Il tempo delle arance

11.02.2014

Il tempo delle arance

Il tempo delle arance

Premio Doc/it 2010 a Visioni Italiane e Primo Premio al Collecchio Film Festival

“I am not an animal. am a human being”: sono queste le parole, ripetute mille volte dalle bocche dei braccianti immigrati a Rosarno, che ci accompagnano durante la visione del documentario “Il tempo delle arance”.

Il documentario ripercorre, attraverso i racconti dei lavoratori migranti e della controparte autoctona, gli avvenimenti del 9 gennaio 2010 quando, dopo ferimenti, scontri e manifestazioni, la maggior parte dei braccianti presenti a Rosarno fu trasferita altrove, specie nei Cpt e Cie più vicini.
La telecamera si accende dopo che le violenze, da ambo i lati, si sono fermate: nonostante la tregua, come testimoniano le parole dei protagonisti, il clima è estremamente teso.

Nella ricostruzione dell’intera vicenda, dal suo innesco – il ferimento di 3 braccianti ad opera di sconosciuti - al suo sviluppo – le manifestazioni dei migranti per protestare contro la violenza e le condizioni disumane di lavoro e vita cui sono costretti – ed ancora alla reazione dei rosarnesi – la spontanea formazione di ronde armate di mazze e bastoni con l’obiettivo di usare violenza contro i migranti -, a colpire in negativo è anche la distanza delle versioni fornite dai due “schieramenti” circa i fatti in discussione. Condizioni di vita e condizioni di lavoro, retribuzione, accoglienza: niente sembra essere rappresentato in modo veritiero dall’altro.

Ed è qui che intervengono, in soccorso dell’osservatore esterno, le immagini del documentario.
L’occhio della telecamera ci accompagna dentro i capannoni industriali dismessi in cui vivono i braccianti, tra condizioni igieniche che lasciano attoniti e pericoli per la sicurezza degli occupanti: non c’è alternativa per gli uomini che raccolgono le arance a Rosarno, pagati troppo poco per potersi permettere un alloggio, costretti come moderni schiavi a vivere separati dalla civiltà.
Non stupisce allora la distanza dalla realtà che cogliamo negli occhi dei “datori di lavoro”, offesi dal fatto di sentirsi chiamare sfruttatori dalle stesse persone a cui hanno – addirittura - offerto un pasto, come se le retribuzioni misere o inesistenti (e comunque in nero) corrisposte ai lavoratori fossero dignitose. Poco importa che molti di loro siano rifugiati e che siano fuggiti da situazioni drammatiche di povertà o da persecuzioni.

La vicenda di Rosarno, ovviamente, non si esaurisce nel semplice rapporto sfruttati-sfruttatori, inserendosi invece in un complesso sistema di caporalato, povertà e crimine organizzato che, aldilà di sporadici episodi portati all’attenzione del grande pubblico, rimane fondamentalmente sommerso e volutamente ignorato.
Sui fatti di Rosarno, e sui suoi protagonisti occulti non è stata fatta ad oggi completa chiarezza, rimanendo proiettata sull’intera vicenda l’ombra della’ndrangheta.

Giulia Guietti

GUARDA IL TEMPO DELLE ARANCE (dal sito della Videoteca ER)

Rosarno: il tempo delle arance
di Nicola Angrisano (circa 29 min), 2010

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