Sentenza 123/2018 (ECLI:IT:COST:2018:123)
Giudizio: GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE
Presidente: LATTANZI - Redattore: PROSPERETTI
Udienza Pubblica del 09/05/2018;    Decisione  del 09/05/2018
Deposito del 13/06/2018;   Pubblicazione in G. U. 20/06/2018  n. 25
Norme impugnate: Art. 24 del regio decreto 15/10/1925, n. 2578.
Massime:  41322  41323  41324  41325 
Massime:  41322  41323  41324  41325 
Atti decisi: ord. 83/2017

Massima n. 41322 Massima successiva
Titolo
Giudice rimettente - Arbitri rituali - Legittimazione a sollevare questioni incidentali di costituzionalità - Rigetto di eccezione preliminare - Ammissibilità della questione.

Testo
Nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 24, settimo e ottavo comma, del r.d. n. 2578 del 1925, non è accolta l'eccezione di inammissibilità, basata sull'asserita natura irrituale dell'arbitrato previsto dalla norma censurata o la natura di arbitraggio. La norma censurata dal Collegio arbitrale di Milano prevede un arbitrato rituale, nell'ambito del quale l'art. 819-bis cod. proc. civ., consente di sollevare questione di legittimità costituzionale.
Atti oggetto del giudizio
regio decreto  15/10/1925  n. 2578  art. 24  co. 7
regio decreto  15/10/1925  n. 2578  art. 24  co. 8

Altri parametri e norme interposte
codice di procedura civile  art. 819  bis

Titolo
Prospettazione della questione incidentale - Motivazione sulla non manifesta infondatezza - Chiara indicazione nell'ordinanza di rimessione dei motivi di censura - Ammissibilità della questione - Rigetto di eccezione preliminare.

Testo
Non è accolta l'eccezione di inammissibilità, per difetto di motivazione sulla non manifesta infondatezza, nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 24, settimo e ottavo comma, del r.d. n. 2578 del 1925. Dall'ordinanza di rimessione si evince chiaramente che la ritenuta illegittimità costituzionale della norma censurata viene ricondotta alla natura obbligatoria dell'arbitrato e al conseguente contrasto con i parametri costituzionali evocati.
Atti oggetto del giudizio
regio decreto  15/10/1925  n. 2578  art. 24  co. 7
regio decreto  15/10/1925  n. 2578  art. 24  co. 8

Titolo
Rilevanza della questione incidentale - Questione volta a censurare l'obbligatorietà dell'arbitrato - Motivazione non implausibile del rimettente, che esclude la sussistenza di una chiara volontarietà delle parti di addivenire ad esso - Ammissibilità della questione - Rigetto di eccezione preliminare.

Testo
Non è accolta l'eccezione di inammissibilità, per la sussistente comune volontà delle parti di addivenire all'arbitrato, nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 24, settimo e ottavo comma, del regio decreto n. 2578 del 1925. Il collegio arbitrale rimettente ha indicato, con motivazione non implausibile, le ragioni dell'asserita mancanza di una concorde volontà delle parti, poiché queste hanno dichiarato, sia personalmente che per mezzo dei loro difensori, di essere tenute all'arbitrato per effetto della sola disposizione normativa censurata.
Atti oggetto del giudizio
regio decreto  15/10/1925  n. 2578  art. 24  co. 7
regio decreto  15/10/1925  n. 2578  art. 24  co. 8

Massima n. 41325 Massima precedente
Titolo
Arbitrato - Assunzione diretta dei pubblici servizi da parte dei Comuni e delle Province - Esercizio della facoltà di riscatto da parte dei Comuni - Determinazione dell'equa indennità dovuta ai concessionari - Mancato accordo tra le parti - Obbligo di devoluzione ad un collegio arbitrale - Violazione del diritto di difesa e delle attribuzioni dell'autorità giudiziaria - Illegittimità costituzionale.

Testo

È dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 24, primo comma, e 102, primo comma, Cost., l'art. 24, settimo e ottavo comma, del r.d. n. 2578 del 1925, nella parte in cui non riconosce il diritto di ciascuna parte di adire l'autorità giudiziaria ordinaria in caso di mancato accordo sulla determinazione dell'indennità di riscatto degli impianti afferenti l'esercizio dei servizi pubblici. La norma censurata dal Collegio arbitrale di Milano viola i parametri indicati in quanto la fonte dell'arbitrato non può essere una legge ordinaria o la volontà autoritativa, perché solo la scelta dei soggetti, intesa come uno dei possibili modi di disporre, anche in senso negativo, del diritto di difesa, può derogare al precetto contenuto nell'art. 102, primo comma, Cost., secondo cui la funzione giurisdizionale è esercitata da magistrati ordinari. (Precedente citato: sentenza n. 127 del 1977).

