Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Titolo: La forma di Governo nei progetti di riforma costituzionale
Serie: Documentazione e ricerche    Numero: 31
Data: 08/07/2013
Descrittori:
COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA   FORME DI STATO E DI GOVERNO
Organi della Camera: I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni

 

Camera dei deputati

XVII LEGISLATURA

SERVIZIO STUDI

 

 

 

Documentazione e ricerche

La forma di Governo nei progetti di riforma costituzionale

 

Legislature IX – XVI

 

 

 

 

 

 

n. 31

 

 

 

8 luglio 2013

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Istituzioni

( 066760-3588 / 066760-9475 – * st_istituzioni@camera.it

 

 

 

 

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File: ac0171.doc

 


INDICE

Schede riassuntive

§  Premessa  3

§  Le modifiche della forma di governo nella XVI legislatura: il progetto di legge A.C. 5386  5

-     L’elezione diretta del Presidente della Repubblica  5

-     Il potere di nomina del Primo Ministro e dei Ministri 6

-     Il rapporto Governo-Parlamento  7

-     Il mandato e i poteri del Presidente della Repubblica  7

-     Lo “statuto dell’opposizione” 10

§  Le modifiche della forma di governo nella XV legislatura: le pdl costituzionali A.C. 553 e abb.-A, c.d. Bozza Violante  13

-     Il potere di nomina del Presidente del Consiglio  14

-     Il potere di nomina e di revoca dei ministri 14

-     Il rapporto Governo-Parlamento  15

-     I poteri normativi del Governo  16

-     Il Presidente della Repubblica  17

§  Le modifiche della forma di governo nella XIV legislatura: il testo sottoposto a referendum popolare  19

-     Il potere di nomina del Primo ministro e dei ministri 19

-     Il rapporto Governo-Parlamento  21

-     Il Presidente della Repubblica  23

-     Lo “statuto dell’opposizione” 27

§  Le modifiche della forma di governo nella XIII legislatura: il testo della c.d. Commissione D’Alema  31

-     L’elezione diretta del Presidente della Repubblica  31

-     La nomina del Primo Ministro e dei Ministri 31

-     Il potere presidenziale di scioglimento della Camera dei deputati 32

-     Poteri del Presidente della Repubblica e poteri del Primo Ministro  32

-     Svolgimento del rapporto fiduciario  34

-     I poteri del Governo in Parlamento  35

-     Lo “statuto delle opposizioni” 35

§  Le modifiche della forma di governo nella XII legislatura: il progetto di revisione costituzionale del c.d. Comitato Speroni 37

-     La formazione del Governo  37

-     Il rapporto Governo-Parlamento  38

-     I poteri normativi del Governo  39

-     Lo “statuto dell'opposizione” 39

§  Le modifiche della forma di governo nella XI legislatura: il progetto di revisione costituzionale della c.d. Commissione De Mita - Iotti 41

-     Il potere di nomina e revoca del Primo Ministro e dei Ministri 41

-     Il rapporto Governo-Parlamento  42

-     I poteri normativi del Governo  42

§  Le modifiche della forma di governo nella X legislatura: il progetto di legge A.C. 4887 e abb.-A   45

§  Le modifiche della forma di governo nella IX legislatura: la relazione della c.d. Commissione Bozzi 47

-     Il potere di nomina del Presidente del Consiglio e dei Ministri 47

-     Il rapporto Governo-Parlamento  48

-     I poteri normativi del Governo  48

 

 


Schede riassuntive

 


Premessa

Il presente dossier raccoglie una sintetica descrizione delle disposizioni in materia di forma di governo contenute nei principali progetti di riforma costituzionale[1] elaborati nel corso dell’ultimo trentennio.

 

Saranno quindi presi in esame:

-         Il progetto di riforma costituzionale C. 5386, il disegno di legge S. 3520 e i progetti di legge C. 445 cost. e abb., il cui esame è stato avviato nella XVI Legislatura;

-         la legge costituzionale di riforma della parte seconda della Costituzione approvata nella XIV Legislatura (pubblicata nella “Gazzetta Ufficiale” n. 269 del 18 novembre 2005), non entrata in vigore perché respinta nel referendum del 25 e 26 giugno 2006;

-         il progetto di legge C. 3931-A elaborato nel corso della XIII Legislatura dalla commissione bicamerale per le riforme costituzionali (c.d. “bicamerale D’Alema”), poi non approvato dalla Camera;

-         la relazione approvata dal comitato di studio sulle riforme istituzionali, elettorali e costituzionali costituito dal governo nel 1994 (c.d. “Comitato Speroni”, XII Legislatura);

-         il progetto di legge C. 3597-S. 1789 elaborato nel corso dell’XI Legislatura nell’ambito della Commissione bicamerale per le riforme costituzionali (c.d. “bicamerale De Mita-Jotti”), poi non esaminato da Camera e Senato;

-         il progetto di legge C. 4887-A, approvato dal Senato e modificato dalla Commissione Affari costituzionali, poi non approvato dalla Camera nella X Legislatura;

-         la relazione conclusiva della Commissione per le riforme istituzionali istituita nella IX Legislatura (c.d. “Commissione Bozzi”).

 

I testi dei progetti di riforma costituzionale sopra richiamati sono accessibili dalla versione digitale del presente dossier consultabile sul sito della Camera dei deputati.

 

 

Si riporta di seguito, in forma grafica, l’esposizione dei rapporti tra corpo elettorale, Parlamento, Governo, Presidente della Repubblica e consigli regionali delineati dalla Costituzione vigente.

 

 

 

 


Le modifiche della forma di governo nella XVI legislatura: il progetto di legge A.C. 5386

Le scelte normative alla base del progetto di legge costituzionale di riforma della parte II della Costituzione, approvato dal Senato nel corso della XVI legislatura (C. 5386), sono orientate ad introdurre una forma di governo con caratteristiche di fondo tipiche delle forme di governo presidenziali, come l’elezione diretta del Presidente della Repubblica. È, però, mantenuta una connotazione in senso parlamentare attraverso un tipico istituto come la fiducia parlamentare all’esecutivo, delineando quindi una forma di governo semipresidenziale.

Le principali linee alla base delle novelle che riguardano il Titolo II, il Titolo III e il Titolo IV della Parte Seconda della Costituzione sono:

§  elezione a suffragio universale e diretto del Presidente della Repubblica, da parte dei cittadini maggiorenni;

§  presidenza, dal parte del Presidente della Repubblica, del Consiglio dei ministri, salvo delega al Primo ministro;

§  quest’ultima figura sostituisce quella del Presidente del Consiglio: pertanto il Governo è composto dal Primo ministro e dai ministri che costituiscono, insieme, il Consiglio dei ministri;

§  potere del Presidente della Repubblica di nominare il Primo ministro, mentre la nomina e la revoca dei ministri costituiscono potere da esercitare su proposta del Primo ministro.

 

L’elezione diretta del Presidente della Repubblica

Il progetto di riforma prevede l’elezione a suffragio universale e diretto del Presidente della Repubblica, al cui ufficio può accedere ogni cittadino che abbia compiuto quarant'anni e goda dei diritti politici e civili, il novellato comma terzo dell’art. 83 richiede la presentazione di candidature da parte di un gruppo parlamentare delle Camere, ovvero da duecentomila elettori, o da deputati e senatori, da membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia, da consiglieri regionali, da presidenti delle Giunte regionali e da sindaci, che vi provvedono nel numero e secondo le modalità stabiliti dalla legge.

Il potere di indizione delle elezioni, che il vigente art. 87, terzo comma, attribuisce al Presidente della Repubblica, è invece conferito al Presidente del Senato della Repubblica dal secondo comma dell’art. 85, nonché dal secondo comma dell’art. 86, per il caso di impedimento permanente o di morte o di dimissioni del Presidente della Repubblica.

L'elezione, il cui procedimento è rinviato alla legge, è indetta nel novantesimo giorno prima che scada il mandato del Presidente della Repubblica e deve aver luogo in una data compresa tra il sessantesimo e il trentesimo giorno precedente la scadenza.

Tale termine è funzionale alle disposizioni (settimo comma) che riguardano l’assunzione delle funzioni da parte del nuovo Presidente della Repubblica che avviene nell’ultimo giorno del mandato del Presidente uscente.

In caso di impedimento permanente o di morte o di dimissioni del Presidente della Repubblica, l’elezione è indetta entro dieci giorni e deve svolgersi in una data compresa tra il sessantesimo e il novantesimo giorno successivo al verificarsi dell'evento o della dichiarazione di impedimento. Il Presidente assume le funzioni il settimo giorno successivo a quello della proclamazione dei risultati elettorali.

È eletto il candidato che ha ottenuto la maggioranza assoluta dei voti validamente espressi. Qualora nessun candidato abbia conseguito la maggioranza, il quattordicesimo giorno successivo si procede al ballottaggio fra i due candidati che hanno conseguito il maggior numero di voti (art. 85 quinto comma).

 

Prescrizione analoga si rinviene nell’ordinamento per l’elezione diretta del sindaco, in quanto l’art. 72 TUEL, per i comuni con più di 15.000 abitanti prevede che sia proclamato eletto sindaco il candidato alla carica che ottiene la maggioranza assoluta dei voti validi. Dopo il secondo turno è proclamato eletto sindaco il candidato che ha ottenuto il maggior numero di voti validi.

 

La prescrizione della maggioranza assoluta dei voti validamente espressi, sembra presupporre che non vengano computati a questo fine né i voti nulli, né le schede bianche, per dare all’eletto una solida base di voti.

I finanziamenti e le spese per la campagna elettorale, nonché la partecipazione alle trasmissioni radiotelevisive sono regolati dalla legge al fine di assicurare la parità di condizioni fra i candidati.

La legge disciplina la procedura per la sostituzione e per l'eventuale rinvio della data dell'elezione in caso di morte o di impedimento permanente di uno dei candidati.

 

Il potere di nomina del Primo Ministro e dei Ministri

Il Governo è composto dal Primo ministro e dai ministri, che costituiscono insieme il Consiglio dei ministri (art. 92 primo comma) e viene meno quindi la figura del Presidente del Consiglio (modifiche consequenziali a quella dell’art. 92 primo comma  sono disposte nel primo comma degli artt. 93, 94, 95 e 96).

Tuttavia, occorre notare che non viene meno la Presidenza del Consiglio, per il cui ordinamento è mantenuta la riserva di legge stabilita dall’ultimo comma dell’art. 95.

La nomina del Primo ministro spetta al Presidente della Repubblica.

Anche la nomina e la revoca dei ministri sono effettuate dal Presidente della Repubblica, ma su proposta del Primo ministro (art. 92 terzo comma).

Il Presidente della Repubblica presiede il Consiglio dei ministri, salvo delega al Primo ministro, ma non fa parte del Governo, che è composto dal Primo ministro e dai ministri.

 

Il rapporto Governo-Parlamento

Il rapporto fiduciario e il complessivo regime stabilito in materia dall’art. 94 – di cui resta intatta la complessiva struttura - continuano a legare il Governo ad entrambe le Camere e vi resta estraneo il Presidente della Repubblica, tanto che spetta al Primo ministro dirigere la politica generale del Governo, di cui è responsabile, e mantenere l’unità di indirizzo politico ed amministrativo, promovendo e coordinando l'attività dei ministri (art. 95, primo comma).

 

Il mandato e i poteri del Presidente della Repubblica

Il Presidente della Repubblica è eletto per cinque anni. Può essere rieletto una sola volta (art. 85). La durata del mandato presidenziale, attualmente pari a sette anni, viene parificata a quella delle Camere, previsione che tendenzialmente dovrebbe assicurare un’espressione di volontà politica omogenea da parte del corpo elettorale al fine della costituzione dei relativi organi (evitando quindi il rischio della c.d. coabitazione).

L'ufficio è incompatibile con qualsiasi altra carica e attività pubblica o privata. La legge prevede altresì disposizioni idonee ad evitare conflitti tra gli interessi privati del Presidente della Repubblica e gli interessi pubblici. A tal fine la legge individua le situazioni di ineleggibilità e incompatibilità.

La riforma effettua una modifica della sistematica costituzionale, per effetto della quale le attribuzioni del Presidente della Repubblica, indicate dal vigente art. 87, sono definite in primo luogo nell’art. 83, che attualmente ne disciplina l’elezione, nonché dallo stesso art. 87 come novellato.

L’assetto delle attribuzioni conferite dalla riforma al Presidente della Repubblica è completato poi dalle novelle introdotte negli art. 88, 89 e 92, nonché, per sottrazione, nell’art. 104 Cost..

