Nota di lavoro 2/2022

L’efficienza temporale nella realizzazione delle opere pubbliche in ItaliaDownload PDF

di Giuseppe Francesco Gori, Patrizia Lattarulo e Nicola Carmine Salerno

 

La Nota di lavoro, frutto della collaborazione tra UPB e IRPET, propone un’analisi quantitativa, sia descrittiva che inferenziale, dell’efficienza temporale nella realizzazione delle opere pubbliche in Italia. In particolare, fornisce una spiegazione della durata dei cantieri sulla base delle loro principali caratteristiche a livello di lotto, stazione appaltante, area territoriale e impresa aggiudicataria. A tale scopo, UPB e IRPET, partendo da un dataset che integra gli Open Data dell’ANAC, l’archivio di Open Coesione e la Banca dati delle Amministrazioni pubbliche (BDAP), hanno sviluppato un modello econometrico, i cui risultati forniscono spunti utili per valutare le possibili criticità relative all’effettiva realizzazione degli investimenti finanziati con le risorse del PNRR e del Piano di investimenti complementare (PC) e, soprattutto, le scelte che i decreti legislativi saranno chiamati a compiere nei prossimi sei mesi per dare attuazione alla legge delega per la riforma dei contratti pubblici (L. 78/2022) recentemente approvata dal Parlamento.

 

Quest’ultima mira a recepire stabilmente all’interno del Codice degli appalti molte delle deroghe introdotte negli ultimi anni in materia di investimenti pubblici e ripropone alcuni interventi già previsti dal Codice del 2016 ma mai realizzati. Tra le prime rientrano le maggiori possibilità di ricorrere a procedure di affidamento dirette o negoziate (nel 2016 molto limitate per favorire le gare aperte), il rinnovato interesse per l’appalto integrato (prima di fatto quasi escluso), la più ampia facoltà di usare il prezzo come unico criterio di aggiudicazione (nel 2016 visto con sospetto, con l’Offerta economicamente più vantaggiosa come norma), la promozione della partecipazione ai lavori pubblici di micro e piccole imprese e delle imprese di prossimità. Tra i secondi ci sono l’introduzione del sistema di rating per le imprese partecipanti ai bandi, la razionalizzazione delle stazioni appaltanti con il rafforzamento della loro qualità tecnica e manageriale, la razionale e metodica suddivisione dei progetti in lotti da mettere a bando.

 

Di seguito si riporta una sintesi dei principali risultati evidenziati dal lavoro UPB-IRPET che riguardano questi aspetti.

 

Il divario territoriale. – Le procedure di lavori pubblici sono caratterizzate da significativi divari fra territori e fra Amministrazioni. Se si fa riferimento alla fase estesa dalla pubblicazione del bando sino alla conclusione dell’opera, nel Mezzogiorno la durata è maggiore mediamente del 4 per cento rispetto al Centro, del 16 per cento rispetto al Nord-Est e del 17 per cento rispetto al Nord-Ovest (fig. 1).

 

Le stazioni appaltanti degli Enti locali, in larga parte Comuni, mostrano mediamente performance molto buone nel Centro e nel Nord a confronto, in particolare, con le stazioni centrali/statali, con quelle regionali e con le stazioni appaltanti di società a partecipazione pubblica e di concessionarie della gestione di reti e infrastrutture (fig. 2). Al contrario, nel Mezzogiorno è sempre vantaggioso che la stazione appaltante sia diversa da quelle locali in modo tale da accorciare i tempi di realizzazione dell’opera mediamente dell’8 per cento affidandosi a una stazione centrale/statale, del 7 per cento ricorrendo a una regionale e del 27 per cento lasciando operare, nei loro ambiti specifici, le società a partecipazione pubblica e i concessionari di reti e infrastrutture. Alla base di questa evidenza c’è, con ogni probabilità, il divario di performance (efficienza ed efficacia) che esiste, su un piano più generale, tra le Amministrazioni pubbliche del Centro-Nord e quelle del Mezzogiorno o il più complesso contesto istituzionale nel quale operano queste ultime.

