Caccia. Piano faunistico venatorio, meno cinghiali e più organizzazione Atc/ foto

In fase di approvazione il nuovo piano triennale per la gestione territoriale. Molinari (Pd): “Affinare strumenti”. Bertani (M5s) suggerisce autodifesa agricoltori e Delmonte (Ln) sanzioni ad Atc non virtuosi. “Sempre meno cacciatori” ricorda Serri.

13/12/2017 13:37

Ridurre l’impatto degli ungulati che negli ultimi anni hanno ripopolato le aree emiliano-romagnole e dare uniformità all’assetto territoriale. Questi tra i più importanti obiettivi del Piano faunistico venatorio regionale 2018/2022 presentato oggi in Commissione politiche economiche da Simona Caselli, assessore regionale all’agricoltura, caccia e pesca. Il Piano – che deriva dalla Carta delle vocazioni faunistiche presente tra l’altro solo nella nostra regione – dopo essere passato al vaglio dai processi di consultazione con le associazioni e soggetti coinvolti e aver avuto il sì di Ispra (organo del ministero dell’Ambiente, ndr) dovrà ricevere ora il parere dell’Assemblea per quanto riguarda le pianificazioni di azioni gestionali e di conservazione e per l’assetto territoriale. “L’aumento del bosco nella nostra regione, dovuto allo spopolamento delle aree montane, ha portato”, spiega Caselli, “a un problema di impatto faunistico specie per quanto riguarda i cinghiali con conseguenti danni all’agricoltura e alla viabilità e sicurezza delle strade”.

Da qui il problema di gestione del territorio e di coordinamento con gli Atc (Ambiti Territoriali di Caccia) che in alcune zone sembrano non rispettare nello stesso modo limiti e obiettivi del Piano. L’assessore spiega che gli Atc non virtuosi andrebbero, per legge, sciolti, ma, come suggerisce anche Gabriele Delmonte (Lega Nord), per un controllo più efficace e meno drastico sarebbe necessario adottare “un meccanismo sanzionatorio per chi non rispetta i mandati e di premialità per chi invece contribuisce al raggiungimento degli obiettivi”.

“E’ necessario affinare gli strumenti”, interviene Gian Luigi Molinari (Pd) “che andrebbero maggiormente calati sul territorio”. Le tendenze venatorie sono diverse in Emilia come in Romagna. “In alcune aree”, continua il consigliere, “gli obiettivi da raggiungere sono più difficoltosi”. Per Molinari “le squadre di braccata- con più cani e cacciatori- a volte sono indispensabili nelle zone dove il numero di cinghiali è decisamente elevato”. Il consigliere aggiunge inoltre che, anche in vista dell’individuazione della percentuale di territorio da destinare agli istituti di protezione, il rapporto tra Atc e aree protette vada migliorato.

Interviene anche Andrea Bertani (M5s) che chiede se per risolvere il problema dei cinghiali gli agricoltori non possano difendere personalmente le proprie terre. Con le nuove regole del Piano, “l’agricoltore ora potrà richiedere ogni giorno dell’anno (prima per soli 10 mesi) la presenza dei cacciatori per abbattere i cinghiali che danneggiano la sua proprietà” assicura Caselli. Nel piano di controllo è anche previsto che l’agricoltore possa abbattere personalmente il cinghiale ma l’animale ucciso rimarrebbe di proprietà dello Stato poiché deve passare per il centro di lavorazione delle carni.

In conclusione Luciana Serri, presidente della commissione, ricorda che il numero di cacciatori -soprattutto quelli giovani- è in costante calo e che sarebbe necessario rinforzare il legame con il territorio dal punto di vista gestionale. “I rappresentanti degli Atc”, continua la consigliera, “sono ancora scollegati dalla realtà regionale, poco consapevoli del ruolo istituzionale che hanno”. “Il cacciatore ormai ha un ruolo di pubblica utilità, andrebbe tolto lo stigma che per anni lo ha marchiato”, aggiunge Caselli che ricorda le attività di divulgazione sul tema portate avanti in alcune scuole agrarie.

(Francesca Mezzadri)

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