Flash n. 1 / 20 gennaio 2022

I bandi PNRR destinati agli Enti territoriali: obiettivi specifici e vincoli territoriali Download PDF

 

Il Flash “I bandi PNRR destinati agli Enti territoriali: obiettivi specifici e vincoli territoriali” illustra, con riferimento ai bandi di assegnazione delle risorse relative agli investimenti del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) che prevedono gli Enti territoriali come soggetti attuatori, le modalità di integrazione dei criteri per il raggiungimento dei rispettivi obiettivi specifici (quelli primari dei singoli interventi) con il vincolo territoriale di assegnazione al Mezzogiorno di almeno il 40 per cento delle risorse territorializzabili al fine di ridurre i divari territoriali (obiettivo trasversale a tutto il PNRR, insieme a equità di genere e creazione di nuove opportunità per i giovani).

 

A tutela dell’autonomia degli Enti territoriali, nell’ambito del PNRR si è scelto di affidare l’allocazione di una parte dei finanziamenti nelle materie di loro competenza ad appositi bandi che prevedono criteri di assegnazione delle risorse a favore degli Enti che vi partecipano su base competitiva attraverso la presentazione di progetti (cosiddetti interventi a regia), piuttosto che prevedere un meccanismo di intervento diretto delle Amministrazioni centrali con l’individuazione da parte di quest’ultime dei territori dove localizzare le nuove infrastrutture come avviene, ad esempio, per le misure di digitalizzazione della pubblica amministrazione previste nell’ambito della Componente 1 della Missione 1. I bandi, attraverso la specificazione dei criteri di valutazione dei progetti, sono formulati in modo tale da perseguire gli obiettivi propri dell’intervento ma allo stesso tempo devono garantire il soddisfacimento del vincolo territoriale di destinazione delle risorse.

 

Nel Flash si analizzano i 15 bandi per l’assegnazione delle risorse del PNRR a favore degli Enti territoriali pubblicati sul portale Italiadomani fino al 31 dicembre 2021 (per complessivi 12 miliardi) per verificare le modalità di integrazione tra gli obiettivi propri degli interventi e il vincolo territoriale. Emergono, in particolare, tre differenti modalità che si concretizzano in tre differenti tipologie di formulazione della graduatoria dei progetti: una graduatoria unica nazionale con riserva del 40 per cento, due graduatorie per macroaree con plafond determinati sulla base del vincolo territoriale; graduatorie regionali con plafond anch’essi regionali determinati sulla base dell’obiettivo primario dell’intervento.

 

Ognuna delle tre modalità individuate presenta criticità in termini di possibili riordinamenti della graduatoria finale dei progetti selezionati rispetto a quella che si avrebbe in assenza di applicazione del vincolo territoriale a discapito sia dell’efficienza sia del raggiungimento dell’obiettivo primario degli interventi.

 

Il Flash analizza poi in maniera più approfondita, a titolo esemplificativo, il bando per la realizzazione di strutture da destinare ad asili nido e a scuole per l’infanzia, pubblicato in attuazione del decreto del Ministro dell’Istruzione n. 343 del 2 dicembre 2021. Esso si rivolge a un ambito caratterizzato da numerose complessità (eterogeneità sul territorio dei livelli di copertura; assenza di offerta del servizio in gran parte dei Comuni di piccole dimensioni; commistione tra offerta pubblica e privata, peraltro assai differenziata nei territori) che ne fanno un interessante banco di prova per la componente del PNRR che passa attraverso il canale dei bandi per gli Enti territoriali. L’obiettivo primario di questa linea di intervento è la realizzazione di circa 265.000 posti necessari a garantire, entro la fine del 2025, il superamento dell’obiettivo europeo del 33 per cento di copertura della popolazione nella fascia 3-36 mesi.

 

Il Decreto ministeriale individua gli importi dei finanziamenti, determina la pre-allocazione delle risorse tra le singole Regioni sulla base di criteri in qualche misura collegati con l’obiettivo primario dell’intervento e individua i criteri di valutazione (si configura pertanto come la terza modalità delineata in precedenza).

 

I plafond per i singoli territori regionali sono determinati dalla combinazione di due criteri: 1) il gap attuale nella dotazione nei servizi (numero di posti per 100 bambini nella fascia 0-2 anni), rispetto al quale è attribuito il 75 per cento dell’importo complessivo stanziato (1,8 miliardi); b) la popolazione regionale 0-2 anni al 2035 (stimata dall’Istat), sulla base della quale è assegnato il 25 per cento dell’importo stanziato (0,6 miliardi).

 

Le modalità con cui viene stabilita la pre-allocazione regionale presentano diverse criticità. Innanzitutto, i pesi assegnati ai due criteri utilizzati sono determinati in modo discrezionale, senza alcun apparente fondamento. Inoltre, le modalità con cui il criterio relativo al gap territoriale nella dotazione degli asili nido sembra essere stato applicato sono criticabili sotto due profili: a) i divari regionali non vengono misurati rispetto all’obiettivo del 33 per cento (che è, peraltro, riconosciuto come LEP dalla normativa nazionale) bensì rispetto al livello massimo della dotazione misurato a livello regionale (che corrisponde al caso della Valle d’Aosta); b) i divari nella dotazione di asili nido sono misurati a livello di territorio regionale, determinando un effetto compensazione nell’ambito regionale tra Comuni che hanno raggiunto l’obiettivo e quelli che ancora non lo hanno fatto, creando così una disparità tra Comuni con lo stesso livello di copertura ma situati in regioni con tassi di copertura differenti.