 

La modifica dell’art. 89 consente di chiarire con immediatezza gli atti di natura esclusivamente presidenziale che, non essendo posti in essere in base a proposta di altri organi, non richiedono controfirma.

Rientrano tra tali atti i seguenti:

§  la nomina del Primo ministro;

§  l'indizione delle elezioni delle Camere e lo scioglimento delle stesse;

§  l'indizione dei referendum nei casi previsti dalla Costituzione;

§  il rinvio e la promulgazione delle leggi;

§  l'invio dei messaggi alle Camere;

§  le nomine che sono attribuite al Presidente della Repubblica dalla Costituzione e quelle per le quali la legge non prevede la proposta del Governo.

Per ogni altro atto del Presidente della Repubblica, il proponente, che sia il Primo ministro o i ministri, ne assume la responsabilità.

 

Il vigente art. 89 - in un assetto costituzionale in cui lo stesso Presidente è organo di equilibrio istituzionale e di garanzia, assicurando una sorta di controllo preventivo di garanzia costituzionale anche sugli atti del governo - in relazione alle disposizioni dell’art. 87, primo comma, per cui il Presidente della Repubblica è il Capo dello Stato e rappresenta l’unità nazionale, attribuisce allo stesso Capo dello Stato una funzione generalizzata di rappresentanza con effetto di imputazione a tale carica di atti anche rientranti sostanzialmente nelle competenze governative. Perciò tale articolo, nel testo vigente, prevede che nessun atto del Presidente della Repubblica è valido se non è controfirmato dai ministri proponenti, che ne assumono la responsabilità, e che gli atti che hanno valore legislativo e gli altri indicati dalla legge sono controfirmati anche dal Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Quindi, la nomina del Primo ministro, disposta dal primo comma dell’art. 92, come novellato, costituisce atto esclusivamente presidenziale, mentre la nomina e la revoca dei ministri avviene su proposta del Primo ministro.

 

Questo nuovo assetto dei poteri di nomina e revoca dei ministri avrebbe richiesto, nel caso la riforma fosse entrata in vigore, una valutazione di impatto sull’istituto della sfiducia individuale attualmente prevista dal Regolamento della Camera (art. 115 Regolamento) e disciplinata in via di prassi al Senato.

 

Lo scioglimento delle Camere è espressamente qualificato come facoltà presidenziale dall’ultimo comma introdotto nel novellato art. 88, facoltà che il Presidente della Repubblica esercita, sentito il Primo ministro e i loro Presidenti, e può riguardare una o entrambe le Camere.

Il Presidente della Repubblica può quindi sciogliere una o entrambe le Camere anticipatamente, con il solo limite stabilito dall’ultimo comma del novellato art. 88.

In particolare, in tema di limiti al potere di scioglimento, si nota che non è mantenuto il vigente limite al potere di scioglimento in base al quale tale potere non può essere esercitato nell’ultimo semestre del mandato del Presidente della Repubblica, salvo che non coincida tale periodo, in tutto o in parte, con gli ultimi sei mesi della legislatura. Infatti, se la scadenza delle Camere cade nell’ultimo semestre del mandato presidenziale, la loro durata è prorogata e le elezioni delle nuove Camere si svolgono entro due mesi dall'elezione del Presidente della Repubblica.

È invece introdotto un nuovo limite, la cui ratio può essere posta in relazione alla nuova configurazione dei rapporti tra il Presidente della Repubblica e il Primo ministro da un lato e il Governo e la sua maggioranza dall’altro, che consiste nell’esclusione della possibilità di esercitare la facoltà di scioglimento durante i dodici mesi che seguono le elezioni delle Camere. Tale esclusione, da un lato, pone al sicuro, almeno all’inizio, un eventuale governo, sorretto da una maggioranza diversa (e non gradita) da quella espressa dal Capo dello Stato, da scioglimenti non immediatamente riconducibili ad un insuperabile stato di disfunzione politico istituzionale; dall’altro, però, qualora tale disfunzione si sia realmente prodotta nel corso del primo anno di legislatura (a.e. se le elezioni non hanno espresso una maggioranza che assicuri la governabilità), non consente al Capo dello Stato di porvi rimedio se lo scioglimento è l’unica via percorribile.

 

Nell’esperienza francese, richiamata nel corso del dibattito sulla riforma presso l’Assemblea del Senato in quanto simile a quella italiana, l’art. 12, ultimo comma, della Costituzione pone il limite di dodici mesi dalla elezioni solo per lo scioglimento che segue ad uno svolto in precedenza e, a garanzia delle Camere, prevede una convocazione di diritto delle Camere elette a seguito di scioglimento.

 

Come si vedrà più avanti, anche il progetto di riforma costituzionale del 30 giugno 1997 (A.C. 3931-A e A.S. 2583-A) stabiliva analogo limite al potere di scioglimento legandolo alla fattispecie di elezioni della Camera successive all’elezione del Presidente della Repubblica. Premesso che la durata del mandato presidenziale era discronica rispetto a quella del mandato parlamentare, tale limite era inserito in una disciplina del potere presidenziale che prevedeva che: il Capo dello Stato potesse disporre lo scioglimento anticipato della sola Camera (in quanto Camera politica, mentre il Senato era configurato come Camera delle garanzie e quindi a durata fissa, in coerenza con l’adozione di un sistema parlamentare a bicameralismo differenziato) in caso di dimissioni del Governo; se il termine della legislatura fosse scaduto nel penultimo semestre del mandato presidenziale le elezioni della Camera sarebbero state anticipate del tempio necessario per precedere di dodici mesi l’elezione del Presidente della Repubblica.

 

Il Presidente della Repubblica presiede il Consiglio dei ministri, salvo delega al Primo ministro (art. 92, secondo comma), ma non fa parte del Governo che è costituito dal Primo ministro e dei ministri.

Ferme restando le attribuzioni conferite al Capo dello Stato dal vigente art. 87, salvo quella dell’attuale decimo comma, le novelle introdotte in tale articolo conferiscono al Presidente della Repubblica le seguenti funzioni:

§  rappresentanza della Nazione e di garanzia della relativa indipendenza;

§  vigilanza sul rispetto della Costituzione;

§  assicurazione del rispetto dei trattati e degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell'Italia a organizzazioni internazionali e sovranazionali;

§  rappresentanza dell'Italia in sede internazionale ed europea;

§  presidenza del Consiglio Supremo per la politica estera e la difesa, la cui costituzione è rimessa alla legge.

 

Restano ferme inoltre le attribuzioni previste da altri articoli, non toccati dalla riforma sotto il profilo della disciplina delle competenze del Capo dello Stato, come l’art. 73 e l’art. 74.

L’attribuzione introdotta nell’art. 87 in tema di vigilanza sul rispetto della Costituzione sembra rafforzare il perimetro di quel vaglio generale di legittimità attualmente alla base del potere di rinvio delle leggi.

Nei confronti del Governo tale attribuzione potrebbe comportare un potere di intervento diretto anche in collegamento con la previsione della presidenza del Consiglio dei ministri da parte del Capo dello Stato.

 

È eliminata dalle attribuzioni del Capo dello Stato, come già evidenziato, l’attribuzione della Presidenza del Consiglio superiore della magistratura, conferita al primo presidente della Corte di cassazione, in quanto, come emerge dai lavori parlamentari, “nel momento in cui, in un precedente articolo, si è affermato che il Presidente della Repubblica è nella condizione di presiedere il Consiglio dei ministri, ed essendo il semipresidenzialismo un sistema che tende a separare i poteri piuttosto che a unificarli, attribuendo loro un maggiore grado di autonomia, sembrava impossibile concentrare nelle mani del Presidente della Repubblica anche il ruolo di Presidente del CSM”. D’altro canto, però, nel corso dei lavori parlamentari presso il Senato è stata anche sottolineata la funzionalità di tale attribuzione rispetto ad un principio di responsabilità della magistratura.

 

L’art. 1, comma primo, lett. f) della L.13/1991 prevede che il Presidente della Repubblica emani gli atti di nomina e conferimento di incarichi direttivi a magistrati ordinari, amministrativi, militari e ad avvocati dello Stato e l’art. 17, comma 1, della L. 195/1958 prevede che tutti i provvedimenti riguardanti i magistrati siano adottati, in conformità delle deliberazioni del Consiglio superiore, con decreto del Presidente della Repubblica controfirmato dal Ministro, ovvero, nei casi stabiliti dalla legge, con decreto del Ministro per la grazia e giustizia.

Non è toccato dalla riforma il primo comma dell’art. 135 Cost. che attribuisce al Capo dello Stato la nomina di un terzo dei giudici della Corte costituzionale.

 

Lo “statuto dell’opposizione”

La riforma, con un comma aggiuntivo all’art. 64 Cost.,  introduce una riserva di regolamento parlamentare, a garanzia delle prerogative e dei poteri del Governo e della maggioranza, nonché i diritti delle opposizioni e delle minoranze in ogni fase dell'attività parlamentare. Nel corso dell’esame in Assemblea la riserva è stata estesa alle prerogative e facoltà del parlamentare.

Il novellato art. 72, settimo comma, contiene sia disposizioni che riservano ai regolamenti parlamentari la previsione di garanzie per le proposte dei gruppi di opposizione, sia disposizioni che disciplinano direttamente istituti a garanzia dei termini di esame e delle votazioni sul contenuto di testi accolti o proposti dal Governo.

Si può quindi notare che, mentre per questi ultimi testi l’art. 72 appresta una garanzia costituzionale diretta, per le proposte indicate dai gruppi di opposizione, per le prerogative e facoltà del parlamentare, per le prerogative e i poteri del Governo e della maggioranza, nonché per i diritti delle opposizioni e delle minoranze in ogni fase dell'attività parlamentare, sia l’ultimo comma dell’art. 64, sia il sesto comma dell’art. 72 concorrono a prevedere riserve di regolamento.

In una prospettiva di garanzia può leggersi anche la novella all’art. 137 Cost., che attribuisce a un quarto dei componenti di una Camera la facoltà di sollevare la questione di legittimità costituzionale delle leggi approvate dal Parlamento o di decreti legislativi per violazione o eccesso di delega, entro trenta giorni dalla loro entrata in vigore, rimettendo alla legge costituzionale la determinazione di condizioni, limiti e modalità di esercizio di tale facoltà.

 

 

 


Le modifiche della forma di governo nella XV legislatura: le pdl costituzionali A.C. 553 e abb.-A, c.d. Bozza Violante

Nella fase di avvio della XV legislatura, in cui si è svolto il referendum costituzionale del 25 e 26 giugno 2006, il dibattito politico sul tema delle riforme istituzionali ebbe un forte rilancio: in primo luogo, sull’opportunità stessa di affrontare la questione, quindi sui temi da privilegiare e sulle modalità da seguire in quest’opera.

I temi di intervento sui quali si è concentrata l’attenzione del dibattito politico-parlamentare, oltre alla riduzione del numero dei parlamentari, al superamento del bicameralismo perfetto e ad una migliore definizione del rapporto Stato-autonomie territoriali, comprendevano anche il rafforzamento dell'esecutivo in Parlamento, con l’introduzione di meccanismi finalizzati alla stabilità dei governi e alla rapidità delle decisioni.

Il tema delle riforme venne ripreso dall’esecutivo nella Dichiarazione del Governo sulle riforme istituzionali deliberata dal Consiglio dei ministri il 28 settembre 2007 e, successivamente, nell’audizione del 23 aprile 2007 del ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali presso la I Commissione della Camera (un’analoga audizione ebbe luogo dinanzi alla Commissione Affari costituzionali del Senato[2]).

 

Il dibattito sulle riforme costituzionali ha proceduto parallelamente e si è inevitabilmente intrecciato con quello sull’opportunità di una riforma del sistema elettorale. Sulla base di una intesa[3] tra i Presidenti della Camera e del Senato in ordine all’iter dei progetti di riforma da discutere presso i due rami del Parlamento, la 1ª Commissione del Senato ha proseguito nell’esame (già avviato) delle proposte di riforma del sistema elettorale e la I Commissione della Camera ha avviato l’esame di proposte di legge costituzionale in materia di bicameralismo e forma di Governo.

