Le storie dimenticate: audizione in Senato per la pace in Congo

Intervista a Jean-Jacques Diku e John Mpaliza della comunità congolese

Il 16 maggio si è tenuta un’audizione della Comunità congolese presso la Commissione Diritti umani del Senato della Repubblica italiana per la pace e la democrazia nella Repubblica Democratica del Congo, paese colpito da una devastante guerra e da brogli elettorali. E’ una guerra che riguarda l’intera comunità, eppure non è conosciuta quasi da nessuno. Perché? E come possiamo noi cittadini sostenere il paese? La redazione di “Pace e diritti umani” era a Roma a fianco di Jean-Jacques Diku e John Mpaliza, portavoce della comunità congolese.

Lo sapete che nella Repubblica Democratica del Congo c’è una guerra ormai da 16 anni che ha portato alla morte di 7/8 milioni di persone -come tutti gli abitanti della Danimarca - e che la comunità internazionale in tutti questi anni non è mai intervenuta in merito?

Eppure c’è un Rapporto ONU che attesta senza ombra di dubbio i crimini compiuti tra etnie diverse (tutsi e hutu ruandesi) e forza armate soprattutto nei confronti dei civili: interi villaggi incendiati, uomini gettati vivi nelle fosse o uccisi a colpi di machete, 400mila donne stuprate, bambini uccisi o schiavizzati e costretti a combattere come animali. E’ tutto documentato eppure ancora adesso i colpevoli non sono stati assicurati alla giustizia davanti alla Corte Penale Internazionale.

Una storia dimenticata - Se non sapete tutte queste cose, non è colpa vostra: i media in questi anni hanno parlato poco del Congo. Secondo il Rapporto di Medici senza Frontiere sulle crisi dimenticate del 2011, le notizie relative al Congo dei media europei sono 5 e riguardano incidenti aerei.
La Comunità Congolese in Italia ha ottenuto il 16 maggio 2012 un’audizione al Senato della nostra Repubblica, davanti al senatore Pietro Marcenaro, per chiedere all’Italia e all’UE una risoluzione del conflitto che dura dal 1993, azioni concrete ed efficaci e interventi di informazione e partecipazione rivolti alla cittadinanza sulla situazione del Congo.
Non si tratta solo di eventi passati: anche le ultime elezioni di novembre 2011, che hanno visto vincitore Joseph Kabila (figlio del presidente Laurent-Desiré Kabila che iniziò la guerra nel 1996), sono state caratterizzate da brogli e violenze. 147 osservatori dell’UE hanno denunciato 33 morti, numerose intimidazioni e irregolarità.

Si potrebbe dire: il Congo è lontano. Certo, ma i nostri telefonini, i nostri computer, i nostri gioielli ci sono vicini... E sono fatti con il coltan, l’oro e i diamanti che molto probabilmente anzi quasi sicuramente vengono dal Congo. Il Congo è un paese ricco, ricchissimo di metalli preziosi e di coltan (materiale fondamentale per le batterie dei nostri cellulari e il 70% dei giacimenti mondiali si trova qui) ma nell´Indice di sviluppo umano è al 187 posto su 187 paesi.

Una guerra economica - E qui stanno le ragioni di questa guerra che non si riduce a un conflitto etnico, ma è in primis una guerra economica: se la comunità internazionale ha voltato la testa in tutti questi anni è perché è sempre stato comodo per i paesi occidentali e per le multinazionali sfruttare le risorse immense del paese mentre c’era il caos. La guerra non è solo tra tutsi e hutu del Ruanda e altre minoranze, ma è appoggiata da paesi con grossi interessi economici che si arricchiscono alle spalle di piccoli trafficanti di gioielli, oro e coltan che a loro volta sfruttano minatori pagati una miseria per estrarre questi minerali in condizioni disumane e in estremo pericolo. Il governo congolese è complice di questo silenzio perché i suoi funzionari sono corrotti. I paesi occidentali sono colpevoli di aver taciuto. E l’Italia ne fa parte. Secondo l’ultimo rapporto dell’Archivio per il Disarmo pare che alcune aziende italiane abbiano venduto armi nel paese.

Repubblica "Democratica" del Congo - Il governo congolese è complice di questo silenzio, ma i congolesi no. I congolesi sono la voce di Jean-Jacques Diku che afferma che il Congo ha un’unica identità fatta di 450 etnie diverse ma (un tempo) unite.
Tuttavia “ci chiamiamo Repubblica Democratica del Congo, ma è solo una parola perché nei fatti non siamo ancora uno stato di diritto. Solo verità e giustizia possono portare a una riconciliazione” spiega Jean-Jacques Diku.
Non è la prima volta che il Congo si rivolge allo Stato italiano per chiedere libertà e giustizia. Già nel 2009 alcune associazioni si erano fatte portavoce della drammatica situazione del paese.
Ma non è cambiato nulla, anzi con le elezioni del 2011 la situazione è peggiorata.

Le richieste della Comunità congolese, appoggiate anche dalla Senatrice Barbara Contini, sono state accolte dal Senatore Pietro Marcenaro, che ha promesso un’interrogazione parlamentare in merito alla vendita di armi e una mozione al Parlamento sulle elezioni e la situazione in Congo.

Una marcia per la pace - E noi cittadini, ora che sappiamo qualcosa di più su questa drammatica storia, cosa possiamo fare?
E’ John Mpaliza, congolese, in Italia da 18 anni, presente all’audizione con Jean Jacques Diku, che suggerisce come l’azione politica possa essere accompagnata da un’azione concreta sul territorio. Già lo scorso anno John aveva organizzato con alcune associazioni una marcia per sostenere il popolo congolese: da Reggio Emilia a Roma lungo la via Francigena per chiedere al governo italiano di impegnarsi per il suo Paese. Anche quest’anno l’iniziativa si ripeterà ma coinvolgerà molta più gente e tutti i cittadini sono invitati a partecipare e ad unirsi al percorso. La Marcia della Pace per il Congo partirà il 29 luglio da Reggio Emilia e attraverserà 7 paesi europei per finire a Bruxelles davanti alla Commissione europea. Parteciperanno cittadini, studenti universitari, scuole, artisti, rappresentanti di enti pubblici provenienti da Italia, Francia, Svizzera e dagli altri paesi.

Partecipare alla marcia vorrà dire camminare con il popolo congolese verso il riconoscimento di quei diritti troppo a lungo ignorati. 1.500 chilometri per la verità e la giustizia. Per il Congo, ma non solo. Perché, come dice John “bisogna lavorare con e per il mondo in cui viviamo”.

Intervista di Francesca Mezzadri - maggio

Per saperne di più:
http://www.paceperilcongo.it/

Rapporto Mapping dell’Onu sui crimini commessi in Congo

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