Per il criterio di interpretazione sistematica del testo costituzionale, la portata di una norma può essere circoscritta soltanto da altre norme dello stesso testo o da altre ancora ad esse parificate. (Precedenti citati: sentenze n. 127 del 1977 e n. 2 del 1963).

Per costante giurisprudenza costituzionale, le ipotesi di arbitrato previste dalla legge sono illegittime solo se hanno carattere obbligatorio, e cioè impongono alle parti il ricorso all'arbitrato, senza riconoscere il diritto di ciascuna parte di adire l'autorità giudiziaria ordinaria. (Precedenti citati: sentenze n. 221 del 2005, n. 325 del 1998, n. 381 del 1997, n. 152 del 1996, n. 54 del 1996, n. 232 del 1994, n. 206 del 1994, n. 49 del 1994, n. 488 del 1991 e n. 127 del 1977).

Atti oggetto del giudizio
regio decreto  15/10/1925  n. 2578  art. 24  co. 7
regio decreto  15/10/1925  n. 2578  art. 24  co. 8

Parametri costituzionali
Costituzione  art. 24  co. 1
Costituzione  art. 102  co. 1


Pronuncia

SENTENZA N. 123

ANNO 2018


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Presidente: Giorgio LATTANZI; Giudici : Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ,


ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 24 del regio decreto 15 ottobre 1925, n. 2578 (Approvazione del testo unico della legge sull’assunzione diretta dei pubblici servizi da parte dei comuni e delle province), promosso dal Collegio arbitrale di Milano con ordinanza del 7 marzo 2017 nel procedimento vertente tra Enel Sole srl e il Comune di Calcinato, iscritta al n. 83 del registro ordinanze 2017 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 24, prima serie speciale, dell’anno 2017.

Visti l’atto di costituzione di Enel Sole srl, nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella udienza pubblica del 9 maggio 2018 il Giudice relatore Giulio Prosperetti;

uditi l’avvocato Claudio Bonora per Enel Sole srl e l’avvocato dello Stato Massimo Salvatorelli per il Presidente del Consiglio dei ministri.


Ritenuto in fatto

1.– Il Collegio arbitrale di Milano, chiamato a determinare l’ammontare dell’equa indennità di riscatto degli impianti di illuminazione pubblica, da corrispondere ad Enel Sole srl da parte del Comune di Calcinato, con ordinanza del 7 marzo 2017 ha sollevato, in riferimento agli artt. 24, primo comma, e 102, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 24, settimo e ottavo comma, del regio decreto 15 ottobre 1925, n. 2578 (Approvazione del testo unico della legge sull’assunzione diretta dei pubblici servizi da parte dei comuni e delle province), nella parte in cui prevede una forma di arbitrato obbligatorio.

2.– Con l’ordinanza suindicata, il rimettente ha precisato che le parti non avevano stipulato alcuna clausola compromissoria e la devoluzione della controversia in arbitri era stata determinata dalla pronuncia di incompetenza pronunciata in favore del Collegio arbitrale, dal Tribunale ordinario di Brescia, inizialmente adito da Enel Sole srl, in forza della previsione dell’art. 24 del r.d. n. 2578 del 1925.

L’art. 24 del r.d. n. 2578 del 1925 devolve la determinazione della indennità di riscatto dei servizi pubblici ad un collegio arbitrale in via esclusiva, senza possibilità di fare ricorso all’autorità giudiziaria ordinaria, e per questo, a parere del rimettente, sarebbe in contrasto con gli artt. 24, primo comma, e 102, primo comma, Cost., in base ai quali la deroga all’esercizio della giurisdizione statale deve essere espressione di una libera opzione e non può trovare fondamento in un obbligo di legge.

3.– In riferimento alla rilevanza, il Collegio arbitrale ha rappresentato che la norma censurata fonda il suo potere decisionale e, quindi, l’eventuale accoglimento della questione di legittimità costituzionale, retroagendo quanto agli effetti, comporterebbe l’impossibilità della valida prosecuzione del procedimento arbitrale o, comunque, l’invalidità della decisione di merito eventualmente assunta.

4.– Nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio di ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha dedotto l’inammissibilità della questione e la sua infondatezza.