 

La fonte dei finanziamenti. – Se le opere pubbliche sono finanziate da risorse prevalentemente europee (come nel caso degli investimenti del PNRR e di quelli relativi ai programmi strutturali comunitari), i tempi complessivi di realizzazione si accorciano mediamente del 14 per cento rispetto al caso di finanziamento con risorse proprie del committente. Un guadagno simile emerge anche nel caso di prevalente finanziamento centrale/statale e, sia pure in misura più contenuta (-7 per cento), nel caso le risorse provengano dai bilanci regionali. Anche se andrà investigata più approfonditamente la differenziazione per macroaree, quello che emerge è un effetto rilevante per la policy: quanta più terzietà c’è tra finanziatore e committente, tanto più il primo può rivestire il ruolo di controllore super partes dell’allocazione delle risorse, del rispetto dei programmi e della conduzione dei cantieri. Su queste basi, non deve stupire che gli appalti che si avvalgono di finanziamenti europei mostrino mediamente le performance migliori, alla luce delle stringenti regole comunitarie sulla partecipazione ai programmi, sulla strutturazione dei bandi e sui pagamenti a tranche previa verifica dei risultati. In linea di principio, dalla presenza di un terzo pagatore attento si potrebbero attendere migliori performance anche sul piano della corrispondenza dell’opera ai progetti, della qualità delle opere, dei costi a consuntivo. Fa ben sperare, quindi, che l’ingente sforzo di investimento pubblico programmato per i prossimi anni sia fortemente inquadrato nella cornice europea.

 

Il formato di gara. – Le procedure competitive aperte (le gare propriamente dette) allungano in media i tempi complessivi di realizzazione delle opere (fig. 3). Rispetto alla procedura negoziata, la maggiore durata è del 13 per cento al Nord-Est, del 16 per cento al Centro, del 17 per cento al Mezzogiorno, del 21 per cento al Nord-Ovest. Se il termine di confronto è l’affidamento diretto, la maggiore durata è del 33 per cento al Nord-Est, del 30 per cento al Centro, del 41 per cento al Mezzogiorno e del 53 per cento al Nord-Ovest.

 

Al fine di fornire un’indicazione complessiva dell’entità dello scostamento di durata tra le diverse aree territoriali in corrispondenza delle combinazioni tra classi di spesa dei cantieri e procedure di scelta del contraente, nella figura 4 viene riportata la media delle durate previste a partire dai risultati del modello, facendo riferimento al caso di realizzazione ex novo di infrastrutture di trasporto.

 

 

Se per l’affidamento diretto le durate medie stimate nelle macroaree del Paese sono sostanzialmente sovrapponibili, nel caso del ricorso a procedura aperta per opere di importo superiore alla soglia comunitaria (5,4 milioni) la differenza nella durata media tra aree centrali/meridionali e aree settentrionali può arrivare anche a un anno (sui tre anni circa previsti in media). In altri termini, in caso di lavori sopra la soglia comunitaria il ricorso alla procedura aperta, che già in generale richiede tempi più lunghi, può comportare circa un anno in più nel Centro-Sud rispetto al resto del Paese.

 

Il criterio di aggiudicazione. – Non sorprende che il ricorso all’offerta economicamente più vantaggiosa (OEPV) – una procedura di per sé complessa da applicare in quanto implica valutazioni multidimensionali – allunghi i tempi di realizzazione delle opere in tutte le macroaree a confronto con l’aggiudicazione con il criterio del massimo ribasso di prezzo (fig. 5). Guardando alla sola fase dell’affidamento, il ricorso all’OEPV aumenta i tempi mediamente del 45 per cento al Centro, del 35 per cento al Mezzogiorno, del 32 per cento al Nord-Est e del 23 per cento al Nord-Ovest. Guardando ai tempi complessivi di realizzazione delle opere, le maggiori durate permangono ma su scala significativamente inferiore: +16 per cento al Centro, +14 per cento al Mezzogiorno, +4 per cento al Nord-Est e al Nord-Ovest. Di fatto, guardando all’intera realizzazione delle opere, nel Nord i tempi relativamente più lunghi associabili all’OEPV appaiono contenuti, mentre diventano apprezzabili nel Mezzogiorno e nel Centro.