 

Il testo licenziato dalla Commissione affari costituzionali della Camera (C. 445 cost. e abb.) si compone di 22 articoli, modificativi di 28 articoli della Costituzione. I tratti innovativi del progetto di legge costituzionale per quanto riguarda le modifiche alla forma di governo e i rapporti tra Governo e Parlamento, riguardano principalmente:

-     la previsione che il Capo dello Stato nomini il Presidente del Consiglio dei ministri “valutati i risultati delle elezioni per la Camera dei deputati”;

-     la previsione che il voto di fiducia venga accordato dalla sola Camera non al nuovo Governo nel suo complesso, bensì al Presidente del Consiglio dei ministri e l’introduzione di un quorum per l’approvazione della mozione di sfiducia (l’ipotesi di introdurre un meccanismo di sfiducia costruttiva aveva anch’essa formato oggetto di dibattito in Commissione, ed era stata rimessa alla riflessione dell’Aula);

-     l’attribuzione al Presidente del Consiglio del potere di proporre la revoca (oltre che la nomina) dei ministri;

-     l’attribuzione al Governo di più incisivi poteri sull’ordine del giorno delle Camere, e la correlativa introduzione di limiti alla decretazione d’urgenza.

 

Il potere di nomina del Presidente del Consiglio

Gli artt. 14 e 15 del testo unificato intervengono rispettivamente sugli artt. 92 e 94 della Costituzione, che disciplinano la formazione del Governo e il rapporto di fiducia tra questo e il Parlamento. La finalità perseguita è duplice: valorizzare la posizione del Presidente del Consiglio – sia nell’ambito dell’Esecutivo, sia nei rapporti con il Parlamento – e superare il bicameralismo perfetto che caratterizza la forma di governo parlamentare italiana, differenziando le due Camere sotto il profilo del rapporto fiduciario.

 

Tali obiettivi rappresentano un elemento comune all’intero progetto di riforma costituzionale, ponendosi pertanto in relazione con altre disposizioni del progetto stesso, e in particolare con quelle concernenti la nuova composizione del Senato e le nuove modalità di esercizio della funzione legislativa.

 

La prima innovazione recata al secondo comma dell’art. 92 della Costituzione dall’art. 14 del progetto di riforma prevede che il Capo dello Stato nell’affidare l’incarico per la formazione di un nuovo Governo sia tenuto a valutare i risultati delle elezioni per il rinnovo della Camera dei deputati, con ciò introducendo nel testo costituzionale una disciplina della fase che precede la nomina formale dell’esecutivo da parte del Presidente della Repubblica, attualmente regolamentata esclusivamente da consuetudini, convenzioni e prassi.

 

Il potere di nomina e di revoca dei ministri

L’art. 14 del testo conferisce al Presidente del Consiglio il potere di proporre al Capo dello Stato la revoca (oltre che la nomina) dei ministri.

Secondo il vigente secondo comma dell’art. 92 Cost., “Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i Ministri”. La novella apportata prevede dunque che la proposta del Presidente del Consiglio possa avere ad oggetto sia la nomina, sia la revoca dei ministri.

 

La disposizione, come già evidenziato, mira a valorizzare il ruolo di direzione della politica generale del Governo attribuito dall’art. 95 della Costituzione al Presidente del Consiglio, rafforzandone i poteri nei confronti dei singoli ministri, in linea con quanto previsto dalle disposizioni costituzionali di alcuni dei principali Paesi europei.

 

Il rapporto Governo-Parlamento

L’art. 15 del progetto di riforma introduce modifiche alla disciplina del rapporto fiduciario tra Governo e Parlamento recata dall’art. 94 della Costituzione, intervenendo tanto sul momento costitutivo del rapporto di fiducia che sulla disciplina della mozione di sfiducia.

Con riferimento alla costituzione del rapporto di fiducia la riscrittura dell’art. 94 introduce due rilevanti elementi di novità:

§  la fiducia iniziale è accordata non più al Governo (come prevede la Costituzione vigente), bensì al Presidente del Consiglio dei ministri, che a tal fine presenta il Governo alla Camera entro dieci giorni dalla sua formazione;

§  la fiducia è accordata o revocata non più da entrambe le Camere, bensì dalla sola Camera dei deputati.

In sintesi, il rapporto fiduciario non intercorre più tra l’Esecutivo e ciascuna delle due Camere, bensì tra il Presidente del Consiglio e la Camera dei deputati. Si potrebbe altresì affermare che il Governo che formerebbe oggetto del voto di fiducia sarebbe identificato non più (o non tanto) dalla sua composizione, bensì dall’identità del Presidente del Consiglio: pur se deve osservarsi che, in base alla stessa formulazione della novella, il dibattito parlamentare e il voto sulla fiducia interverrebbero, non diversamente da oggi, solo successivamente alla formazione del Governo, che il Presidente del Consiglio “presenterebbe” alla Camera per ottenere la fiducia.

In virtù del secondo elemento di novità introdotto nell’art. 94 Cost., il Senato federale risulta escluso dal rapporto di fiducia. Tale significativa innovazione si inserisce, come già rilevato, nel quadro del più complessivo disegno volto al superamento del bicameralismo “paritario”, che costituisce uno dei tratti unificanti del progetto di riforma.

In stretta correlazione con tale scelta si pone la modifica apportata al primo comma dell’art. 88 Cost. dall’art. 13 del progetto, con la quale si è limitato alla sola Camera dei deputati il potere di scioglimento attribuito al Presidente della Repubblica (sul punto v. infra).

Quanto alle innovazioni previste in materia di mozione di sfiducia, si modifica il comma quinto dell’art. 94 Cost., introducendo due rilevanti novità. La mozione di sfiducia dovrà essere:

§  firmata da almeno un terzo dei componenti della Camera dei deputati, anziché da un decimo, come previsto nel testo vigente;

§  approvata dalla maggioranza assoluta dei componenti della Camera (il testo vigente non richiede un particolare quorum per l’approvazione).

 

Ulteriori disposizioni tese a rafforzare l’esecutivo sono contenute nell’art. 8 che, aggiungendo un comma all’art. 72 della Costituzione, attribuisce al Governo il potere di incidere sui tempi parlamentari di esame e di approvazione delle leggi.

In particolare, viene data facoltà al Governo di chiedere che un disegno di legge sia iscritto con priorità all’ordine del giorno di ciascuna Camera e che, soprattutto, sia votato entro una data determinata.

Ai regolamenti parlamentari spetta l’individuazione dei limiti e dei modi per l’esercizio di tale facoltà. Una modalità (o piuttosto un limite) è indicata dalla medesima disposizione, laddove stabilisce che il termine temporale fissato per il voto deve essere in ogni caso sufficiente per consentire un “adeguato” esame del disegno di legge da parte del Parlamento.

 

I poteri normativi del Governo

Gli artt. 10 e 11 del progetto di riforma introducono ulteriori strumenti di garanzia a favore dell’istituzione parlamentare, limitando o sottoponendo a controllo l’esercizio del potere legislativo da parte del Governo nelle due ipotesi in cui la Costituzione lo consente: la delegazione legislativa e la decretazione d’urgenza.

In particolare, l’art. 10, aggiungendo un comma all’art. 76 Cost., stabilisce che tutti gli schemi di decreti legislativi predisposti dal Governo siano sottoposti al parere delle Commissioni parlamentari competenti. È così generalizzato e costituzionalizzato un obbligo, quello del parere parlamentare, oggi previsto unicamente a livello di legislazione ordinaria e solo in determinati casi, dalle rispettive leggi di delega[4].

L’art. 11 sostituisce interamente l’art. 77 Cost., che disciplina la decretazione d’urgenza, pur conservando alcuni degli elementi che ne caratterizzano la vigente stesura.

Benché riformulato, il primo comma dell’art. 77 resta immutato quanto al significato sostanziale: viene mantenuto l’espresso divieto al Governo di emanare (senza delega del Parlamento) decreti che abbiano valore di legge ordinaria, divieto che attribuisce natura derogatoria alla disciplina recata dai commi successivi.

Per quanto riguarda l’ambito di intervento dei decreti-legge (secondo comma), il Governo può ricorrere alla loro adozione soltanto in casi straordinari di necessità ed urgenza. Tale requisito costituzionale è identico a quello richiesto dall'attuale art. 77, così come l’obbligo per il Governo di presentare immediatamente i provvedimenti d’urgenza per la loro conversione in legge alle Camere, che devono riunirsi entro cinque giorni.

Le innovazioni più rilevanti sono contenute nel quarto comma del nuovo art. 77. La disposizione in questione delimita l’esercizio del potere del Governo di adottare provvedimenti d’urgenza, recependo tra l’altro a livello costituzionale alcuni dei vincoli attualmente posti dall’art. 15 della L. 400/1988, ai quali si è di fatto talvolta derogato, in quanto posti con legge ordinaria.

In particolare, con il decreto-legge non è possibile:

§  rinnovare disposizioni di decreti non convertiti in legge;

§  ripristinare l'efficacia di disposizioni dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale;

§  conferire deleghe legislative;

§  attribuire poteri regolamentari in materie già disciplinate con legge[5].

Il quinto comma dell’art. 77, infine, precisa che la conversione in legge deve essere effettuata secondo i procedimenti legislativi di volta in volta previsti dall’art. 70 per la materia oggetto del decreto-legge.

Il Presidente della Repubblica

A parte quanto riportato con riguardo al potere di nomina del Presidente del Consiglio, il testo di riforma incide sulla figura del Presidente della Repubblica con l’art. 13, che apporta varie modifiche agli artt. da 83 a 88 della Costituzione.

La modifica che appare più rilevante e innovativa è quella recata dal co. 2 all’art. 84 Cost. In virtù di essa l’età minima che (insieme alla cittadinanza e al godimento dei diritti civili e politici) costituisce il solo requisito per l’elezione alla carica di Presidente della Repubblica è abbassata dagli attuali cinquanta a quaranta anni.

 

Le altre modifiche, pur rilevanti, hanno finalità di coordinamento. Tra queste si ricordano:

§  l’abrogazione del co. 2° dell’art. 83 Cost., ove si prevede che il Parlamento in seduta comune, in occasione dell’elezione del Capo dello Stato, sia integrato con la presenza di tre delegati per ogni Regione (uno per la Valle d’Aosta), eletti dal Consiglio regionale, previsione che appare non più necessaria alla luce della composizione del Senato federale;

§  la riformulazione dell’art. 86 Cost., che attribuisce al Presidente della Camera – anziché a quello del Senato – le funzioni di supplenza in caso di temporaneo impedimento del Capo dello Stato;

§  la novella al co. 1° dell’art. 88, che limita l’esercizio del potere di scioglimento presidenziale alla sola Camera dei deputati.

 

 

 


Le modifiche della forma di governo nella XIV legislatura: il testo sottoposto a referendum popolare

La legge costituzionale di riforma della seconda parte della Costituzione approvata nella XIV Legislatura (pubblicata nella “Gazzetta Ufficiale” n. 269 del 18 novembre 2005), non è entrata in vigore perché respinta nel referendum costituzionale del 25 e 26 giugno 2006. Nell’ambito di una generale riscrittura della Parte II della Costituzione, la riforma prevedeva anche una riformulazione delle disposizioni costituzionali riconducibili alla forma di governo.

In sintesi, il Primo ministro, che sostituisce la figura del Presidente del Consiglio dei ministri, nomina e revoca i ministri e gode di forti prerogative nei confronti della Camera dei deputati, della quale può chiedere lo scioglimento. Analogo potere non sussiste nei confronti del Senato federale, al quale il Governo non è più legato dal rapporto di fiducia.

Il Primo ministro è nominato dal Presidente della Repubblica in base ai risultati elettorali della Camera. Il candidato premier, formalmente collegato alle candidature per l’elezione della Camera, è in tal modo indirettamente designato dagli elettori unitamente alla sua maggioranza. Il rigido legame tra Primo ministro e maggioranza espressa dalle elezioni emerge da vari aspetti del testo. In particolare: non è più previsto il voto di fiducia iniziale sul Governo; la Camera può bensì votare la sfiducia al Governo, ma ciò comporta il suo scioglimento; essa può sostituire il Primo ministro ricorrendo a una mozione di “sfiducia costruttiva”, che può essere tuttavia presentata e approvata solo dai deputati appartenenti alla maggioranza espressa dalle elezioni. Il Primo ministro è tenuto alle dimissioni non solo qualora una mozione di sfiducia sia approvata, ma anche quando la sua reiezione si debba al voto determinante di deputati non appartenenti alla maggioranza espressa dalle elezioni.

Il testo introduce inoltre varie disposizioni a garanzia delle opposizioni parlamentari.

In correlazione ai poteri attribuiti al Primo ministro, si riducono quelli del Capo dello Stato, che peraltro esercita alcune nuove funzioni (ad es., nomina dei presidenti delle Autorità indipendenti, del presidente del CNEL e del vicepresidente del CSM). Mutano altresì i requisiti e le modalità di elezione, affidate a un nuovo organo, l’Assemblea della Repubblica, composto dai membri delle due Camere e da un’ampia rappresentanza regionale.

