Premessa. Nel corso dell’anno 2021, nel trentesimo anno di applicazione della normativa sugli scioglimenti per mafia, sono stati emessi 14 decreti di scioglimento di Consigli comunali per infiltrazioni mafiose, ai sensi dell’articolo 143 TUEL, riguardanti tutti Comuni del Sud Italia; in particolare: Campania 2 (Marano di Napoli, Villaricca), Puglia 4 (Squinzano, Carovigno, Foggia, Ostuni), Calabria 4 (Guardavalle, Nocera Terinese, Simeri Crichi, Rosarno), Sicilia 4 (Barrafranca, San Giuseppe Jato, Calatabiano, Bolognetta).

Tra questi, spicca il Comune di Foggia, trattandosi del secondo Comune capoluogo sciolto dal 1991 ad oggi (il primo era stato il Comune di Reggio Calabria nel 2012).

Per quanto concerne le dimensioni degli Enti sciolti, in 4 Comuni su 14 il numero di abitanti è inferiore a 5.000 unità (Guardavalle, Nocera Terinese, Simeri Crichi, Bolognetta); in 5 casi è compreso tra 5.001 e 15.000 abitanti (Squinzano, Barrafranca, San Giuseppe Jato, Rosarno, Calatabiano); in 3 casi (Carovigno, Villaricca, Ostuni) è compreso tra 15.001 e 50.000 abitanti; in 1 caso (Marano di Napoli) è compreso tra 50.001 e 100.000 abitanti e, infine, in un altro caso (Foggia) è superiore a 100.001 abitanti.

Sono invece 5 su 14 gli Enti giunti, con quello del 2021, a un plurimo scioglimento: è il secondo provvedimento dissolutorio, infatti, per i Comuni di Guardavalle, di Calatabiano e di Villaricca; è il terzo per Rosarno, e addirittura il quarto per Marano di Napoli (benché uno di questi decreti, quello del 2004, sia stato in realtà annullato).

Comuni con più scioglimenti 1° scioglimento 2° scioglimento 3° scioglimento 4° scioglimento
Guardavalle (Cz) 2003 2021
Marano di Napoli (Na) 1991 2004 – annullato 2016 2021
Villaricca (Na) 1994 2021
Rosarno (Rc) 1992 2008 2021
Calatabiano (Ct) 2000 2021

Per questi Comuni si deve sottolineare, peraltro, che le relazioni prefettizie non mancano di riportare, puntualmente, le situazioni di continuità amministrativa tra le consiliature e giunte passate e quelle attuali, mostrando soggetti e interessi che ricorrono nel corso degli anni.

 

L’accesso al Comune e le indagini della magistratura. Dall’analisi dei decreti di scioglimento e delle relazioni prefettizie emerge come nella quasi totalità dei casi l’accesso al Comune avviene in seguito alle risultanze di indagini, verifiche ed operazioni svolte dalle forze di polizia.

Fa parziale eccezione a questo schema lo scioglimento del Comune di Guardavalle per il quale l’accesso viene disposto in seguito ad un servizio giornalistico di una nota trasmissione televisiva che denunciava che la statua del Santo Patrono, situata nei pressi del Municipio, fosse stata donata dalla cosca locale, nell’indifferenza del Sindaco che anzi, a microfoni spenti, mostrava di temere ripercussioni negative in caso di rimozione: quanto basta per far emergere evidenti segni di soggezione, come sottolineato nella relazione prefettizia.

In alcuni casi, inoltre, le operazioni che conducono allo scioglimento coinvolgono direttamente anche i vertici dell’Amministrazione comunale, spesso destinatari di ordinanze di custodia cautelare.

Ciò avviene, ad esempio, per il Comune di Rosarno, il cui Sindaco è stato oggetto di un’ordinanza di custodia cautelare (insieme a un consigliere comunale) per il reato di scambio elettorale politico-mafioso nell’ambito dell’operazione Faust. Lo stesso è avvenuto per il Sindaco di Foggia, tratto in arresto per tentata concussione e corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio.

In altri casi, invece, si segnala comunque che alcuni esponenti dell’Ente locale risultano indagati, come avviene per il Comune di Carovigno dove Sindaco e Presidente del Consiglio comunale sono stati rinviati a giudizio per concorso esterno in associazione mafiosa, o il Comune di Barrafranca, il cui Sindaco è indagato per 416-bis.1 e, per lo stesso reato, un dipendente comunale è stato tratto in arresto.