 

Nel complesso, le stime riferite al formato di gara e al criterio di aggiudicazione suggeriscono che soluzioni semplificate come procedura negoziata, affidamento diretto e criterio del massimo ribasso, cui la legge delega di riforma del Codice degli appalti vorrebbe restituire maggiore spazio rispetto alla riforma del 2016, non abbiano effetti negativi in termini di lunghezza dei tempi di realizzazione complessivi dell’opera.

 

I vantaggi delle procedure aperte e del ricorso al criterio dell’offerta economicamente vantaggiosa andrebbero ricercati in altre dimensioni dell’efficienza ed efficacia quali, ad esempio, il costo a consuntivo dell’opera, la qualità e la durata, la necessità e la frequenza di azioni di manutenzione. All’interno di procedure semplificate di selezione e aggiudicazione queste dimensioni dovrebbero essere maggiormente supportate dalla qualificazione degli operatori, cioè dal rating ex ante delle imprese partecipanti ai bandi e dalle capacità tecniche e manageriali delle stazioni appaltanti, non a caso elementi che la legge delega per la riforma del Codice pone in posizione centrale.

 

L’appalto integrato. Il ricorso a bandi di progettazione ed esecuzione congiunta permette di ridurre i tempi di esecuzione a livello nazionale di circa l’8 per cento rispetto al ricorso a bandi di sola esecuzione (in cui la progettazione è stata precedentemente affidata con bando separato). Questo risultato può essere ragionevolmente ricondotto a una maggiore rispondenza del progetto alle capacità dell’impresa esecutrice. Incentrata sulle durate dei cantieri, l’analisi non può tuttavia indagare le ragioni che negli anni scorsi hanno spinto il Legislatore a limitare l’impiego dell’appalto integrato nel contesto italiano, ovvero il rischio di un’eccessiva discrezionalità dell’impresa nella redazione del progetto e quello di favorire la concentrazione del mercato in capo a pochi grandi operatori. All’interno della nuova cornice normativa che la legge delega intende realizzare, le ricadute positive dell’appalto integrato potranno essere sostenute (e per converso quelle deficitarie limitate) dalla razionale e adeguata ripartizione in lotti, soprattutto nel caso di grandi progetti, dal rating di impresa e dalla crescita delle qualità tecnico-manageriali delle stazioni appaltanti che dovranno ridursi di numero ma specializzarsi.

 

La dimensione della stazione appaltante. – Nel Centro le opere avviate da stazioni di grandi dimensioni, come le Centrali uniche di committenza, le Unioni di Comuni, le aggregazioni di Comunità montane, sono associate a performance di durata mediamente migliori (-16 per cento in affidamento e -4 per cento nel complesso) rispetto a quelle dei singoli Comuni. Questo vantaggio è più che dimezzato al Nord per quanto riguarda la fase di affidamento (-8 per cento nel Nord-Est e -7 per cento nel Nord-Ovest) e sostanzialmente identico per quanto riguarda la fase estesa dalla pubblicazione del bando all’ultimazione dei lavori. Appare di nuovo in posizione di outlier il Mezzogiorno, dove la stima evidenzia un vantaggio minimo in fase di affidamento (-2 per cento) e nullo con riferimento alla fase estesa (fig. 6).

 

L’evidenza suggerisce che nel Mezzogiorno il processo di trasformazione da stazioni appaltanti comunali a stazioni di scala superiore (uno degli obiettivi della legge delega) necessiti di una supervisione attenta dall’alto e non possa avvenire come spontanea e libera aggregazione di Enti che mediamente soffrono già di problemi di organizzazione e programmazione.

 

L’esperienza della stazione appaltante e della impresa aggiudicataria. – Come indicatore di esperienza nell’analisi si è considerato, sia per la stazione appaltante sia per l’impresa esecutrice, l’importo complessivo dei lavori conclusi nei quattro anni precedenti. Le stime sembrano portare conferma di un significativo effetto di riduzione sia dei tempi di esecuzione che dei tempi complessivi di completamento dell’opera (dai preliminari di affidamento sino alla consegna) all’aumentare dell’esperienza. Sia per la fase di affidamento che per quella estesa il passaggio dal primo al secondo terzile della distribuzione dell’indicatore di esperienza della stazione appaltante implica infatti una riduzione percentuale della durata del 6 per cento, mentre il passaggio dal secondo all’ultimo terzile un’ulteriore diminuzione del 3 per cento. Allo stesso modo, al passaggio dal secondo al terzo terzile della distribuzione dell’indicatore di esperienza dell’impresa aggiudicataria è associata mediamente una riduzione del 2 per cento della durata dell’esecuzione.

