Sessione europea 2017. Al via gli indirizzi per la partecipazione della Regione alle politiche UE (3): gli interventi dei Gruppi assembleari

All’impegno europeista del Pd, si aggiunge la richiesta di “più attenzione alle politiche di coesione sociale” di MdP e di “cittadini protagonisti delle decisioni” del M5s. “Non siamo contro l’Europa, ma contro questa Europa”, afferma la Lega, mentre SI sostiene che “va ricostituita partendo dalle periferie, dai territori” e FI ne vuole contrastare “la rigida autoconservazione e l’autoreferenzialità”

08/05/2017 18:35

“L’Emilia-Romagna è una regione europea” afferma Mirco Bagnari (Pd) e “il Pd, nel sostenere e approvare questa risoluzione, ribadisce il proprio impegno europeista”.  La Regione – aggiunge – ha fatto proprie le linee strategiche dell’Europa 2020 della crescita Intelligente (basata sulla conoscenza e l’innovazione) della crescita sostenibile (efficiente sotto il profilo delle risorse e rispettose dell’ambiente) e della crescita inclusiva (con un alto tasso di occupazione in grado di favorire la coesione sociale e territoriale).  E ha investito nella programmazione dei fondi strutturali europei come strumento principale per sviluppare le proprie politiche”. Di qui, tuttavia, la “preoccupazione sul quadro finanziario europeo post 2020 e sulla possibilità di una contrazione dei fondi destinati alla politica agricola comune e alla politica di coesione, risorse destinate ai territori e in gran parte gestite a livello regionale”. Su alcuni temi, come quello dell’agricoltura, pilastro fondamentale delle politiche europee, – conclude – è importante seguire con attenzione i passaggi che porteranno alla definizione della futura politica agricola comune (PAC) dopo il 2020.

Occorre estendere la partecipazione decisionale e puntare sulla democratizzazione delle istituzioni, – sostiene Silvia Prodi (misto-MdP) – creando, per esempio, nell’eurozona un soggetto assembleare di rappresentanza che inserisca la partecipazione democratica nelle decisioni, che hanno un impatto così drammatico sulla quotidianità dei cittadini. “Non si può considerare, infatti, l’eurozona asetticamente come area di gestione monetaria, le implicazioni, infatti, sarebbero estremamente rischiose”. “Della risoluzione – aggiunge –  si possono apprezzare le richieste di maggiore attenzione verso le politiche di coesione sociale, e di evitare ulteriori scelte di finanziarizzazione”. “Siamo poi d’accordo che l’Europa sia il riferimento chiave dei nostri paesi, e lo dico da federalista europea convinta, ma l’Europa deve essere una risorsa di benessere sociale diffuso”. Non credo infatti – spiega – che il mercato debba essere la dominante delle linee di indirizzo, ma penso che la credibilità del percorso europeo si basi sulla capacità di dare collettivamente diritti, istruzione, cultura, equità sociale.

“Noi vogliamo un’Europa dei cittadini e delle istituzioni, quella dell’Erasmus, nato 30 anni fa, uno degli strumenti più importanti di scambio e di mobilità dei giovani, e delle speranze legate al trattato di Roma, di fondazione dell’Europa, di sessant’anni fa”. Apre così Andrea Bertani (M5s), che aggiunge: ”crediamo per questo di dover cambiare radicalmente l’Europa nata dopo Maastricht con l’accordo per la moneta unica. Il confronto non è fra sovranisti e unionisti, fra Stati o Unione, ma fra cittadini che decidono consapevolmente e poteri economici e politici che si vogliono sostituire ai cittadini. In questo senso ci consideriamo europeisti e vogliamo che i cittadini siano i protagonisti delle decisioni sull’Europa, sul lavoro, sulle istituzioni comuni, sull’immigrazione. Gli altri dicono di avere paura del populismo, ma in realtà hanno paura dei popoli, delle persone. Così si sono inventati lo scontro fra europeismo e populismo. Ma in realtà è uno scontro fra Europa delle banche contro quella dei popoli e dei cittadini”.

