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Lavoro 18.03.2020

L'incentivo del lavoro agile nelle misure emergenziali di contrasto al COVID-19: prime osservazioni

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Il contesto.

Tra le prime misure di contrasto alla diffusione del virus COVID-19, i decreti della Presidenza del Consiglio hanno individuato l'utilizzo del lavoro agile tanto in via generale (Art. 4, comma 1, lett. a) d. P.C.M. 1 marzo 2020; art. 1, comma 1, lett. n) d. P.C.M. 4 marzo 2020; artt. 1, comma 1, lett. e) e 2, comma 1, lett. r) d. P.C.M. 8 marzo 20201, art. 1 nn. 7 e 10 d. P.C.M. 11 marzo 2020 (per tutti v. tra i primi M. Tiraboschi, 2017, 335), quanto nel lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione (V. Talamo, 2018, 257 ss.).

La modalità di lavoro agile disciplinata dagli articoli da 18 a 23 l. 22 maggio 2017, n. 81, può pertanto essere applicata, nel rispetto dei principi dettati dalle menzionate disposizioni”, anche in assenza degli “accordi individuali” ivi previsti.

Sulla base di tale previsione, che anzitutto conferma la natura imperativa e non semplicemente promozionale del capo II della l. n. 81 del 2017 (D. Mezzacapo, 2017, 126 ss.), il problema principale per l'interprete sembra quello di comprendere fino a che punto l'applicazione (unilaterale) del lavoro agile da parte del datore possa operare in assenza dei suddetti accordi, e quali siano i limiti tracciati dai principi di tali disposizioni.

 

Il lavoro agile senza “accordi”.

Il riferimento agli accordi, in primo luogo, non sembra casuale, bensì denota il riconoscimento della eterogeneità e pluralità di accordi che, in forma consensuale, possono convenire le parti all'interno del patto di lavoro agile: in primo luogo la definizione delle modalità di esercizio del potere direttivo (art. 19), uno tra i principali tratti identificativi del lavoro agile che pone in dubbio la specialità  della fattispecie (A. Perulli, 2017, 14-15, contra G. Proia, 2018, 180 ss.), ma anche l'accordo sulle sanzioni disciplinari o sull'esercizio del potere di controllo fuori dai locali aziendali: tutti ambiti che in questo frangente tornano nella piena disponibilità del datore di lavoro.

Ad avviso di chi scrive si può modulare unilateralmente anche l'apposizione di precisi vincoli di tempo e di luogo di lavoro, eventualità che per l'inciso in cui è inserita rappresenta un'opzione normalmente rimessa alle parti (art. 18, comma 1, primo periodo): definire ad es. la distanza massima o le fasce orarie entro le quali operare in forma agile.

Altri elementi si prestano agevolmente ad una determinazione unilaterale, la predisposizione di policies circa l'utilizzo e la manutenzione degli strumenti tecnologici di lavoro da remoto e le modalità di disconnessione, o ancora l'assolvimento dell'obbligo, aggiuntivo e non sostitutivo rispetto a quelli generali di formazione, informazione e aggiornamento D.V.R. (A. Delogu, 2017, 116 ss.) di consegna dell'informativa in materia di sicurezza, che può essere standardizzata secondo modelli forniti da Inail.

 

I principi del capo II della l. n. 81 del 2017 di necessaria applicazione.

Alcuni dei principi contenuti nella legge sono espressione di garanzie costituzionali e/o di principi generali che non possono subire compressione in assenza di accordo: si pensi alla garanzia del diritto alla disconnessione, espressione specifica del diritto al riposo oltre che alla riservatezza, o al rispetto dei limiti in materia di durata massima giornaliera e settimanale di lavoro di cui all'art. 18 comma 1, secondo periodo (sul rapporto con l'art. 17 d. lgs. n. 66 del 2003 si veda M. Ferraresi, 2017), dunque ancora del riposo a tutela della salute e sicurezza del lavoratore.

