. Analogamente, il medesimo giudice, con diverse sentenze tutte in data 12.7.2011 (da n. 6195 a 6213) ha affermato che non debbono essere incluse nell’elenco Istat le Federazioni sportive nazionali.

[4]     Consiglio di Stato, parere n. 1334 del 5 aprile 2011 (http://www.giustizia-amministrativa.it/DocumentiGA/Consiglio%20di%20Stato/Sezione%201/2010/201004478/Provvedimenti/201101334_27.XML).

[5] In tema di successione di normative nel tempo e di conseguenti effetti sulle fattispecie disciplinate, si riportano le seguenti pronunce. Consiglio di Stato, Sez. V, sent. 5 ottobre 2005, n. 5316, secondo la quale “il carattere unitario della procedura di affidamento della concessione, anche se articolata in due distinte fasi, comporta, infatti, la immodificabilità delle regole inizialmente poste fino al provvedimento conclusivo della aggiudicazione; diversamente opinando verrebbero a mutare tutte quelle condizioni che hanno indotto alla partecipazione o alla non partecipazione alla gara e alla formulazione dell’offerta, e verrebbero, quindi, alterate le garanzie della trasparenza e della par condicio, in contrasto con i principi comunitari in materia di concorrenza, operanti anche nell’ordinamento nazionale. Peraltro, anche questo Consiglio, sia pure in relazione a procedura intervenuta ante novella 2002 (cfr., Cons. St., Sez. V , n. 6847 del 20 ottobre 2004), ha (…) affermato che, per individuare la disciplina applicabile ad una procedura di project financing occorre far riferimento alla data di pubblicazione nella G.U.C.E. dell’atto che indice la gara di cui all’art. 37 quater lett. a) della L. n. 109/94, cioè la licitazione privata per la scelta dei soggetti competitori con il promotore, in quanto ad esso si deve l’introduzione della effettiva procedura di gara, con il relativo invito alla presentazione delle offerte”. Consiglio di Stato, Sez. II, parere 27 marzo 2007, n.440, secondo la quale l'applicabilità dello jus superveniens presuppone che il procedimento sia ancora in itinere. Anche in questa ipotesi, peraltro, l'applicazione della normativa sopravvenuta non è ancora scontata, in specie quando la procedura si divida in varie fasi coordinate, ma dotate di una certa autonomia; in tali ipotesi, invero, la nuova norma può trovare applicazione per le fasi che all'atto della sua entrata in vigore non siano state ancora realizzate, non anche per fasi già espletate e compiute.

 

 

 

[6]     L. 13 febbraio 1953, n. 60, Incompatibilità parlamentari. Si tratta delle “cariche in enti culturali, assistenziali, di culto e in enti-fiera, nonché [di] quelle conferite nelle Università degli studi o negli Istituti di istruzione superiore a seguito di designazione elettiva dei Corpi accademici”.