Lega espone bandiere Emilia e Romagna e chiede dimissioni Bonaccini se non otterrà risultati

Protesta in aula con vessilli dell’Emilia, della Romagna e della Catalogna. Critici anche M5s e Sinistra Italiana: “Boutade per depotenziare Veneto e Lombardia”. “Un dibattito che non ci appassiona”.

03/10/2017 14:09

Le bandiere dell’Emilia, della Romagna e della Catalogna esposte in aula dall’intero gruppo fino all’interruzione regolamentare dei lavori. La richiesta di dimissioni del presidente Bonaccini se non otterrà vantaggi, specie “fiscali”, per l’Emilia-Romagna nella trattativa col governo nazionale, avanzata da Massimiliano Pompignoli. La Lega ribatte così, durante il dibattito in Assemblea legislativa, all’offensiva della giunta e del presidente sulla richiesta di maggiore autonomia per la Regione. Nei 5 stelle, che mandano al microfono per primo Andrea Bertani, prevale il disincanto (“Solo una boutade per smontare Veneto e Lombardia”). Valutazioni non dissimili da Sinistra Italiana. “Un dibattito che non ci appassiona”, dice Igor Taruffi. Ecco gli interventi dei consiglieri.

Stefano Bargi (Ln), in considerazione dell’importanza del tema per la società regionale, ha invitato la maggioranza a spingersi fino in fondo nella richiesta di autonomia aggiuntiva, includendo tutti gli ambiti regionali di competenza. Il consigliere è poi intervenuto sulla protesta, a inizio seduta, inscenata dalla stessa Lega nord, con l’esposizione in aula di bandiere dell’Emilia, della Romagna e della Catalogna: “La nostra manifestazione è stata totalmente pacifica, non siamo intervenuti con i manganelli, come accaduto in altre parti nella democratica Europa”. L’esponente del Carroccio ha poi lamentato, nel processo rivolto all’ottenimento di nuove forme di autonomia, uno scarso coinvolgimento della popolazione, “il coinvolgimento dei cittadini è dovuto, anche attraverso l’indizione di un referendum consultivo”. I territori, ha concluso, “devono diventare padroni di quelle materie che gestite in loco possono portare dei benefici alla popolazione, ma per fare questo dobbiamo trattenere nuove risorse, una parte più grande delle entrate tributarie”.

Massimiliano Pompignoli (Ln) ha chiesto le dimissioni del presidente Bonaccini nel caso in cui il percorso regionale rivolto ad ottenere nuove forme di autonomia non produca gli esiti sperati: “Se Bonaccini non ottiene quanto richiesto, anche in ambito fiscale, deve dare le dimissioni”. Ha poi criticato la scelta della Giunta di non coinvolgere, nel percorso, le opposizioni. Il Pd, ha poi aggiunto il leghista, “propone un documento pieno di slogan e carente di contenuti, la discussione che stiamo facendo oggi è inutile”. Ha chiesto anche, prima di firmare un accordo con il Governo, di riportare in aula i contenuti dell’accordo, “non ci fidiamo”. E, al termine del suo intervento, ha chiesto l’indizione di un doppio referendum, “un primo sulle nuove forme di autonomia regionali e un secondo per capire dai cittadini romagnoli se vogliono una provincia unica, come proposto dal Pd, o la Regione Romagna”.

“Dall’eccesso neocentralista- ha sottolineato Piergiovanni Alleva (AltraER) nel suo intervento- della riforma costituzionale si va verso forme spinte di autonoma regionale, anche se nel documento che ci avete proposto si parla più di titoli che di contenuti”. Ha poi chiesto di affrontare nel merito il tema del lavoro, in particolare relativamente alle tutele dei lavoratori. Infine, ha posto il tema dell’interesse delle regioni più ricche nell’ottenere forme di autonomia finanziaria in contrapposizione alla questione della necessità di garantire uno sviluppo diffuso in tutte le regioni italiane.

Dai banchi del Movimento 5 stelle arrivano invece critiche sul metodo con cui si è arrivati oggi in Aula a discutere la risoluzione che darà mandato al presidente Bonaccini per trattare con il governo una maggiore autonomia regionale. “Abbiamo l’impressione che tutto questo processo sia solo una boutade. Non ha contenuti e si basa su slogan. Serve solo a smontare i referendum di Veneto e Lombardia”, dice Andrea Bertani. E affonda: “Non avete coinvolto la società civile in questo processo: avete incontrato le parti sociali tra le mura degli uffici della giunta senza coinvolgere l’Assemblea. Quest’Aula- attacca- è un organo di indirizzo e come può farlo se li deve subire di chi sarebbe l’esecutivo?”.

Stesso ferro battuto da Silvia Piccinini (M5s): “Siamo costretti a rincorrere il presidente della Regione che a sua volta tenta di star dietro a Veneto e Lombardia. Sarà un percorso lungo, non semplice e richiederà una maggioranza assoluta delle due camere del Parlamento. L’accordo, se si otterrà, sarà solo metà di un percorso”. E sul merito ha aggiunto: “Noi avremmo voluto approfondire le tematiche ma non ci avete mai dato risposte, nemmeno in commissione. Perché- punge Piccinini- non spiegate quali sono le analisi fatte prima di avviare questo percorso. Avete presentato un documento a questa Assemblea molto superficiale: avete preso le competenze dei vari assessorati e le avete utilizzate per andare a chiudere un’intesa con il governo. Così avete svilito il ruolo di questa Assemblea”.

Un metodo che non è andato giù nemmeno a Sinistra italiana: “Non ci è piaciuto, non lo abbiamo condiviso- sottolinea Igor Taruffi– e la discussione per la verità non ci ha nemmeno appassionato”. Poi ha rimarcato: “Serve ridurre le differenze tra regioni a statuto speciale e ordinario anche per una maggiore efficacia delle politiche nazionali”. E criticando il percorso lombardo ha affermato: “Il loro quesito è pleonastico per essere eufemistici: chiede cose che possono già essere fatte. Le differenze sono evidenti tra questo percorso e quello che ha iniziato a intraprendere L’Emilia-Romagna, unita e non divisa anch’essa”.

(Cristian Casali/Andrea Perini)

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