 

Per la valutazione dei progetti presentati dagli Enti territoriali nell’ambito dei plafond regionali, il bando individua poi cinque criteri di selezione a cui sono attribuiti punteggi differenti: 1) assenza o grave carenza dei servizi educativi (pubblici e privati) (massimo 45 punti); 2) tipologia di intervento (massimo 20 punti); 3) incremento del livello di copertura nell’Ente proponente (massimo 20 punti); 4) inclusione del progetto nell’ambito della programmazione triennale nazionale (massimo 10 punti); 5) localizzazione dell’Ente territoriale proponente in aree interne, montane o isolane (massimo 5 punti). Il peso maggiore è attribuito anche in questo caso al tasso di copertura, che premia maggiormente i territori in cui è grave la carenza del servizio con successivo décalage del punteggio che attribuisce il minimo (2 punti) ai territori in cui l’obiettivo del 33 per cento è stato già raggiunto.

 

Anche questi criteri presentano una serie di criticità. In primo luogo, la modalità di utilizzo del tasso di copertura differisce da quella della fase pre-allocativa: il minor punteggio è attribuito alle realtà territoriali che hanno già raggiunto l’obiettivo del 33 per cento, mentre nei criteri di pre-allocazione si considera la distanza dalla Regione con il massimo livello di copertura (Valle d’Aosta). In secondo luogo, suscita qualche perplessità anche l’applicazione del criterio relativo all’incremento del livello di copertura. In questo caso, oltre a una possibile correlazione con il criterio del gap nei servizi, c’è il rischio di equiparazione nei punti ottenuti tra Enti che offrendo già il servizio incrementino, ad esempio, i posti del 100 per cento, ottenendo così il massimo del punteggio, ed Enti in cui il servizio è totalmente assente e, a prescindere dal numero di posti creati, finiscano per ottenere ugualmente il massimo punteggio. In terzo luogo, tra i criteri di valutazione manca il riconoscimento di un maggior punteggio nel caso di progetti presentati da aggregazioni di piccoli Comuni che favorisca l’iniziativa di quegli Enti che hanno una dimensione della popolazione dei bambini in età troppo piccola anche per l’attivazione di un micronido.

 

Le criticità evidenziate suggeriscono di seguire metodologie più trasparenti e di immediata interpretabilità, pur mantenendo fermi gli stessi indicatori utilizzati nell’approccio seguito dal decreto ministeriale e dal bando. Di seguito se ne descrivono due esempi.

 

Una prima metodologia alternativa (Alternativa 1 – Comuni) prevede che, per tenere conto del gap infrastrutturale rispetto al LEP (33 per cento), la ripartizione delle risorse sia ottenuta calcolando per ogni comune i posti necessari al raggiungimento dell’obiettivo. Per evitare l’adozione di pesi discrezionali si considera come popolazione di riferimento su cui calcolare i posti necessari a colmare il gap quella stimata al 2035 dall’Istat. In questo modo, i gap comunali sono ottenuti come differenza tra i posti autorizzati (pubblici e privati) nel 2019 e quelli necessari al raggiungimento della soglia del 33 per cento nel 2035. L’effetto compensazione tra comuni che hanno già raggiunto l’obiettivo e quelli che non lo hanno ancora fatto è eliminato attraverso l’aggregazione regionale ottenuta sommando i soli posti necessari in questi ultimi comuni. Una volta ottenuti i posti mancanti per ogni regione il peso per attribuire le somme stanziate è determinato dal rapporto tra i posti mancanti nella singola regione rispetto al totale nazionale.

 

Confrontando i plafond regionali ottenuti nell’Alternativa 1 con quelli del Decreto ministeriale emerge che le somme destinate al Mezzogiorno (vincolo territoriale) sarebbero solo di poco inferiori a quelle previste nel Decreto (53,7 per cento, contro 55,3; fig. 1). Differenze di rilievo si evidenzierebbero invece nella distribuzione tra le Regioni. In termini assoluti, nel Mezzogiorno, la Campania e la Sicilia riceverebbero più fondi (per un ammontare pari, rispettivamente, a 157 e 80 milioni), mentre la Basilicata, il Molise e la Calabria ne otterrebbero meno (rispettivamente, 73, 65 e 58 milioni; fig. 2). Nel Centro-Nord, maggiori finanziamenti verrebbero destinati alla Lombardia e al Veneto (rispettivamente, 106 e 48 milioni).

 

Una seconda metodologia alternativa (Alternativa 2 – ATS) è identica alla prima tranne che per l’ambito territoriale di riferimento: si considerano al posto del Comune gli Ambiti Territoriali Sociali (ATS). Rispetto all’Alternativa 1 ciò determina un effetto compensazione a livello di ATS tra Comuni che hanno raggiunto l’obiettivo e quelli che ancora non lo hanno fatto. In questo caso, le risorse assegnate al Mezzogiorno risulterebbero superiori a quelle dell’Alternativa 1 (57,8 per cento, a fronte del 53,7). Gli incrementi maggiori si registrerebbero in Campania, Sicilia, Puglia e Calabria, mentre la Sardegna sarebbe destinataria di minori risorse. Le regioni del Centro-Nord vedrebbero ridursi le risorse pre-allocate (42,2 per cento, contro 46,3); tale fenomeno riguarderebbe tutte le regioni dell’area con l’eccezione della Liguria.

 

 

 

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