 

Il potere di nomina del Primo ministro e dei ministri

Vari aspetti qualificanti del testo di legge costituzionale appaiono rispondere all’intento di un sostanziale rafforzamento del potere esecutivo o, più specificamente, del Presidente del Consiglio dei ministri, figura che muta significativamente la sua denominazione in quella di “Primo ministro”.

Il Primo ministro “determina” (non più “dirige”, come nel testo vigente dell’art. 95 Cost.) la politica generale del Governo e “garantisce” (non più “mantiene”) l’unità di indirizzo politico e amministrativo: a tal fine l’attività dei ministri è dal Primo ministro diretta, non soltanto promossa e coordinata. Ancor più rilevante in tal senso è il potere di nomina e di revoca dei ministri, che lo stesso articolo 95, nel nuovo testo, attribuisce al solo Primo ministro.

Viene meno, dunque, il ruolo riconosciuto al Presidente della Repubblica nella determinazione della compagine ministeriale e, prima ancora, nella scelta del capo dell’esecutivo: il meccanismo di nomina del Primo ministro, come delineato dal nuovo art. 92 Cost., si traduce infatti, nella sostanza, in una designazione del premier da parte dell’elettorato. Non si tratta però di una vera e propria elezione diretta in quanto la candidatura alla carica ha luogo mediante collegamento con i candidati (o con una o più liste di candidati) all’elezione della Camera dei deputati.

In altre parole, il voto per l’elezione della Camera si tradurrebbe in una dichiarazione di preferenza per il candidato premier formalmente e previamente collegato al candidato o alla lista prescelta. Non è espressamente richiesta (ma neppure è esclusa) la pubblicazione sulla scheda elettorale del nome del candidato Primo ministro. La legge elettorale dovrebbe comunque disciplinare l’elezione dei deputati “in modo da favorire la formazione di una maggioranza, collegata al candidato alla carica di Primo ministro”.

L’atto di nomina del Primo ministro resta affidato al Presidente della Repubblica, ma la scelta presidenziale non pare presentare significativi margini di discrezionalità: essa ha luogo infatti “sulla base dei risultati delle elezioni della Camera dei deputati” (precisazione che si salda con la precedente, relativa all’obiettivo cui deve tendere il sistema elettorale).

Appare dunque plausibile affermare che, pur non risultando il legislatore ordinario vincolato alla scelta di un particolare sistema elettorale[6], la logica sottesa alla revisione della forma di governo richiede il perseguimento dei due obiettivi che seguono:

§  riconduzione della competizione elettorale ad un confronto tra coalizioni di forze politiche, previamente individuate ed unificate dal collegamento allo stesso candidato alla carica di Primo ministro;

§  necessità che la coalizione prevalente disponga di una maggioranza alla Camera in grado di assicurare la stabilità dell’esecutivo.

 

Il rapporto Governo-Parlamento

Quanto ai rapporti con il Parlamento, che appaiono dal complesso delle modifiche sensibilmente trasformati, il rapporto di fiducia, proprio della forma di Governo parlamentare, non viene meno ma interessa, nel nuovo testo costituzionale, la sola Camera dei deputati. Il peculiare ruolo attribuito al Senato federale lo lascia fuori, infatti, dal circuito fiduciario.

Più specificamente, per quanto riguarda la Camera, il rapporto di fiducia permane ma, nella sua fase costitutiva, risulta per dir così “presunto”: il nuovo testo dell’art. 94 Cost., interamente riscritto, non prevede più che il Governo debba avere la fiducia delle due Camere, né dispone che, entro dieci giorni dalla sua formazione, il Governo si presenti alle Camere per ottenerne la fiducia. In luogo di ciò, ai sensi del nuovo primo comma dell’art. 94 Cost. si prevede che il Primo ministro, entro dieci giorni dalla nomina, illustri il programma di legislatura e la composizione del Governo alle Camere. Lo stesso articolo prevede che la Camera dei deputati si esprima sul programma (non sulla composizione del Governo) con un voto, ma non precisa gli effetti di tale votazione, né il termine entro cui deve intervenire.

 

Il Primo ministro presenta ogni anno un rapporto sull’attuazione del programma e sullo stato del Paese.

Una sostanziale innovazione rispetto all’attuale forma di governo consiste nell’attribuzione al Primo ministro del potere di scioglimento della Camera (art. 88, primo comma). Pur se il Presidente della Repubblica mantiene la formale titolarità dell’atto di scioglimento, questo è infatti adottato “su richiesta del Primo ministro, che ne assume la esclusiva responsabilità”.

 

Si procede analogamente allo scioglimento della Camera in caso di morte o impedimento permanente del Primo ministro, ovvero in caso di sue dimissioni.

Il Capo dello Stato non emana, tuttavia, il decreto di scioglimento se, entro venti giorni dalla richiesta, sopravviene alla Camera una mozione che dichiari la volontà di continuare nell’attuazione del programma e indichi il nome di un nuovo Primo ministro. La mozione deve essere sottoscritta e approvata, per appello nominale, da deputati appartenenti alla maggioranza espressa dalle elezioni, e in numero non inferiore alla maggioranza dei componenti la Camera (art. 88, secondo comma).

Qualora tuttavia le dimissioni del Primo ministro conseguano all’approvazione di una mozione di sfiducia, ad esse consegue necessariamente lo scioglimento della Camera dei deputati.

La mozione di sfiducia (art. 94, terzo comma) deve essere firmata da almeno un quinto dei componenti della Camera[7], non può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla sua presentazione, deve essere votata per appello nominale e approvata dalla maggioranza assoluta dei componenti[8].

Il rigido collegamento tra Primo ministro e maggioranza espressa dalle elezioni emerge anche dalla disposizione che obbliga il Primo ministro alle dimissioni non solo nel caso in cui la mozione di sfiducia sia approvata, ma anche quando la sua reiezione si debba al voto determinante di deputati non appartenenti a tale maggioranza (art. 94, quarto comma).

Alla medesima ratio risponde la disciplina della “sfiducia costruttiva” (art. 94, quinto comma): la Camera ha infatti la possibilità di sostituire il Primo ministro ricorrendo a una apposita mozione, che può essere tuttavia presentata e approvata solo “da parte dei deputati appartenenti alla maggioranza espressa dalle elezioni in numero non inferiore alla maggioranza dei componenti della Camera”.

 

Come si vede, il concetto di “maggioranza espressa dalle elezioni” assume nel sistema illustrato un rilievo determinante. Pur se il testo non reca una definizione di tale concetto, sembra evidente – principalmente alla luce dell’art. 92, comma 2, nel nuovo testo – che l’espressione fa diretto rinvio al meccanismo elettorale. Appartengono a tale maggioranza i deputati che, al momento del voto, risultavano (uti singuli o in quanto inclusi in una lista) formalmente collegati al candidato alla carica di Primo ministro, poi nominato tale in esito alla vittoria elettorale.

 

Riassumendo quanto sin qui esposto al riguardo, il Primo ministro:

§  può in ogni momento disporre lo scioglimento della Camera;

§  può essere sfiduciato dalla Camera, ma ciò comporta lo scioglimento di quest’ultima;

§  non può formalmente sostituire (con la reiezione di una mozione di sfiducia) la maggioranza espressa dalle elezioni con un’altra maggioranza (pena l’obbligo di dimissioni);

§  non può essere sostituito se non dalla maggioranza espressa dalle elezioni.

 

Quanto alla posizione del Governo in Parlamento, si aggiunga che:

§  il Primo ministro può porre la questione di fiducia alla Camera nei casi previsti dal suo regolamento (sono comunque escluse le leggi costituzionali), chiedendole di esprimersi, con priorità su ogni altra proposta, conformemente alla proposta del Governo. In caso di voto contrario, il Primo ministro si dimette;

§  il Governo può inoltre chiedere ad entrambe le Camere l’esame, entro tempi certi, dei disegni di legge da esso presentati o fatti propri; decorso il termine può chiedere, limitatamente alla Camera dei deputati, il “voto bloccato” (sugli articoli e finale) nel testo da esso proposto o fatto proprio (art. 72, quinto comma, Cost.).

Quanto al Senato federale, benché questo – come si è detto – rimanga estraneo al rapporto di fiducia, il permanere di costanti e incisivi rapporti con il Governo, dei quali si ha espressa menzione in più parti del testo, appare un dato fisiologico, tenuto conto delle funzioni attribuite a tale ramo del Parlamento e dell’ampio spazio ad esso assegnato nell’esercizio della funzione legislativa.

Pare volta ad assecondare tale dinamica l’introduzione, nel procedimento legislativo “monocamerale” nelle materie di competenza del Senato, della previsione secondo la quale il Governo può dichiarare che talune modifiche sono essenziali per l’attuazione del suo programma (approvato dalla Camera dei deputati) o per la tutela delle istanze unitarie della Repubblica. Tale dichiarazione è sottoposta ad autorizzazione da parte del Capo dello Stato: qualora, entro 30 giorni, il Senato non accolga le modifiche proposte, il disegno di legge è trasmesso alla Camera che decide in via definitiva a maggioranza assoluta.

 

L’art. 53, co. 3, del testo della legge costituzionale reca una disciplina transitoria del rapporto di fiducia, in attesa del necessario adeguamento della legislazione elettorale alle nuove disposizioni costituzionali sulla forma di governo.

In questa fase:

§  il Governo, dopo la formazione, dovrà ottenere la fiducia della sola Camera dei deputati (e non di entrambe le Camere, come attualmente previsto e diversamente da quanto avverrà a regime, quando non sarà più richiesta la fiducia esplicita della Camera dei deputati);

§  non trova applicazione la disposizione che prevede il trasferimento dal Senato federale alla Camera di un disegno di legge, qualora il primo non accolga le modifiche proposte dal Governo e da esso ritenute essenziali per l’attuazione del programma;

§  non trova applicazione la nuova disciplina dello scioglimento della Camera dei deputati, ma quella prevista dal testo attualmente vigente dell’art. 88 Cost..

 

Il Presidente della Repubblica

Il testo di legge costituzionale mantiene la scelta che prevede l’elezione indiretta del Presidente della Repubblica da parte di un collegio ad hoc, apportandovi modifiche che incidono sia sulla composizione del collegio elettorale del Capo dello Stato, sia sul quorum richiesto sia, infine, sui requisiti soggettivi (età) per la sua elezione (nuova formulazione degli artt. 83 e 84, primo comma, Cost.). In particolare:

§  in luogo del Parlamento in seduta comune, integrato da tre delegati per ciascuna Regione, è istituito un nuovo organo, denominato “Assemblea della Repubblica”, presieduto dal Presidente della Camera e composto da:

-     i membri delle due Camere;

-     i Presidenti delle Giunte delle Regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano;

-     due delegati eletti dai consigli regionali (per il Trentino-Alto Adige/Südtirol ciascun consiglio provinciale elegge un delegato; la Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste ha un solo delegato);

-     un numero ulteriore di delegati eletti dai consigli regionali in ragione di uno per ogni milione di abitanti (nell’elezione di tutti i delegati dev’essere assicurata la rappresentanza delle minoranze);

§  il quorum per l’elezione è modificato, prevedendosi:

-     nei primi tre scrutini, la maggioranza dei due terzi dei componenti l’Assemblea della Repubblica;

-     nel quarto e nel quinto scrutinio, la maggioranza dei tre quinti dei componenti;

-     dopo il quinto scrutinio, la maggioranza assoluta dei componenti (oggi si prevede la maggioranza dei due terzi dell’Assemblea nei primi tre scrutini e, dal quarto, la maggioranza assoluta)[9];

§  infine, l’età minima per essere eletti si abbassa da cinquanta a quaranta anni.

Viene dunque inclusa nell’assemblea elettiva un’ulteriore significativa rappresentanza delle autonomie territoriali, rispetto ai tre delegati regionali già previsti dalla Costituzione vigente[10].

 

Un’ulteriore modifica interessa la convocazione dell’Assemblea della Repubblica: all’art. 85 della Costituzione, ferma restando la durata settennale del mandato presidenziale, viene innalzato da trenta a sessanta giorni dalla scadenza del mandato il termine per la convocazione, da parte del Presidente della Camera dei deputati, dell’Assemblea per l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica.

 

La scelta è stata giustificata con l’esigenza di limitare l’eventuale periodo di prorogatio del Presidente uscente e di garantire al collegio elettorale un maggiore periodo di ponderazione e riflessione per giungere ad una scelta largamente condivisa. Essendo stato ampliato il collegio elettorale, si è inteso altresì lasciare maggior tempo alle procedure di designazione dei delegati regionali[11].