Neppure sembra che possano essere dismessi il divieto di regresso nel trattamento complessivo economico-normativo ex art. 20 della legge (su cui v. M. Falsone, 2017, 567), l'obbligo di parità di trattamento ai sensi dell'art. 45 d. lgs. n. 165 del 2001 nel pubblico impiego e più in generale la necessità di un accordo bilaterale per modifiche inerenti la retribuzione.

Più in generale non pare eludibile l'obbligo di forma scritta, attesa la delicatezza degli interessi in gioco durante l'esecuzione in forma tipica all'esterno dei locali del datore di lavoro, senza postazione fissa.

Conclusioni: criticità e opportunità di fondo.

Proprio sotto questo profilo la soluzione governativa evidenzia alcune criticità.

Per un verso, la logica di tali previsioni è ictu oculi quella di favorire il massimo ricorso all'istituto (Esplicitato dall'art. 1 nn. 7 e 10 d. P.C.M. 11 marzo 2020: “In ordine alle attività produttive e alle attività professionali si raccomanda che: a) sia attuato il massimo utilizzo da parte delle imprese di modalità di lavoro agile per le attività che possono essere svolte al proprio domicilio o in modalità a distanza” “10) Per tutte le attività non sospese si invita al massimo utilizzo delle modalità di lavoro agile”), così come è evidente a tutti l'obiettivo di eliminare non solo le occasioni di incontro dei lavoratori, ma anche gli spostamenti da casa.

Per altro verso, i tratti essenziali del lavoro agile di cui agli art. 18-23 consistono nell'attivazione in forma di accordo individuale (dimensione tutelata anche dalle garanzie di libera recedibilità), da un lato, e nell'esecuzione in parte fuori dai locali aziendali e “senza postazione fissa”, dall'altro (S. Cairoli, 2018, 84 ss.).

Il primo aspetto, vista l'emergenza, può anche essere temporaneamente lasciato da parte fino al perdurare della pandemia, almeno per l'attivazione unilaterale della modalità di lavoro agile, ripristinando la libera recedibilità al suo termine.

Ma all'obiettivo di limitare lo spostamento del cittadino-lavoratore da casa si contrappongono ontologicamente sia l'esecuzione in forma alternata della prestazione, in parte dentro i locali aziendali (La quale pure può essere dilatata molto abbinando l'alternanza tra svolgimento interno ed esterno a sistemi di computo dell'orario di lavoro medio di ampio calibro, estensibili ex art. 4, comma 3 d. lgs. n. 66 del 2003, fino a 4 mesi, ed anche oltre per mezzo di accordi collettivi), sia l'esecuzione “senza postazione fissa”, incompatibile con l'obbligo di stare a casa.

Può obiettarsi che l'obbligo di stare nella propria abitazione discende da un provvedimento amministrativo e non da un ordine del datore di lavoro, ma si tratta di una circostanza nota ad entrambe le parti al momento dell'adibizione, nonché del palese presupposto logico e giuridico per l'applicazione unilaterale della modalità lavorativa.

E rinunciare anche a tali elementi in assenza dell'accordo individuale di attivazione del lavoro agile e di modulazione dell'esercizio dei poteri del datore di lavoro renderebbe impossibile una distinzione della fattispecie dal lavoro a domicilio e dal telelavoro, in sé difficoltosa (G. Santoro-Passarelli, 2017, 771 ss.).

Questi ultimi due istituti ammettono invece lo svolgimento di lavoro subordinato con postazione fissa: il lavoro a domicilio assicura lo svolgimento della prestazione da casa, e il telelavoro ammette lo stabile svolgimento all'esterno dei locali aziendali, peraltro senza complicazioni in ordine alla corresponsione della retribuzione, che può anche essere quella ordinaria a tempo.

Rispetto a tali opzioni alternative, però, il lavoro agile presenta agli occhi dell'esecutivo due vantaggi.