Del resto, il coinvolgimento a vario titolo della struttura burocratica dei Comuni è un leitmotiv che ricorre in molte delle relazioni esaminate, in alcuni casi anche mettendo in luce gravi risultanze giudiziarie (come nel caso di Nocera Terinese, in cui tre dipendenti sono indagati per associazione mafiosa e uno di questi è risultato destinatario di un’ordinanza di custodia cautelare).

 

Il coinvolgimento di Amministratori locali e dipendenti. Una parte significativa delle relazioni prefettizie analizzate si concentra sul ruolo svolto dagli Amministratori locali e dai dipendenti comunali, elencando elementi di collusione, scelte amministrative inquinate dalle organizzazioni criminali, parentele e frequentazioni con soggetti controindicati (appartenenti ai clan ovvero a questi contigui o comunque vicini). Spesso queste risultanze si incrociano tra loro in un quadro che coinvolge in molti casi, come si vedrà più avanti, anche la fase delle campagne elettorali. Sulla valutazione che la giurisprudenza di TAR Lazio e Consiglio di Stato ha dato, negli anni, a parentele e frequentazioni con determinati soggetti si rimanda a questa scheda.

Nella tabella sottostante si riporta il numero di Amministratori e personale dipendente coinvolti, a vario titolo (coinvolgimento in inchieste giudiziarie, frequentazioni, parentele, altre forme di collusione), nelle relazioni prefettizie analizzate.

Comune Amministratori Locali Apparato burocratico
Squinzano 6
Guardavalle 1 1
Carovigno 3 2
Barrafranca 8 13
Marano di Napoli 13 21
San Giuseppe Jato 13 31
Villaricca 8 8
Foggia 13 5
Nocera Terinese 2 3
Simeri Crichi 2
Rosarno 4
Calatabiano 2 1
Bolognetta 14 26
Ostuni 3

 

Per una corretta lettura della tabella è comunque necessario tenere in considerazione che le risultanze emerse possono essere condizionate anche da fattori esterni: dalla penna del Prefetto all’attività della magistratura locale, in alcuni casi sono gli stessi organi istituzionali o inquirenti che, a seconda delle circostanze di volta in volta emergenti, possono aver focalizzato l’attenzione su alcuni elementi piuttosto di altri (la stessa diversità di lunghezza delle relazioni prefettizie, in alcuni casi molto estese, in altri ben più ridotte, suggerisce che le modalità di lavoro non sono sempre identiche).

In ogni caso, è significativo notare come, salvo i casi di Nocera Terinese e di Villaricca (in cui comunque sono coinvolti, rispettivamente, il Vice Sindaco e un assessore), tra gli Amministratori locali su cui gravano dei riscontri nelle relazioni prefettizie risulta sempre anche il Sindaco.

 

Le motivazioni alla base dello scioglimento. Il cuore delle relazioni prefettizie è costituito dall’analisi dei settori della vita pubblica che sono inquinati dagli interessi della criminalità organizzata.

Da una lettura complessiva di queste emerge chiaramente che lo scopo principale delle mafie, nel loro operare sul territorio, è costituita dalla ricerca di occasioni di infiltrazione nell’economia locale, attraverso l’accaparramento di appalti e la gestione di servizi pubblici: queste operano mostrando spiccate attitudini imprenditoriali, utili anche per reinvestire i proventi illeciti delle loro attività, e capacità di tessere relazioni con uno spettro (talvolta anche molto ampio, come si è visto) di amministratori locali, a partire dalle campagne elettorali.

Il sostegno elettorale. Emblematico in questo senso è che in almeno nove casi le relazioni fanno riferimento a vicende di inquinamento elettorale: ciò è avvenuto, oltre che con il sostegno elettorale diretto agli esponenti prescelti, anche con intimidazioni nei confronti di altri candidati (è il caso di San Giuseppe Jato, ad esempio) o, specularmente, con appoggi bipartisan, a dimostrazione della pervasività delle organizzazioni criminali (si veda lo scioglimento di Nocera Terinese).

Gli accordi raggiunti in questa fase sono poi oggetto di puntuale attuazione una volta avvenuta l’elezione: nel caso di Rosarno la relazione parla addirittura di vera e propria partecipazione dei clan alla scrittura del programma elettorale, a dimostrazione di quanto pervasivo fosse il rapporto.