Una disposizione transitoria (art. 53, co. 6, del testo di legge costituzionale), limitata alle prime elezioni del Presidente della Repubblica successive alla data di entrata in vigore della riforma, eleva da quindici a quarantacinque giorni dalla riunione della Camera nuova il termine entro cui (ex art. 85, terzo comma, Cost.) deve aver luogo l’elezione qualora la scadenza del settennato coincida con la vacanza o con l’imminente scioglimento della Camera dei deputati.

 

Il nuovo art. 87 Cost. definisce il ruolo del Presidente della Repubblica nel sistema istituzionale e individua i poteri e le funzioni del Capo dello Stato, consentendo di delineare complessivamente la sua posizione nel nuovo sistema proposto.

Il primo comma del nuovo art. 87 enuncia le seguenti prerogative del Presidente:

§  è il Capo dello Stato (così recita anche il testo vigente dell’art. 87);

§  rappresenta la Nazione (nel testo vigente, l’“unità nazionale”);

§  è garante della Costituzione e dell’unità federale della Repubblica (si tratta di una formulazione non presente nell’attuale primo comma dell’art. 87).

 

Per quanto concerne l’enunciazione dei poteri attribuiti al Presidente della Repubblica dall’art. 87 Cost., nei commi successivi al primo, si osserva che alcuni nuovi poteri gli sono attribuiti, in relazione al suo ruolo di garanzia, quale “contrappeso istituzionale” al rafforzamento del vertice dell’Esecutivo – che riduce l’ambito di incidenza del Capo dello Stato nel rapporto Parlamento-Governo ed ai maggiori poteri assegnati alle autonomie territoriali.

In particolare, viene attribuito al Presidente della Repubblica il potere di:

§  nominare i presidenti delle Autorità amministrative indipendenti, sentiti i Presidenti delle due Camere;

§  nominare il Vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, nell’ambito dei componenti eletti dalle Camere (attualmente, secondo quanto prescrive l’art. 104, quinto comma, Cost., il Vicepresidente del CSM è eletto dal Consiglio stesso, tra i membri di nomina parlamentare);

§  nominare, sentiti i Presidenti delle Camere, il presidente del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro;

§  autorizzare (verificati i presupposti costituzionali) la dichiarazione con la quale il Primo ministro può in sostanza causare la rimessione alla Camera dei procedimenti legislativi di competenza del Senato federale della Repubblica ex art. 70, commi quarto e quinto.

Al contempo, viene soppresso il potere di autorizzare la presentazione alle Camere dei disegni di legge governativi[12].

Per il resto, il testo di riforma costituzionale mantiene le altre funzioni presidenziali previste dal vigente art. 87.

Con riferimento alle norme concernenti le funzioni del Presidente della Repubblica contenute in altre parti del testo di riforma costituzionale, si ricordano le disposizioni che seguono.

§  Dal punto di vista dei poteri presidenziali che incidono direttamente sul circuito dell’indirizzo politico, sono introdotte significative innovazioni, che contribuiscono a mutare la collocazione del Capo dello Stato nel sistema istituzionale:

-     il potere di scioglimento anticipato della Camera viene ad essere prerogativa esclusiva del Primo ministro, per cui lo scioglimento si configura come un atto presidenziale sostanzialmente ascrivibile alla responsabilità piena del premier ; conseguentemente, il testo di riforma costituzionale modifica la disciplina dello scioglimento delle Camere anche con riguardo al cd. “semestre bianco”, espungendo il divieto di scioglimento negli ultimi sei mesi del mandato presidenziale qualora non coincidano con gli ultimi sei mesi della legislatura;

-     anche negli altri casi di scioglimento della Camera previsti dal testo in esame (impossibilità di procedere alla nomina di un nuovo Primo ministro in caso di morte, impedimento permanente o dimissioni di questi; approvazione di una mozione di sfiducia), il ruolo del Capo dello Stato è caratterizzato da un ambito di discrezionalità estremamente ridotto;

-     manca del tutto il potere del Presidente della Repubblica di sciogliere il Senato federale[13];

-     per quanto riguarda il potere di nomina del Primo ministro, il terzo comma dell’art. 92 Cost. fissa un vincolo costituzionale per lo svolgimento della funzione presidenziale di nomina, che dovrà essere esercitata “sulla base dei risultati delle elezioni della Camera dei deputati”;

-     il potere di nomina (e revoca) dei ministri è interamente posto in capo al Primo ministro, sottraendo al Capo dello Stato ogni competenza in materia.

§  Modificando l’art. 59 Cost., si prevede che possano essere nominati dal Presidente della Repubblica deputati (anziché senatori) a vita, il numero massimo dei quali si riduce da cinque a tre[14].

§  Con la modifica dell’art. 135 Cost., mantenendosi il numero complessivo attuale dei giudici della Corte costituzionale, è elevata a sette membri la componente di nomina parlamentare (tre eletti dalla Camera, quattro dal Senato federale); di conseguenza è ridotto il numero di membri nominati dal Presidente della Repubblica e dalle supreme magistrature (quattro ciascuno).

§  Il secondo comma dell’art. 127 Cost. prevede l’emanazione di un decreto presidenziale per l’annullamento delle leggi regionali in contrasto con l’interesse nazionale. Va peraltro osservato che, nella versione del testo infine approvata dalle Camere, tale decreto risulta conclusivo di un iter articolato, avviato su iniziativa del Governo ed affidato primariamente alla competenza del Parlamento in seduta comune[15], al quale spetta effettivamente deliberare, a maggioranza assoluta, sull’annullamento della legge.

§  L’art. 126, primo comma (il quale prevede che con decreto motivato del Presidente della Repubblica sono disposti lo scioglimento del Consiglio regionale e la rimozione del Presidente della Giunta qualora abbiano compiuto atti contrari alla Costituzione o gravi violazioni di legge, o per ragioni di sicurezza nazionale) è modificato richiedendosi per l’adozione del decreto il previo parere del Senato federale della Repubblica (e non più quello dell’attuale Commissione parlamentare per le questioni regionali).

 

Lo “statuto dell’opposizione”

Come anticipato, la legge di riforma costituzionale introduce all’articolo 64 della Costituzione varie misure volte a garantire i diritti delle opposizioni.

Oltre all’innalzamento (solo alla Camera) della maggioranza richiesta per l’adozione del regolamento (dalla maggioranza assoluta ai tre quinti dei componenti), nel nuovo art. 64 Cost. è innanzitutto sancito (quarto comma) il principio per cui nel suo complesso il regolamento della Camera deve garantire sia le prerogative ed i poteri del Governo e della maggioranza, sia i diritti delle opposizioni (per quanto attiene al Senato, si prevede che il regolamento garantisca i diritti delle minoranze[16]). A tale principio generale si riconnettono disposizioni più specifiche, contenute anche in articoli diversi[17].

L’art. 64 dispone, in particolare:

§  la riserva, alla Camera, a favore dei gruppi di opposizione, della presidenza delle Commissioni, giunte e organismi interni ai quali sono attribuiti compiti ispettivi, di controllo o di garanzia (v. infra per ulteriori dettagli); si ricorda inoltre che l’art. 82, secondo comma, riserva alle opposizioni la presidenza delle Commissioni d’inchiesta monocamerali (della sola Camera), e che sono riservati alle sole Commissioni d’inchiesta istituite con legge bicamerale ed a quelle costituite dalla Camera dei deputati i poteri e le limitazioni dell’autorità giudiziaria nello svolgimento delle indagini;

§  la previsione di casi (la cui individuazione è rimessa ai regolamenti parlamentari) nei quali il Governo deve essere necessariamente rappresentato dal Primo ministro o dal ministro competente nelle sedute delle Camere.

Tra le disposizioni innovative contenute in altri articoli del testo costituzionale, si ricordano:

§  l’inserimento nei regolamenti parlamentari (ai sensi dell’art. 72, quinto comma) delle modalità di iscrizione all’ordine del giorno di proposte e iniziative indicate dalle opposizioni (o dalle minoranze), con determinazione dei tempi d’esame; tale previsione fa da contraltare a quella – più stringente – della garanzia di esame, entro tempi certi e con previsione del voto finale stabilita dalla medesima disposizione a favore del Governo (v. sul punto la scheda Il procedimento legislativo);

§  la definizione, nei regolamenti parlamentari, delle modalità e dei termini per l’avvio dell’esame delle proposte di legge di iniziativa popolare (art. 72, secondo comma);

§  la sottoposizione di tutti gli schemi di decreto legislativo al parere delle Commissioni parlamentari competenti, secondo le norme dei regolamenti di ciascuna Camera (art. 76, secondo comma).

 

Una volta delineato il quadro generale delle disposizioni che individuano una forma di “statuto dell’opposizione”, ci si può soffermare ulteriormente su alcuni aspetti della disciplina recata dall’art. 64 Cost..

Per quanto riguarda le modalità di votazione delle Camere, il nuovo art. 64, terzo comma, lascia inalterata la previsione secondo la quale le deliberazioni non sono valide se non è presente la maggioranza dei componenti (principio del numero legale) e devono essere approvate a maggioranza dei presenti (maggioranze diverse possono essere prescritte dalla Costituzione stessa).

Viene, tuttavia, introdotta una ulteriore condizione per il Senato federale: per la validità delle votazioni è richiesta la presenza dei senatori espressi da almeno un terzo delle Regioni.

 

Con riguardo al Senato federale, si ricorda inoltre l’obbligo (art. 64, sesto comma, Cost.) di disciplinare nel proprio regolamento modalità e termini per l’espressione del parere che ogni Consiglio o Assemblea regionale o Consiglio delle Province autonome può esprimere, sentito il Consiglio delle autonomie locali, sui disegni di legge di cui all’art. 70, secondo comma.

 

Per quanto concerne poi la riserva, a favore dei deputati appartenenti ai gruppi di opposizione, della presidenza di Commissioni, Giunte e organismi interni, ai quali sono attribuiti compiti ispettivi, di controllo e di garanzia, sono escluse esplicitamente le Commissioni di cui all’art. 72, primo comma, Cost., ossia le Commissioni permanenti che esaminano i progetti di legge, quella di cui all’art. 70, terzo comma (la Commissione mista paritetica cui, nell’ambito del procedimento bicamerale, è affidato il compito di predisporre un testo inemendabile da sottoporre al voto delle due Assemblee), il Comitato misto paritetico di cui all’art. 70, sesto comma, chiamato a decidere sulle questioni di competenza tra i due rami del Parlamento.

Con riguardo alle Commissioni d’inchiesta, è stata introdotta un’apposita disposizione nell’ambito del nuovo art. 82, secondo comma, Cost., secondo la quale il presidente, se la Commissione è istituita alla Camera, deve essere scelto tra deputati appartenenti a gruppi di opposizione.

 

Si fa inoltre presente che l’obbligo di riservare alle opposizioni parlamentari la presidenza delle Commissioni con compiti ispettivi, di controllo e di garanzia  appare testualmente riferito alla sola Camera dei deputati. Nel caso dell’applicazione della disciplina alle Commissioni bicamerali, tale vincolo sembrerebbe comportare un’ incidenza anche sulle prerogative del Senato.

La riserva di presidenza all’opposizione riguarda anche le Giunte con compiti di controllo, ispettivi e di garanzia. Rientrano tra queste sicuramente la Giunta per le elezioni (art. 17, Reg. Camera) e la Giunta per le autorizzazioni (art. 18, Reg. Camera), le quali per prassi già sono presiedute da membri dell’opposizione; appare più problematica l’inclusione tra di esse della terza giunta della Camera, la Giunta per il regolamento. Infatti essa, ai sensi dell’art. 16, Reg. Camera, è presieduta dal Presidente stesso della Camera, che viene ad assumere pertanto un ruolo di garante del regolamento sia nei confronti della maggioranza, sia dell’opposizione.

Oltre alle Commissioni e alle Giunte, la disposizione in esame estende l’obbligo anche agli “organismi interni” con compiti ispettivi, di controllo e di garanzia, la cui individuazione appare più complessa.

 

 

 

 


Le modifiche della forma di governo nella XIII legislatura: il testo della c.d. Commissione D’Alema

Il progetto di legge C. 3931-A di riforma della seconda parte della Costituzione elaborato in seno alla Commissione bicamerale per le riforme costituzionali istituita nella XIII Legislatura (cd. “bicamerale D’Alema”) introduce meccanismi per la diretta investitura popolare degli organi di governo (alla elezione diretta del Capo dello Stato si accompagnano altre previsioni del progetto, come quelle che sanciscono una forte connessione tra la nomina del Primo Ministro e il risultato delle elezioni della camera politica) e individua istituti per incrementare l'efficienza delle procedure di decisione politica, come il superamento del principio del bicameralismo perfetto o paritario, la revisione delle norme sull'articolazione interna del Governo al fine di assicurare la prevalenza del premier, nonché l'attribuzione di poteri assai rilevanti al governo nell'ambito del procedimento legislativo.