Secondo la difesa dell’interveniente, l’istituto contemplato dall’art. 24 del r.d. n. 2578 del 1925 sarebbe un arbitraggio ovvero un arbitrato irrituale e non un arbitrato rituale, poiché la disposizione normativa utilizza il termine “decisione”, non ne prevede l’impugnabilità in appello e in cassazione e non fa riferimento alle regole di diritto quale criterio di decisione.

Conseguentemente, secondo l’Avvocatura generale dello Stato, la questione di costituzionalità promossa dal Collegio arbitrale di Milano sarebbe inammissibile, poiché solo agli arbitri di un arbitrato rituale sarebbe consentito sollevare incidente di legittimità costituzionale.

Quale ulteriore motivo di inammissibilità, l’interveniente ha dedotto la mancata indicazione delle ragioni per cui i parametri costituzionali sarebbero violati, poiché il Collegio, nel motivare l’ordinanza, si sarebbe limitato a richiamare i precedenti di questa Corte in materia di arbitrato obbligatorio.

In ogni caso, l’Avvocatura generale dello Stato ha eccepito che sussisterebbe la concorde volontà delle parti di addivenire alla decisione arbitrale.

5.– Nel merito, la difesa dell’interveniente ha dedotto che la natura non rituale dell’arbitrato costituirebbe motivo di non fondatezza della questione e che, comunque, una lettura costituzionalmente orientata della previsione censurata consentirebbe di ritenere sempre possibile il ricorso all’autorità giudiziale, eventualmente dopo l’esperimento dell’arbitrato, che sarebbe da ricondurre ad una sorta di condizione di procedibilità dell’azione.

6.– Nel giudizio di costituzionalità si è costituita una delle parti del procedimento arbitrale, Enel Sole srl, deducendo la natura rituale dell’arbitrato previsto dalla norma censurata e chiedendo che ne venga dichiarata l’illegittimità costituzionale, poiché l’obbligatorietà dell’arbitrato sarebbe in contrasto con il diritto di accesso alla giustizia, con l’individuazione del giudice naturale in base a criteri predeterminati, con il principio di unitarietà della giurisdizione e con il divieto di istituzione di giudici straordinari.

Ad avviso della parte costituita, neppure sarebbe possibile un’interpretazione costituzionalmente orientata della norma, che non prevede la derogabilità della competenza arbitrale per volontà, anche unilaterale, di una delle parti.

7.– A sostegno delle proprie argomentazioni e in risposta alle deduzioni del Presidente del Consiglio dei ministri, Enel Sole srl ha depositato memoria illustrativa in data 11 aprile 2018, con cui ha insistito in ordine alla natura rituale dell’arbitrato previsto dalla norma censurata e ha escluso la sussistenza di una comune volontà delle parti di addivenire all’arbitrato.


Considerato in diritto

1.– Il Collegio arbitrale di Milano, con ordinanza del 7 marzo 2017, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 24, settimo e ottavo comma, del regio decreto 15 ottobre 1925, n. 2578 (Approvazione del testo unico della legge sull’assunzione diretta dei pubblici servizi da parte dei comuni e delle province), nella parte in cui demanda ad un collegio arbitrale la determinazione dell’ammontare dell’indennità di riscatto degli impianti per l’esercizio dei servizi pubblici locali, precludendo il ricorso all’autorità giudiziaria ordinaria e ponendosi così in contrasto con l’art. 24, primo comma, e con l’art. 102, primo comma, della Costituzione, i quali postulano che il fondamento di qualsiasi arbitrato è da rinvenirsi nella libera scelta delle parti e non può ricercarsi in una legge ordinaria o in una volontà autoritativa.

2.– Il rimettente ha riferito di dover determinare, in difetto di accordo tra le parti, l’ammontare dell’equa indennità di riscatto degli impianti di illuminazione pubblica, che il Comune di Calcinato, che ha esercitato il diritto al riscatto, deve al proprietario degli impianti Enel Sole srl.

Il procedimento arbitrale è stato instaurato a seguito della dichiarazione di incompetenza del Tribunale ordinario di Brescia, inizialmente adito da Enel Sole srl, ricorrente contro il comune di Calcinato, e si fonda sulla previsione dell’art. 24 del r.d. n. 2578 del 1925.

3.– L’Avvocatura generale dello Stato ha eccepito l’inammissibilità della questione sollevata, stante la natura irrituale dell’arbitrato previsto dalla norma censurata o la natura di arbitraggio.

L’eccezione è infondata, poiché, come rilevato dalla Corte di Cassazione (Corte di cassazione, prima sezione civile, 1° marzo 2002, n. 3026), l’art. 24 del r.d. n. 2578 del 1925 prevede un arbitrato rituale, nell’ambito del quale l’art. 819-bis del codice di procedura civile consente di sollevare questione di legittimità costituzionale.