Ma anche quando l’elezione dei soggetti vicini ai clan per qualche motivo non si concretizza si riesce a trovare il modo per attuare una forma di compensazione: è quanto è avvenuto, ad esempio, nel Comune di Carovigno dove, all’indomani delle elezioni, a una candidata non eletta (parente di esponenti dei clan) è stata affidata l’organizzazione di eventi nel centro storico della città.

Nel caso di Marano di Napoli, inoltre, la relazione è anche riuscita a suddividere le preferenze per zone della città, riscontrando che nelle aree a maggior presenza di clan alcuni candidati (poi eletti e coinvolti nelle vicende dello scioglimento) hanno conseguito un numero significativamente più elevato di preferenze, ad ulteriore dimostrazione della capacità di controllo del territorio delle organizzazioni criminali.

L’inquinamento della vita amministrativa: gli appalti e i controlli antimafia. Nelle relazioni ricorrono spesso alcuni elementi di sviamento della vita amministrativa dalla cura dell’interesse pubblico. In particolare, emergono in tutti gli scioglimenti le manovre illecite che vengono compiute in materia di appalti ed affidamenti pubblici di lavori, servizi e forniture, e le carenze in tema di verifiche e controlli antimafia.

Si tratta cioè di procedure, a volte illecite altre volte elusive (ma non per questo meno gravi), che consentono di violare o di aggirare una serie di cautele che la legge prescrive per prevenire le infiltrazioni mafiose.

Nell’ambito degli appalti pubblici, ad esempio, sono ricorrenti gli affidamenti diretti; il ricorso alla somma urgenza senza che però vi sia un effettivo riscontro nei fatti; l’artificioso frazionamento degli appalti stessi, per far sì che questi restino “sotto soglia”. Tutte procedure che consentono, evidentemente, di assegnare lavori e servizi pubblici a soggetti controindicati, contigui o addirittura appartenenti alla criminalità organizzata. Il risultato è quello di creare delle vere e proprie situazioni di oligopolio o addirittura di monopolio in alcuni settori, a tutto danno della collettività.

Il quadro è completato dalle gravi carenze riscontrate in quasi tutti i Comuni rispetto alle verifiche e ai controlli antimafia, che in molti casi non vengono richiesti dal Comune e sono omessi anche rispetto ad appalti e servizi con importi molto significativi (si veda, ad esempio, il caso del Palazzetto dello Sport nel Comune di San Giuseppe Jato).

Viene infine evidenziato, in alcuni casi, una certa confusione tra compiti dell’apparato burocratico e compiti amministrativi nell’espletamento delle procedure maggiormente oggetto di attenzione da parte dei clan.

 

L’inquinamento della vita amministrativa: i settori oggetto degli interessi mafiosi. I settori della vita amministrativa comunale che risultano oggetto delle attenzioni mafiose coprono in buona sostanza l’intero spettro delle competenze comunali: questo mostra, ancora una volta, che le attitudini imprenditoriali mafiose sono in grado di coprire ambiti e settori che sono i più diversi tra loro, a seconda delle occasioni di arricchimento e di riciclaggio del denaro.

Nella tabella che segue si elencano i settori più ricorrenti, indicando per ciascuno di essi i riscontri nelle relazioni prefettizie analizzate.

Settore N° di riscontri nelle relazioni
Abusivismo edilizio 5
Beni confiscati 8
Edilizia residenziale pubblica 4
Rete idrica 2
Rifiuti solidi urbani 5
Servizi cimiteriali 3
Settore edilizio/Urbanistica 10
Tributi locali 10
Verde pubblico 2

 

Dalla lettura della tabella emerge, quindi, che alcuni settori ricorrono molto spesso: oltre ad edilizia ed urbanistica, che accentra com’è facile immaginare molti interessi della criminalità organizzata, sono particolarmente presenti anche gli illeciti relativi agli ambiti: della riscossione dei tributi locali (il disordine amministrativo che viene riscontrato nelle relazioni prefettizie sul tema si accompagna a situazioni debitorie che caratterizzano sia gli esponenti dei clan sia alcuni amministratori); della gestione dei beni confiscati (generalmente abbandonati); dell’affidamento e gestione dei rifiuti solidi urbani (un settore che, come noto, attira da anni gli appetiti mafiosi); dell’abusivismo edilizio (con una sostanziale inerzia amministrativa, specialmente nell’ultima fase, decisiva, delle demolizioni).