 

L’elezione diretta del Presidente della Repubblica

Il Presidente della Repubblica è eletto a suffragio universale diretto a doppio turno eventuale (artt. 64 e 67, comma sesto). Il mandato del Presidente dura sei anni (art. 67). Si introduce in tal modo un elemento discronico con il ciclo politico della Camera politica che esprime il Primo Ministro (la Camera dei deputati dura in carica cinque anni: art. 80).

 

La nomina del Primo Ministro e dei Ministri

Il Presidente della Repubblica nomina il Primo Ministro, "tenendo conto dei risultati della Camera dei deputati" (art. 66, lettera b). Pur essendo l'atto di nomina sottratto alla controfirma (art. 71, co. 2), la scelta del Primo Ministro è dunque direttamente correlata all'esito delle elezioni della camera politica. L’elemento fondamentale di legittimazione del premier e del governo da questo guidato è pertanto individuato nell'indirizzo espresso dal corpo elettorale nelle elezioni politiche: coerente con tale impostazione è anche la mancata previsione di un voto iniziale di fiducia al nuovo governo da parte della Camera dei deputati (la fiducia si ritiene pertanto "presunta").

Spetta, invece, al Primo Ministro, la nomina e la revoca dei Ministri.

 

Il potere presidenziale di scioglimento della Camera dei deputati

L'articolo 70 prevede che il Presidente della Repubblica possa sciogliere la Camera dei deputati prima del termine ordinario, mentre l'articolo 71, co. 2 sottrae l'atto di scioglimento all'obbligo di controfirma: il Presidente esercita pertanto tale potere in piena autonomia, disponendo in tal modo di uno strumento assai efficace di risoluzione delle situazioni di "coabitazione".

L'esercizio del potere di scioglimento è tuttavia subordinato ad una limitazione fondamentale: il Presidente può sciogliere la Camera unicamente in caso di dimissioni del Primo Ministro. Nel caso in cui il premier sia sostenuto da una solida maggioranza parlamentare, il Presidente non avrà pertanto modo di provocare nuove elezioni. Questo principio conosce una sola, importante eccezione: ai sensi dell'articolo 74, co. 6, il Primo Ministro è tenuto a dimettersi in caso di elezione del nuovo Presidente della Repubblica.

Il Presidente neoeletto ha dunque la possibilità di sciogliere la Camera e indire le elezioni. Al Presidente è in tal modo offerta la possibilità di favorire l'elezione di una maggioranza parlamentare orientata in senso politicamente omogeneo al proprio. Si ritiene espresso in questo istituto il principio della prevalenza, nella determinazione dell'indirizzo politico, del criterio del "mandato popolare più recente". Il medesimo principio è alla base del divieto di procedere allo scioglimento delle camere nell'anno immediatamente successivo alla loro elezione, anche in caso di dimissioni del Primo Ministro.

Va infine ricordato che, successivamente alle elezioni presidenziali ed in costanza di rapporto fiduciario tra Primo Ministro e Camera dei deputati, il Presidente della Repubblica può chiedere al Primo Ministro di presentarsi alla Camera per verificare la sussistenza del rapporto di fiducia (art. 66, lettera d): si tratta di una importante facoltà attribuita al Presidente che potrà essere esercitata per provocare un dibattito parlamentare sulle situazioni di "crisi latente" con eventuale esplicitazione delle conseguenze politiche della crisi (dimissioni del premier, voto di sfiducia parlamentare).

 

Poteri del Presidente della Repubblica e poteri del Primo Ministro

Il Presidente e il Primo Ministro dispongono, come si è detto, di distinti canali di legittimazione che si riflettono anche sul piano della distinzione di competenze costituzionali: su tali distinte sfere i due soggetti sono destinati ad esercitare funzioni di indirizzo politico che il sistema ha necessità di ricondurre ad unità nell'ambito del concetto di "politica nazionale". Alcune previsioni fondamentali contenute nel testo sono finalizzate a comporre la sfera dell'indirizzo politico del Governo con quella del Presidente della Repubblica secondo la logica della distinzione, altre secondo quella della continuità e del coordinamento. I punti principali sui quali si basa l'equilibrio tra i due poteri sono i seguenti:

 

a) il testo approvato dalla Commissione assegna al Governo la responsabilità di "dirigere la politica nazionale" e al Primo Ministro il compito di dirigere la politica del Governo;

b)  nella determinazione del rapporto tra la sfera dei poteri presidenziali e quella del Governo, uno snodo fondamentale è rappresentato dalla titolarità della presidenza del Consiglio dei ministri: il testo base originariamente adottato dalla Commissione attribuiva la presidenza al Capo dello Stato (analogamente al modello semipresidenziale francese), ma successivamente tale previsione è stata soppressa;

c)  l'articolo 75 conferma il principio, accolto nella vigente Costituzione, della irresponsabilità del Presidente della Repubblica per gli atti compiuti nell'esercizio delle sue funzioni. L'art. 71 precisa tale principio, affermando che gli atti del Presidente adottati su proposta del Primo Ministro o dei ministri sono controfirmati dal proponente, che ne assume la responsabilità. Lo stesso articolo 71 enumera tuttavia una serie di atti del Capo dello Stato per i quali non è richiesta la controfirma ministeriale e che quindi debbono ritenersi adottati dal Presidente in piena autonomia (oltre al già citato scioglimento delle camere rientrano in questa categoria: l'indizione delle elezioni delle camere, l'indizione dei referendum, il rinvio delle leggi e degli atti con forza di legge e dei regolamenti, la promulgazione delle leggi, l'invio di messaggi alle camere, le nomine attribuite alla esclusiva competenza del presidente).

 

Quanto all’esecutivo, il testo in primo luogo muta la denominazione del Presidente del Consiglio in quella di "Primo Ministro". Pur non abbandonando il principio di collegialità nell'azione dell'esecutivo, il testo esprime inoltre con chiarezza la sovraordinazione del Primo Ministro rispetto agli altri ministri. Tale principio è reso operante in primo luogo dagli incisivi poteri riconosciuti al Primo Ministro nella formazione del Governo (a lui spetta  proporre al Presidente della Repubblica non solo la nomina, ma anche la revoca dei ministri); viene confermato dalle attribuzione (art. 73, terzo comma) al premier della competenza a dirigere l'azione del Governo e a mantenere l'unità di indirizzo politico e amministrativo, promuovendo e coordinando l'attività dei ministri. Il mantenimento in capo a questi ultimi della responsabilità individuale per gli atti di loro competenza (art. 73, quarto comma), si accompagna alla precisazione che l'azione dei ministri deve svolgersi "nell'ambito delle direttive del Primo Ministro".

Il Primo Ministro è inoltre l'esclusivo interlocutore nei confronti della camera politica per quanto attiene alle vicende relative al rapporto fiduciario con il Governo: all'atto dell'insediamento dell'esecutivo, il premier espone alle Camere il suo programma (art. 74, secondo comma); può essere invitato dal Presidente della Repubblica a presentarsi alla Camera per verificare la sussistenza del rapporto di fiducia (art. 66, lettera d); presenta al Capo dello Stato le dimissioni dell'esecutivo (art. 74, comma quinto), mentre è espressamente sancita l'inammissibilità di mozioni di sfiducia contro singoli ministri (art. 74, quarto comma).

 

Svolgimento del rapporto fiduciario

Le differenze fondamentali rispetto alla disciplina vigente (art. 94 Cost.) sono legate all'esigenza di favorire la stabilità di governo e di adattare il sistema alla nuova configurazione del circuito istituzionale dell'indirizzo politico, che coinvolge Governo, Presidente della Repubblica e Camera dei deputati.

In primo luogo si rileva che il passaggio da un sistema di bicameralismo perfetto a uno di bicameralismo imperfetto comporta che il rapporto di fiducia si instauri con un solo ramo del Parlamento, la Camera dei deputati. Benché il Primo Ministro sia tenuto ad esporre il proprio programma di governo davanti ad entrambe le Camere, solo la Camera dei deputati può approvare mozioni di sfiducia e solo in conseguenza delle sue elezioni il Governo è tenuto a dimettersi.

Gli elementi che caratterizzano il progetto sono i seguenti:

1.    non è previsto un iniziale voto di fiducia: il Governo è tenuto a presentarsi alle Camere entro 10 giorni dalla nomina (come previsto dall'art. 94 della Costituzione vigente), ma a questo adempimento non fa più necessariamente seguito una votazione di fiducia. Pertanto il Governo può svolgere le proprie funzioni con pienezza di mandato, senza aver ricevuto l’espressa fiducia della Camera. È tuttavia espressamente prevista la possibilità per una minoranza dei componenti della Camera dei deputati di presentare una mozione di sfiducia, con una procedura semplificata rispetto a quella ordinaria. Mentre infatti una mozione di sfiducia presentata in costanza di rapporto non può essere posta in discussione prima di tre giorni, per quella presentata in occasione della esposizione programmatica del Governo il termine è ridotto a ventiquattro ore;

2.    si dispone un aggravamento della procedura con cui la Camera può approvare la mozione di sfiducia. Per essere posta in discussione, la mozione dovrà infatti essere sottoscritta da un quinto dei componenti della Camera, invece che da un decimo di essi, come nel sistema vigente. Inoltre, essa dovrà essere approvata a maggioranza assoluta;

3.    si stabilisce che non sono ammesse mozioni di sfiducia contro singoli ministri, in connessione con l’introduzione della possibilità di revoca dei ministri attribuita al Primo Ministro, la cui figura viene rafforzata sia nei confronti della maggioranza parlamentare che all’interno del Governo.

 

Il quinto e sesto comma dell'articolo 74 sono invece dedicati alla tipizzazione dei casi in cui il Governo è tenuto a presentare le proprie dimissioni. Essi sono:

§  elezione della Camera dei deputati;

§  interruzione del rapporto fiduciario, per mancata approvazione della questione di fiducia posta dal Governo o per approvazione di una mozione di sfiducia;

§  elezione del Presidente della Repubblica;

§  dimissioni, morte o impedimento permanente del Primo Ministro.

Ai sensi dell’art. 70, le dimissioni del Governo comportano la possibilità che il Presidente della Repubblica proceda allo scioglimento anticipato della Camera dei deputati.

 

I poteri del Governo in Parlamento

L'art. 95, relativo alle procedure di esame dei disegni di legge, non prevede più il procedimento di approvazione da parte delle Commissioni in sede legislativa (attualmente regolato dall’art. 72, terzo comma, Cost.), mantenendo soltanto la procedura ordinaria in sede referente e quella in sede redigente.

Il testo riconosce ampi poteri al Governo nella determinazione dell'ordine del giorno delle Camere e nell'ambito del procedimento legislativo (art. 95, quarto comma): il Governo può chiedere che un disegno di legge sia iscritto con priorità all'ordine del giorno di ciascuna Camera e sia votato entro una data determinata; il Governo la facoltà di chiedere che, decorso il termine, la Camera deliberi sul testo proposto (o accettato) dal Governo articolo per articolo e con votazione finale (c.d. "voto bloccato").

Risultano rafforzati anche i poteri del Governo in merito alle decisioni di spesa deliberate dal Parlamento: in caso di opposizione del Governo, le Camere possono approvare disposizioni che comportino maggiori oneri solo a maggioranza assoluta dei propri componenti (art. 103, quinto comma). Vengono inoltre limitati (art. 99) i poteri delle Camere per quanto riguarda la modificazione del contenuto dei decreti legge, che non possono essere emendati attraverso la legge di conversione, pur restringendo il numero delle materie in cui il Governo può ricorrere alla decretazione d’urgenza (sicurezza nazionale, pubbliche calamità, norme finanziarie).

 

Lo “statuto delle opposizioni

A tutela e garanzia dei diritti delle minoranze, il regolamento della Camera dei deputati deve recare norme idonee a garantire i diritti delle opposizioni in ogni fase dell'attività parlamentare e a disciplinare le modalità di designazione dei presidenti delle Commissioni "di controllo o garanzia", in modo da assicurare che essa avvenga ad opera delle stesse opposizioni; il regolamento parlamentare deve anche prevedere che proposte o iniziative indicate dalle opposizioni siano iscritte all'ordine del giorno con "riserva di tempi e previsione del voto finale" (art. 83, comma quinto).