 

La provenienza della impresa aggiudicataria. – Nelle Regioni centrali del Paese la provenienza dall’esterno (della Regione) dell’impresa aggiudicataria dell’esecuzione dei lavori è associata a migliori performance (-8 per cento) rispetto al caso di provenienza interna. Questo vantaggio permane, anche se statisticamente meno significativo, al Nord, mentre si annulla al Mezzogiorno. È un profilo di analisi che merita di essere approfondito. Le linee di indirizzo della legge delega chiedono di promuovere le imprese del territorio agevolando la partecipazione di micro, piccole e medie imprese locali, in linea con quanto previsto a livello europeo dallo Small Business Act. Parte dell’impianto della riforma del 2016 era invece orientato in direzione opposta, ovvero quella di favorire la piena apertura dei mercati locali attraverso un maggiore peso delle procedure competitive propriamente intese (le gare), per sostenere la scelta degli operatori migliori al di là della loro provenienza ed, eventualmente, come elementi di rottura di possibili equilibri localistici subottimali.

 

Le stime sembrerebbero supportare l’indirizzo sinora seguito e corrispondentemente evidenziano possibili criticità di un recepimento troppo meccanico dello Small Business Act. Anche da questo punto di vista, il rating di impresa sarà molto importante per coordinare due obiettivi altrimenti potenzialmente confliggenti: da un lato, coinvolgere il più possibile il sistema delle imprese locali favorendo la trasmissione degli effetti della spesa pubblica al territorio e, dall’altro, garantire la selezione degli operatori migliori indipendentemente dalla loro provenienza.

 

Alcune considerazioni generali. – L’analisi condotta congiuntamente dall’UPB e dall’IRPET conferma che più aspetti della normativa speciale adottata per favorire il compimento dei progetti finanziati dal PNRR e dal PC – che la recente legge delega mira a recepire in via definitiva nel nuovo Codice degli appalti – vanno nella direzione desiderata di permettere una riduzione dei tempi di realizzazione delle opere. Questo obiettivo è particolarmente urgente nel Mezzogiorno, che deve recuperare lo storico deficit infrastrutturale rispetto al resto del Paese e che presenta performance di realizzazione delle opere peggiori rispetto al Centro-Nord.

 

L’analisi conferma inoltre l’effetto sulla riduzione dei tempi dei lavori di un innalzamento generalizzato della dotazione tecnico-esperienziale delle stazioni appaltanti e delle imprese aggiudicatarie. Le misure che si stanno adottando sembrano muoversi in questa direzione, con una rinnovata attenzione al sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti e al rating di impresa che rientrano espressamente nell’agenda della legge delega di riforma del Codice degli appalti.

 

Vanno tuttavia considerati due ordini di criticità. Gli Enti locali registrano ovunque, tranne che nel Mezzogiorno, buone performance in termini di tempi di realizzazione delle opere rispetto alle altre stazioni appaltanti. In quest’area una migliore performance necessiterebbe della presenza di una stazione appaltante nazionale, o comunque terza rispetto al bacino territoriale locale. Il coinvolgimento delle stazioni locali, su cui il PNRR fa affidamento per una rapida attivazione di larga parte della spesa infrastrutturale costituita da piccoli interventi diffusi su territori, va adeguatamente preparato e monitorato soprattutto nel Mezzogiorno.

 

Infine, sebbene oggi l’attenzione sia concentrata soprattutto sulla durata dei cantieri – perché è avvertita la priorità di sostenere la ripresa economica e il rapido rinnovamento infrastrutturale rispettando i target del PNRR – non vanno dimenticate, nell’ottica di una ottimizzazione complessiva della spesa infrastrutturale, le altre dimensioni della qualità e dei costi complessivi delle opere. Anche se non espressamente affrontate in questa analisi, restano fondamentali e sarà necessario riservare loro altrettanto spazio sia nel dibattito scientifico che istituzionale.

 

Testo della pubblicazione