 

Il caso del Comune di Foggia. Come già ricordato, in trent’anni di applicazione della normativa antimafia, lo scioglimento del Comune di Foggia è il secondo relativo a un Comune capoluogo.

La Relazione fa presente che le indagini sono state avviate in seguito all’elevato numero di interdittive antimafia emesse dal Prefetto (dal 2016 al 2021 sono state ben 85) e agli esposti in cui si denunciavano forme di contiguità degli amministratori locali con esponenti delle consorterie mafiose; l’accesso al Comune è iniziato nel Marzo 2021 e già nel mese di Giugno il Sindaco rassegnava le sue dimissioni con conseguente scioglimento del Consiglio Comunale.

Ciò non ha impedito, comunque, di concludere l’accesso e procedere all’applicazione dell’art. 143 TUEL, avendo riscontrato collegamenti diretti e indiretti fra gli amministratori e i clan.

Nello specifico, si evince dalla Relazione che il contesto foggiano è caratterizzato dalla presenza radicata sul territorio di diversi clan (o “batterie”), tra i quali intercorrono rapporti di collaborazione pur in assenza di un unico organismo che li ricomprenda tutti. La mafia foggiana, detta anche “quarta mafia”, in crescita ed espansione negli ultimi anni, si caratterizza sia per il compimento di fatti criminosi eclatanti sia per la sistematica attività di contaminazione dell’economia legale. In questo senso, segnala la Commissione d’accesso, un ruolo centrale è svolto dalla corruzione, definita quale “cavallo di troia” per il condizionamento dell’attività amministrativa e l’aggiudicazione di appalti pubblici. Non stupisce, pertanto, che alcuni elementi riscontrati rispetto agli amministratori (a partire dal Sindaco) consistano proprio in indagini su episodi di corruzione o concussione.

In particolare, gli amministratori di cui la Relazione prende in esame le condotte ritenendole rilevanti ai fini dello scioglimento sono ben 13 (il Sindaco, arrestato per tentata concussione e corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio, e altri 12 Consiglieri comunali): si va, appunto, dal coinvolgimento in inchieste (relative a corruzione, concussione, indebita induzione ecc), con la presenza di soggetti criminali, fino alle frequentazioni e parentele con appartenenti ai clan (o contigui a questi) e alle cointeressenze economiche con imprese in odore di mafia. Nemmeno i dipendenti comunali sono esenti: le condotte di 5 di questi sono, infatti, prese in esame nel Decreto e nella Relazione.

Alla luce di questo coinvolgimento e dall’analisi approfondita dell’attività svolta negli anni, la Commissione riscontra diversi elementi problematici, a partire dalla colpevole disattenzione mostrata dal Comune rispetto ai controlli antimafia, soprattutto in ambiti sensibili, e dalle ingerenze degli organi politici rispetto alle scelte burocratiche, a tutto vantaggio dei clan o di soggetti a questi vicini, favoriti grazie a procedure illegittime (ad esempio, ampio ricorso a deroghe e proroghe, artificioso frazionamento degli appalti, assenza di verifiche antimafia, ecc) nell’aggiudicazione dei servizi gestiti dal Comune.

Sono numerosi i settori posti sotto la lente d’ingrandimento e risultati inquinati da interessi e presenze mafiose: il servizio di installazione e manutenzione ordinaria e straordinaria di impianti semaforici e segnaletica stradale; la gestione e manutenzione del servizio di video sorveglianza cittadino; il servizio di accertamento e di riscossione delle entrate tributarie; la gestione dei servizi cimiteriali; il servizio di pulizia e guardiania dei bagni pubblici; la manutenzione del verde pubblico; il servizio dei bidelli nelle scuole comunali per l’infanzia; la gestione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica (occupazioni abusive tollerate da parte di soggetti mafiosi, assegnazioni in deroga a soggetti con legami di parentela o frequentazione con questi ultimi, esame delle pratiche senza alcun criterio nemmeno cronologico, ecc).

Quanto basta per ritenere sussistenti quegli elementi concreti, univoci e rilevanti rispetto ai collegamenti con la criminalità organizzata di tipo mafioso e procedere con lo scioglimento del Consiglio Comunale.

 

(a cura di Marco De Pasquale)