Sempre a garanzia delle minoranze parlamentari, l'art. 105, primo comma, attribuisce a ciascuna Camera la facoltà di disporre inchieste su materie di pubblico interesse quando ne faccia richiesta almeno un terzo dei componenti di ciascuna Camera (l'attuale art. 82 Cost. non prevede, invece, alcuna forma di iniziativa "di minoranza").

Infine, l'art. 136, quinto comma, delinea un istituto innovativo che consente ad un quinto dei componenti di una Camera di azionare direttamente la Corte per il giudizio di legittimità costituzionale delle leggi solo per i vizi attinenti alla violazione dei diritti fondamentali.

 

 

 

 

 

 


Le modifiche della forma di governo nella XII legislatura: il progetto di revisione costituzionale del c.d. Comitato Speroni

In materia di forma di governo, la relazione approvata dal comitato Speroni ha elaborato due soluzioni alternative:

§  elezione diretta del premier ed elezione, da parte del Parlamento in composizione speciale, del Presidente della Repubblica con funzioni di garanzia;

§  forma di governo di tipo semi presidenziale ispirata al modello francese.

 

La formazione del Governo

Elezione diretta del Primo Ministro

Per quanto riguarda il modello con elezione diretta del premier, si prevede il rafforzamento dei poteri di garanzia attribuiti dal vigente testo costituzionale al Presidente della Repubblica. Questi viene eletto dall'Assemblea generale della Repubblica, composta dai membri della Camera dei deputati e da un numero eguale di membri, per una metà eletti dai Parlamenti regionali con criterio proporzionale e per l'altra metà da delegati dei consigli comunali e provinciali. L'elezione ha luogo su candidature definite dal Senato della Repubblica; per essere eleggibili è necessario possedere i requisiti di eleggibilità a giudice costituzionale.

Tra i nuovi poteri di garanzia riconosciuti al Presidente si segnala la facoltà di deferire alla Corte costituzionale gli atti del Governo o gli atti legislativi sottoposti alla sua firma. Il Presidente conserva inoltre il potere di sciogliere la Camera dei deputati (con la conseguente decadenza del Primo ministro) anche fuori dei casi di scioglimento necessario previsti nel progetto (vedi infra).

La figura del Presidente del Consiglio viene invece sostituita nel progetto da quella del Primo ministro, eletto direttamente, con doppio turno eventuale, insieme al Vice primo ministro, contestualmente all'elezione della Camera dei deputati.

Le candidature alla carica di primo ministro possono essere proposte solo da partiti e movimenti che abbiano presentato con il medesimo contrassegno, o con i medesimi contrassegni in caso di coalizione, propri candidati per la elezione della Camera in almeno due terzi dei collegi uninominali.

Sono previste ineleggibilità e incompatibilità con la carica di Primo ministro per evitare possibili conflitti di interesse.

Il Primo ministro eletto nomina e revoca i ministri. È prevista l'incompatibilità tra la carica di ministro e di parlamentare. Non è previsto un voto di investitura iniziale della Camera nei confronti del premier: la Camera può tuttavia votare a maggioranza assoluta dei componenti una mozione di sfiducia che, in caso di approvazione, determina la decadenza del Primo ministro, lo scioglimento della nuova Camera e la nomina di un Governo di garanzia presieduto dal Presidente del Senato per la gestione del periodo elettorale.

Le dimissioni volontarie del Primo ministro non provocano la decadenza del Governo, ma la nomina a Primo ministro del Vice primo ministro. Il Primo ministro che si dimette volontariamente al di fuori di un voto di sfiducia diviene tuttavia ineleggibile a questa come ad ogni altra carica costituzionale.

 

Modello semipresidenzialista

Per quanto riguarda il modello semipresidenzialista, il progetto prevede l'elezione diretta a doppio turno eventuale del Presidente della Repubblica.

Il Presidente nomina e revoca il Primo Ministro e, su proposta di questo, i ministri e i viceministri. Gli incarichi nel Governo sono incompatibili con il mandato parlamentare.

Il Presidente della Repubblica scioglie la Camera in caso di voto di sfiducia al Primo Ministro o su richiesta di almeno due terzi dei componenti la Camera medesima. In caso di scioglimento anticipato delle Camere, il Presidente decade dal mandato e si procede ad una nuova elezione contestuale alla elezione della Camera.

Non è previsto un voto di fiducia di investitura del Governo nominato dal Presidente della Repubblica: la Camera può tuttavia votare una mozione motivata di sfiducia alla cui approvazione seguono le dimissioni del Governo nonché, come già ricordato, lo scioglimento della Camera e la decadenza dal mandato del Presidente della Repubblica.

 

Il rapporto Governo-Parlamento

Oltre a quanto chiarito in relazione al rapporto fiduciario, il progetto di riforma prevede che, su richiesta del Governo, l'ordine del giorno delle Camere debba prevedere, con priorità e nell'ordine indicato dal Governo stesso, l'esame dei disegni di legge presentati o accettati dal Governo. Sempre su richiesta del Governo, ciascuna Camera si pronuncia con un solo voto su tutto o parte del testo in discussione, con gli emendamenti proposti o accettati dal Governo.

Per quanto concerne le procedure di bilancio, è previsto che le Camere possano approvare proposte emendative al disegno di legge di bilancio o comunque iniziative legislative con riflessi finanziari contro il parere del Governo solo a maggioranza assoluta dei componenti.

 

I poteri normativi del Governo

I regolamenti di attuazione delle leggi sono adottati dal Governo, su deliberazione del Consiglio dei ministri, oppure dalle regioni, quando la materia non richieda una disciplina uniforme per tutto il territorio nazionale.

Il Governo è autorizzato ad emanare norme, anche in deroga a leggi ordinarie, in materia di organizzazione dei pubblici uffici e in altre materie non riservate dalla Costituzione alla legge né comprese tra quelle di cui all'ultimo comma dell'articolo 72. Il Governo comunica alle Camere lo schema di decreto predisposto.

Entro sessanta giorni dalla comunicazione. le Camere possono prendere in esame e respingere lo schema predisposto dal Governo; altrimenti, decorso tale termine, il decreto acquista forza di legge.

I casi in cui è ammessa la decretazione d'urgenza sono tassativamente definiti dal nuovo testo dell'articolo 77 della Costituzione, che prevede anche la non immediata reiterabilità e la non emendabilità dei decreti-legge (salvo per quanto concerne la copertura finanziaria): si demanda inoltre ai regolamenti parlamentari il compito di definire le procedure affinché le Camere deliberino sulla conversione dei decreti-legge entro il termine di vigenza dei medesimi.

 

Lo “statuto dell'opposizione”

L'Opposizione costituzionale è formata da tutti i deputati che, dopo la presentazione programmatica che il Primo Ministro svolge alla Camera dei deputati entro dieci giorni dalla nomina, votano per appello nominale contro il programma del Governo.

Il Capo dell'Opposizione è eletto da tutti i deputati appartenenti all'Opposizione costituzionale. Con le stesse modalità può essere revocato.

Il Capo dell'Opposizione rappresenta l'Opposizione costituzionale, come potenziale alternativa di governo, sia nella Camera dei deputati sia nei rapporti con gli altri organi costituzionali.

Il Capo dell'Opposizione è sentito dal Presidente della Repubblica e dal Primo Ministro, oltre che in caso di guerra o di grave emergenza nazionale, nei casi previsti dal regolamento della Camera o dalle leggi nelle quali è stabilita la formazione di organi o di autorità indipendenti di garanzia.

Viene inoltre introdotta la facoltà da parte di almeno un quarto dei componenti di una Camera di sollevare dinanzi alla Corte costituzionale la questione di costituzionalità di una legge entro cinque giorni dalla sua approvazione.

È altresì prevista la possibilità di istituire commissioni di inchiesta con voto favorevole di almeno un quarto dei componenti della Camera dei deputati.

 

 


Le modifiche della forma di governo nella XI legislatura: il progetto di revisione costituzionale della c.d. Commissione De Mita - Iotti

Il progetto di riforma costituzionale C. 3597-S. 1789, elaborato dalla Commissione bicamerale per le riforme istituzionali costituita nella XI legislatura (c.d. Commissione De Mita-Iotti), prevedeva la revisione degli articoli 93, 94 e 95 della Costituzione.

Le modifiche costituzionali ipotizzano la definizione di una forma di governo "neoparlamentare" che prevede l'investitura diretta da parte del Parlamento del Primo ministro, attribuisce a quest'ultimo la esclusiva responsabilità sulla nomina e la revoca dei ministri e introduce l'istituto della c.d. "sfiducia costruttiva".

 

Il potere di nomina e revoca del Primo Ministro e dei Ministri

Il nuovo testo proposto per l'art. 92 Cost. prevede che il Parlamento a Camere unite elegga a maggioranza assoluta dei componenti il Primo ministro, anche con successive votazioni, su candidature sottoscritte da almeno un terzo dei suoi componenti. Se entro un mese dalla prima riunione del Parlamento nessun candidato ottiene la maggioranza prescritta, il candidato è designato dal Presidente della Repubblica: se il candidato designato dal Presidente della Repubblica non è eletto, il Parlamento è sciolto.

Il Presidente della Repubblica nomina con proprio decreto il Primo ministro eletto che, prima di assumere le funzioni, presta giuramento nelle sue mani. Al Primo ministro spetta invece nominare e revocare i ministri e i viceministri. È prevista la incompatibilità tra le funzioni di ministro e viceministro e il mandato parlamentare.

Il nuovo testo dell'art. 92 Cost. prevede che del Governo facciano parte, oltre al Primo ministro ed ai Ministri, anche i viceministri, che il testo di riforma propone di sostituire alla figura dei sottosegretari. Viene posto un limite massimo al numero dei ministri che non può essere superiore a diciotto.

Rispetto al contenuto dell'art. 95 Cost., il testo approvato dalla Commissione conferma che il Primo ministro dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile. Egli inoltre promuove e coordina l'attività dei ministri: Primo ministro e ministri sono responsabili collegialmente degli atti del Consiglio dei ministri, mentre i singoli ministri conservano la responsabilità per gli atti dei rispettivi dicasteri. E' inoltre demandato alla legge il compito di provvedere all'ordinamento del Governo e alla determinazione dell'attribuzione e dell'organizzazione dei ministeri. In connessione con l'ampia revisione del riparto tra le competenze statali e regionali disposta dal testo in esame, è prevista la possibilità di istituire i ministeri solo nelle materie riservate alla competenza dello Stato.

Per quanto riguarda l'organizzazione delle amministrazioni pubbliche, il nuovo testo dell'art. 97 Cost. sostituisce alla riserva di legge disposta dal testo attualmente in vigore un nuovo assetto delle fonti disciplinanti la materia: alla legge spetta fissare i principi per l'organizzazione dei pubblici uffici, mentre ai regolamenti è riservata la disciplina di dettaglio. Viene infine costituzionalizzato il diritto di accesso agli atti e ai procedimenti dell'amministrazione, nelle forme e nei limiti stabiliti con legge ordinaria.

 

Il rapporto Governo-Parlamento

Il progetto di riforma mantiene il rapporto fiduciario tra le Camere e l'Esecutivo. Per quanto riguarda l’eventuale rescissione del rapporto fiduciario tra le Camere e il Primo ministro, il nuovo testo dell'art. 94 Cost. prevede l'introduzione dell'istituto della "sfiducia costruttiva": il Parlamento può esprimere la sfiducia al Primo ministro solo mediante l'approvazione a maggioranza dei componenti di una mozione motivata, contenente l'indicazione del successore.

L'approvazione della mozione comporta la nomina da parte del Presidente della Repubblica del nuovo Primo ministro, con conseguente revoca del Primo ministro in carica e decadenza degli altri ministri. In caso di dimissioni, di morte o di impedimento permanente del Primo ministro, il Parlamento elegge il successore con le procedure sopra descritte. Per evitare un uso strumentale delle dimissioni da parte del Primo ministro, è prevista la non immediata rieleggibilità del Primo ministro dimissionario.