“Non si può più pensare ad una UE che decide dall’alto, senza ascoltare, pretendendo che ogni singolo popolo sia annichilito e appiattito da politiche economiche miopi e dalla volontà di uniformare tutto”. Gabriele Delmonte (Lega nord) esprime le perplessità del proprio gruppo su un documento “a cui quale diventa difficile credere”, dove rileva “contraddizioni” (di qui la presentazione dei 13 emendamenti su vari temi) e dice “basta a vuoti slogan del tipo ci vuole più Europa”. “Nell’epoca della mondializzazione, la risposta alla globalizzazione selvaggia – afferma – è la riemersione dei territori che, piaccia o no, rialzano la testa e chiedono di poter dire la loro”. “Per questo, il confronto è essenziale, soprattutto quando le direttive europee, in fase discendente (calate dall’alto), entrano a far parte delle normative nazionali e regionali e, in fase ascendente, ogni singolo Stato e Regione evidenzia le criticità di attuazione”. Delmonte sottolinea in particolare che “l’attuazione di processi di semplificazione è fondamentale nello sviluppo di una politica agricola comune, per mantenere la competitività del sistema produttivo di un settore primario oggi in una fase congiunturalmente complessa e recessiva”. Un settore, quello agricolo, che – a suo avviso – deve essere sostenuto anche dal punto di vista della competitività, perchè in caso contrario potrebbero innescarsi una serie di fenomeni negativi.

“L’Europa va ricostituita partendo dalle periferie, dai territori”. Lo afferma Igor Taruffi (Sinistra Italiana), che mette in evidenza come “la questione sociale, la questione democratica e il loro rapporto debbano essere al centro del nostro agire politico e istituzionale: un rapporto tra cittadini e istituzioni sempre più incrinato, come si può vedere anche nel voto di ieri in Francia, polarizzato tra grandi città e piccoli centri periferici”.

“Un segnale – sostiene – che non può essere cancellato dalla ventata di euforia, per certi aspetti del tutto fuori luogo, alla quale stiamo assistendo, per lo scampato pericolo lepenista. Serve alternativa, serve un’Europa che sappia parlare di pace, lavoro e solidarietà e che non resta in silenzio sui temi della politica estera, un’Europa che agisca sulle migrazioni in maniera costruttiva e solidale e non sia identificata solamente come responsabile del peggioramento delle vite delle persone”.

Se la mission di assicurare una pace duratura ai paesi europei, sostenuta negli anni cinquanta ai primi albori della Comunità europea, è stata raggiunta e l’Europa ha assistito a momenti di pacificazione, come la caduta del Muro di Berlino, non è stato altrettanto centrato un secondo obiettivo che i padri dell’Unione avevano previsto: quello del miglioramento del tenore di vita. E’ questa la tesi di Galeazzo Bignami (Forza Italia), che evidenzia come, al contrario, sia “reale e percepito un deterioramento del tenore di vita”: non si può altrimenti comprendere perché la Gran Bretagna abbia deciso di abbandonare la strada comune e la perdita di questo stato non può che “minare l’identità europea”. Bisogna quindi contrastare “la rigida autoconservazione e l’autoreferenzialità” espresse dalla UE ed è da considerare “profondamente sbagliato” l’attacco del presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker “alla destra populista o a altre forze critiche”, dimenticando che questi soggetti non possono essere considerati alla stregua di “nemici della UE” o essere esclusi dal partecipare alla ricostruzione dell’Unione.

In fase di dichiarazione di voto, intervengono: Stefano Caliandro (Pd), auspicando che “l’Europa sappia far propria una stagione riformista per risolvere le nuove sfide di integrazione sociale e culturale”, Delmonte (Lega): “noi non siamo contro l’Europa, ma contro questa Europa” che “non è dei popoli” e Bertani (M5s) “non è populismo ma indice di serietà voler discutere sull’uscita dall’euro perché, in caso contrario, sarà l’euro che uscirà da noi”.

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