Il primo è quello di essere una modalità di svolgimento della prestazione più semplice da attivare in tempi rapidi: si pensi alla difficoltà del passaggio al cottimo puro nel lavoro a domicilio, alla complessa procedura di attivazione del telelavoro pubblico, o ancora alla possibilità per il lavoro agile, non esclusa dall'art. 18, comma 2, l. n. 81 del 2017, di fare utilizzare al lavoratore strumenti tecnologici di sua proprietà, secondo logiche BYOD - bring your own device che semplificano molti profili di responsabilità e gestione (A. Preteroti, 2017, 599).

Il secondo è quello di essere la modalità indicata dalla l. n. 81 del 2017 per favorire la conciliazione vita-lavoro (soprattutto nel pubblico impiego, visti gli ambiziosi obiettivi di cui all'art. 14 d. lgs. n. 124/2015)e la produttività, laddove gli altri due istituti hanno evidenziato croniche difficoltà di diffusione.

Di talché l'opzione governativa, al netto di una certa inadeguatezza nella prospettiva emergenziale, evidenzia un opportunistico incentivo a una più rapida e massiva diffusione dell'istituto del lavoro agile – prima di tutto culturale – nel mondo del lavoro, dai potenziali riflessi positivi nel medio-lungo periodo.

 

Riferimenti bibliografici.

Sul lavoro agile in generale si vedano G. Santoro-Passarelli, Lavoro eterorganizzato, coordinato, agile e il telelavoro: un puzzle non facile da comporre in un'impresa in via di trasformazione, in Dir. Rel. Ind., 2017, 3, 771 ss.; M. Tiraboschi, Il lavoro agile tra legge e contrattazione collettiva: la tortuosa via italiana verso la modernizzazione del diritto del lavoro, in WP CSDLE “Massimo D'Antona”.IT – 2017, 335; G. Zilio Grandi- M. Biasi (a cura di), Commentario breve allo Statuto del lavoro autonomo e del lavoro agile, Padova, 207, M. Ferraresi, Lavoro agile, in Enc. Giur., Roma, 2017, 3; AA.VV., Il lavoro agile nella disciplina legale, collettiva ed individuale, in WP CSDLE.it, collective volumes, 2017, 6 e L. Fiorillo-A. Perulli (a cura di), Il Jobs Act del lavoro autonomo e del lavoro agile, Il Jobs Act del lavoro autonomo e del lavoro agile, Torino, 2017.

In quest'ultima opera, sulla modulazione del potere direttivo G. Proia, L'accordo individuale e le modalità di esecuzione e di cessazione della prestazione, in L. Fiorillo-A. Perulli (a cura di), Il Jobs Act del lavoro autonomo e del lavoro agile, Torino, 2017, 180 ss. e sul lavoro agile nel pubblico impiego V. Talamo, Diversamente agile? Lo Smart Work nelle pubbliche amministrazioni, in L. Fiorillo-A. Perulli (a cura di), Il Jobs Act del lavoro autonomo e del lavoro agile, Il Jobs Act del lavoro autonomo e del lavoro agile, Torino, 2017, 257 ss.; su tale tema cfr. anche S. Cairoli, Prime questioni sulla fattispecie del lavoro in modalità agile alle dipendenze della pubblica amministrazione, in Lav. Pubbl. amm., 2018, 1, 78 ss.

Sulla retribuzione del lavoratore agile M. Falsone, Il lavoro c.d. agile come fattore discriminatorio vietato, in G. Zilio Grandi- M. Biasi (a cura di), Commentario breve cit., 597 ss.

Sugli obblighi di sicurezza A. Delogu, Obblighi di sicurezza: tutela contro gli infortuni e le malattie professionali nel lavoro agile,  108 ss.

Ivi anche D. Mezzacapo, Il lavoro agile ex legge n. 81/2017: note minime e problemi aperti, 126 ss. per riflessioni sulla vocazione promozionale o imperativa della norma.

Sull'assegnazione di strumenti di lavoro al dipendente A. Preteroti, La responsabilità del datore di lavoro per il buon funzionamento degli strumenti assegnati al lavoratore agile, in Zilio Grandi-Biasi (a cura di), Commentario Breve allo Statuto del Lavoro Autonomo e del Lavoro Agile, Padova, 2017, 599.

 

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