 

I poteri normativi del Governo

La proposta della Commissione prevede in primo luogo una profonda revisione dell'art. 77 Cost. disciplinante l'istituto del decreto legge. Viene confermata la facoltà per il Governo di emanare in casi straordinari di necessità ed urgenza provvedimenti provvisori con forza di legge, ma il campo di intervento di tali atti è ridotto ad una serie di fattispecie definite: i decreti possono riguardare esclusivamente la sicurezza nazionale, le calamità naturali, l'introduzione di norme finanziarie che debbano entrare immediatamente in vigore o il recepimento e l'attuazione di atti delle Comunità europee, quando dalla mancata tempestiva adozione dei medesimi possa derivare responsabilità dello Stato per inadempimento di obblighi comunitari. Viene inoltre costituzionalizzata la disposizione dell'art. 15 della L. 400/88, a norma della quale i decreti debbono contenere misure di immediata applicazione e di carattere specifico ed omogeneo. È anche prevista la non reiterabilità dei decreti non convertiti in legge e il divieto per i provvedimenti di urgenza di ripristinare l'efficacia di disposizioni dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale.

Per quanto concerne invece la decisione parlamentare sulla conversione in legge dei decreti, è introdotto l'obbligo delle Camere di deliberare sui relativi disegni di legge entro sessanta giorni dalla pubblicazione dei decreti e la non emendabilità dei decreti medesimi, salvo per quanto attiene alla copertura degli oneri finanziari.

In merito all'esercizio del potere regolamentare da parte del Governo, la Commissione ha previsto l'introduzione in Costituzione del nuovo articolo 95-bis. L'articolo definisce il principio secondo cui il Governo esercita la potestà regolamentare nelle materie di competenza statale non riservate dalla Costituzione alla legge, secondo modalità e forme stabilite con legge ordinaria. Alla fonte regolamentare è comunque riservata la definizione delle norme di attuazione delle leggi e degli atti con forza di legge. L'intervento dei regolamenti è ammesso anche nelle materie non coperte in Costituzione da riserva assoluta di legge: in questo caso tuttavia i regolamenti debbono rispettare i principi e criteri direttivi stabiliti dal Parlamento con legge, che provvede anche a determinare le linee fondamentali della disciplina del settore interessato. È inoltre previsto, su questi atti normativi, un particolare regime di controllo: la Corte dei conti, ove nell'esercizio del controllo preventivo di legittimità sui regolamenti riscontri la violazione della riserva di legge o delle norme di principio, sottopone la questione di legittimità del regolamento al giudizio della Corte costituzionale. La questione può essere sollevata anche da un quinto dei componenti di ciascuna Camera.

 

 

 

 


Le modifiche della forma di governo nella X legislatura: il progetto di legge A.C. 4887 e abb.-A

Il progetto di revisione costituzionale, dapprima approvato dal Senato e poi, con modifiche, in testo unificato dalla Commissione Affari costituzionali della Camera dei deputati (C. 4887-A), nella X legislatura, proponeva un complesso progetto di riforma che interessava la revisione dell'organizzazione bicamerale del Parlamento ed introduceva, in connessione con essa, un profondo riassetto dei rapporti tra lo Stato e le autonomie regionali, la costituzionalizzazione del principio della delegificazione nel sistema delle fonti normative, la precisazione sul piano costituzionale dei termini entro i quali dovrà svilupparsi l'azione da svolgersi dall'Italia a favore dell'unione politica tra gli Stati membri delle Comunità europee. A ciò si aggiungeva la proposta di modificare l'art. 69 della Costituzione nel senso di prevedere la determinazione per legge dei limiti delle spese elettorali sostenute dai candidati.

Non era invece oggetto di revisione l’insieme degli elementi che riguardano la forma di governo.

 

 

 

 

 

 


Le modifiche della forma di governo nella IX legislatura: la relazione della c.d. Commissione Bozzi

La relazione conclusiva della Commissione per le riforme istituzionali costituita nella IX Legislatura e presieduta dall’on. Bozzi prevedeva la revisione degli articoli 92, 93, 94 e 96 della Costituzione, pur mantenendo la forma di governo parlamentare ed il rapporto fiduciario con il Parlamento.

 

Il potere di nomina del Presidente del Consiglio e dei Ministri

Il nuovo testo dell'articolo 93 prevede che il Presidente della Repubblica designi il Presidente del Consiglio, il quale, entro 10 giorni, espone alle Camere riunite il programma del Governo e la composizione del Consiglio di Gabinetto.

I Ministri sono nominati dal Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio: con la stessa procedura possono essere revocati.

La modifica dell'articolo 92 è volta ad un rafforzamento della funzione di indirizzo e coordinamento del Presidente del Consiglio, istituzionalizzando il Consiglio di Gabinetto, organo che coadiuva il Presidente nell'esercizio di tali funzioni.

Di tale organo, in base al nuovo testo dell'articolo 95, la legge che provvede all'ordinamento della Presidenza del Consiglio, determina le attribuzioni, così come di quelle del Consiglio dei Ministri e dei Ministri. È prevista la possibilità di delegare, per determinate materie, le funzioni del Consiglio dei Ministri a Comitati di Ministri. Rispetto all'articolo 95 in vigore, viene confermato il potere di direzione della politica generale del governo e la relativa responsabilità del Presidente del Consiglio; è confermato altresì il potere di promozione e coordinamento del Presidente del Consiglio, nonché la responsabilità individuale e collegiale dei Ministri.

Per quanto riguarda l'organizzazione delle amministrazioni pubbliche, il nuovo testo dell'articolo 97 prevede la possibilità di derogare al principio dell'accesso tramite concorso per le qualifiche e funzioni stabilite dalla legge, ma i rapporti costituiti in violazione di tale disposizione sono nulli a tutti gli effetti.

A garanzia dell'azione amministrativa, è prevista la costituzionalizzazione dell'obbligo di provvedere sulle istanze dei cittadini, nonché la riserva di legge per i requisiti di competenza professionale e l'autonomia dei cittadini nominati ad uffici direttivi degli enti pubblici; per l'istituzione dell'anagrafe degli incarichi pubblici; per le modalità dei controlli sulle nomine da parte del Senato.

È stato infine approvato dalla Commissione l'articolo 98-bis, che demanda alla legge la disciplina del Difensore civico, istituito per denunciare ed intervenire contro le disfunzioni e gli abusi da lui stesso accertati, per attivare azioni di responsabilità nei confronti dei pubblici dipendenti e per tutelare gli interessi diffusi. È previsto un obbligo di risposta motivata da parte del Difensore alle istanze dei cittadini.

 

Il rapporto Governo-Parlamento

La fiducia è espressa da entrambi i rami del Parlamento, mediante mozione motivata e votata per appello nominale, al Presidente del Consiglio, che conseguentemente assume le sue funzioni prestando giuramento.

Per quanto riguarda la costituzione e la risoluzione del rapporto fiduciario, il nuovo testo dell'articolo 94 prevede che le due Camere accordino o revochino la fiducia in seduta comune. In caso di dimissioni non conseguenti ad un voto parlamentare di sfiducia, il Presidente del Consiglio deve dichiarare e motivare la volontà di dimettersi davanti al Parlamento in seduta comune.

 

I poteri normativi del Governo

La proposta della Commissione prevede una riformulazione dell'articolo 77, stabilendo in primo luogo la specificazione dei casi di necessità ed urgenza, limitati alle calamità naturali, la sicurezza nazionale o l'emanazione di norme finanziarie che debbano entrare immediatamente in vigore. Ulteriore modifica rispetto all'impianto attuale dell'articolo 77 è quella della indicazione, in sede di legge di conversione, della decorrenza degli effetti temporali degli emendamenti approvati in sede parlamentare: emendamenti che non sono ammissibili se non strettamente attinenti all'oggetto del decreto.

Per quanto riguarda l'esercizio del potere regolamentare, viene introdotto un articolo 77-bis, nel quale si prevede la possibilità, sia per il Governo sia per le regioni, di emanare regolamenti che riguardino l'esecuzione delle leggi, su deliberazione del Consiglio dei Ministri, quando la materia non necessiti una disciplina uniforme in tutto il territorio nazionale; il Governo è poi autorizzato in via permanente ad emanare norme, anche in deroga a leggi ordinarie, in materia di organizzazione dei pubblici uffici e in altre materie non comprese in quelle previste dall'ultimo comma dell'articolo 72, sulla base di principi fondamentali fissati con legge.

I relativi decreti vengono sottoposti alle Camere, che si pronunciano entro 60 giorni; decorso tale termine, il decreto acquista forza di legge.



[1] Per il contesto dei quali si rinvia alla premessa del dossier Il bicameralismo nei progetti di riforma costituzionale (Documentazione e ricerche n. 26 – 11 giugno 2013) e al dossier Il metodo delle riforme costituzionali – I precedenti (Documentazione e ricerche n. 17 – 22 maggio 2013). Si veda anche, per le linee di riforma della forma di Stato, il dossier La forma dello Stato nei progetti di riforma costituzionale (Documentazione e ricerche n. 28 – 21 giugno 2013).

[2]     Anche al Senato l’audizione ebbe luogo il 23 aprile 2007.

[3]     Ai sensi dell’art. 78 del Regolamento della Camera.

[4]     Una disposizione di ordine generale è peraltro recata dall’art. 14, co. 4, della L. 400/1988, che prevede un doppio parere parlamentare sugli schemi di decreti delegati, che il Governo deve richiedere in tutti i casi in cui il termine finale per l’esercizio della delega ecceda i due anni.

[5]     Quest’ultimo limite, che sembra fare riferimento all’ipotesi di autorizzazione al Governo all’esercizio della potestà regolamentare mediante regolamenti di delegificazione, non è previsto dall’art. 15 della L 400/1988.

[6]     Il riferimento testuale ai (singoli) candidati ovvero a (una o più) liste evidenzia l’intento di non evidenziare preferenze verso un particolare sistema elettorale (maggioritario uninominale o proporzionale sulla base di liste o coalizioni di liste).

[7]     Cioè (a regime) da 104 o 105 deputati (a seconda del numero di deputati a vita). Il vigente art. 94 Cost. fissa la soglia di un decimo dei componenti (pari a 63 deputati).

[8]     L’art. 94 Cost. nel testo vigente non richiede una maggioranza qualificata.

[9]     Permane la previsione dello scrutinio segreto.

[10]    Ad eccezione della Valle d’Aosta, che ne esprime uno.

[11]    Cfr. la relazione al progetto di legge governativo e l’intervento del relatore al Senato, sen. D’Onofrio.

[12]    Prevista dal vigente comma quarto dell’articolo 87 Cost. Il disposto costituzionale è ripreso dall’art. 5, comma 1, lett. c), della L. 400/1988, il quale stabilisce che il Presidente del Consiglio sottopone al Presidente della Repubblica, dopo l’approvazione del Consiglio dei ministri, i disegni di legge per la presentazione alle Camere.

[13]    Tale possibilità, prevista in origine dal testo della riforma nell’ipotesi di “prolungata impossibilità di funzionamento”, è stata soppressa nel corso dell’esame al Senato in prima lettura.

[14]    Dalla formulazione testuale (“il numero totale dei deputati di nomina presidenziale non può in alcun caso essere superiore a tre”) si evince che tale numero riguarda il totale dei deputati a vita di nomina presidenziale simultaneamente in carica. In tal modo si intendono dissipare i dubbi emersi in passato sulla corretta interpretazione dell’art. 59, dubbi che hanno dato luogo anche a prassi contrastanti. Se infatti era prevalente l’opinione che la norma non consentisse la presenza in carica, nello stesso momento, di più di cinque senatori a vita di nomina presidenziale, altri la interpretavano nel senso che ogni Presidente della Repubblica poteva nominare cinque senatori. Il comma 15 dell’art. 53 della legge di riforma costituzionale assicura comunque la permanenza in carica presso il Senato federale di tutti i senatori a vita presenti alla data di costituzione di questo.

[15]    Se si eccettua questa nuova competenza (e considerando un organo a parte l’Assemblea della Repubblica), i casi in cui la Costituzione prevede che il Parlamento si riunisca in seduta comune dei suoi membri si riducono, nel nuovo testo costituzionale, alla sola ipotesi di cui all’art. 90, secondo comma, Cost. (messa in stato d’accusa del Presidente della Repubblica), non modificato.

[16]    Le misure prospettate riguardano prevalentemente la Camera dei deputati, ossia l’organo al quale la riforma assegna il ruolo di rappresentanza politica nazionale. Solo alla Camera, in quanto sede del rapporto fiduciario, sarà possibile individuare con chiarezza una o più opposizioni che si contrappongono alla maggioranza che sostiene il Governo; per quanto riguarda il Senato, organo di rappresentanza degli interessi territoriali, tale confine sarà più sfumato (sempre che sia ancora possibile individuarlo): il testo adotta dunque, in luogo di “opposizioni”, il termine “minoranze”.

[17]    Una precedente versione del testo introduceva anche la figura del “capo dell’opposizione”, le cui prerogative e la cui modalità di elezione venivano rimesse al regolamento della Camera.