L’Avvocatura generale ha poi eccepito l’inammissibilità della questione sollevata, per difetto di motivazione sulla non manifesta infondatezza, essendosi il collegio rimettente limitato a richiamare la giurisprudenza costituzionale sull’arbitrato obbligatorio.

L’eccezione è infondata.

L’ordinanza di rimessione, infatti, è adeguatamente motivata, poiché da essa si evince chiaramente che la ritenuta illegittimità costituzionale della norma censurata viene ricondotta alla natura obbligatoria dell’arbitrato e al conseguente contrasto con l’art. 24, primo comma Cost., che garantisce la tutela giurisdizionale dei diritti, e con l’art. 102, primo comma, Cost., che vieta l’istituzione di nuovi giudici speciali.

É infine infondata l’eccezione di inammissibilità sollevata dall’Avvocatura dello Stato in quanto sussistente la comune volontà delle parti di addivenire all’arbitrato.

Il collegio rimettente, infatti, ha indicato, con motivazione non implausibile, le ragioni dell’asserita mancanza di una concorde volontà delle parti, poiché queste hanno dichiarato, sia personalmente che per mezzo dei loro difensori, di essere tenute all’arbitrato per effetto della sola disposizione normativa censurata.

Il collegio rimettente, invero, ha dato atto che Enel Sole srl, successivamente, ha dichiarato di voler concludere il procedimento arbitrale per giungere ad una decisione, tuttavia ha ritenuto tale manifestazione di volontà insufficiente perché unilaterale, non ritenendo di attribuire analogo significato all’eccezione di incompetenza, in favore degli arbitri, sollevata dal Comune di Calcinato nella fase giudiziale che ha preceduto il procedimento arbitrale.

4.– Nel merito la questione è fondata.

Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, le ipotesi di arbitrato previste dalla legge sono illegittime solo se hanno carattere obbligatorio, e cioè impongono alle parti il ricorso all’arbitrato, senza riconoscere il diritto di ciascuna parte di adire l’autorità giudiziaria ordinaria (sentenze n. 221 del 2005, n. 325 del 1998, n. 381 del 1997, n. 152 e n. 54 del 1996, n. 232, n. 206 e n. 49 del 1994, n. 488 del 1991, n. 127 del 1977).

In particolare, con la sentenza n. 127 del 1977, che ha dato avvio al predetto orientamento, questa Corte ha affermato il principio secondo cui la “fonte” dell’arbitrato non può essere individuata in una legge ordinaria o in una volontà autoritativa, «perché solo la scelta dei soggetti (intesa come uno dei possibili modi di disporre, anche in senso negativo, del diritto di cui all’art. 24, primo comma, Cost.) può derogare al precetto contenuto nell’art. 102, primo comma, Cost. Ciò corrisponde al criterio di interpretazione sistematica del testo costituzionale (nel quale la portata di una norma può essere circoscritta soltanto da altre norme dello stesso testo o da altre ancora ad esse parificate); e corrisponde anche alla garanzia costituzionale dell’autonomia dei soggetti (sottolineata con particolare vigore nella sent. n. 2 del 1963 di questa Corte), autonomia, che, mentre ad altro proposito è tutelata dagli artt. 41 - 44 Cost., nella materia che ne occupa e per le situazioni di vantaggio compromettibili è appunto garantita dall’art. 24, primo comma, della Costituzione».

Pertanto, va dichiarata l’illegittimità costituzionale del censurato art. 24, settimo e ottavo comma, del r.d. n. 2578 del 1925, nella parte in cui non riconosce il diritto di ciascuna parte di adire l’autorità giudiziaria ordinaria, in caso di mancato accordo sulla determinazione dell’indennità di riscatto degli impianti afferenti l’esercizio dei servizi pubblici.


per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 24, settimo e ottavo comma, del regio decreto 15 ottobre 1925, n. 2578 (Approvazione del testo unico della legge sull’assunzione diretta dei pubblici servizi da parte dei comuni e delle province), nella parte in cui non riconosce il diritto di ciascuna parte di adire l’autorità giudiziaria ordinaria, in caso di mancato accordo sulla determinazione dell’indennità di riscatto degli impianti afferenti l’esercizio dei servizi pubblici.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 maggio 2018.

F.to:

Giorgio LATTANZI, Presidente

Giulio PROSPERETTI, Redattore

Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 13 giugno 2018.

Il Direttore della Cancelleria

F.to: Roberto MILANA